indice n.50

Afghanistan, democrazia in play-back
Afghanistan: La NATO in difficoltà con i rifornimenti
Vicenza città cantiere delle forze armate USA
al fianco i manifestanti contro la guerra condannati a 7 anni
lettera dal carcere di opera (milano)
lettere dal carcere di siano (cz)
Lettere dal carcere di Castelfranco Emilia (mo)
lettera dal carcere di san vittore (mi)
Cagliari: Pestaggio nel carcere e proteste solidali dei detenuti
Carcere assassino!
lettera dal carcere di san vittore (mi)
due lettere dal carcere di poggioreale (na)
due lettere dal carcere di opera (mi)
lettera dal carcere di cremona
milano: Il Carcere è incompatibile con la cura della salute
Sabato 9 ottobre manifestazione itinerante intorno a S. Vittore
Lettere dal carcere di San Vittore (mi)
Sabato 9 ottobre, presidio davanti al carcere Bassone di Como
resoconto del presidio sotto il carcere di Latina
Marco Camenisch è stato trasferito
CSPA di ELMAS (ca): TERZA RIVOLTA IN DIECI GIORNI
Bologna: Non ci vogliono al Cie? Ci avranno ovunque (e anche al Cie)!
MODENA: UNIFORMI, SQUADRETTE E SGUARDI DIVERTITI
due processi a torino
lo sciopero dei migranti alle rotonde del lavoro nero!
Report sulle iniziative del comitato antirazzista milanese
milano: E' cominciata la lotta alla Billa
milano: NOI NON CI STIAMO ALLA SCUOLA DELLA GUERRA
padova: CONTRO DEGRADO E SPECULAZIONI, 10-100-1000 OCCUPAZIONI
milano: COX18 RESISTE
milano: Dalla "Bottiglieria occupata" alla "Stamperia occupata"
cardano (va): Sgomberata l'Edera Occupata
Lecco: Ennesima microspia
napoli: terzigno in lotta
Napoli: Salvatore libero!
napoli: Per un corteo nazionale contro la repressione
sul processo apertosi a roma
La Cassazione conferma la consegna alla Spagna di Zurine, Artzai e Fermin
Cile: sullo sciopero della fame dei Prigionieri Politici Mapuche


Afghanistan, democrazia in play-back
Si sono svolti regolarmente, come previsto, i brogli elettorali in Afghanistan. Massima soddisfazione è stata espressa nel bunker di Karzai [a capo del governo fantoccio, ndr] e al Comando Nato. Come di norma, le schede già segnate erano presenti nelle urne prima dell’inizio delle votazioni, è stata la stessa polizia a collocarvele, il che dà un particolare tocco di correttezza all’operazione.
I media occidentali riportano i dati diffusi dal governo Karzai, cioè il 40% di partecipanti, ma alcuni giornalisti e commentatori, a cominciare da quel pedante di Piovesana, considerando che i voti espressi sarebbero 4 milioni, un milione in meno rispetto alle presidenziali del 2009, si ostinano a sostenere che bisognerebbe ridurre l’affluenza al 24%, e anche questo solo sulla carta.
Piovesana ha una visione arcaica della democrazia, per lui le elezioni sono valide se i seggi sono regolarmente aperti, gli elettori fisicamente presenti, il voto segreto, ecc. La democrazia è giunta tardi in Afghanistan, ma ha subito introdotto le forme più moderne di democrazia virtuale. Perché un elettore dovrebbe uscire di casa, correre il rischio di saltare su una mina, di essere coinvolto in una sparatoria, o di essere polverizzato dall´esplosione di un´auto al tritolo? Si può votare a distanza. Non hanno computer, telefono (e neppure la luce), o uffici postali? Che ne sappiamo noi occidentali delle pratiche esoteriche dell’oriente, della possibilità di trasmettere il pensiero, l’intenzione di voto? In fondo, quello che conta è il pensiero...
Se qualcuno rimane scettico, vale sempre l´argomento giuridico. Anche se un elettore
asserisse di non essere mai uscito di casa, fa fede la presenza del suo nome nell’elenco dei votanti, a meno che non si voglia porre in dubbio l’onorabilità degli scrutatori, delle autorità afgane e della Nato, che garantiscono l’ordinato svolgimento dei brogli. Da noi, un cantante può limitarsi a muovere le labbra, perché la voce è registrata. In Afghanistan, abbiamo persino la democrazia in play-back.
I candidati possono acquistare le tessere elettorali false stampate a Peshawar. Ne sono
state vendute almeno un milione e mezzo. Con questi metodi si evitano gli scandali, così
consueti in Italia, del voto di scambio, del dossieraggio con relativi veleni e calunnie dell´avversario. Non è necessario metter in pubblico i vizi privati del candidato concorrente, o fare azione di imbonimento verso gli elettori nei comizi, mettendo nel programma elettorale menzogne a non finire e promesse che non saranno mantenute, tanto meno è indispensabile fare regali agli elettori (si pensi ai famosi pacchi di pasta o alle scarpe di Lauro). Si cancellano le lunghe e insopportabili campagne elettorali, il giro ossessionante dei galoppini, la spesa in volantini e in manifesti. Non è neppure più obbligatorio il finanziamento illegale dei partiti, il che rappresenta un passo avanti verso la moralizzazione della vita pubblica.
Come in un condominio o in una società per azioni governa il socio di maggioranza. In fondo, nell’ancien régime le cariche pubbliche erano in vendita.
C´è stato il tentativo di giornalisti di Al Jazeera di disturbare l’onesto lavoro di questi
galantuomini, ma soldati americani - narra Piovesana - hanno fatto irruzione nelle loro
abitazioni in piena notte, li hanno portati via bendati, sequestrando materiali e documenti. Il fatto che li abbiano bendati è simbolico: il giornalista non deve vedere né sentire niente, ma limitarsi a infiorare e a dare forma letteraria ai comunicati del governo e del comando Nato. Pare che stiano meditando di introdurre un bracciale elettronico, per controllare i loro spostamenti.
"Il comando delle truppe d'occupazione ISAF ha inviato ad Al Jazeera una comunicazione scritta nella quale viene spiegato che i suoi due cameramen sono stati arrestati poiché ''sospetti facilitatori della propaganda mediatica talebana'' per aver filmato attacchi della guerriglia nel giorno delle elezioni e per aver intrattenuto rapporti con i ribelli." "Gli insorti - si legge nella lettera dell'Isaf - usano la propaganda, spesso diffusa attraverso i mass-media, come strumento per influenzare e intimidire la popolazione afgana. Le forze della Coalizione hanno la responsabilità di impedire queste attività di propaganda degli insorti"...
Chi glielo ha fatto fare? Potevano filmare una fila di gente davanti a un negozio di alimentari e giurare che erano elettori in attesa di votare davanti a un seggio, avrebbero così inteso a pieno lo spirito delle indicazioni americane, e, invece dell´arresto, avrebbero avuto un invito all´ambasciata.
"Dal 12 giugno 2006 vige in Afghanistan, per ordine di Washington, una direttiva che impone ai giornalisti afgani il divieto assoluto di riportare e diffondere notizie che mettano in cattiva luce l'autorità del governo Karzai e l'esercito nazionale afgano, che evidenzino le azioni della guerriglia o le proteste antigovernative, che siano critiche verso la presenza e la condotta delle forze militari straniere."Povero Berlusconi, che fa il matto a quattro per impedire alla Guzzanti o alla Dandini di prenderlo in giro alla televisione! Rispetto a Karzai e al comando americano si rivela un dilettante.
La ciliegina sulla torta è data dall´Unione Europea. Al tempo delle elezioni presidenziali inviò 120 osservatori, niente per un territorio piùgrande della Francia; ma ora ne ha mandato sette!
Questa volta i tagli, invece di colpire la scuola, le pensioni, ecc., hanno colpito nel segno,
tagliando una spesa veramente inutile. Non ce n´è bisogno, tanto la democrazia, pianta d´importazione in Afghanistan, è in pieno rigoglio, come garantiscono i signori della guerra, i contractors, e, ultimo, ma non meno importante, il ministro La Russa.

(Le citazioni sono prese da articoli di Piovesana in Peacereporter: "Afghanistan, affluenza gonfiata", 0/09/2010. "Afghanistan, un'altra commedia elettorale", 17 Settembre 2010. "Usa a caccia dei reporter di Al Jazeera", 22/09/2010).
23 Settembre 2010
da www.sottolebandieredelmarxismo.it


Afghanistan: La NATO in difficoltà con i rifornimenti
La guerra in Afghanistan non conosce tregua, anzi si approfondisce e estende.
Venerdì 8 ottobre 2010 nel territorio di Farah (città situata nel sud-ovest del paese) la resistenza afghana ha attaccato un convoglio di oltre 70 mezzi dell'ISAF (*) di scorta a camion, autobotti…
E' in questo attacco che sono rimasti uccisi quattro militari italiani (**), la cui base è competente proprio in quel territorio. Qui, naturalmente fra altre trovate, la "missione" dell'Italia ha finanziato la costruzione di oltre dieci pozzi per l'acqua - ciò non li ha comunque protetti.
L'articolo che segue, tratto dal quotidiano di Berlino Junge Welt, aiuta a capire quel che sta accadendo oggi in quel "teatro di guerra", soprattutto la continuità della resistenza; un fenomeno non tanto difficile da afferrare - anche da noi "manipolati dai media" - se si analizza da vicino la realtà, se si pone come presupposto che l'Afghanistan è unito alle zone del Pakistan adiacenti il comune confine - un territorio chiuso in un paese letteralmente inventato dall'imperialismo alla fine della seconda guerra mondiale.

Mercoledì 6 ottobre i talebani hanno proseguito gli attacchi sui rifornimenti della NATO provenienti dal Pakistan e diretti all'impiego militare dell'intervento occupante-invasore. Nel corso di un assalto compiuto nei pressi di Quetta, capitale del Belucistan (confine sud-ovest delll'Afghanistan) sono andate distrutte 20-25 autobotti. In una sola settimana, quindi, in sei attacchi sono state distrutte 80 autobotti. L'intera campagna è stata rivendicata dall'organizzazione Tehrik -e- Taliban Pakistan (TTP), compiuta per contrastare i crescenti attacchi aerei USA contro obiettivi individuati nel nord-ovest del Pakistan.
Oltre la metà del rifornimento per la guerra in Afghanistan è trasportato via mare nel porto pakistano di Karachi e da lì, via terra, in Afghanistan. Questa non è soltanto la via più breve, ma anche la meno costosa. La principale arteria stradale utilizzata è quella che porta da Karachi a Torkham (Pakistan), località dove viene attraversato il confine, che permette di valicare il Khyberpass e da lì raggiungere Jalalabad e infine la capitale Kabul. L'attraversamento del confine per raggiungere Kandahar viene invece compiuto, più a sud-ovest, a Chaman (Belucistan).
A Torkham tuttavia da giovedì (1 ottobre) della scorsa settimana i mezzi del rifornimento non possono più a passare. Il governo pakistano motiva ufficialmente questa decisione con i problemi della sicurezza.
Nel frattempo tuttavia è divenuto di dominio pubblico che tutto ciò è accaduto come reazione ad un attacco compiuto da un elicottero USA; nell'attacco erano rimasti uccisi tre militari e altri tre solo feriti, tutti appartenenti alle forze del Pakistan dislocate lungo il confine con l'Afgfhanistan. Il locale comando delle forze armate USA, fino ad ora, si era attenuto alla formulazione "errore deplorevole", rifiutando la richiesta di scuse e di pagamento dei danni alle famiglie degli uccisi avanzata dal Pakistan. Per mercoledì (6 ottobre) era annunciata la presentazione di un rapporto della NATO sull'accaduto.
Nel frattempo al Khyberpass e nei parcheggi lungo la strada che conduce al medesimo passo rimangono bloccati 300-400 mezzi di trasporto di materiale militare. Essi attendono il via libera da parte delle autorità. Questo offre alle forze della resistenza sufficienti possibilità di attacchi.
A Chaman il passaggio dei mezzi militari è sempre rimasto aperto. Tuttavia anche da questa barriera confinaria, dall'inizio della settimana, almeno 150 fra camion e autobotti sono state respinte in quanto i conducenti non sono riusciti ad esibire i documenti previsti. Le autorità pakistane hanno motivato queste misure con la "lotta al contrabbando".
Il portavoce del Pentagono Geoff Morrell, martedì ha avuto cura di minimizzare le conseguenze del blocco. Il rifornimento di carburante per la guerra in Afghanistan fino ad ora non sarebbe stato danneggiato. Il governo USA certamente preme per raggiungere al più presto la riapertura di Torkham; fino ad ora non ha adoperato i toni forti. Nello stesso tempo però rappresentanti di primo piano del Congresso, quali il senatore repubblicano Richard Lugar e il deputato democratico Gary Ackerman hanno qualificato il Pakistan con le affermazioni più aspre in quanto "alleato sospetto".

Knut Mellenthin , Junge Welt, 7 ottobre 2010

Note:
(*) ISAF (International Security Assistance Force) è composta da una forza internazionale che impiega circa 58.300 militari provenienti da una quarantina di nazioni, il più recente esercito degli stati imperialisti. ISAF, in particolare, è stata costituita su mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2001 con il compito di sorvegliare la capitale Kabul e la vicina base aerea di Bagram (anche sede di un importante carcere di guerra) dalla resistenza afgana.
Durante i primi due anni l'ISAF non operò oltre i confini della città di Kabul, in seguito, il 13 ottobre 2003, il Consiglio di Sicurezza votò per estendere il mandato dell'ISAF all'intero Afghanistan. Il Canada, i cui soldati costituivano oltre la metà del contingente ISAF, non accettò l'espansione dell'ISAF, dichiarando che i suoi soldati non sarebbero stati impiegati al di fuori della capitale Kabul. Immediatamente corse in aiuto dell'intervento imperialista il parlamento tedesco, il quale approvò l'invio di 230 soldati tedeschi alla missione ISAF da impiegare nella regione di Kundus. Da quel momento la "missione" è divenuta competente sull'intero territorio e di conseguenza ha ampliato continuamente le proprie forze.
(**) Con 12 militari morti in questi primi dieci mesi dell'anno (34 in totale - 35 in Irak) il 2010 sta diventando cruciale per l'intera "missione" ISAF, che incontra gravi difficoltà negli stessi rifornimenti.


Vicenza città cantiere delle forze armate USA
Spuntano come i funghi nel vicentino i centri e le infrastrutture logistiche dell’esercito USA. Mentre nell’ex aeroporto Dal Molin procedono i lavori ad altissimo impatto ambientale per realizzare la grande base operativa della 173^ Brigata aviotrasportata, il reparto d’élite impiegato negli scacchieri di guerra mediorientali, ingegneri e tecnici del genio militare statunitense lavorano a decine di cantieri della provincia. Qualche giorno fa sono state consegnate due nuove facilities costate più di 60 milioni di dollari, un complesso ospedaliero avanzato all’interno della base di Camp Ederle e un centro di assistenza all’infanzia nel cosiddetto “Villaggio della Pace”, il residence-bunker che ospita una parte dei militari USA di Vicenza.
L’Enhanced Health Service Center è stato realizzato in una superficie di 14.170 metri quadri accanto al campo di calcio di Ederle ed accoglie presidi medici, studi dentistici, un centro maternità, numerosi uffici e ambulatori. Nel complesso lavorerà un’equipe medica di oltre 200 persone. “Si tratta del più grande progetto di costruzione in Europa di un centro sanitario USA negli ultimi 30 anni”, ha dichiarato il responsabile dell’USAG Vicenza Health Center, il colonnello Lorraine T. Breen. “Il presidio, costato 47,5 milioni di dollari, amplierà i campi d’assistenza per i militari e i familiari”, aggiunge Breen, avvertendo però che gli statunitensi “continueranno ad utilizzare l’ospedale San Bortolo dell’Azienda Sanitaria Ulss 6 di Vicenza per altri più importanti interventi sanitari”. Il nuovo centro di salute dell’US Army è stato progettato dagli studi R.L.F. della Florida e Nesco International di Roma, e realizzato da una joint venture composta dall’azienda tedesca Bilfinger Berger e da Pizzarotti Parma, una delle società di costruzioni che compongono il ristrettissimo circolo dei contractor di fiducia delle forze armate USA in Italia.
Il nuovo Child Development Center del “Villaggio della Pace” potrà accogliere sino a 348 bambini “per programmi a tempo pieno o part-time”. Costato 13,1 milioni di dollari, sorge accanto al polo scolastico di recente realizzazione (1.200 gli alunni che lo frequentano), ed è dotato di confortevoli aule, palestre, sale-gioco. Il centro di assistenza all’infanzia è stato realizzato dalla CMC - Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna, la stessa che con il CCC - Consorzio Cooperativo Costruzioni di Bologna sta eseguendo i lavori al Dal Molin.
Le due infrastrutture realizzate e consegnate all’US Army fanno parte di un pacchetto di opere progettate dal Dipartimento della Difesa USA per fare di Vicenza, secondo quanto enfaticamente annunciato, la “capitale dell’esercito statunitense di stanza in Sud Europa” e “modello per tutti gli altri presidi militari del Comando USA nel vecchio continente con le facilities meglio mantenute, i servizi di più alta qualità, l’ambiente più sicuro e la più efficiente organizzazione”. L’obiettivo è quello di assicurare tutti i requisiti per ospitare nel modo migliore a Vicenza 4.200 soldati USA entro il 2015, più ovviamente i rispettivi familiari a carico. Un piano ambizioso per cui sono stati investiti 465 milioni di dollari, 289 milioni dei quali destinati all’ex aeroporto Dal Molin per la costruzione di caserme-alloggio per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi, officine di manutenzione velivoli, uffici e centri comando, centri sportivi, ecc..
Tra i progetti più rilevanti già completati a Camp Ederle spiccano due caserme-alloggio per circa 300 militari del 173d Airborne Brigade Combat Team (lavori per 25 milioni di dollari appaltati alla Pizzarotti Parma), un Centro sanitario neonatale (costo 3,2 milioni di dollari e realizzato dall’Impresa Costruzioni Andriolo Srl di Vicenza), un Kinder Garten (ancora Andriolo Srl), un’arena per spettacoli e attività ludiche con centro bowling, fast food, ristorante e piccolo casinò (Maltauro Costruzioni di Vicenza), e l’Ederle Inn, l’hotel riservato agli ufficiali statunitensi con 58 suite familiari, lavanderia, ampi magazzini e parcheggio, sale conferenze, breakfast room e finanche “alcune stanze per i cani mascotte al piano terra”. Attualmente sono in via di completamento a Camp Ederle l’ammodernamento ed ampliamento del fitness center e la realizzazione di una nuova piscina hi-tech con copertura vetrata in parte retraibile (costo complessivo dei due progetti 4,3 milioni di dollari).
A fine 2007 è stato portato a termine invece il cosiddetto “Vicenza Installation Information Infrastructure Modernization Program (I3MP)”, il programma di ammodernamento delle infrastrutture di telecomunicazione del 509th Signal Battalion dell’US Army. Avviato nell’aprile 2002, esso è servito a potenziare la rete a fibre ottiche e ad alta velocità che collega tra loro i centri operativi di Camp Ederle, il “Villaggio della Pace”, i depositi e magazzini di stoccaggio dell’Us Amy di Lerino (frazione del comune di Torri di Quartesolo) e Longare (i lavori sono stati eseguiti dalla tedesca Siemens e da subappaltatori locali).
Secondo fonti del MILCON, il Corpo del Genio della Marina USA che sovrintende alla realizzazione delle opere, nel solo biennio 2008-2009 sono stati finanziati più di un centinaio di piccoli progetti di “costruzione”, “manutenzione” e “ammodernamento” nelle basi militari del vicentino, per un valore complessivo di 37 milioni di dollari. Tra i più importanti, un nuovo impianto sportivo multifunzionale, una “strada di 350 metri e marciapiedi di collegamento con Via Aldo Moro”, un’area di parcheggio per i velivoli militari USA in fase di manutenzione, un “centro di simulazione”, la trasformazione del ristorante della catena Subway (Club Veneto) in un centro ricreativo “con 24 postazioni internet e un’area di gioco per bambini” il potenziamento del centro anti-incendi del “Villaggio della Pace”, la ristrutturazione a Camp Ederle degli uffici amministrativi, di una caserma, della sala mensa e degli impianti di trattamento e distribuzione acque, la costruzione di un padiglione a Hoekstra Field, l’installazione di apparecchiature per il risparmio energetico, di pannelli fotovoltaici e di un megageneratore elettrico di 2 milioni di dollari. In previsione c’è pure il rifacimento dell’acquedotto e del sistema fognario dell’area residenziale del “Villaggio della Pace” (2,5 milioni di dollari).
Top secret le finalità dei lavori avviati nel 2007 nella base di Longare, l’ex “Pluto Site” utilizzato per l’immagazzinamento di mine e testate nucleari per i missili a corto raggio dell’US Army. Nelle profonde gallerie della base sarebbero stati ammodernati e riattivati i depositi di stoccaggio armi, munizioni e attrezzature della 173^ Brigata Aviotrasportata e dei reparti che saranno utilizzati in ambito AFRICOM, il Comando USA per le operazioni nel continente africano di recente costituzione. Secondo il MILCON, 350.000 dollari del budget 2008 sono stati spesi per “allargare, allungare e riparare le strade, i marciapiedi e i sentieri di Longare, e per installare nuove fognature, linee elettriche e impianti d’illuminazione”. Dal dicembre 2008 l’Unità statunitense della Riserva di stanza a Longare è stata posta agli ordini del 7°Civil Support Command dell’US Army con base in Germania, l’unico presente fuori dagli Stati Uniti d’America, responsabile della gestione degli “affari civili” delle forze terrestri USA in Europa. Alla vigilia dell’attivazione del Civil Support Team di Longare, i militari ad esso assegnati hanno condotto una controversa esercitazione di 76 giorni nel poligono di Fort Leonard Wood (Missouri) simulando “uno scenario realistico di guerra chimica con l’uso di gas nervini”. Successivamente il CVT di Longare ha avviato “corsi basici” per i residenti USA di Vicenza sulle armi nucleari, chimiche e batteriologice e “sull’equipaggiamento personale di protezione”.
12 ottobre 2010
di Antonio Mazzeo, da www.peacelink.it


