Sorveglianza speciale e misure preventive ovvero lo stato di polizia chiamato prevenzione

La legge 1423 del 27.12.1956 intitolata “MISURE DI PREVENZIONE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE PERICOLOSE PER LA SICUREZZA E PER LA PUBBLICA MORALITA'” è stata successivamente modificata dal D.L.vo n. 159 del 2011 e nuovamente rubricata “Codice Antimafia”. La normativa prevede che possa essere proposta la sorveglianza speciale per tre categorie di persone: a) per coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) per coloro che per la condotta e il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) per coloro che, in base al comportamento, debba ritenersi che siano dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica (cfr. Art 1). Oltre ai soggetti indicati dall’art .1 D.L.vo n. 159 del 2011, la novella del 2011 ha esteso l’applicazione delle misure di prevenzione ad altre categorie di persone, quali ad esempio gli indiziati di appartenere alle associazioni mafiose ex art. 416 bis c.p. o coloro che, operanti in gruppo od isolatamente, pongono in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo IV, del libro II del c.p., così come indicato nell’art. 4 della predetta legge. Attualmente, diversamente da quanto disponeva la legge del 1956, la titolarità della proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale è in capo al questore, al procuratore nazionale antimafia, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona e al direttore della D.I.A. La proposta è presentata al presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora il quale fisserà la data dell’udienza che, di norma, si svolge senza la presenza del pubblico, a meno che l’interessato chieda che si svolga pubblicamente. A seguito dell’udienza il giudice statuirà se applicare o meno la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e, qualora la disponga, nel provvedimento stabilirà la durata che non può essere inferiore ad un anno né superiore a cinque, ai sensi dell’art. 8. Alla sorveglianza speciale può essere aggiunto, a seconda delle circostanze, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o Province, o alternativamente l'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. In relazione a ciò, all’interno del provvedimento, sono altresì determinate le prescrizioni che la persona sottoposta alla sorveglianza deve osservare. Le prescrizioni generali sono quelle di trovarsi un lavoro, avere una dimora fissa, di farla conoscere all’autorità e di non allontanarsene senza preventivo avviso all’autorità di pubblica sicurezza. In ogni caso, prescrive di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non dare ragione di sospetti e di non allontanarsi dalla dimora senza preventivo avviso all'autorità locale di pubblica sicurezza; prescrive, altresì, di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi e di non uscire la mattina prima di una certa ora e senza comprovata necessità e, comunque, senza averne data tempestiva notizia all'autorità locale di pubblica sicurezza, di non detenere e non portare armi, di non partecipare a pubbliche riunioni. Inoltre, può imporre tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto riguardo alle esigenze di difesa sociale; ed, in particolare, il divieto di soggiorno in uno o più comuni, o in una o più Province etc. (art.8 comma 5). Qualora sia applicata la misura dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, può essere inoltre prescritto:

1) di non andare lontano dall’abitazione scelta senza preventivo avviso alle autorità preposta alla sorveglianza;

2) di presentarsi alle autorità di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza nei giorni indicati ed a ogni chiamata di essa.

Alle persone di cui sopra è consegnata una carta di permanenza da portare con sé e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza. Se la proposta riguarda la misura della sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, il presidente del tribunale, con decreto, può disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio di ogni altro documento equipollente.

Nel caso in cui sussistano motivi di particolare gravità, può altresì disporre che alla persona denunciata sia imposto, in via provvisoria, l'obbligo o il divieto di soggiorno fino a quando non sia divenuta esecutiva la misura di prevenzione. Chi contravviene agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno. Se l'inosservanza riguarda la sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni ed è consentito l’arresto anche fuori dai casi di flagranza. La sorveglianza speciale comincia a decorrere dal giorno in cui il decreto è comunicato all'interessato e cessa di diritto allo scadere del temine nel decreto stesso stabilito, se il sorvegliato speciale non abbia, nel frattempo commesso un reato (art. 75). In opposizione al provvedimento che dispone la sorveglianza speciale è possibile proporre appello e avverso il decreto della Corte d’Appello che dovesse confermare la misura è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione. Quanto sin d’ora esposto rappresenta in sintesi il contenuto della legge 1423/1956 così come modificata dal D.L.vo n.159 del 2011.