al fianco i manifestanti contro la guerra condannati a 7 anni
Il 5 di novembre 2010 si terrà a Firenze il Processo di Appello a carico dei 13 manifestanti condannati in primo grado il 29 gennaio del 2008 per resistenza aggravata a 7 anni di carcere per aver partecipato nel lontano 1999 alle manifestazioni contro la guerra in Jugoslavia.
Il 13 maggio del 1999, in occasione dello sciopero generale dei sindacati di base, in tutta Italia vi furono manifestazioni regionali per protestare contro la guerra in Jugoslavia, voluta dagli Usa di Clinton e dalla Nato ed appoggiata dal governo D’Alema, che con una circolare del ministero degli interni invitò polizia e carabinieri a reprimere le manifestazioni vicino alle sedi consolari Usa.
A Firenze il corteo regionale di oltre 3.000 persone si concluse sotto il consolato degli Stati Uniti e qui fu violentemente caricato dalle forze dell’ordine, come documentato da testimonianze ed immagini video: le cariche causarono numerosi feriti ed una ragazza fu operata ad un occhio. La giornata finì con l’occupazione simbolica della sede dei DS, allora partito del Presidente del Consiglio D’Alema in un clima di rabbia ed indignazione per le violenze subite.
Il giorno dopo le veline della Questura, con accuse di guerriglia e violenze preorganizzate, cercarono immediatamente di criminalizzare i manifestanti per giustificare gli attacchi polizieschi criticati persino da Striscia la Notizia.
Dopo quasi dieci anni è arrivata l’incredibile sentenza di 7 anni per tutti e 13 gli imputati con la sola accusa di resistenza aggravata.
Episodi come questo, non a caso parallelo alla prima guerra umanitaria combattuta e rivendicata dall’Italia, hanno evidenziato nel tempo un cambiamento significativo nelle strategie di repressione dei movimenti e di controllo sociale. Da allora una lunga serie di interventi militari umanitari si sono susseguiti, fino ad arrivare alle odierne guerre in Iraq ed Afghanistan: come tanti sono stati gli episodi ed i momenti in cui la repressione ha svolto un importante ruolo politico, dalle piazze del Global Forum di Napoli a Genova 2001, alle decine di inchieste politiche e per reati associativi a carico di comunisti, anarchici, lavoratori e studenti, fino all'uso dei provvedimenti extragiudiziari, come multe, avvisi orali o fogli di via.
Numerosa, purtroppo, sarebbe la lista delle inchieste, dei processi politici, degli arresti, delle perquisizioni, dei teoremi che hanno segnato questi lunghi 10 anni, a fianco di un progressivo attacco ai diritti di lavoratori e immigrati, alla stessa libertà di critica, quando si trasforma una contestazione o un fumogeno in un atto terroristico!
Inoltre in questi 10 anni abbiamo visto sia un pesante revisionismo contro la Resistenza che il finanziamento e la sovraesposizione dei gruppuscoli neofascisti, come Forza Nuova o Casa Pound, con il ruolo unicamente di provocazione e di repressione come le tante inchieste contro gli antifascisti dimostrano anche qui in Toscana, con la montatura di Pistoia o i fatti di Via della Scala a Firenze.
Tutto questo è avvenuto anche con il consenso del centrosinistra, che, se da un lato denuncia il pericolo autoritario della destra di governo, dall'altro appoggia guerre umanitarie e repressione politica. Di fronte ad un sistema economico e ideologico in grave crisi, che porta con se la perdita dei legami sociali ed una pericolosa spinta reazionaria, secondo tutte le forze “democratiche”gli oppositori vanno repressi, chi esprime una critica radicale va zittito, chi cerca la costruzione di altri rapporti sociali va isolato.
Ma nonostante processi, arresti, intimidazioni, noi siamo ancora qui, cerchiamo ancora di costruire rapporti sociali solidali, non determinati dal profitto, rappresentare ancora la possibilità di cambiare, di non accettare questa situazione, economica e sociale.
E proprio per questo siamo ancora al fianco dei 13 compagni condannati e di chi subisce ogni giorno la repressione.

13 ottobre 2010
Centro Popolare Autogestito Firenze sud - www.cpafisud.org


lettera dal carcere di opera (milano)
Un grande abbraccio a tutti voi e a tutti gli oppressi in questo mondo. Un saluto speciale a tutti quelli che credono in un mondo equo e operano in tutti i campi per renderlo possibile. Prima di tutto voglio ringraziarvi per avermi mandato il vostro opuscolo: ho avuto modo di leggerlo una prima volta quando ero a Macomer l'anno scorso, ma da quando mi hanno trasferito prima a Nuoro, a causa della nostra manifestazione contro gli abusi che ci riservavano, poi a Bologna, Parma e infine a Opera per problemi di salute (sto per andare in dialisi), non ho quasi nessun contatto, a parte mia moglie e i miei bambini che vengono a trovarmi una volta al mese - più o meno.
Vi scrivo da questa cella desolata che non contiene altro che disperazione, dolore e rabbia. Oggi riesco a mettere insieme le parole per esprimermi, ma è quasi un anno che mi sto chiedendo "quando crollerò?" Sembra che lo stia sperando perché sono stanco di pensare e ripensare. Sono stufo dei miei monologhi. Spero che queste corrispondenze mi aiutino a uscire da questa monotonia soffocante. Visto che sono l'unico detenuto islamico qui a Opera mi tengono isolato da tutti gli altri. E' da un anno che vivo in questa forma di isolamento. Non socializzo con nessuno; mi danno un'ora al giorno per andare ai passeggi. Oltre questo solo il colore (merda) di questa cella che piano piano sta diventando una vera tomba. Sto realizzando quant'è facile uscire di testa. Qui ci sono due detenuti che soffrono a causa di seri problemi. Sono già fuori di testa. Urlano tutto il giorno e qualche volta uno di loro urla tutta la notte. E se non bastasse, qualche agente passa il suo tempo di turno a prenderli in giro, ripetendo le loro parole. Non credo a me stesso.
Comunque le condizioni qui sono veramente indecenti. Ho chiesto una copia della mia cartella clinica per presentare un'istanza di scarcerazione per motivi di salute, è da un mese che sto aspettando. Ogni volta che lo ricordo a qualcuno, fa come se gli stessi rompendo le scatole. Ma è un mio problema, chi è che me lo risolverà?
Ho avuto l'intenzione di iscrivermi all'università, ma mi hanno detto che se non pago la prima rata non posso studiare. Non serve presentare né richieste né dichiarazione ISEE né niente. L'assistente volontario che fa da tramite con l'università è una persona che sembra un pezzo di ferro gelido, non mi ha dato tanto tempo per discutere. A proposito sono interessato alle vostre antologie, se è possibile. Così almeno mi tengo impegnato fino a quando finisce questa INGIUSTIZIA.
Dico ingiustizia perché sono detenuto senza aver fatto niente. Sono stato condannato a 5 anni per, come dice la legge, 270-bis, un presunto pericolo. Spero che si chiarisca qualche cosa durante l'appello nei prossimi mesi, anche se non credo più alla sincerità dei giudici e di tutta la giustizia di questo carissimo paese. Come fa un paese che non riesce a garantire la giustizia a casa propria, a pretendere di esportarla ad altri. Basta vedere e seguire i poveri telegiornali italiani per sapere in che condizioni opera l'élite.
E' una vergogna ed è ancor più vergognoso sentire la gente che crede ancora in loro. Su questo almeno mi sento bene perché sento quanto sono libero anche se sono ingabbiato. Infatti la libertà è quella dell'anima e del pensiero, perciò sto resistendo ancora oggi. Con l'augurio di leggervi presto, vi ringrazio di nuovo e vi offro i miei distintissimi saluti.

(lettera firmata)
Opera, 26 settembre 2010


lettere dal carcere di siano (cz)
Cari compagni, […] vi mando queste brevi considerazioni.
Anche qui a Catanzaro si sta costruendo come in altre carceri un nuovo padiglione. Lo stesso avviene a Carinola, Secondigliano, Nuoro, Pavia e altrove. Di solito a danno di spazi comuni, quali i campi sportivi, come a Pavia e Nuoro, cioè restringendo ulteriormente gli spazi di socialità.
Questa pratica appare sospetta quando si è a conoscenza di carceri nuove lasciate in abbandono, mentre altre come Pianosa, non sono chiuse, ma in stand-by. (Da una lettera a “La Repubblica”).
In particolare qui a Catanzaro, si può notare che mentre è ormai ultimato il nuovo padiglione si possono vedere due piani del giudiziario, quindi due sezioni chiuse. Non solo, una sezione del giudiziario è stata aperta l'estate scorsa (4° p. giudiziario), solo dopo ripetute battiture dei prigionieri del giudiziario che erano con il caldo ammassati uno sull'altro. La protesta ha avuto buon esito, quando ha coinvolto anche i prigionieri dell'A.S., portando all'apertura di questa sezione. Rimangono chiuse le altre due.
Si possono cogliere due dinamiche: da una parte, grazia alla magica parolina "emergenza", la soddisfazione degli appetiti di cricche e consorterie varie. L'industria carceraria tira ed è anticongiunturale.
Dall'altra un disegno per aumentare i livelli di differenziazione ed isolamento, con al vertice i sepolti vivi del 41-bis. Già ora il livello A.S. [Alta Sicurezza] è diviso in tre parti, all'interno dell'A.S.2 esiste un protocollo particolare per i prigionieri islamici, con normative più ristrette, ed una divisione per aree d'affinità per gli altri "politici".
Il tutto non codificato da nessuna parte e gestito dalle direzioni dei vari carceri, dove i direttori sono assimilabili a feudatari (il direttore del carcere di Opera ha financo stabilito tre liste viveri, ricevibili per pacco-colloquio, per sezione normale, per A.S. e per 41-bis. Apparentemente demenziale, ma con una sua logica in quest'ottica). Legittimo, quindi pensare, che il benessere dei prigionieri, sudditi, non sia ai vertici delle preoccupazioni del regime, ma molto più concreta è la prospettiva di ulteriori gironi d'isolamento, dove l'arbitrio diventa prassi, mentre per esempio nulla si fa per i problemi sanitari.

settembre 2010
Bruno Ghirardi, via Tre Fontane 28 - 88100 Siano (Catanzaro)

***
Ciao compagni. Ho ricevuto l'opuscolo con la lettera che mi avete scritto. Noi detenuti cerchiamo di lottare per avere una detenzione nel rispetto dei nostri diritti, della nostra dignità ed avere pene proporzionate.
Non abbiamo diritti e nessuna tutela, perché chi è preposto ha paura del clan mafioso del DAP; è questo organo il male di tutto; lì è organizzato e realizzato tutto; sono loro che tengono e vogliono che le carceri rimangano così.
La nostra dignità è calpestata in modo permanente e sistematico.
Le pene per il popolino sono sproporzionate, mentre per i poteri forti c'è l'immunità.
Per risolvere i problemi e stroncare il dissenso adoperano il codice penale, criminalizzando tutti quelli che non rimangono nel gregge, che non fanno i “bravi”; in carcere questo metodo è molto più pesante. Ormai tutti i politici quando vogliono mettersi in mostra danno addosso ai carcerati e criminalizzano interi territorio del paese.
Siccome la politica di ogni colore nell'ombra chiede i voti - permettendo di tutto e di più e alla luce del sole tutti cercano l'aureola di professionisti dell'antimafia - ho voluto lanciare questo appello a tutti i detenuti affinché inizino a ragionare politicamente per risolvere i nostri problemi. Non so se riesco nel mio intento, ma ci provo, anche perché non ho altre idee per risolvere i nostri problemi. Vi ringrazio per il vostro impegno e per i libri, un forte abbraccio a tutti. Ciao a presto Pasquale.

Catanzaro, 28 settembre 2010
Pasquale De Feo, v. Tre Fontane 28 - 88100 Siano (Catanzaro)

***
Care/i compagne/i. Due righe per dirvi che sono arrivati gli opuscoli e i materiali (interessante la raccolta sulle lotte nelle cooperative). E per ringraziarvi della pubblicazione del nostro comunicato di solidarietà ai prigionieri di guerra arabi.
Ne approfitto per una breve precisazione: in alcuni testi pubblicati dal vostro opuscolo (testi che, quindi, so non essere vostri ma di altri) spesso viene detto che nelle sezioni AS2 c'è la tortura. Ebbene credo che questa estremizzazione non ci faccia bene. Sia perché può inutilmente spaventare i proletari che si avvicinano alla lotta, sia perché potremmo essere accusati di voler presentare le cose più feroci di quel che sono, di forzare le situazioni. La tortura, nel nostro paese, è stata usata contro i compagni in una fase precisa della guerra di classe. Oggi non è così. Un domani vedremo (la borghesia è sempre pronta a mettere in campo le peggiori nefandezze).
Per denunciare ai proletari la funzione del carcere imperialista, credo sia più che sufficiente presentarlo così com'è, no? Di nefandezze ce ne sono a iosa lo stesso.
Bon, dopo questa breve riflessione vi saluto calorosamente con un forte abbraccio rivoluzionario. Al momento novità non ce ne sono, quindi… alla prossima. Davide.

23 settembre 2010
Davide Bortolato, v. Tre Fontane 28 - 88100 Siano (Catanzaro)
Lettere dal carcere di Castelfranco Emilia (mo)
Ciao Olga, ciao a tutti. Qualche settimana fa è deceduto un nostro compagno, Calersi Massimiliano, aveva fatto più volte presente di dolori, debolezza, fatica nella respirazione, dai medici di turno gli era stato detto di finirla di simulare, una sera ha avuto una crisi più forte delle altre, l'inizio di un infarto, è stato trasportato presso l'ospedale di Modena dove si è aggravato ed è entrato in stato comatoso, subito operato al cuore ha però resistito solo tre giorni, ed è salito al cielo.
Abbiamo inoltrato un esposto, denunciando… secondo noi… negligenza da parte degli operatori sanitari, è stata aperta un'inchiesta, sono venuti anche ad ascoltare alcuni di noi firmatari dell'esposto. Sono però convinto che troveranno un sistema per, come al solito, insabbiare tutto, e nessuno pagherà per questa assurda morte di un quarantenne che di lì a venti giorni sarebbe ritornato definitivamente in libertà. Lo piangono una moglie e una figlioletta in tenera età e tutti i famigliari-parenti e amici che gli volevano bene - era un bravo ragazzo.
Nella struttura dove sono, obiettivamente indico che non si risente del sovraffollamento. E' una struttura a "detenzione attenuata" dove vi sono stanze spaziose, con bagno e accessori e box doccia. Detto ciò va però sottolineato che non offre nulla livello di posti di lavoro, di corsi di studio o specializzazioni. La mancanza di organico sia penitenziario che di operatori del trattamento porta disguidi non indifferenti. In un anno e più ci hanno inviato diverse "educatrici" giovani e senza l'esperienza necessaria a risolvere le diverse problematiche di noi "ospiti". Questo ha portato a ritardi nell'istruzione delle pratiche, nell'invio delle relazioni all'ufficio di sorveglianza. C'è qui gente (internati) che da due anni attende di usufruire di licenze; situazioni che di regola dovrebbero venire risolte dopo un'osservazione della durata di qualche mese. Dall'ufficio di sorveglianza arrivano proroghe di misure di sicurezza senza ve ne siano valide motivazioni. A parer mio questo avviene perché devono giustificare lunghi ritardi dovuti più che altro ad una situazione creata due anni fa circa dall'ex magistrato di sorveglianza Angelo Martinelli, a sua volta finito sotto inchiesta. Ne avrete sentito parlare…
La struttura ben ristrutturata (a forza di appalti e appaltini) potrebbe dare lavoro a tutti gli "ospiti". Invece, ne è in funzione solo un terzo, il resto rimane vuoto e inutilizzato…

Castelfranco Emilia, 2 ottobre 2010
Orlando Falbo, v. Forte Urbano 1 - 41013 Castelfranco Emilia (Modena)


lettera dal carcere di san vittore (mi)
Ciao come state? Spero bene cosa vi posso dire di me, ora. Da quattro giorni sono uscito dall'isolamento e ho ancora le costole che non mi fanno dormire la notte. Io non pensavo che fossero tanto cattive le guardie di questo istituto, lo hanno per vizio di entrare e ridurre a pezzi i detenuti. La prima volta erano in quattro, c'era con me in cella A., l'altra volta in tre, solo schiaffi, stavolta sia il brigadiere che l' ispettore e tre guardie. Prima me le hanno date sulla sedia, due mi tenevano e tre mi davano pugni in faccia. Poi quando sono caduto dalla sedia mi hanno preso a pedate tutti e cinque massacrandomi, ero pieno di sangue e mi hanno buttato in isolamento. […]
Ho cercato anche di lavorare in modo da non pensare ai miei malesseri ma me lo fanno apposta, ora sto cercando di cambiare avvocato. Sto anche cercando di cambiare casa perché sono due mesi che non pago l'affitto e già il proprietario mi ha dato lo sfratto. Se ero fuori cambiava tutto. Ora mi hanno cambiato di braccio, mi trovo al 5° ma ho trovato persone che mi vogliono bene. Per i libri vi ringrazio ma appena leggo due righe vedo nero, non ci vedo. Grazie lo stesso, mi basta una lettera ogni tanto. Ciao.

(Lettera firmata)
28 settembre 2010


Cagliari: Pestaggio nel carcere e proteste solidali dei detenuti
Apprendiamo da oggi che nel carcere di Cagliari 2 sere fa un gruppo di sbirri - una ventina circa - ha nuovamente mostrato l'infame faccia che caratterizza questa struttura chiudendo la sezione comuni per poter aprire la cella e pestare alcuni detenuti tunisini-algerini. Nonostante le proteste dell intera sezione con lancio di materiale e grida contro i carnefici, i maledetti bastardi han continuato nel loro intento.
Questa notizia come molte altre purtroppo spesso rimane soffocata dalle 4 sudice mura dei penitenziari e solo grazie a detenuti/e che non si lasciano soffocare questa voce emerge dai cimiteri di cemento.
25 settembre 2010
da informa-azione.info


Carcere assassino!
Il 25 agosto il viareggino Daniele Franceschi, di 36 anni, è stato arrestato in Francia perché aveva cercato di utilizzare una carta di credito clonata in un casinò. Trasportato nel carcere di Grasse è stato ucciso, massacrato di botte. Dopo 1 mese e mezzo, il 14 ottobre, il corpo è stato restituito a sua madre, ma senza molti organi.
La madre, per denunciare il caso lasciato nascosto per troppo tempo, si era incatenata davanti al carcere di Grasse con un lenzuolo sul quale aveva scritto "carcere assassino". Per questo è stata arrestata e pestata a sua volta dagli sbirri francesi che le hanno rotto tre costole. Quest’orrore fa parte della natura stessa del carcere!
Pestaggi e omicidi che i secondini si dilettano a eseguire nella più totale impunità sono diventati una costante. Ed ora fanno anche sparire gli organi!
Facciamo appello alla denuncia di quest’ennesimo assassinio e alla solidarietà ampia nei confronti della famiglia Franceshi!

16 ottobre 2010
Centro di documentazione Filorosso – FG
Via miracoli, 11 - guardierosse3@virgilio.it


due lettere dal carcere di poggioreale (na)
Carissimi compagni/e, vi informo che ho ricevuto l'opuscolo. Lo scorso mese non vi ho scritto per alcuni motivi che vi illustro.
Ho intrapreso lo sciopero della fame e dei farmaci salva-vita contro l'epilessia. Dopo svariati giorni ho smesso - purtroppo il mio stato di salute è precario e quindi fare il passo più lungo della gamba sarebbe stato sciocco…
Dopo aver smesso lo sciopero ho tentato il suicidio con il gas. Alcuni compagni di sventura, sentendo un forte odore di gas hanno allertato la guardia. Svengo, loro si rendono conto della gravità e mi portano al pronto soccorso interno al carcere. Quando mi sono ripreso mi sono ritrovato con dei tubicini inseriti nelle narici per l'ossigeno.
Di questo tentato omicidio non ha parlato nessuno. L'unica cosa che sono stati capaci di fare è stata la seguente: per pararsi il culo come sempre, su ogni singolo blindo di ogni singola cella hanno affisso uno scritto dove ti spiegano con precisione l'utilizzo del fornello, come va inserita la bomboletta ecc. ecc. Questa è la forza di questa gente. E' una vergogna.
La ragione di fondo di questi miei comportamenti? Perché sono in sezione protetta e ritengo che sia un'ingiustizia oltre che una grossa cattiveria da parte del DAP, da parte di questo sistema fascista e dittatoriale e capitalista - sono solo capaci di fare i forti con i “deboli”. Quando tanti cittadini cominceranno a togliersi il prosciutto davanti agli occhi capiranno che questa politica fa schifo, che è tutta una presa per il culo utile solo ad arricchire le tasche di questi personaggi, i quali ucciderebbero anche i loro congiunti pur di non perdere la poltrona, pur di ingrassarsi come dei luridi maiali. Oltretutto tolgono ai poveri, sì proprio così: attingono tutto dalle tasche dei più “deboli”. Vergognatevi italiani, non andate più a votare, è tutto un magna magna, sono tutti corrotti e di certo non sono io a dirlo, ma i quotidiani, i media, i TG ecc.
Un saluto anarchico. Per una piena libertà. La libertà non è un frutto proibito.

Giuseppe
23 settembre 2010

***
Cari compagni/e, ancora una volta è necessario affrontare l'argomento salute-sanità all'interno delle carceri.
Ogni giorno la situazione è sempre più allarmante. Dall'esterno giungono notizie di gente che muore negli ospedali per mala-sanità. Media e giornali ne fanno notizie primarie, ma solo in rari casi le notizie riguardano la morte di un detenuto per mala-sanità. Le tecniche del nostro tempo permettono a molti ammalati, quali diabetici, cardiopatici, sieropositivi, epilettici e altri invalidanti, di poter ben convivere e sopravvivere, seguendo delle regole di vita ben precise e regolamentate che in nessun carcere possono essere applicate.
Una volta, in passato, gli ammalati con determinate patologie venivano posti agli arresti domiciliari, detenzione domiciliare. Oggi invece questo ignobile stato si è inventato il cosiddetto centro clinico, investendo e responsabilizzando le ASL regionali per la conduzione del servizio sanitario. ASL i cui dirigenti, cogliendo la palla al balzo hanno fatto della sanità carceraria un business pazzesco.
Dietro a tutto questo si arricchiscono apparati dello stato, dirigenti regionali, medici, case farmaceutiche e rappresentanti farmaceutici. Praticamente una vera e propria scala che tutti fanno finta di non conoscere. Ognuno nel suo settore ha il suo introito e "fa la sua parte". Medici specialisti che eseguono visite e stilano diagnosi striminzite e molto superficiali, pur se profumatamente pagati. Certamente non pagati come può pagare un privato 150/200 euro a visita, che a sua volta riceve un'attenzionata visita e una scrupolosissima diagnosi. I detenuti sono pazienti di serie C, D, E, trattati peggio delle cavie.
Le ASL hanno anche inviato all'interno delle carceri infermieri professionali, che di professionale hanno ben poco. Gente oltre che impreparata, incurante anche delle più elementari norme igieniche. Infermieri che erroneamente somministrano farmaci diversi da quelli prescritti, scambiando un individuo per un altro. Fattore che in taluni casi può provocare quello shock anafilattico che in alcuni casi può portare all'infarto e alla morte. In questi casi è ormai noto che senza il minimo scrupolo, senza coscienza e senza dignità intervengono i medici e i signori magistrati che, in sintonia non possono dir altro che la morte è naturale.
E' noto che il trattamento a cui il detenuto è sottoposto da questo regime dittatoriale e fascista porta a gravissime sindromi depressive e quant'altro che lo portano in modo del tutto involontario, in certi casi, ad andare in escandescenza. In questo caso, invece di essere aiutato, viene sottoposto prima alla cura del pestaggio da parte delle guardie, poi dai calmanti e dagli psicofarmaci in quantità industriali da parte dei medici, rendendoli veri e propri zombie e incapaci di tutto e in condizioni di non poter dare il minimo disturbo.
Nessuno si è mai chiesto come mai la spesa più elevata all'interno dei carceri riguardi gli psicofarmaci? Non è una follia? Anche in questo caso è noto che tantissimi detenuti sono deceduti a causa di eccessive dosi di psicofarmaci. L'ultimo risale al mese di agosto di quest'anno presso il lager di Poggioreale padiglione Roma. Le cause della morte: eccessive dosi di psicofarmaci. In questo caso intervengono magistratura e dirigenti carcerari, che aprono la loro inchiesta per accertare come i psicofarmaci siano arrivati in cella. Modo meschino e disonesto di far ricadere la colpa sugli altri.
Le carceri non sono mai state un luogo di cura per gli ammalati, non ci sono cure adeguate, non c'è igiene, non vi sono infermerie idonee, quelle che dovrebbero esserlo sono topaie sporche e luride. A turno mancano i farmaci (farmaci salvavita).
La sanità in carcere è solo killeraggio, si continua a morire, veri e propri omicidi di stato con la benedizione della magistratura compiacente. L'art. 32 della Costituzione ci informa che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e garantisce cure gratuite agli indigenti. Peccato che i fatti ci dimostrano il contrario…
Un saluto. La libertà non è un frutto proibito.
Dal lager di Poggioreale, Giuseppe.

27 settembre 2010
Giuseppe Trombini, v. Nuova Poggioreale 177 - 80143 Napoli


due lettere dal carcere di opera (mi)
Ciao, sono rientrato dal permesso premio e prima di scriverti avrei voluto parlare con l'educatore e l'avvocato […] ma sono un po'deluso e questo mi ha portato a scriverti anticipatamente, ti spiego: ho parlato con il responsabile della comunità dove sarei dovuto andare a lavorare ma la risposta è stata negativa, con la scusa che non c'è lavoro, non posso andare neanche come volontario, per il carcere e i magistrati ci vuole la busta paga! […] insomma in ogni caso ho potuto capire che non vogliono aiutarmi e che c'è un po' di distacco sociale tra detenuto e assistenti vari […] altro problema è che con loro è l'unico modo per fare i permessi, altrimenti dopo tutti questi anni dovrei anche rinunciare ai permessi. Ho parlato con il direttore e con l'educatore per avere il lavoro ma devo parlare con l'assistente sociale ma con lei non riesco ad avere un colloquio, ci ha provato anche l'avvocato ma nulla da fare, non capisco questo sporco gioco che poi fa parte della civiltà dell'educazione e del reinserimento.
Questo è un cimitero senza croci, io così lo chiamo, perché lo vedo così, non solo per i detenuti ma per tutti quelli che ci lavorano, un inferno silenzioso fatto di lamenti di morte. […] Ancora non sono stato operato e soffro molto ma come se nulla fosse [il prigioniero che scrive questa lettera era stato trasferito al Centro Clinico di Opera dopo un incidente avvenuto in un altro carcere, peccato che lui sa bene che ad Opera il Centro Clinico non funziona affatto, tanto è vero che sono trascorsi due anni senza che nessuno si sia minimamente occupato della sua salute, ndr].
Ultima cosa, non capisco il motivo per cui, dopo tre permessi premio fatti, continuo ad essere scortato, cioè non ho un minuto di libertà, non posso sedermi su una panchina a leggere un giornale o consumare una coca cola, fare una passeggiata da solo, giravo e non potevo fare a meno di essere spaesato […] del resto non ho capito nulla, senza voglia di sentirmi un essere libero… scusa per lo sfogo inopportuno.

(Lettera firmata)
25 settembre 2010

***
Cari compagni care compagne, desidero ringraziarvi per la costante solidarietà che ad ogni occasione manifestate al popolo carcerario. Sempre con rinnovato piacere ricevo gli opuscoli e i libri che mi inviate: sulle ali dell'alchimista sognante sorvolo la siepe di cemento; vado oltre la staticità dei corpi e la resa della mente. Nell'attesa di una fantomatica cesta che trasporta al grande riscatto: vi stringo tutti in un solo battito.
Oggi, gli undici ergastolani della sezione dove mi trovo, stiamo aderendo allo sciopero della fame. Cari saluti, Salvatore.

Nella danza del dolore/Adina/Celio nel tuo nome
nel stridente silenzio/scuoti gli animi nel centro/palpiti nel cuore
ad ogni incontro sei/idea diffusa.

settembre 2010
Salvatore Cascino v. Camporgnago 40 - 20090 Opera (Milano)


lettera dal carcere di cremona
Cari compagni e compagne, da una settimana cerco di stendere una lettera ma non ci riesco, non ci sono con la testa. Vi ringrazio per i libri, volevo proprio iniziare lo studio di Hegel, Sechenov è una sorpresa e il "Grande riscatto" l'ho letteralmente memorizzato (esagero). Come mi avete scritto gli opuscoli dovevano essere 3, ma quando mi è stato consegnato il vostro plico (aperto), all'appello ne mancava uno, deduco spudoratamente sottratto.
Innanzitutto voglio solidarizzare con tutti i compagni/e che si trovano prigionieri/e nelle galere di stato. Le lettere che leggo dall'opuscolo mettono in chiara evidenza una realtà di continui soprusi negli istituti di pena. Uno speciale pensiero alle compagne di Rovereto trasferite per il loro coraggio dimostrato nel denunciare le nefandezze di quell'istituto. Stefano Frapporti ne è un esempio.
Solidarizzo con Ali, prigioniero a Benevento, prima vittima dei turchi e ora dell'alleanza filo-atlantica Berlusconi-Herdogan. Così come sono vittime i compagni kurdi nel processo di Dusseldorf. Biji serok ocalan. Biji apu.
Non ci sono con la testa anche perché qui me la fanno perdere. Sono 2 settimane che cerco di inviare sul CCP di Benedetta Galante i soldi che mi sono stati dati per aver frequentato una scuola e che avrebbero trovato presto utilità per i compagni rinchiusi in Svizzera. Invece la direzione dell'istituto fa mille storie e ho dovuto minacciare lo sciopero della fame per poter essere chiamato dall'ispettore, ha detto che entro 2 giorni mi saprà dire.
La burocrazia è proprio assurda; in teoria si può inviare denaro all'esterno solo a familiari (che non ho) o ad associazioni tipo Onlus con codice fiscale, ccp etc insomma una palla unica. Io ho risposto che in un regime in cui regna ipoteticamente la proprietà privata dovrei essere libero di fare ciò che voglio del mio denaro, che la direttrice non è una madre e non deve insegnarmi la morale, se proprio vuol far rispettare le normative, dovrebbe far mettere elmetto agli operai che lavorano alla costruzione del carcere nuovo interno a quello esistente. Mancano le minime norme di sicurezza. E finita che l'ispettore si è incazzato. Vedremo!
Cronaca dall'Italia: vogliono fare una commissione parlamentare di inchiesta sulla magistratura e c'è un tentativo di sospendere l'attività del COPASIR (povero D'Alema!).
Nuove tendenze nell'ambito turistico, i milionari scorazzano per il mondo e fanno incetta di oro, prediligono l'acquisto di lingotti o direttamente di azioni delle compagnie minerarie.
Cronache future: fra non molto ci sarà la guerra civile.
Cronache ipotetiche: spero di esserci!
Cronache da Cremona: le docce vanno peggio di prima, sono due giorni che non ci laviamo e siccome hanno reintrodotto l'orario invernale, noi della sezione E (ultimo piano) siamo stati ricondotti a vegetare in funzione delle sezioni sottostanti. E poi dicono beati i piani alti! Quando c'è di mezzo l'acqua non funziona così, ve lo posso assicurare! Se "quelli" di sotto si fanno la doccia, noi siamo fritti (bagnati), se invece hai la fortuna di "trovare" l'acqua, ti stai facendo la doccia e sei bello insaponato, devi augurarti che contemporaneamente qualcuno di un'altra sezione non pensi di farsi la doccia altrimenti sei fritto.
Nel periodo estivo l'orario delle docce era spalmato nella giornata, il tempo era precapitalisticamente fluido e con un po' di pazienza e fortuna riuscivi a lavarti.
Ora il tempo concesso per farsi la doccia è prestabilito, meccanizzato, frammentato sul modello capitalistico e oltre tutto coincide con quello delle altre sezioni, farsi la doccia diviene una chimera. Altro che Gyorgy Lucaks in "storia e coscienza di classe" e autocoscienza della merce; considerata la nostra condizione alla sezione E da reclusi al quarto piano del carcere di Cremona, noi siamo l'autocoscienza delle docce, non si parla d'altro e viviamo in funzione di esse.
Un detenuto prigioniero ha chiesto di parlare con il comandante per poter lavorare, ha ricevuto due sberle in risposta.
Gli extracomunitari sprovvisti del foglio di soggiorno, non possono frequentare scuole o corsi professionali o di formazione, un altro sopruso verso i deboli.
Ieri pensavo a Rosj tv che per facilitare l'intercomunicazione tra il popolo Kurdo ripete le trasmissioni in kirmanji, zaza e sorani. Ho quindi pensato che l'opuscolo, considerata la funzione che svolge, potrebbe pubblicare delle lettere direttamente in arabo, cosi gli extracomunitari potrebbero comunicare e sapere cosa avviene negli altri istituti. Un opuscolo quale strumento che è, aiuterebbe a rompere l'isolamento e sarebbe organicamente più funzionale… Ora vi saluto con un abbraccio fraterno. Andrea

VOL (STRADA) - Poesia kurda
Questa notte scura è una grossa/Toppa/Rammendata/Sul volto del sole.
Ad ogni alba/Strappo le cuciture con i denti.
Ma non bastano tutte le lacrime/Per spegnere questo incendio.
Al fuoco s'addice il fuoco.