Tratto da Scheggia N°5 Ottobre 2008 e aggiornato al 2014

Sospetti chiamati indizi

Ecco alcune frasi estrapolate da sentenze passate che chiariscono meglio l'entità della sorveglianza speciale e delle misure preventive in generale.

" non è la pendenza di un procedimento penale, di per se stessa, ad essere sintomatica di pericolosità sociale, dovendosi avere riguardo a tutti quei comportamenti direttamente ascrivibili al soggetto, da cui si può trarre il convincimento - sulla base di elementi di fatto - della pericolosità sociale della persona proposta e della ricorrenza di una delle ipotesi di pericolosità sociale tipicizzate nelle leggi del 1956 e 1965" (Cass. pen., Sez. I, dic. 1989, n 3253, RV.183047, Marcellino, in CED Cass.)

" in tema di applicazione di misure di prevenzione il giudizio di pericolosità non postula l'accertamento di fatti-reato, ma esige che siano individuati fatti specifici, obiettivamente sintomatici di una condotta abituale legata ad associazioni di tipo .... " (Cass. pen., Sez. I, 17 nov. 1989, n 182893, Nuvoletta, in Ced Cass.)

"il procedimento penale e il procedimento di prevenzione hanno presupposti e finalità diversi, il primo ha ad oggetto fatti illeciti costituenti reato, la cui commissione va compiutamente provata, mentre il secondo ha riguardo alla pericolosità sociale in senso lato , ( .... ), per l'applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di una persona con uno stile di vita presumibilmente delittuoso, rispetto alla quale non si raggiunga una prova sicura di reità per un delitto; tale pericolosità, pertanto, non si correla necessariamente ad una affermazione di responsabilità in ordine ad un reato, ma va ricavata dal serio esame dell'intera personalità del soggetto e da situazioni oggettive che giustificano sospetti e presunzioni , purché gli uni e le altre non siano frutto di apodittiche affermazioni ma appaiano fondati su elementi fattuali specifici ed accertati" (Cass.Pen.Sez.1, 5 dic. 1989, n.3196, Rv.183083, Costanzo, in CED Cass.)

Alla base delle misure preventive, in particolare della più limitante, cioè la sorveglianza speciale, la giurisprudenza pone il concetto di indizio. L'indizio, secondo la legge, non è né un sospetto né un'illazione né tantomeno una poca fondata intuizione del giudice, bensì un elemento basato su un fatto certo che, secondo una serie di eventi e accadimenti passati, in base ad un principio di logica tutta discrezionale (considerata verità assoluta), è presupposto imprescindibile di una condotta, di un’appartenenza, di un grado certo e assoluto di pericolosità. Ad esempio la tua presenza in città nell'ora in cui si è svolta una rapina, a qualche isolato da casa tua, è un fatto certo, quindi un indizio sulla tua possibile partecipazione al reato stesso. Afferma la giurisprudenza: l'indizio è la prova indiretta attraverso cui l'esistenza di un fatto da provare si ricava per il tramite di un'inferenza logica costituita da regole di esperienza consolidate ed affidabili. Cosa s'intende per logica? Si teorizza che una serie di eventi accaduti in passato ad altri soggetti siano leggi naturali, come se gli individui si comportassero tutti allo stesso modo spinti da regole intrinseche dovute all’appartenenza al genere umano! Un esempio: andare al bar sotto casa, frequentato da pregiudicati, ed avere dei precedenti per spaccio sono due variabili che, come la giurisprudenza passata ha dimostrato, rivelano informazioni "certe" sulla personalità del soggetto o sulla sua appartenenza ad una categoria sensibile o ad un’associazione a delinquere. Due indizi dunque, la cui valenza è limitata, che potrebbero però far scaturire una misura preventiva.

Tali considerazioni lasciano il tempo che trovano. La logica che lega alcuni fatti l'uno con l'altro, ed insieme li porta alla costruzione di una personalità categoriale è, inutile dirlo, completamente discrezionale. L'arbitrio viene trasformato in scienza empirica. Il giudice cioè, appellandosi alla sua esperienza, alle osservazioni e alla giurisprudenza passata che appartiene ad altri casi di uomini e donne, senza fondarsi su colpe accertate, può costruire un profilo e con un po’ d'immaginazione fare dei suoi sospetti delle verità, delle sue congetture dei rapporti scientifici tra variabili. Ecco pronto così il volto del criminale abituale.