P:S. "KURD" (letteralmente i Turchi di montagna) è un nome di derivazione onomatopeica, dal rumore che fanno propriamente i passi sulla neve "krutt","krutt". Heral Cektar

5 ottobre 2010
Orlando Andrea. via palosca 2 - 26100 cremona


milano: Il Carcere è incompatibile con la cura della salute
A seguito delle numerose lettere di detenuti che denunciano il malfunzionamento dell'apparato sanitario all'interno delle carceri di tutta Italia, il 5/10/2010 un piccolo gruppo di solidali ha fatto irruzione negli uffici ASL di corso Italia 52 a Milano. Siamo entrati nell'ufficio della direttrice competente del SERT del carcere di S. Vittore: dal balcone è stato srotolato uno striscione, dove era scritto "la sanità in carcere è solo killeraggio", riprendendo il concetto da una lettera arrivataci dal carcere di Poggioreale, mentre altri compagni/e volantinavano agli impiegati e agli assistenti sociali che lavorano nella struttura. Purtroppo il messaggio di lotta che volevamo portare è stato ignorato da questi lavoratori,che, da veri burocrati quali sono, si sono concentrati esclusivamente sulla forma della nostra protesta e sul fatto che "non avevamo nessuna autorizzazione per appendere uno striscione in un ufficio pubblico". D'altronde cosa ci si può aspettare da chi continua a scaricare le proprie responsabilità a chi sta più in alto"? Da chi accusa i detenuti di mentire a proposito delle proprie condizioni di salute?
Di seguito riportiamo di seguito il volantino distribuito.

La sanità nelle carceri è espletata in nome dell'isolamento, dell'annientamento psico-fisico. Chi la gestisce è complice.
Il carcere è strumento nelle mani deello stato per imporre i suoi rapporti di sfruttamento e sottomissione. È necessario per mantenere lo status quo in una società come questa divisa tra sfruttatori, pochi, e sfruttati, molti. Divisa tra che lavorerà come schiavo una vita intera sotto un padrone che lo sfrutterà e pagherà quel poco necessario a farlo sopravvivere, chi non riuscirà nemmeno ad ottenere quello e chi, responsabile di tutto ciò, passerà tutta la vita a pensare come spendere le montagne di soldi accumulate sulle spalle di altri.
Il carattere "di classe"del carcere salta subito all'occhio quando si vede che più dell'80 % dei detenuti è rinchiuso per reati legati al patrimonio e quindi figli di questo marcio sistema sociale.
Se si parla di "rieducazione" o "reinserimento" di cosa stiamo parlando? Che "rieducazione" può garantire uno stato presente in scenari di guerra come l'Iraq o l'Afghanistan, che abbatte la giornata lavorativa di 8 ore estendendo lo straordinario, che attaccca il posto di lavoro stabile per far posto al "lavoro flessibile", che permette i tagli alla busta paga, alla sanità, alla scuola? Che aumenta la spesa delle famiglie e delle persone già strangolate dal crescente aumento degli affitti e dei mutui?
La galera in realtà ha solo una funzione punitiva e di controllo delle possibili ribellioni che necessariamente questo mondo porta con sé. E per fare ciò assicura una sopravvivenza infernale tanto alle persone rinchiuse che ai loro familiari. Pestaggi, mancanza di cibo, cure, continue provocazioni e ricatti da parte delle guardie. La mancanza totale di sanità e cure adeguate è solo una delle tante torture quotidiane cui sono sottoposti i detenuti.
L'ASL, a cui da oltre un anno è affidata la gestione della sanità nelle carceri, è responsabile-complice della violenza che promana dal carcere.
Sempre contro il carcere e chi ne trae denaro e posizione.

Sabato 9 ottobre manifestazione itinerante intorno a S. Vittore
Il segreto è dirlo
E allora diciamolo: in 10 anni nelle carceri italiane sono morti quasi 1.700 detenuti, e 1/3 per suicidio. E qualunque suicidio in una situazione di prigionia resta un omicidio di stato.
Nelle carceri italiane si muore per mancata assistenza medica, spinti a gesti estremi dalle condizioni detentive o massacrati di botte dai secondini (chiamiamo le cose col proprio nome e magari anche per cognome: merde).
E allora diciamolo: il numero dei detenuti è in continua crescita, a causa di leggi e politiche sempre più repressive; a causa di una situazione sociale sempre più disastrosa, che spinge tanti "a far qualcosa pe' campà". Quasi sempre questo qualcosa entra in contrasto con lo stato e la sua "giustizia".
E allora diciamolo: non ci interessa chi blatera di modelli detentivi alternativi, atti alla rieducazione del condannato. Non c'è nessuno da rieducare! Criminale sono lo stato ed il capitale. Non ci piace chi con questa visione progressista null'altro fa che mantenere in piedi un sistema ormai al collasso.
E allora diciamolo: siamo di fronte ad una guerra. E in una guerra si è costretti a prender posizione, a decidere se stare da una parte o l'altra della barricata.
E ora che lo sappiamo non basta solo dirlo. Noi abbiamo cominciato!
Siamo ancora qui sotto le mura di quello che dell'annientamento ne è l'esempio. San Vittore. Siamo ancora qui a portare la nostra solidarietà e sostegno ai detenuti/e, per costruire insieme a loro e ai loro familiari una lotta che riesca, colpo su colpo, ad abbattere finalmente queste mura e la società che le crea e le riempie.

Milano, 9 ottobre 2010
Compagni e compagne contro il carcere e la società che lo crea

***
Breve resoconto del presidio attorno al carcere di San Vittore
Alle cinque del pomeriggio quasi un centinaio di persone solidali si sono date appuntamento per un presidio itinerante attorno al carcere di San Vittore.
L'esito della manifestazione ha superato le aspettative: nonostante uno spiegamento cospicuo di polizia e carabinieri, la capacità di comunicare con i prigionieri è stata elevatissima. Da dentro la risposta agli interventi, lanciati attraverso le casse, è stata sentita e accompagnata da battiture, urla, e incendio di qualcosa dalle celle; dall'altra parte delle mura altre battiture, blocchi stradali, volantinaggio alle macchine in transito, fumogeni e fuochi d'artificio. Gli speakeraggi rivolti ai prigionieri, sulle condizioni all'interno del carcere, la lettura di lettere spediteci da dentro che descrivono i pestaggi, le carenze sanitarie, la cattiva igiene e le solite ruberie - da sempre abituali all'interno del gabbio - si sono rivolti anche alle numerose prigioniere del braccio femminile.
La buona riuscita del presidio è dovuta soprattutto alla capacità di iniziativa immediata dei manifestanti, coscienti che il presidio è tornato a non essere più un'inutile passeggiata, ma un momento di comunicazione diretta con i prigionieri/e e non mediata.
Chiudiamo questo resoconto con le stesse parole con cui abbiamo salutato i prigionieri:
NON SARETE MAI SOLI, A RISENTIRCI PRESTO.




Lettere dal carcere di San Vittore (mi)
Ciao Olga! Pochi giorni dalla manifestazione sono passati e bene in mente splendidi ricordi teniamo di quel giorno… Purtroppo le guardie hanno provveduto a farci ritornare alla realtà carceraria in cui viviamo, in meno di tre giorni.
Il giorno 11 alle ore 11 un ragazzo che sta in cella con me da ormai due mesi è stato vittima di abuso di potere da parte di un appuntato che sostituiva il suo collega per il pranzo. Il ragazzo, tornando da una visita al SERT viene chiamato da un detenuto di una cella che gli chiede un accendino. È prontamente richiamato a procedere celermente verso la propria cella, cosa che fa, ma nel tornare viene fronteggiato muso a muso dall' "uomo" con la divisa blu, che per ben due volte gli mette le dita in faccia e tre volte le mani sul petto per provocarlo istigandolo a dismisura e rinchiudendolo in cella con frasi ingiuriose nei confronti dei carcerati, nello stesso momento il suo collega intimava di dare fuoco ad una branda solo perchè vessillata con panni rosso e neri milanisti.
Tempo poche ore il compagno di cella ha ricevuto rapporto disciplinare e denuncia da parte della guardia che lo aveva aggredito. Non essendo nel suo stile rispondere con altrettanta denuncia, ora è combattuto nel suo orgoglio se denunciare o meno l'accaduto, e sta molto male per questo, anche perché è vittima di continui attacchi repressivi che lo intimano a non procedere con la denuncia. E a me di non testimoniare, dicendo che loro possono avere tutti i testimoni che vogliono e referti medici falsificati. Tra l'altro al ragazzo è stata detratta più della metà della mercede, per motivi molto dubbi sui quali stiamo facendo chiarezza. Ma come sapete ci stanno chiudendo, o forse hanno già chiuso, tutti i varchi.
Premesso che lui è al corrente di questa lettera, che non si arrende, pur sentendosi solo, privo di appoggio da parte di altri detenuti che sono al corrente dell'accaduto, ma in quanto impecoriti da pastori con la divisa che hanno cambiato il clima, per poco o nulla si vendono per scopi futili (trasferimenti, rinnovo lavoro mal pagato, 2 ore su 8) e questo dopo 20 anni di carcere…
Neanche in AS le guardie si permettono di alzare le mani solo per loro frustrazione o per scaricare i loro problemi.

15 ottobre 2010
(lettera firmata)

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Ciao Olga, in un momento di "tranquillità" vi scrivo per dirvi che la repressione qui dentro continua a dismisura. Da più di una settimana ci hanno tolto la fornitura di carta igienica e sapone liquido oltre a dimezzare sempre più la fornitura all'accoglienza dei nuovi giunti - che ora arrivano in cella anche senza posate e bicchiere. Per il vitto della casanza c'è sempre una discussione due volte al giorno per la scarsezza del cibo, trascurando l'igiene con la quale viene consegnato ai detenuti rinchiusi nelle celle.
L'infermiere ieri sera dopo la manifestazione si è presentato con una bottiglietta di gatorade contenente l'acqua per le terapie e se l'è cavata dicendo che era sua e che l'aveva disinfettata. C'è tanto di assurdo qui dentro, compreso il fatto che le guardie all'apertura dell'ora d'aria "incitano" i detenuti con frasi come "dai ora tutti nella fossa" o "avanti pecore e pecorelle". Insomma, per chi ha voglia di prendere rapporti, c'è pane per i propri denti.
Ste cazzo di brande: appena le togli perché se ne va qualcuno, tempo zero, ti fanno rifare i castelli che non sono a norma e non raramente capita che qualcuno cada dal terzo letto. Grazie ai parenti che ci portano i giornali, stiamo coprendo i muri sfatti con foto un po' carine di moda e paesaggi.
Continuate a sostenere come fate, perché tanti detenuti approvano le vostre manifestazioni; i fuochi di ieri sono stati applauditi.
Grazie per quello che fate: aspettando il giorno di vederci fuori vi auguro di stare bene di salute. Mando un forte abbraccio a tutti/e voi convinto/i che il carcere non serve né a loro né a noi, soprattutto. A presto.

10 ottobre 2010
(lettera firmata)

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Ciao, …voglio chiedervi come avete vissuto la manifestazione, se avete avuto riscontri e di quale tipo. Ci vorrebbe una raccolta firme per il sovraffollamento, mentre per il resto ci dovremmo pensare noi dall'interno (igiene, personale ecc.). Il fatto è che come sapete qui dentro c'è un ricambio di detenuti portato allo spasimo e instaurare un gruppo solido che lotti insieme per giuste cause e diritti dovuti è assai difficile, dato appunto il repentino "riciclaggio" di persone.
Noi continuiamo ora con lo sciopero dell'aria. Siamo chiusi in cella da più di un mese e invitiamo altri detenuti a scrivervi per dare la loro opinione, convinti comunque che questa merda deve chiudere… Un abbraccio forte a tutti/e voi…

10 ottobre 2010
(lettera firmata)


CONTRO L’ISOLAMENTO, UNITI SI VINCE
Sabato 9 ottobre, presidio davanti al carcere Bassone di Como
Dall'inizio dell'anno ci stiamo interessando alla situazione del carcere Bassone di Como ed al costante aggravarsi delle condizioni detentive.
Per alcuni mesi ogni sabato abbiamo volantinato durante l'orario dei colloqui, instaurando così un dialogo con i familiari dei detenuti. Principalmente quello che è emerso sono i gravi disagi che vivono sia i detenuti che i familiari. Ci è stato raccontato che durante l'inverno il riscaldamento all'interno delle celle funziona solo per quattro ore al giorno e non c'è acqua calda, che in alcune sezioni è mancata l'acqua durante i mesi più caldi dell'anno e che le ore d'aria sono state dimezzate.
A questi problemi si sono aggiunte le limitazioni apportate qualche mese fa riguardo a ciò che può essere introdotto in carcere dai familiari. Le nuove direttive impongono di introdurre solo cibi sottovuoto e di produzione industriale, quindi impediscono l'ingresso di cibi e pietanze cucinati in casa o prodotti artigianalmente, andando così ad aggravare ulteriormente il peso economico del denuto sull'intera famiglia.
Questa situazione insostenibile è stata voluta dalla nuova direttrice Maria Grazia Bregoli che, se da un lato non si dimostra minimamente interessata alle condizioni dei detenuti, dall'altro sa perfettamente che aprire il "supermarket Bassone" riempirà ben bene le sue tasche a discapito dei detenuti e dei loro cari. Il vitto e il “sopravvitto”, ossia la spesa che i detenuti fanno tramite l'amministrazione carceraria, sono una voce importante del business penitenziario: il giro d'affari a livello nazionale non è inferiore ai 250 milioni di euro l'anno. Infatti, sebbene i prezzi di vendita dei beni concessi ai detenuti siano solo in pochi casi di molto superiori a quelli di mercato, appare evidente che la direzione aquistando all'ingrosso e rivendendo al dettaglio ottiene un considereve guadagno. Questo la nostra direttrice pare lo sappia bene.
A questi problemi specifici del Bassone vanno inevitabilmente ad aggiungersi le condizioni comuni a tutte le carceri italiane: sovraffollamento, rigide condizioni detentive, continui trasferimenti da un carcere all'altro, pessime condizioni igienico-sanitarie e quasi inesistente assistenza medica.
I detenuti rinchiusi nelle carceri italiane sono circa 65.000, quando la capienza massima prevista è di 44.066 posti. In questo quadro il Bassone non fa eccezione, e il sovraffollamente anche lì ha dei numeri spaventosi. Basti pensare che la costruzione, degli anni ottanta, originariamente doveva contenere al massimo 175 persone, ma successivamente, senza che vi siano stati mutamenti della struttura, la capienza è stata raddoppiata e portata a 350 persone. Sembrerebbe uno scherzo, se non fosse che ora a viverci ci sono 555 persone. É in questo scenario che vanno inseriti i 44 detenuti suicidatisi nelle carceri italiane dall'inizio dell'anno (37 impiccati, 5 asfissiati col gas, 1 avvelenato con dei farmaci e 1 sgozzato), mentre il totale dei detenuti morti, tra suicidi, malattie e cause “da accertare” arriva a 125.
Oltre a tutto questo bisogna sottolineare come i prigionieri vengano continuamente posti in una condizione di conflittualità tra loro, con lo scopo di rompere quella solidarietà che si viene a creare tra individui privati totalmente della libertà, e che costituirebbe la maggiore minaccia per l’esistenza stessa delle strutture carcerarie. Il potere, l’impunità che il “pacchetto sicurezza” consegna alle guardie per applicare restrizioni e isolamento, l'assenza di igiene, le carenze strutturali… si trasformano in gran parte in arbitrarietà, discrezionalità e prepotenze d’ogni tipo.
Proprio per impedire lo svilupparsi di una solidarietà attiva fra i detenuti e l'esterno del carcere ci è stato impedito fisicamente di volantinare, la casella di posta utilizzata per comunicare con i detenuti è stata bloccata e chi era maggiormente in contatto con noi è stato trasferito in altre carceri. É evidente come la direzione del Bassone cerchi in tutti i modi di impedire l'instaurarsi di rapporti fra i detenuti e l'esterno del carcere: la dotoressa Bregoli sa perfettamente che mantenere l'isolamento fa sì che non si sviluppi quella complicità, quella consapevolezza, quel sentimento di comunanza che è punto di partenza per condividere esperienze e sensazioni e per organizzarsi per migliorare le proprie condizioni. Inoltre la paura di subire ritorsioni (come avvenuto dopo la rivolta dell'agosto 2009) rende difficile "fare qualcosa" perchè le conseguenze potrebbero essere allontanamento, restrizioni, limitazioni ai permessi o a quei pochi privilegi di cui magari si gode. Tutto ciò indubbiamente rende più difficile portare avanti la lotta contro il carcere, ma allo stesso tempo ci conferma che la direzione intrapresa è quella giusta.
Noi siamo fermamente convinti che il carcere, la violenza di stato e le guerre saccheggiatrici siano l’apparato immunitario di questa società divisa in classi. Continueremo quindi a costruire solidarietà attiva con chi sta dentro per diffondere il più possibile quello che succede tra quelle mura e per portare avanti le lotte interne ed esterne, con il chiaro scopo di rompere l'isolamento e togliere a quelle sbarre il loro significato e il loro infame ruolo di dimenticatoio sociale.
SABATO 9 OTTOBRE H. 11.3O PRESIDIO IN P.ZZA VITTORIA (COMO)

Collettivo Dintorni Reattivi - dintornireattivi@autistici.org


resoconto del presidio sotto il carcere di Latina
All'appuntamento promosso dal Soccorso Rosso Internazionale, si sono incontrati una sessantina di compagni e compagne provenienti da diverse città (Napoli, Roma, Padova, Milano e di Latina stessa). I soliti inghippi tecnici si sono portati via la solita oretta; però subito dopo è iniziata una nutrita comunicazione con il carcere, da dove tuttavia non sono giunti segnali di risposta. Dalle finestre sbarrate da bocche di lupo metalliche non si riusciva a percepire, fuori, segni di vita. Ciò, un poco senz'altro per la distanza della nostra postazione dalla cinta ed anche, con ogni probabilità, per chiusure comunque intimidazioni, mese in campo dalle guardie. Queste, in buon numero, dall'alto della cinta hanno continuato a far girare, spalleggiati da polizia e carabinieri, cineprese e simili per l'intera durata del presidio (circa 4 ore).
Obiettivo dell'iniziativa era di contribuire a far uscire dal dimenticatoio, dalla “clandestinità” in cui lo stato cerca con ogni mezzo di affossarla, l'esperienza di guerriglia metropolitana, di resistenza nei tribunali, nelle carceri, per l'avanzamento del processo rivoluzionario, contro l'annientamento politico e fisico inseguito dall'isolamento - di cui sono oggetto anche le compagne e i compagni in carcere in Italia da decenni, in gran parte condannati all'ergastolo. E proprio nel carcere di Latina sono rinchiuse sei compagne di cui lo stato non si è certo dimenticato, come riconferma loro ogni giorno tenendole sotto il tiro dei ricatti, del restringimento o addirittura della cancellazione degli spazi, come dimostrano i recenti tagli dei posti di lavoro.
A questa iniziativa di ritessitura intergenerazionale dei fili e anche di punti di vista generali diversi, di riappropriazione di pratiche e teoria che ci appartengono, hanno preso direttamente parte anche prigionieri di lungo corso come Marco (Camenisch) chiuso nelle galere svizzere, George (Ibrahim Abdallah) compagno libanese prigioniero in Francia, Silvia, Billy e Costa arrestati nei mesi scorsi in Svizzera e tuttora in carcere.