Obiettivamente sintomatico, presumibilmente delittuosa, personalità del soggetto, indizi ... L'incertezza sembra essere il leitmotiv delle misure di prevenzione, o meglio l'incertezza e il dubbio elevati a sacrosanta verità. Lombroso avrebbe sicuramente approvato. Qual è il percorso secondo il quale il sintomo diventa evidenza? Il giudizio di un uomo, il giudice, che per quello che ha visto e per quanto ha studiato, secondo la più pazza delle discrezionalità ritiene qualcuno pericoloso e lo condanna ad una misura preventiva. Un ossimoro nelle parole, ma non nei fatti. La sorveglianza speciale, infatti, è una vera e propria condanna, forse più afflittiva di molte misure cautelari, ma che si presenta sotto forma di una misura preventiva. E' evidente, le misure preventive sono una condanna di fatto della personalità, delle idee, dello stile di vita di una persona, siano esse idee politiche o modi di vivere non totalmente convenzionali, poiché slegati dal lavoro fisso, dal consumo, dalla famiglia, dal vivere secondo dei canoni che, in larga parte, sono imposti e inclini ad ammansire la popolazione. E' proprio per questo che le disposizioni della sorveglianza speciale impongono di vivere onestamente, cioè avere uno stile di vita consono ai tempi che corrono, abbassare la testa e vivere di stenti. Questo si chiama asservimento, ma per la legge è Onestà.

Le misure preventive rappresentano, evidentemente, uno strumento molto utile per le autorità, poiché permettono di applicare tutta una serie di limitazioni della libertà personale ed individuale senza che vi siano i presupposti penali, cioè senza l'accertamento comprovato di reati o precedenti penali. Una condanna senza reato dunque. E' necessario a questo punto ipotizzare gli scenari possibili dell'utilizzo di tale strumento nel contesto repressivo attuale e futuro.

Quali sono i rischi che porta con sé l'utilizzo della sorveglianza speciale e di tutte le misure preventive?

Una considerazione, più quesiti.

Il momento attuale vede lo Stato in grave difficoltà per la gestione delle carceri. Il sovraffollamento potrebbe risultare oltre che oneroso a livello economico anche pericoloso perché potrebbe innescare proteste e rivolte nelle carceri italiane. Le ultime modifiche legislative, in linea con i discorsi istituzionali maggiormente in voga, si sono poste come obiettivo la riforma delle carceri italiane a partire dalle misure repressive. Due linee direttive: da un lato rendere le misure cautelari alternative, come gli arresti domiciliari (costo zero per lo stato) e l'utilizzo di braccialetti elettronici sempre più effettive, dall’altro aumentare il numero di posti disponibili nelle patrie galere. Come si inserisce in questo contesto una misura preventivo-repressiva come la sorveglianza speciale? E' possibile che se ne farà maggiormente ricorso poiché il suo utilizzo garantisce un controllo sociale più efficace?

La tensione tra la misura preventiva e i diritti costituzionali è però evidente; una limitazione pesante della libertà personale, non in seguito ad eventi delittuosi bensì ad indizi, contrasta con molti principi sanciti dalla Carta costituzionale e dalle numerose Convenzioni europee e mondiali, come la Cedu. Risulta chiaro che utilizzare tali strumenti ha lo scopo di colpire determinate categorie sociali con finalità preventive. Questo avviene in momenti storici particolari, periodi di grave crisi e di pericolo di sommovimenti popolari, lo Stato e il capitale hanno paura e perciò agiscono preventivamente. Una situazione di allarme sociale come quella attuale può giustificare esigenze di tutela della sicurezza pubblica che vadano al di là dei diritti sanciti dalle carte costituzionali? Alcuni potrebbero pensare che il ricorso a tali strumenti porti indietro nel tempo, in particolare al ventennio fascista, ma forse, più onestamente, è il normale evolversi delle democrazie occidentali.

In tutti i modi sarebbe interessante capire l'evoluzione che ha avuto tale misura preventiva, quanto è stata utilizzata negli ultimi anni e capire dove ci stia portando. E' palese che tali strumenti mettano in risalto il volto duro dello Stato, quello poliziesco che accompagna, restando latente, lo Stato di diritto, sopraffacendo principi costituzionali come il diritto alla difesa e la presunzione di non colpevolezza.