Milano, 19 settembre 2010

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A proposito della “Campagna di liberazione dei prigionieri di lunga detenzione” ci è arrivato per lettera un intervento del compagno Franco Galloni dal carcere di Siano, che avanza alcune riflessioni critiche. L’intervento è piuttosto lungo, motivo per il quale abbiamo deciso di non pubblicarlo. Ne spediremo comunque una copia a chi ne facesse richiesta alla nostra casella postale.


Marco Camenisch è stato trasferito
Cari compagni, compagne. Marco Camenisch è stato trasferito dalla galera di Zurigo a la galera di massima sicurezza a Orbe, senza che lui abbia avuto il tempo di prepararsi o di avisare qualche d'uno! dopo 8 anni di sorpresa e all'improviso! Non conosciamo fino ad ora le ragioni: possiamo solo fare la tesi, che le lotte intraprese da lui, lo sciopero della fame con i 3, Silvia, Billy e Costa, arrestati in aprile vicino a Zurigo, le mobilitazioni intorno alla campagna di lunga detenzione dei prigionieri rivoluzionari e le sue attività da prigioniero rivoluzionario con tante di quelle initiative e contatti con il movimento antagonista internazionale hanno fatto si che la controrivoluzione vuole metterlo fuori gioco, trasferendolo in una galera di massima sicurezza in una regione lontana. La solidarietà è nostra arma - usiamola inviando cartoline, telegrammi, saluti ecc. a Marco.

Marco Camenisch, Penitencier de Bochuz, Case Postale 150 - 1350 Orbe (Svizzera)

11 ottobre 2010
rotehilfe@aufbau.org


CSPA di ELMAS (ca): TERZA RIVOLTA IN DIECI GIORNI
Il Centro di Soccorso e Prima Accoglienza di Elmas è una polveriera destinata ad esplodere. Il primo ottobre era andatain fumo una camerata, il 5 ottobre, un intero piano era stato danneggiato. Lunedì nel primo pomeriggio gli immigrati si sono impadroniti della palazzina.

Lunedì 11 ottobre, intorno alle 14.00, è scoppiata la terza rivolta al CSPA di Elmas negli ultimi dieci giorni. I migranti rinchiusi nel lager hanno inizialmente preso possesso della palazzina, poi alcuni di loro si sono diretti verso le piste di atterraggio/decollo dell'adiacente aeroporto civile, altri hanno "occupato" lo stabile, altri ancora hanno tentato la via della fuga. Le forze del disordine sono intervenute in massa in tutti e tre gli ambiti: elicotteri e carabinieri a setacciare i canneti nei pressi dell'aeroporto alla ricerca dei fuggitivi, la celere con manganelli e lacrimogeni a ristabilire la violenza e la paura consuete nel CSPA; nel frattempo erano già state sospese partenze e arrivi e dirottati su altri aeroporti (Alghero e Olbia) gli aerei più prossimi all'arrivo. L'aeroporto è stato riaperto verso le 17.00 quando sono state liberatre le piste ed è stata riportata la "calma" nel lager.
Il bilancio di tutto questo è di nessuna fuga andata a buon fine, un numero imprecisato di contusi e intossicati ed 11 arresti (per i presunti responsabili dei disordini) convalidati questa mattina dal magistrato, che ha inoltre concesso il nulla osta per l'espulsione dei "rivoltosi" dal territorio dello stato subito dopo il processo, fissato per il 16 ottobre.
La risposta antirazzista è stata una volta tanto tempestiva. Appresa la notizia della rivolta in tempo reale, due piccoli gruppi si sono diretti verso la zona, uno verso i cancelli della zona militare al cui interno si trova il CSPA, l'altro verso l'aeroporto civile.
I primi, resisi conto dell'impossibilità di avvicinarsi ulteriormente alla zona calda, dopo un po' hanno deciso di seguire alcune delle numerose ambulanze che partivano d'urgenza verso gli ospedali di Cagliari nella speranza di vedere qualcosa o, meglio ancora, di intervenire o prendere contatti.
Il secondo gruppo ha inscenato un piccolo presidio di solidarietà all'interno dell'aeroporto civile, nella zona più affollata delle code per i rimborsi dei biglietti. Srotolato uno striscione con la scritta "libertà per i migranti", è stato letto un breve comunicato di solidarietà alla rivolta e di condanna alle politiche xenofobe e fasciste dei governi europei in materia di immigrazione. Dopo un primo approccio di incuriosito silenzio, un gruppo di viaggiatori rimasti a terra ha cominciato a inveire contro i compagni che hanno allora iniziato a scandire slogan. Fra fischi, insulti e qualche applauso, i quattro manifestanti sono stati raggiunti da una decina di agenti della polaria, portati nella "caserma" dell'aeroporto e lì trattenuti per circa due ore.
Ci sono due aspetti che vogliamo sottolineare. Il primo, è la parvenza di un maggior contenuto politico nella rivolta e anche di una maggiore organizzazione rispetto alle precedenti, probabilmente perchè la terza in dieci giorni, cosa che si può evincere da vari fattori. L'orario ad esempio: l'ultima rivolta era avvenuta di notte, quando l'aeroporto è chiuso, perdendo molto in disturbo e risonanza, mentre questa volta c'è stato il tentativo sia di bloccare l'aeroporto che di occupare l'edificio del CSPA, forse nel tentativo di spezzare quel silenzio che circonda la reclusione nei lager - viste le esperienze di passate rivolte, più incentrate a permettere la fuga dei reclusi, spesso andate male sia per la localizzazione del CSPA (in territorio militare) sia per le difficoltà che si incontrano nel lasciare la Sardegna.
L'altro è la necessità di offrire una solidarietà concreta, che tenti di agire nelle contingenze e che continui a rilanciare la lotta antirazzista in questa società che sembra invece avere ormai il razzismo nel sangue, come dimostrano alcune frasi sentite sia all'aeroporto durante la protesta che all'ospedale all'arrivo dei ragazzi del CSPA.

12 ottobre 2010
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Mercoledì 13 ottobre. Li hanno portati via con un volo speciale: da Cagliari a Torino e da lì a Milano. I ribelli del cpa di Elmas, ormai inagibile dopo la rivolta dell'11 ottobre, sono stati caricati su un aereo che ha fatto scalo a Torino alle 16,40. Ed è poi ripartito alla volta di Milano alle 17,20. Al momento non abbiamo notizia di quanti immigrati siano stati trasferiti. Secondo quanto riferisce un compagno di NoBorderSard nel cpa di Elmas c'erano circa un centinaio di "ospiti". È possibile che li abbiano smistati nei CIE di Torino e Milano. L'Unione Sarda, in una nota diffusa in serata, scrive che "Alle prime ore del mattino nel Centro di prima accoglienza di Elmas è iniziata la procedura di trasferimento di circa 70 cittadini nordafricani verso i Cie presenti nella penisola."
Nonostante il ministero dell'Interno abbia agito in silenzio, tuttavia gli antirazzisti torinesi hanno avuto buon fiuto e nel pomeriggio una decina si è fatta un giro all'aeroporto.
A Caselle c'era un imponente schieramento di polizia e carabinieri in assetto antisommossa, oltre ad un folto gruppo di Digos. Segno di qualche evento eccezionale.
Aperto lo striscione "Stop deportazioni", hanno fatto comizi volanti per informare i passeggeri in arrivo e in partenza di quanto stava accedendo. Dopo circa un'ora si sono allontanati scandendo slogan "No border, no nation, stop deportations!".

14 ottobre 2010
da senzafrontiere.noblogs.org/

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Guardate un po' chi è ricomparso, nel variegato panorama italiano dei collaborazionisti delle espulsioni: il consorzio siciliano Sisifo, che ha fregato solo dieci giorni fa la gestione del Cpa di Elmas agli scafatissimi affaristi di Connecting People.
Sisifo lo avevamo giù conosciuto ai tempi della grande rivolta che aveva demolito un bel pezzo del Centro di Lampedusa e ora ce lo ritroviamo di fronte in occasione di un'altra rivolta non da poco: lacrimogeni, manganellate, l'aeroporto di Cagliari bloccato per ore, senza-documenti evasi e altri arrestati, il Centro devastato - "come se ci fosse passato un ciclone", ha commentato un agente di guardia. Aderenti alla rossaLega delle Cooperative, i padroni di Sisifo sono la dimostrazione vivente che qualsiasi discorso è buono da vendere quando bisogna confondere un po' le carte e nascondere l'incerta nobiltà del proprio agire: loro, senza faccia, tirano addirittura in ballo gli dèi e il povero Camus. Per fortuna che alla fine gli uomini si rivoltano per davvero, e rivoltandosi sciolgono gli equivoci rimettendo ogni cosa al proprio posto.

15 ottobre 2010
da www.autistici.org/macerie

Bologna: Non ci vogliono al Cie? Ci avranno ovunque (e anche al Cie)!
Trovandoci in pochi di fronte ad un Cie blindato di sbirri ed al Diktat (che pare molto in voga ora sotto le due torri) di non poter usare alcuno strumento di amplificazione, neanche il megafono, abbiamo deciso di andarcene... Ricomparendo dopo qualche ora, avendo racimolato un pò di compagni/e, abbiamo attraversato il centro città con comizi agili ed itineranti. Con megafono, volantini e striscione abbiamo espresso la nostra solidarietà a quanti hanno tentato la fuga domenica scorsa ed alla protesta incendiaria che è scaturità quando il tentativo di fuga è stato bloccato. La gente ha risposto bene, la digos ha faticato ad individuarci nel caos dello shopping, spiace se il pianista Giovanni Allevi s'è spaventato un pò al nostro passaggio. Più tardi nella serata un gruppetto di solidali è ricomparso nei pressi del Cie portando la propria solidarietà ai reclusi con megafono, cori e fuochi d'artifico. Da dentro hanno risposto facendo un sacco di casino. All'arrivo degli sbirri non c'era più nessuno. Volevano zittirci, non ci sono riusciti.

2 Ottobre 2010
Anarchici/e senza frontiere


MODENA: UNIFORMI, SQUADRETTE E SGUARDI DIVERTITI
Abbiamo sentito questa mattina i reclusi del Cie di Modena. È stato molto emozionante perché è la prima volta che si apre un contatto diretto con quel Cie e questo è successo solo perché la lotta di solidarietà ogni tanto dà i suoi frutti. Uno dei reclusi che abbiamo sentito veniva da Corelli quindi, una volta portato a Modena, ha avuto la possibilità di trovarci. Ha confermato purtroppo le convinzioni che già avevamo sul fatto che il Cie di Modena si configura come un carcere speciale e che ci hanno portati alle lotte insistenti su Modena, contro la Misericordia che gestisce quel lager fino al corteo del 19 giugno e oltre: niente telefoni, e lo sapevamo, via gli abiti "civili", appena entrano sono obbligati ad indossare un'uniforme "come a Guantanamo", e questo ci era invece sconosciuto, camerate di sette persone senza riscaldamento e senza coperte ma soprattutto c'è una squadretta di 8/10 poliziotti che pesta un giorno sì e uno pure chiunque si permetta di protestare sotto lo sguardo divertito degli operatori della Misericordia "Guardano e ridono". Ciò che più colpisce è che i due che abbiamo sentito dicevano entrambi "non parliamo dei sei mesi, se ce li vogliono far fare che lo facciano ma la cosa più grave, e che non sopportiamo proprio, è che ci tolgono completamente la dignità. Capito? ci tolgono tutta la dignità". "Siamo terrorizzati!"
Domenica pomeriggio dalle 17 saremo sotto le mura del Cie e sabato in città per continuare a far uscire le loro voci e per rompere l'isolamento. Oggi un po' di questo isolamento si è rotto. Andiamo avanti.

15 ottobre 2010
Solidali e anarchici di Bologna e Modena
da www.autistici.org/macerie

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breve resoconto del presidio a modena
La possibilità di chiamare dentro il Cie è stata prontamente neutralizzata dalla polizia che ha fatto chiudere il telefono dal quale potevano ricevere le telefonate dall'esterno. Nonostante questo i reclusi sono riusciti a chiamarci e ci hanno informato della deportazione di A. che da Corelli era stato trasferito a Modena e che era riuscito ad arrivare a noi tramite il contatto con altri solidali. Da due giorni poi la polizia di Bologna è entrata nel Cie per compiere perquisizioni, certamente come rappresaglia per i contatti stabiliti e in previsione del presidio di oggi. Comunque ci hanno sentito e risposto anche se ad un certo punto, ci hanno riferito, in tutti i bracci sono state accese le televisioni con il volume altissimo per non far giungere le nostre voci all'interno. Nonostante i tormenti subiti per aver osato contattarci hanno accolto con grande entusiasmo la nostra presenza chiIn tarda serata poi qualcuno ha portato un saluto particolare
con fuochi d'artificio accolti con grida e saluti da dentro.
In nottata la simpatica sbirraglia ha chiamato sul cellulare con cui comunichiamo con i reclusi e ci ha fatto ascoltare "Faccetta nera"... che eroi!!

18 ottobre 2010
fonte: comitatoantirazzista@inventati.org


due processi a torino
Il 18 di ottobre nelle aule del Palazzo di Giustizia si terranno due processi che riguardano l’estate appena finita al Cie di Corso Brunelleschi.
Uno riguarda una storia nota, di cui abbiamo sentito parlare tutti: il 14 di luglio una sezione del Cie veniva distrutta e in parte incendiata. A seguito di questa rivolta la capienza del Centro è stata - ed è tuttora - notevolmente ridotta. Questo ha fatto sì che alcuni dei reclusi fossero liberati in tutta fretta e che dei potenziali ospiti del Cie si siano sentiti dire “siete fortunati, al centro non c’è posto”. Ecco perché più rivolte dentro significano più liberi fuori. I ragazzi accusati di aver messo in atto la rivolta affronteranno il
loro processo alle ore 10 in aula 42.
Lo stesso giorno un ragazzo affronterà un processo perché accusato di aver rotto un dente ad una guardia. Ci auguriamo che anche questa guardia funzioni a regime ridotto. Il processo riguardante quest’atto di resistenza - o di attacco -, avrà luogo alle ore 11.30 in aula 55. Ci saremo anche noi.

estratti da www.autistici.org/macerie


lo sciopero dei migranti alle rotonde del lavoro nero!
Oggi si è fermato il mercato delle braccia in Campania! Migliaia di migranti costretti a lavorare in nero principalmente in edilizia e in agricoltura con paghe sempre più basse (ormai anche sotto i 20 euri a giornata) e condizioni di sicurezza inesistenti, si sono fermati. E tantissimi tra essi hanno deciso di metterci la faccia, scendendo in piazza con cartelli e volantini in quegli stessi luoghi dove ogni giorno caporali e padroncini reclutano i propri Kalifoo (lett. "schiavo a giornata"). Lo sciopero dei "Kalifoo" si è così palesato nei principali siti del lavoro nero (almeno venti in tutta la provincia di Napoli e di Caserta), da Casal di Principe a Baia Verde (Castelvolturno), da Villa Literno a Licola, Afragola, Scampia, Quarto, Caivano, Qualiano, Marano, Villaricca e Giugliano.... Con il supporto sul campo degli antirazzisti campani.
Un evento a suo modo storico, perchè mai prima d'ora in Campania (e in Italia), gli immigrati sfruttati in nero avevano scioperato così massicciamente, decidendo coraggiosamente di mostrarsi, col rischio di rappresaglie dei caporali o di compromettere il rapporto di lavoro con il padroncino di turno.
Una scelta fatta per rivendicare diritti e dignità, salario e sicurezza, a partire da quel permesso di soggiorno senza il quale è impossibile sfuggire ai ricatti e molto spesso trasforma le vittime in colpevoli: sono clamorosi infatti gli effetti della cosiddetta "direttiva Maroni contro il lavoro nero", che invece di colpire i caporali e lo sfruttamento, si è tradotta in retate di massa contro i lavoratori immigrati!
Regolarizzazione, allargamento dell'articolo 18, recepimento coraggioso della direttiva europea sull'emersione del lavoro nero: sono tanti gli strumenti possibili ma finora elusi da un governo attestato su posizioni ideologiche e repressive. Per non parlare della condizione sempre più precaria dei tantissimi che in Italia sono rifugiati o hanno chiesto protezione umanitaria. Lo sciopero di oggi dice a tutti che il lavoro immigrato in Campania non è solo quello di colf e badanti e chiede una presa di posizione decisa di tutti gli attori sociali e politici veramente democratici. In un territorio devastato dal lavoro nero come da una piaga secolare, i migranti hanno dato a tutti, anche agli autoctoni, un segnale di coraggio importante! Allo stesso modo bisogna rispondere: basta repressione, basta leggi xenofobe, si alla regolarizzazione e ai diritti!
La mobilitazione continuerà domani con il corteo a Caserta insieme alle iniziative che si tengono in tutta italia e che termineranno il 15 ottobre in un presidio nazionale sotto il ministero dell'Interno, per poi partecipare, il giorno dopo, al corteo dei metalmeccanici.

9 ottobre 2010
da www.meltingpot.org


Report sulle iniziative del comitato antirazzista milanese
1) Fermato lo sfratto di Hafida in via Cavezzali.
Si era ormai giunti al quarto tentativo di cacciare la famiglia di Hafida, donna marocchina precaria, con marito disoccupato e due figli che vanno al nido. 4 persone in un appartamento di 20 mq per i quali bisognerebbe pagare oltre 600 euro mensili. Lo scenario è quello di un palazzo di 8 piani, con 176 appartamenti, nato come residence oltre 30 anni fa e successivamente trasformato in un alveare di mini-appartamenti ognuno dei quali "regolarmente" affittato in nero, con servizi sono pressochè totalmente assenti, (ascensore compreso); alle spalle l'omicidio di Abdel nel 2006 da parte di una guardia giurata incaricata di riscuotere il pizzo per conto della Vanzoni ed Ambrosiana Immobiliare, protagoniste di una losca vicenda di palazzinari che continua a tutt'oggi. Ma anche stavolta Hafida non era sola. Alcune famiglie del palazzo che hanno deciso di schierarsi, alcuni abitanti del quartiere (ormai ci si conosce), alcuni rom provenienti dalla casa recentemente occupata in via Sangallo; in tutto una ventina quelli che hanno raccolto l'appello del comitato antirazzista ed hanno presidiato l'appartamento fin dalle 8,30.
Sufficienti a contrastare le bellicose intenzioni del proprietario (tal Bortot) e così ben presto i poliziotti, la Digos, l'ufficiale giudiziario e il medico legale si sono resi conto di avere in mano una bella patata bollente; tutti consapevoli della situazione losca che stavano difendendo con quello sfratto e della polveriera rappresentata da quel palazzone in cui vivono oltre 300 persone. La messinscena dell'intervento nella casa di Hafida non può essere evitata ma alla fine nulla da fare: il rischio di uno scontro è troppo alto e il bottino troppo miserevole per lorsignori; il rischio é quello di dover caricare le famiglie presenti, senza certezza di poter passare; il bottino massimo é quello di spedire una famiglia proletaria in mezzo alla strada premiando l'ingordigia del palazzinaro.
Dopo un paio d'ore di scontata tiritera lo sfratto viene così rinviato al 17 gennaio del prossimo anno e tutti (tranne Bortot, ovviamente) ne escono soddisfatti.
Ma prima di allora c'è un altro appuntamento importante gia fissato per il 24 novembre. Accenniamo qui brevemente al succo delle questioni che attraverseranno quella giornata: dev'essere espulsa una famiglia che al momento in cui è stato emesso lo sfratto (settembre 2009) stava pagando regolarmente l'affitto, addirittura attraverso una trattenuta direttamente in busta paga; Già! Bortot è palazzinaro e schiavista allo stesso tempo. Che ne dite? Noi diciamo che respingeremo lo sfratto di Patricia e che... ci sarà da divertirsi.

2) Triboniano: verso la soluzione finale della questione rom
Nelle ultime settimane le sorti del campo rom più grande della città è stato oggetto di vertici politici e articoli sul giornale. A scatenarle la prevedibile campagna politica delle forze del centro-destra che hanno urlato allo scandalo per l'assegnazione a 25 famiglie rom di altrettante case ex-Aler, non assegnabili ad altri perchè inagibili.
La linea governativa a tal proposito è ben sintetizzata da Maroni: "nessuna casa popolare ai rom, demolizione del campo entro fine ottobre, soluzioni da rintracciare nel privato per le famiglie che lo meritano, rimpatrio forzato per tutti gli altri". Per contro Don Colmegna che si vede mandare in vacca tutti i suoi tentativi di vantaggiosa (per lui) mediazione, arriva addirittura a dichiarare che se non si troverà una soluzione positiva fermerà lui stesso le ruspe per....impedire che si crei terreno favorevole agli agitatori del conflitto e ai violenti (che saremmo noi). In mezzo il Prefetto e un pezzo del Pdl che non sanno come fare marcia indietro, visto che 11 appartamenti sono già stati assegnati e che sono già iniziati i lavori per la loro ristrutturazione.
Sullo sfondo di questa vicenda milanese c'è un pesante scenario internazionale dominato dall'operazione propagandistica di Sarkozy e da un business di diversi milioni stanziati dalle istituzioni europee che si affiancano a quelli di Expo 2015 per la cui realizzazione sarebbe necessario far sparire il campo e lasciar spazio ad una impossibile bretella stradale (per realizzare la strada raderanno al suolo anche il Cimitero adiacente o distruggeranno la ferrovia Torino-Milano? Si aprono le scommesse fra i giornalisti).
I rom intanto, dopo gli sbandamenti estivi, parzialmente illusi di poter trovare finalmente casa, o di ricevere un congruo indennizzo per lo sfratto, hanno fatto i loro conti e hanno disertato il piano di auto-evacuazione proposto e gestito dall'accoppiata Mojoli-Don Colmegna.
Riferiremo dettagliatamente dei passaggi assembleari che si succederanno settimanalmente non appena terminato il periodo di lutto che ha fatto seguito alla scomparsa di Zobar (lutto che ha colpito non solo la sua famiglia ma anche tutti coloro che, come noi, se lo ricordano sorridente e pronto a combattere sulle barricate di maggio.
Una cosa è certa: fine ottobre (come vuole la Lega Nord) o più in là (come probabilmente si auspicano in tanti, anche nella maggioranza) il tentativo di sgombero di Triboniano pare lo sbocco inevitabile della poltica razzista e xenofoba che continua ad inseguire i rom. E con esso si rendono invevitabili le lotte e le barricate che lo fronteggeranno. Prepariamoci come si deve!

3) Cooperative: avanza la lotta dei nuovi schiavi
La campagna politica di solidarietà con gli operai della "Papavero" licenziati a Cerro al Lambro prosegue. Da una parte sono stati raccolti finora 3600€ attraverso varie iniziative che proseguono nel milanese e non solo. Dall'altra è stata fissata una prima udienza per il 7 ottobre, in cui i lavoratori, affiliati al S.I. Cobas, contestano la pratica discriminatoria utilizzata contro i licenziati. L'udienza si svolgerà alle 17,30 in via Pace a Milano ed è stato conseguentemente indetto un presidio cui farà seguito, se ce ne saranno le forze, un corteo in centro.
Rimandiamo ad altra sede la necessità di inquadrare questa battaglia in senso più generale (così come è emerso anche dall'incontro di martedì con l'avvocato Giovannelli) e senza sostituirci ad istanze unitarie che stanno cercando di coordinare gli sforzi per dare più linfa a questa lotta, segnaliamo che stanno aumentando le situazioni disposte a scendere in campo per nuove lotte e vertenze in siti della logistica lombarda e quindi la possibilità di considerare la data del 29 ottobre (data prevista per un possibile sciopero nazionale degli immigrati) come possibilità di raccordare queste diverse esperienze di autorganizzazione dal basso e contribuire così al loro rafforzamento politico.

4) Corelli: Vittorio Addesso rinviato a giudizio
E' freschissima la notizia che Vittorio Addesso, l'Ispettore capo di Corelli denunciato da Joy per tentata violenza sessuale, è stato rinviato a giudizio. La nostra sfiducia nella giustizia borghese e la repulsione per le galere non ci spinge ad esultare per il fatto in sè, nè a fare apertamente il tifo per qualche possibile esito giuridico-penale. Ci interessa invece rimarcare che uno dei tanti soprusi perpetuati all'interno di questi lager, è diventato finalmente oggetto di dominio pubblico, premiando il coraggio di Joy ed Hellen e anche gli sforzi di chi, come noi, è proteso incessantemente a cercare di rompere l'isolamento dei detenuti e a sostenerne le rivolte, nella prospettiva chiara ed inequivocabile della distruzione definitiva di quell'aberrazione sociale e morale rappresentata dai CIE.
Per questo non possiamo certo accontentarci che a finire sotto giudizio ci sia un semplice rappresentante di quei poteri che hanno creato il terreno nel quale i soprusi si riproducono incessantemente. Sono questi poteri che vogliamo finiscano sul banco degli imputati, senza che nessun giudice possa intervenire a salvarli.
Per intanto ci prepariamo ad assistere all'udienza preliminare; il fatto che tutti i media abbiano ripreso la notizia, arrivando addirittura a restituire dignità al famigerato striscione ("La polizia nei CIE stupra") che scatenò le cariche di Cadorna è indicatore che l'udienza preliminare contro Vittorio Addesso riceverà senz'altro una particolare attenzione mediatica; per noi sarà senz'altro occasione per dimostrare che il caso di Joy non è certo l'unico e che quanto detto sopra corrisponde al vero.

1 ottobre 2010

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Riportiamo un breve resoconto ella giornata del 7 ottobre, caratterizzata da due iniziative in Tribunale a sostegno di Zavoian, del campo di via triboniano e degli operai licenziati della cooperativa "Papavero".

1) Il caso Zavoian
Zavoian fu arrestato durante le barricate del 20 maggio con la (solita) accusa di Resistenza e oltraggio. Nello specifico, secondo la versione della polizia, Zavoian (60 anni, 1,60 m di altezza per 48 Kg. di peso), avrebbe aggredito e procurato lesioni guaribili in 7 giorni a due carabinieri in assetto antisommossa. In realtà a finire in ospedale con ossa rotte, trauma cranico, ferite e contusioni varie era stato proprio Zavoian che venne atterrato dalle forze dell'ordine che avevano dato l'assalto al campo, e quindi picchiato a dovere.
Già nell'udienza per direttissima, che si svolse in ospedale, il giudice decise la liberazione di Zavoian, pur mantenendo la misura cautelare dell'obbligo di firma una volta alla settimana. In questa udienza, non a caso inserita in un elenco di altre 30 udienze con il medesimo giudice, era inevitabile un rinvio trattandosi di un rito ordinario (a nulla erano valsi i tentativi precedenti del pm di ottenere un patteggiamento) e quindi di una sostanziale impossibilità a svolgerlo nella mattinata stessa.
Il fatto che si sia trattato di una scelta non casuale, (almeno questa è l'opinione dei presenti) è dettata dal fatto che si era di fronte ad un processo in cui l'imputato ha deciso di difendersi (rifiuto del patteggiamento, produzione di referti medici e di testimoni a proprio favore) e che si colloca in un momento molto delicato per il futuro del campo di via Triboniano, sottoposto ad un attacco politico frontale che però presenta molte lacune e contraddizioni all'interno delle quali la soluzione violenta dello sgombero appare irta di difficoltà per le varie istituzioni impegnate in questo tentativo di soluzione finale. Fatto sta che tutto è stato rimandato al 25 febbraio 2011, che è stata revocata la misura cautelare dell'obbligo di firma e che sono stati acquisiti i referti medici che sembrano dimostrare che la versione della polizia (secondo la quale Zavoian si sarebbe procurato lesioni di quell'entità scivolando a terra nell'atto dell'aggressione) sia come minimo discutibile.

2) La vertenza degli operai della "Papavero"
La prima udienza si è svolta davanti al giudice Attanaso alla presenza dei dirigenti della Cooperativa, degli operai e del sindacato. Angelucci si è opposto sia alla presenza del sindacato, sia alla scelta della sede (Milano), sia al procedimento di urgenza.
Ricordiamo che si trattava di una causa per discriminazione (tutti gli operai licenziati erano iscritti prima allo SLAI, poi S.I. Cobas ed erano stati promotori degli scioperi di febbraio-marzo) e che parallelamente si svolgerà un'altra causa, presso il tribunale di Firenze, per contestare nel merito gli addebiti che vengono mossi agli operai (sciopero non autorizzato e lesione dell'immagine aziendale); un tentativo sperimentale, a detta dell'avvocato Giovannelli, che potrebbe produrre la decisione di un loro reintegro fino allo svolgimento della causa di Firenze e che avrà senz'altro tempi piuttosto lunghi.
In sintesi le contestazioni della papavero non sono state accolte ed è stata fissata una nuova udienza per venerdì 15 ottobre alle ore 12 che potrebbe addirittura concludere questo procedimento, nel caso il giudice decidesse di non ascoltare i testimoni e di esaminare solamente gli atti in suo possesso
Concludiamo dicendo che un ottantina di persone hanno presidiato il tribunale in solidarietà coi licenziati e che si stanno preparando nuove iniziative di lotta in altre cooperative i cui lavoratori erano presenti anch'essi in questa giornata di mobilitazione, a dimostrazione che il processo di autorganizzazione, unica vera possibilità reale di avanzare, sta continuando ad allargarsi.

Comitato Antirazzista Milanese - info@antirazzistimilano.org


milano: E' cominciata la lotta alla Billa
Resoconto del picchetto del 18 ottobre
In sintesi per chi non ha potuto esserci questa mattina.
Ore 5,30: una cinquantina di persone si muovono dalla stazione di Villamaggiore per andare davanti agli adiacenti cancelli del polo logistico dentro il quale hanno sede i magazzini BILLA (ex-Standa), appaltati alla cooperativa C.L.O. (Cooperativa Lavoratori Ortomercato che, con oltre 2.000 dipendenti, é la stessa che gestisce una buona fetta dell'ortomercato milanese di via Lombroso).
In totale hanno partecipato al picchetto quasi un centinaio di persone così suddivise: 30 operai della C.L.O, 20 operai di altre cooperative, 50 militanti esterni (tra S.I. Cobas, Centro Sociale Vittoria e compagni del Comitato antirazzista milanese).
- Dalle 5,30 alle 9,00 sono stati bloccati i due cancelli sia quello dei camion in uscita (diversi autisti si sono mostrati piuttosto solidali) che, soprattutto, quello dei mezzi in entrata (una trentina con una coda di circa 1 km).
I capi della cooperativa, come contromossa, hanno prima cercato di accumulare forza tra gli operai "intenzionati" (cioè non del tutto spontaneamente) a entrare, poi hanno deciso di deviare i camion in coda verso alcuni siti limitrofi per evitare danni ulteriori
Verso le 9,30, a fronte di una presenza assai scarna di forze dell'ordine (due macchine dei carabinieri), sono sopraggiunti diversi caporali agguerriti provenienti da altre sedi operative della C.L.O., oltre ad alcuni responsabili della stessa cooperativa. Prima dell'arrivo in forze di Digos, celerini e altri carabinieri, i caporali sono riusciti a provocare il picchetto. Ne sono conseguiti tafferugli utili ad una ventina di crumiri per infilarsi nelle maglie aperte del picchetto, spinti all'interno dai loro capi-squadra
Alle 10,30 si è quindi svolta un'assemblea conclusiva, con l'intervento di diversi operai, in cui sono stati sottolineati i seguenti punti essenziali:
- La lotta ha obiettivi economici (contro il cottimo, il declassamento di livelli e il furto dell'indennità mensa) e sindacali (contro il potere burocratico e corrotto dei confederali, per un "sindacato operaio").
- Oltre a questi sacrosanti obiettivi si tratta di praticare una lotta per la difesa della dignità operaia, cioè per la sconfitta di un sitema neo-schiavista intollerabile.
- A due anni di distanza dagli scioperi spontanei del 2007 (cui fece seguito la repressione aziendale concordata coi confederali con licenziamenti, trasferimenti e Cassa Integrazione si è fatto oggi un passo avanti per ricostruire l'unità necessaria a proseguire ed estendere l'unità dal basso.
- Durante l'assemblea stessa è stato lanciato l'appuntamento di sciopero del 29 ottobre (riunione "cittadina" a tal proposito prevista per giovedì nel tardo pomeriggio) e ci si è inoltre accordati per un rapido tam-tam di fronte ad eventuali azioni di ritorsione nei confronti degli scioperanti.
- Gli operai in sciopero hanno deciso infine di non rientrare al lavoro dopo la rimozione del picchetto e di restare davanti alla fabbrica ad attendere gli operai dei turni successivi (2° turno con inzio alle 13 e 3° turno con inizio alle 19) per verificare le possibilità di estenderlo ulteriormente e cioè di perseguire uno degli obiettivi fondametnali della giornata.
Considerazioni e valutazioni ulteriori verranno eventualmente sviluppate nelle prossime riunioni ma, in sintesi, si può dire che gli obiettivi basilari della giornata siano stati raggiunti.

Milano, 18 ottobre 2010
fonte: info@antirazzistimilano.org


milano: NOI NON CI STIAMO ALLA SCUOLA DELLA GUERRA
FIRMATA GELMINI-LA RUSSA
Questa mattina, 29 settembre, giornata europea di mobilitazione per la scuola pubblica, noi studenti dei collettivi delle scuole abbiamo protestato alla sede dell'U.N.U.C.I. di via Bagutta a Milano, per denunciare la vergogna del progetto "Allenati per la vita": corsi paramilitari e lezioni di guerra nelle scuole voluti dall'accordo Gelmini-LaRussa, che porta nelle scuole le nostalgie da Ventennio, compresi gli esercizi ginnico-militari.
Infatti saranno prorpio gli ex-ufficiali in congedo dell'Unuci a tenere corsi di guerra con gli studenti delle scuole superiori.
Davanti all'entrata di via Bagutta intanto abbiamo aperto lo striscione "Contro ignoranza, razzismo e precarietà Ribellati per la vita. Diserta la scuola della guerra" e attacchinato diverse locandine e manifesti con slogan che sottolineavano come la cultura di guerra non può e non deve avere nulla a che vedere con l'istruzione: "Stupri, omicidi, torture e bombe al fosforo: questa è la cultura militare", "Make school not war", "Mamma non ti preoccupare, non farò mai il militare!". In seguito ci siamo mossi per raggiungere la metropolitana, continuando a denunciare pubblicamete la vergogna di "Allenati per la vita". Arrivati in piazza Duomo, siamo stati "accolti" e attaccati da reparti di forze dell'ordine in assetto antisommossa, in particolare i Carabinieri, che non hanno avuto scrupoli a picchiare gli studenti delle scuole, ferendone un paio, tra cui uno grave al naso.
Ed ecco appunto messa in pratica la loro "cultura militare", fatta di violenza, soprusi, manganelli e negazione di democrazia. La reazione vigliacca e infame proprio da parte dei Carabinieri, militari al diretto comando di La Russa, è stata una vera e propria rappresaglia a conferma del fatto che oggi siamo stati una spina nel fianco, da una parte per i vertici militari coperti di vergogna dalla denuncia della mattina, dall'altra per la Milano-centro della settimana della moda. Altrettanto vigliacco è stato poi il tentativo di giustificare l'intervento delle forze con la scusa del mancato pagamento del biglietto, dato che le aggressioni sono avvenute ben prima dei tornelli, con i carabinieri schierati in cordone sulle scale della metropolitana, pronti a colpire gli studenti che avevano preso parte alla protesta. Una rappresaglia in perfetto stile di censura fascista, dato che gli strumenti per fotografare e riprendere sono stati i primi a essere presi di mira.
A questo punto il concetto sembra chiaro: o scegli il moschetto in tasca, ti inquadri nei progetti militaristi del governo, diventi un cadetto con i corsi Mini-Naja di La Russa, oppure puoi ricevere soltanto botte e manganelli sulla testa. La messa in atto di un piano per impedire la diserzione e la presa di parola firmato Gelmini - LaRussa.
Non abbiamo assolutamente intenzione di soccombere alle loro logiche di paura: è assurdo che proprio oggi, 29 settembre, giorno di iniziative per la scuola in tutta Europa, e primo giorno di mobilitazione degli studenti a Milano, abbiamo dovuto assitere a un'aggressione dei carabinieri, a una dimostrazione di forza fine a se stessa, volta solo a incutere paura agli studenti. Proprio per questo rilanciamo a gran voce le prossime mobilitazioni, invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza venerdì 8 ottobre per il NO GELMINI DAY del mondo della formzione, per essere tanti e dimostrare che respingeremo in blocco tutte le loro tattiche militari di paura e intimidazione agli studenti.

29 settembre 2010
Coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e Provincia


padova: CONTRO DEGRADO E SPECULAZIONI, 10-100-1000 OCCUPAZIONI
Questo è lo striscione che capeggiava sulla facciata dell’edificio scolastico “G. Zanella – Davila”, (quartiere Torre) lasciato marcire da anni ad opera delle varie amministrazioni comunali, che il collettivo politico Gramigna ha occupato per ricreare un centro popolare e riaprire uno spazio pubblico al quartiere.
La risposta del sindaco non è tardata: infatti, martedì 21/09 lo stabile è stato sgomberato per mano di decine di agenti delle “forze dell’ordine”. Gli abitanti del quartiere che passavano in zona, come nei giorni precedenti, hanno espresso solidarietà ai compagni, delusi che lo stabile venisse nuovamente chiuso.
Siamo rimasti meravigliati per il buono stato di tutto l'edificio, dai bagni alle stanze, come ad esempio la palestra, con tanto di spalliere ed attrezzi utilizzabili; ma quello che ci ha più colpito è la quantità di materiale didattico praticamente nuovo presente nel prefabbricato che veniva utilizzato come scuola elementare: computer, cattedre, lavagne, banchi, sedie ed armadietti. Quanto spreco!
Proprio in questi giorni con la ripresa dell'anno scolastico, fa discutere la notizia che alcune scuole in Veneto (e non solo) non hanno abbastanza sedie nelle aule per gli alunni che sono costretti a sedersi sui banchi, o addirittura c’è chi ha chiesto ai genitori dei bambini delle scuole elementari di "portarsi il banco da casa" perché la scuola non ha i soldi per comprarli.
Chi ha fatto chiudere l’istituto medio inferiore “G. Zanella – Davila” e chi successivamente l'ha lasciato al degrado ha lasciato a marcire un'enorme quantità di materiali (pagati dai genitori degli alunni) invece di metterli a disposizione delle scuole che ne hanno bisogno.
Anche questo è frutto della contestata riforma Gelmini che continua a tagliare i fondi alla scuola pubblica, provocando danni alle famiglie costrette a pagare rette sempre più alte, attaccando l'istruzione che rappresenta un diritto per tutti.
I tagli economici si riflettono anche sui posti di lavoro generando precariato. Infatti, il mese di Settembre, è stato caratterizzato da tantissime mobilitazioni degli insegnanti in difesa dei posti di lavoro in tutta Italia. Questo è solo un aspetto della più generale situazione del mondo del lavoro che negli ultimi anni ha visto aumentare il numero di cassaintegrazioni e di licenziamenti.
Di stabili e in particolare di scuole abbandonate e lasciate al degrado la città è piena.
Negli anni il Centro Popolare Gramigna ne ha occupati molti nel tentativo di restituirli alla collettività, ma le varie amministrazioni comunali li ha sempre fatti sgomberare, lasciandoli nuovamente al degrado. In città ci sono esempi lampanti di questa pratica, basti vedere via Lungargine sinistro a Camin, sgomberato nel 1998 e sempre più degradato, o via Decorati al valor civile sgomberato nel 1996 e ancora murato, via Retrone in zona Sacro Cuore e molti altri ancora.
Anche questo posto è sotto il giogo degli speculatori che hanno come unico interesse il profitto. Questo meccanismo è lo specchio della pratica attuata in tutto il quartiere Torre, storicamente punto di riferimento per tutti gli altri quartieri della zona.
Ribadiamo che il mantenimento di tutti i terreni e costruzioni abbandonate viene pagato dai lavoratori, nella busta paga di ogni mese! Quello che ci spinge ad occupare gli spazi comunali abbandonati da anni è la volontà di riaprirli per chi ha il bisogno di viverli e di farli vivere, e di farlo insieme a tutti i proletari, lavoratori e pensionati, giovani e studenti, mamme e bambini che sentono la necessità di uno spazio di socialità. Un bisogno che ci avevano espresso numerosi abitanti del quartiere Torre con varie idee e proposte.
Il consigliere di quartiere Paolo Cesaro (del PD) ha dichiarato che l'occupazione del Gramigna è intollerabile. Sappiamo bene che per l'amministrazione comunale non è tollerabile chi si riappropria, tramite l'occupazione, degli spazi pubblici generalmente utilizzati da lorsignori per i loro giochi economici e di speculazioni edilizie.

settembre 2010
Collettivo Politico Gramigna - www.cpogramigna.org
milano: COX18 RESISTE
Il 4 ottobre 2010, dopo soli quattro giorni dalla scadenza dei termini, con una celerità sospetta per un Paese famoso per i tempi della sua macchina giudiziaria, il Tribunale civile di Milano si è pronunciato in merito alla causa intentata dal Comune contro il centro sociale Cox 18. Questa sentenza di primo grado, ma subito esecutiva, rigetta le rivendicazioni del centro sociale e lo condanna: “… all’immediato rilascio dell’immobile, libero da persone e/o cose, in favore del Comune di Milano.”
Pur intentando la via giudiziaria non ci siamo mai illusi che il risultato potesse per noi essere diverso da questo. Questa sentenza per noi cambia poco.
Da quell’estate del ’76, insieme a tutti quelli che negli anni hanno animato lo spazio autogestito di via Conchetta 18, abbiamo rivendicato con la nostra pratica un orizzonte diverso, che si misura sui bisogni e i desideri e si fonda sulle risorse e la capacità di TUTTI; che concepisce la cosa pubblica come bene comune e non come strumento per fare quattrini.
Continueremo sulla nostra strada a fare quello che abbiamo fatto in trentaquattro anni di presenza viva nel quartiere Ticinese e nella città insieme a tutti i soggetti: gli studenti, gli operai, i detenuti, i rom, ai giovani e ai bambini; lo abbiamo fatto con i linguaggi della politica, della cultura, della musica, del teatro, del cinema e della controcultura costruendo e difendendo quelli che abbiamo chiamato gli spazi di alternativa culturale.
Il solo diritto di proprietà che rivendichiamo è quello di essere padroni della nostra storia e della nostra esistenza. Qui siamo e qui resteremo.
Milano, 7 ottobre 2010
Centro sociale occupato autogestito Cox 18, Calusca City Lights, Archivio Primo Moroni


milano: Dalla "Bottiglieria occupata" alla "Stamperia occupata"
Tre notti e tre giorni di lotta importanti per tutte e tutti
Giovedì 14, poco prima di mezzogiorno. Il palazzo di v. Savona 18 occupato il 15 giugno scorso, comprendente al piano terra una bottiglieria, da cui "Bottiglieria occupata", la mattina di giovedi 14 ottobre è stato preso d'assalto da centinaia di poliziotti, finanzieri, carabinieri armati di tutto punto - innanzitutto di una ruspa con la quale abbattono un forte cancello per permettere loro di penetrare nel palazzo.
L'assalto scatta qualche minuto prima delle 12, sì mezzogiorno, dopo che oltre la metà delle compagne e dei compagni occupanti era uscita per recarsi al lavoro o altrove. Uomini e mezzi della polizia ecc. erano stati predisposti con una certa cura in zone adiacenti ben coperte, al punto che nessuno, pur se esce qualche minuto prima dell'avvio dell'operazione, riesca ad avvistarli. Delle 22 persone occupanti presenti nel palazzo in quel momento (su un totale di circa 40) è affaccendata alle pulizie o anche ancora a letto.
Dietro la ruspa che abbatte il cancello penetrano centinaia di poliziotti ecc. Ciascun loro gruppo sa già quale ala del palazzo rioccupare per tirare fuori le persone occupanti, perquisirle, in diversi casi anche colpirle e dirigerle in una grossa sala del pianoterra per le identificazioni ecc. e infine rilasciarle.
Sulla carta e nelle intenzioni si sono prospettati un blitz, vittorioso e conclusivo prima dell'imbrunire. Non andrà assolutamente in quel modo.
Intanto ben 7 occupanti riescono a raggiungere il tetto, a sottrarsi dalla presa, dai riti stabiliti a tavolino dagli assalitori. Da quel momento e fino a quando scenderanno saranno invitati dalla polizia a buttarsi di sotto, filmati e tenuti sott'occhio dalla digos, sistematasi su un tetto piatto dirimpetto, al punto che quando un compagno riuscirà ad afferrare un sacchetto di cibo lanciato da un tetto vicino verrà scatenato, invano, un putiferio per cercare di fermarlo. Durante e al termine delle identificazioni le altre persone occupanti non smettono mai di esigere l'incolumità assieme all'invio di acqua e cibo a chi si trova sul tetto; inoltre riesce loro di non essere allontanati fino a quando non gli sia stato possibile portare sulla strada almeno le cose immediatamente necessarie a tutte le persone occupanti: cibo, pentole, indumenti, attrezzi da lavoro…
Il trasporto delle 'masserizie', compiuto dagli occupanti usciti dal palazzo prima del blitz uniti a tante altre persone là convenute, si protrae fino alle 20 circa. Tutto questo avviene in una via ampiamente bloccata da poliziotti ecc. e loro mezzi, percorsa forzatamente a piedi da chi abita nella zona, da gente inviperita, un po' con tutti, in gran parte, ad ogni modo, con polizia ecc.
Per quell'ora sull'incrocio più vicino alla "Bottiglieria" è messo in piedi un presidio in difesa dell'occupazione per stendere una linea diretta, almeno vocale, con chi è sul tetto. Arriva un avvocato compagno al quale viene reso possibile di recarsi alla bocca del tetto per vedere, parlare con 'i 7', per rimuovere il no di polizia ecc. e per far giungere sul tetto acqua, pane, coperte. Niente da fare, il divieto rimane.
Da quel momento in quel luogo una trentina di compagne e compagni inizia un presidio il cui scopo preminente, seguito fino ad oltre le nove del mattino successivo, è di 'farsi sentire', di stare assieme a chi è sul tetto, di rivendicare la necessità della lotta ampia, articolata, continua per il sovvertimento sociale. Partono così canti, slogan musicati, anche tratti dall'esperienza delle curve o che altro, che, salvo pochi casi, incontrano l'approvazione delle centinaia di famiglie abitanti i palazzoni lungo la via. Alcuni abitanti portano acqua, pizze…
Nelle stesse ore un altro centinaio di militanti si dà appuntamento ad un incrocio dell'importantissima circonvallazione ancora interna alla città, lo occupa; la polizia per spingerli e bloccarli fuori dalla strada mette piede su questa, tenendola occupata per oltre un'ora, il disbrigo di pretese identificazioni che si riesce una buona volta ad impedire.
Il blocco della circonvallazione, togliendo polizia da v. Savona, finisce cosi con il rafforzare direttamente il presidio.
Attorno a mezzanotte un gruppo di compagni del Cox 18 - nei giorni precedenti colpito da ordinanza di sgombero - raggiunge il presidio con il fermo proposito di far arrivare senz'altro acqua e pane 'ai 7'. E' necessaria una "trattativa" con la polizia, cioè con la digos, senza negoziare nessun principio-presupposto della lotta. Dopo oltre un'ora il tentativo va in porto. Negli stessi momenti dalle parti più diverse giungono sul presidio pasta asciutta, tè caldo… insomma, la tanto ripetuta solidarietà praticata è una spinta ulteriore per chi presidia, ma anche per altre iniziative partorite dalla situazione. La prima fra queste è di dar vita ad una manifestazione a caldo: 'via Savona resiste', 'le occupazioni si difendono'…
Venerdì 15. 'I 7' sono sul tetto, il fiato rumoroso del presidio porta loro un po' di calore, fatto che infastidisce i poliziotti, ma ciò che li inviperisce ancora di più è quando da un balcone sovrastante i loro scudi una donna allunga lo spazzettone per afferrare uno striscione offerto dai presidianti - "via Savona 18 resiste"- la donna lo lega al ballatoio di casa senza dimenticarsi di offrire un caffè a chi quella notte gli ha impedito di chiudere occhio. L'identificazione con gli scopi della lotta val bene una nottata in bianco.
Alla polizia non riesce di isolare il presidio, ancor meno 'i 7'. Tenta un'ultima carta. Spingere lontano da chi è sul tetto il presidio e eventuali iniziative successive. Ormai è tardi, la manifestazione per il tardo pomeriggio ha già messo le ali, l'appuntamento degli studenti in sciopero sul luogo del presidio sta per avvenire. Poco prima che succeda la polizia, raddoppiate le proprie fila, spinge i presidianti, ormai ridotti a una ventina, ad un incrocio (v. Solari) distante circa 500 mt dal 18 di v. Savona. Lì il presidio viene rinforzato da un trentina di studenti. Alla polizia viene chiesto di poter far giungere 'ai 7' acqua, frutta… Niente e ancora niente è la risposta. Dopo un'assemblea volante l'incrocio viene occupato. La risposta della polizia è dura e immediata; l'intero presidio viene chiuso sul marciapiede. Arriva l'avvocato, compie l'ennesima inutile mediazione: "se vogliono bere e mangiare devono scendere, già ieri sera gli abbiamo fatto avere l'acqua… se va avanti così non scendono più" questa la risposta della polizia. Quella delle compagne e dei compagni di tante situazioni di Milano, in genere poco o per niente comunicanti fra loro, arriva nel pomeriggio.
L'appuntamento è per le 17-18 in piazza 24 Maggio; qui dopo il vano ed estenuante tentativo della polizia di impedirla, parte una manifestazione a cui prendono parte alcune centinaia persone di tutte le età, ma soprattutto giovani. Un corteo combattivo, motivato, deciso a sostenere gli obiettivi di cui 'i 7' sono il simbolo da difendere… Le parole d'ordine che uniscono il corteo non sono poche. Innanzitutto "De Corato pezzo di merda", "ogni casa sfitta sarà occupata/ogni sgombero una barricata", "occupa subito occupa tutto", "su su gli affitti vanno/occupiamo le case e non paghiamo più", "guai a chi ci tocca"… Il corteo viene fermato all'incrocio v. Savona - v. Coni Zugna, una delegazione di due compagni occupanti di v. Savona comunque viene imposta e gli riesce di portare direttamente acqua e cibo 'ai 7', a scambiare qualche parola con loro, che decidono di non abbandonare il tetto.
L'appuntamento per portare un ulteriore scossone è per il giorno successivo, a Porta Genova, un tiro di schioppo da v. Savona.

Sabato 16. Anche se piove circa 300 persone attorno alle 16 sono pronte a dar vita al corteo per riaffermare il bisogno di spazi, di punti solidi capaci di favorire il dibattito, la pratica collettiva e individuale di un percorso di rottura con l'esistente. La polizia in un primo tempo non ne vuol sapere. Vuole trattare, conoscere metro per metro quel che dovrebbe accadere. E' chiaro, tenta di ritardare la partenza per spezzare la volontà, la carica politica-emozionale soprattutto nei numerosi giovani. Anche questo tentativo distruttivo però va in fumo. La manifestazione parte con la stessa determinazione e coscienza generale di quella del giorno precedente; viene fermata sull'incrocio Coni Zugna- v. Savona, tuttavia riesce ad imporre una sua folta delegazione il cui compito è di andare a prendere le compagne e i compagni che hanno deciso di scendere dal tetto per quell'ora. Tutto si svolge in un clima di tensione ma allo stesso tempo di festa, con la coscienza di aver dato un contributo effettivo all'affrontamento di problemi politico-organizzativi la cui soluzione oltre che necessaria, richiede come sempre in questi casi, impegno, modestia e rinnovata determinazione.
La giornata si conclude con un'assemblea più o meno aperta in una casa occupata da compagne e compagni "sgomberati" dalla "Bottiglieria", nelle stesse ore in cui si svolgeva il corteo. La nuova casa è solo uno dei numerosi palazzi del comune abbandonati al logoramento delle intemperie per renderli così meno adatti a soluzioni abitative immediate, cioè più attraenti per la speculazione immobiliare. Si trova all' "Isola" nella parte della città ora chiamata "Chinatown", situata nei pressi dell'Arco della pace.
La volontà di proseguire, di dare immediatamente continuità all'esperienza della "Bottiglieria occupata", di non far passare lo "sgombero" come una sconfitta ma bensì quale contrario di questa, non poteva essere più esplicito e reale. In questo senso, come si dice, lo "sgombero" è stato il benvenuto.
Milano, ottobre 2010
cardano (va): Sgomberata l'Edera Occupata
Questa mattina ennesima provocazione delle amministrazioni del nostro territorio nei confronti di chi libera ed autogestisce spazi sociali: questa mattina, verso le 8.00 tra l'incredulità delle mamme di un asilo vicino, sei camionette dei carabinieri e svariati funzionari si sono presentati davanti all'Edera Occupata a Cardano in Campo, una frazione di Gallarate, uno spazio liberato il 2 Ottobre scorso dal colletivo "ultimi moicani".
Sono arrivate intenzionate a liberare lo stabile da chiunque lo occupasse e da tutto quello che era stato costruito in queste brevi ma intense due settimane: cineforum, spazio per i concerti, e tutti i lavori compiuti dal collettivo per liberare dalla sporcizia e dall'incuria uno spazio abbandonato, in attesa di poter divenire terreno fertile per le speculazioni, da più di vent'anni. Dopo una mattinata di resistenza sul tetto, i tre ragazzi che si trovavano all'interno dello stabile, sono stati trascinati giù dai solerti "tutori dell'ordine", che non hanno avuto remore nel rischiare un tragico incidente, e che hanno quindi proceduto a murare tutte le porte e le finestre dell'edificio.
Dopo la disfatta di questo finesettimana a Milano, dove per sgomberare uno spazio libero ed autogestito si sono spesi più di 300.000 euro senza cavare un ragno dal buco, un altro spazio è adesso sotto attacco, uno spazio giovane ma importantissimo in un territorio pieno di teppaglia fascista e leghista, e di speculatori affamati di guadagno, come quello del gallaratese.
Non sappiamo adesso cosa ne sarà di quello spazio, che la proprietà preferisce evidentemente vedere vuoto e abbandonato piuttosto che pieno di socialità e proposte culturali, in attesa di tempi migliori per specularci, ma sappiamo quel che il territorio dove l'Edera sorgeva ci ha detto questa mattina: i vicini solidali e intristiti nel vedere lo spazio riconsegnato al degrado e all'abbandono, i passanti che si fermavano a chiedere perchè, in un territorio infestato da mafia e 'ndrangheta, si andasse a sgomberare chi autogestiva uno spazio di alternativa culturale, un sindaco incapace di fornire una risposta chiara e veritiera alla domanda "Chi andava a danneggiare l'esistenza di questo spazio?".
Ancora una volta, nel bel mezzo della crisi, tanti soldi pubblici buttati per chiudere spazi di autogestione e socialità: circa 100 poliziotti mobilitati dalle otto del mattino alle tre del pomeriggio, facendo un rapido calcolo che siamo purtroppo abituati a fare, ci costano ben 12.400 euro!
Farebbe infine ridere, se non facesse piangere, che la legalità tanto invocata dal sindaco di Cardano sia ancora una volta una legalità a senso unico: mentre si sgombera questo spazio per rispondere alla denuncia della proprietà che ha abbandonato a sé stesso lo stabile ed i terreni per più di un ventennio e "ripristinare" la legalità, si chiudono entrambi gli occhi davanti all'iniziativa che la costola di estrema destra fuoriuscita dal Ku Klux Clan degli Hammerskin sta organizzando a due passi dall'edera per il 31 ottobre, dimenticando come tristemente sempre più spesso accade, l'esistenza del reato di apologia di fascismo. La lotta non finisce qui....STAY TUNED!!!
19 ottobre 2010
da www.cantiere.org


Lecco: Ennesima microspia
E tre! Per la terza volta in pochi mesi è stata trovata una "microspia" ai danni di chi, a Lecco, porta avanti delle lotte in ottica rivoluzionaria. Anche in questo caso, come nel precedente, si tratta di una ricetrasmittente rinvenuta in una presa della corrente all'interno del centro di documentazione anarchico, luogo di aggregazione e socializzazione nel lecchese. Niente di cui stupirsi, certo, tanto più in un periodo di atrocità indicibili e costante precipitare, come è quello presente. Sarebbe tuttavia ingenuo, in virtù della logica dell'"ubi maior minor cessat", soprassedere senza riflessione alcuna su fatti simili.
Il rinvenimento di apparecchi di intercettazione, infatti, riporta ogni discorso relativo al controllo sociale su un piano di tangibilità e di coinvolgimento personale in virtù del quale nessuno può più dire "io non sapevo". La situazione, insomma, si polarizza sempre di più, e sempre più urge scegliere da che parte stare: da quella di chi controlla o da quella di chi si trova controllato. Per quanto ci riguarda, scegliamo ogni giorno di stare "dalla parte sbagliata della microspia".
Già, perché misure di controllo come queste, anche per il loro carattere auto-ostentativo (una ricetrasmittente mal camuffata in una presa elettrica) non hanno come fine principale quello di punire o prevenire delle azioni specifiche, ma mirano piuttosto a spaventare ed intimidire, nel tentativo di minare alla base ogni rete di rapporti informali non omologati. D'altronde, ciò che chi amministra e reprime vuole colpire in maniera precipua non sono solo (e non sono tanto) gli atti concreti, ma, almeno in prima battuta, gli spiriti mai rassegnati e la loro volontà di tessere relazioni.
Non si accontentano di voler spegnere i fuochi, ma tentano ancor prima di raffreddare gli animi dei piromani. Ebbene, possono continuare a dormire sonni agitati.
Il vento che non spegne il fuoco lo rafforza e lo rinvigorisce.

anarchici lecchesi
2 ottobre 2010
da informa-azione.info


Napoli: Terzigno in lotta
Aggiornamenti al 26 settembre
Nella notte tra il 25 ed il 26 settembre nuovi scontri davanti alla discarica Sari di Terzigno. Centinaia di cittadini si sono nuovamente opposti all'ingresso dei camion alla discarica di cava Sari per protestare contro la costruzione di una nuova discarica sempre nel comune di Terzigno. La polizia ha nuovamente caricato. Il bilancio è di tre feriti.
Continua l'occupazione del Comune di Boscoreale diventato uno dei centri nevralgici della lotta nell'area vesuviana. Atteso per venerdì 1 ottobre una manifestazione regionale a Terzigno.
Nelle ultime notti i comitati vesuviani in lotta contro l'ipotesi di una nuova discarica nel Parco Nazionale del Vesuvio hanno dato battaglia all'ingresso della discarica Sari nel comune di Terzigno in provincia di Napoli.
Nella notte tra il 22 ed il 23 settembre un corteo di circa un migliaio di persone si è diretto verso la discarica attualmente attiva, partendo in corteo dai comuni del circondario di Trecase, Boscoreale e Terzigno.
Arrivati all'ingresso della discarica Sari i manifestanti hanno bloccato l'ingresso alla discarica. Da là a poco la rabbia dei cittadini si è manifestata anche con l'incendio di sette camion ed il danneggiamento degli stessi.
Nel pomeriggio del 23 settembre 5 attivisti dei comitati hanno subito una perquisizione da parte della Digos di Napoli e sono stati poi successivamente condotti in Questura. Sono stati rilasciati solo dopo alcune ore. Un tentativo di intimidazione da parte della Questura di Napoli che provava a smontare la protesta dei comitati.
Nella notte tre il 23 ed il 24 settembre, i cittadini, e con loro il sindaco di Boscoreale Langella (Pd), hanno marciato fino all'ingresso della discarica ed hanno nuovamente bloccato i camion. Questa volta la Questura ha deciso di caricare a freddo i manifestanti. Diversi i feriti che si sono registrati tra i manifestanti, mentre un vicequestore è stato portato in ospedale dopo gli scontri riportando la necessità di 10 punti di sutura al volto. Le cariche hanno consentito agli auto compattatori di scaricare nella discarica Sari, tra quelle che la Regione Campania vorrebbe ampliare tra breve per far fronte alla nuova emergenza rifiuti alle porte.
La notte tra il 24 ed il 25 settembre un nuovo blocco si è assembrato all'ingresso della discarica Sari. Gli auto compattatori si sono concentrati nei pressi dell'uscita dell'autostrada di Torre Annunziata sulla Napoli - Salerno. Solo alle 4 del mattino, dopo che diverse ore di pioggia ininterrotta hanno fiaccato la cittadinanza resistente, i camion sono entrati in discarica.
Le mobilitazioni dei comitati vesuviani stanno crescendo soprattutto negli ultimi mesi. La situazione ha avuto un'accelerazione dopo le dichiarazioni dell'assessore regionale all'ambiente Giovanni Romani e del sottosegretario Guido Bertolaso che hanno deciso di ampliare le discariche di Terzigno, Savignano e Sant'Arcangelo, chiudendo invece quelle di Chiaiano e Serre, e costruire una nuova mega discarica sempre nel Parco Nazionale del Vesuvio e sempre nel comune di Terzigno, Cava Vitiello che potrebbe dare un'autonomia di qualche anno alla pazza strategia di continuare ad aprire discariche in Campania in assenza non solo di un ciclo virtuoso dei rifiuti, ma di qualsiasi piano di smaltimento dei rifiuti in grado di essere strutturale.

26 settembre 2010
da www.globalproject.info

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Storia della discarica di Boscoreale-Terzigno
Sono due anni che tra Boscoreale e Terzigno è stata creata questa discarica. Immondizia di ogni tipo, probabilmente anche rifiuti tossici del nord Italia. La gente percepisce solo in minima parte la gravità della discarica per il semplice fatto che ti accorgi della discarica quando senti la puzza. Peccato che dalla discarica si liberano nell'aria sostanze cancerogene di ogni tipo, principalmente inodore. Quando ero piccolo (anni '80) Boscoreale e Terzigno erano zone di campagna: albicocche, noci, nocciole, agrumi uva erano le principali coltivazioni, ambiente rurale aria pulita e molte case di campagna in pietra vesuviana.
La speculazione edilizia, abusiva e legale, ha iniziato a cambiare gradualmente il volto di questa terra, le case spuntavano ovunque, le strade si allargavano, capannoni, bar, campi di calcetto e concessionarie, tante tantissime concessionarie di automobili.
Verso la fine degli anni '80 iniziò l'attività della discarica (che si trova nel comune di Terzigno, ma allo stesso tempo molto vicina al centro abitato di Boscoreale), mi ricordo solamente la puzza, orribile, che si sentiva ogni tanto. Ad un certo punto la discarica venne chiusa grazie alle proteste dei cittadini (quando protesti contro la camorra è vero che rischi la pelle, ma hai qualche possibilità in più che qualche autorità intervenga e faccia chiudere la discarica).
Durante gli anni '90 io crescevo e il degrado ambientale avanzava: sempre più case abusive, sistema fognario insufficiente al punto che spesso straripavano i tombini e la chiavica (acque reflue urbane) scorreva lungo le strade. Ci furono le prime emergenze rifiuti, si stava qualche giorno con la munnezza per strada, poi il politico di turno trovava la soluzione geniale e la munnezza scompariva. Tuttavia la frequenza di queste emergenze rifiuti è aumentata gradualmente dal 1994 al 2005, forse l'hanno fatto per farci abituare, sta di fatto che agli inizi degli anni 2000 era più frequente trovare le strade piene di rifiuti (per piene intendo montagne di spazzatura che coprono i cassonetti fino a nasconderli) che non strade pulite. Le piogge spargevano tutto in modo che ogni strada ricevesse la sua parte di munnezza.
Poi, dal 2005 l'emergenza rifiuti esplose in tutta la sua magnitudine. Siamo stati almeno due anni (2005-2007) con le strade SEMPRE piene di rifiuti. Si, non c'è stato un singolo giorno (dal 2005 al 2007) in cui le strade Boscoreale (ma anche Boscotrecase, Trecase e in parte Torre Annunziata) non fossero piene di munnezza. Non dico che la munnezza non veniva raccolta, veniva raccolta ma non in sufficienza. Ho conosciuto bene la puzza della munnezza in decomposizione, è diversa dalla puzza di munnezza fresca, peggiore ovviamente. Per due anni gran parte della provincia di Napoli è stata perennemente sepolta di munnezza, e nessun politico ha pagato per questo. Nel 2007, viene eletto Berlusconi, dice di voler togliere la munnezza da Napoli e la toglie veramente. Ha fatto un decreto, secondo il quale in situazione di emergenza le discariche possono venir fatte ovunque e ci puoi scaricare qualcunque cosa. Quindi in conseguenza di questo decreto, la famosa discarica SARI viene riabilitata, si la discarica che un tempo era della camorra, sequestrata ma mai bonificata. Intorno alla discarica c'è quel che resta della campagna vesuviana, soprattutto vigneti, tanti vigneti dove si produceva il Lacrima christi. Con la discarica e l'estate ritorna la puzza, si quella stessa puzza che sentivo da bambino, e proviene dalla stessa discarica, un tanfo assurdo, peggiore di quello della munnezza in decomposizione, peggiore di quello del fiume Sarno (che nemmeno scherza con tutta la merda che accumula tra le concerie di Solofra e le fabbriche di pomodori). Solo che adesso scaricano ogni notte, la puzza va molto più lontano rispetto agli anni '80, raggiunge anche Trecase e Torre Annunziata, 100.000 abitanti la subiscono. La puzza è ovviamente solo un metro per misurare quanta merda stai respirando, quanta merda entra nei tuoi polmoni e poi nel tuo sangue e non sai se ne uscirà mai.
Finalmente la gente ha iniziato a manifestare, da quasi un anno si organizzano manifestazioni che partono dal centro di Boscoreale o Boscotrecase ed arrivano alla discarica. Ad un certo punto la gente si è rotta le palle, rotte per davver ed ha iniziato a bruciare camion, fare barricate, credo non c'era altra soluzione.
Il rammarico piu' grande è che sto all'estero per motivi di lavoro, e non seguo la lotta da vicino, spero vivamente che si riesca a fermare la discarica e si cominci a gestire la munnezza in maniera diversa.
Un Vuscaro (abitante di Boscoreale) ribelle.
20 ottobre 2010
Da italy2.copyleft.no/node/32639


Napoli: Salvatore libero!
Venerdì 15 ottobre, al termine del corteo di studenti medi e universitari, insieme ai precari della scuola e i disoccupati, in piazza per protestare contro la riforma di scuola ed università, si è verificata un’assurda e inspiegabile caccia all’uomo da parte di polizia e agenti della DIGOS. Con violenza gli agenti hanno picchiato alcuni studenti e tratto un precario della ricerca in stato di fermo. Dopo 5 ore di estenuante attesa, senza la possibilità per gli avvocati di salire per assistere il ragazzo, alle ore 17:20 il fermo è stato commutato in stato di arresto e domani mattina alle ore 8:30 si terrà il processo per direttissima. Da parte delle forze dell'ordine nessun contuso, come invece su molti giornali viene scritto. Resta solo la violenza con la quale oggi le forze dell’ordine, hanno deciso che è un crimine manifestare per i propri diritti, dallo studio, al lavoro, ai trasporti. Chi in questa città è impegnato nelle lotte sociali, dal lavoro alla scuola, dall'università ai territori, non si tirerà però indietro!
Se l'autunno si preannunciava caldo, adesso è bollente e ci spetta!

Napoli, 15 ottobre 2010

***
“Carenza di prove”, “assoluta contraddittorietà da parte della pubblica accusa”, “dichiarazioni degli ispettori della DIGOS non riscontrabili nei fatti”, così oggi si è pronunciato il giudice, facendo cadere le accuse montate ad arte dalla Polizia contro Salvatore, il precario della ricerca fermato al termine del corteo di ieri.
Un corteo partecipato, pacifico ma determinato che ha portato in piazza migliaia di studenti medi e universitari, precari Cobas-scuola e disoccupati contro la Riforma Gelmini, i tagli al mondo della formazione e la sospensione delle tariffe agevolate di UNICO Campania per studenti e fasce deboli della società.
L’operato della polizia nella giornata di ieri è stato un chiaro monito per tutti coloro che in tante città italiane stanno animando la protesta studentesca: da Napoli a Palermo, da Roma a Torino chi lotta deve sapere che può essere fermato durante un corteo senza motivo, picchiato a sangue, persino trascinato in Questura, trattenuto di notte e processato per direttissima con accuse che spesso neanche reggono di fronte ad un magistrato.
Tentativo fallito. Oggi 16 ottobre, più di 200 tra studenti, precari e lavoratori si sono ritrovati sotto il Palazzo di Giustizia di Napoli per chiedere la liberazione di Salvatore.
Ora che l’abbiamo ottenuta, lanciamo un appello a tutti coloro che vogliono rilanciare nella nostra città la lotta contro Riforma di scuola e Università per la costruzione di una mobilitazione che riporti in piazza studenti e lavoratori mercoledì 20 ottobre.
I diritti non si arrestano! The future is unwritten, il futuro è ancora da scrivere…

17 ottobre 2010
Collettivo Autorganizzato Universitario - Napoli (caunapoli.org)


napoli: Per un corteo nazionale contro la repressione
L’arresto di Tonino, avvenuto a seguito degli scontri che si sono verificati durante il corteo del 1° maggio come conseguenza di una provocazione fascista, è emblematico del nuovo corso delle politiche securitarie attuate nella città di Napoli, essendo impegnato nelle varie lotte presenti sul territorio cittadino, che si oppongono alla supina accettazione delle regole che vogliono imporci. Insieme a lui continuano ad essere colpiti tutti coloro che si oppongono alla devastazione del territorio, alle politiche razziste, alla disoccupazione, al precariato. Decine di denunce rifuardano chiunque esprima dissenso, in linea con la “tolleranza zero” dichiarata da Bonfiglio, il capo della digos da poco insediatosi: il blitz al centro sociale Officina 99 in cui 6 compagni sono stati fermati, le manganellate ai manifestanti di Terzigno, centinaia di provvedimenti nei confronti dei disoccupati sono tutti ottimi esempi della nuova linea dura.
Il controllo del territorio si impone dunque su una città che vive sulla propria pelle condizioni di vita sempre più dure che rischiano di creare una situazione esplosiva. La presenza dell’esercito, dei corpi di polizia municipale impegnati nella caccia al clandestino, l’incremento del numero di poliziotti e carabinieri, le migliaia di telecamere attive nella città sono funzionali al controllo del territorio, così come le organizzazioni neofasciste che come al solito vengono utilizzati a fini provocatori.
Il tutto per tentare di contenere le espressioni delle innumerevoli contraddizioni di una città dove una grossa parte della popolazione vive grazie a lavori al margine della legalità o totalmente illegali, una città in cui le sue carceri scoppiano per il numero elevatissimo di arresti che vengono effettuati quotidianamente e a cui vanno aggiunte le migliaia di persone che subiscono misure restrittive quali arresti domiciliari, sorveglianza speciale o pene che si tramutano in sanzioni pecuniarie o amministrative.
Il chiaro intento è quello di normalizzare un territorio per adeguarlo agli standard europei. Di qui il cambiamento dell’assetto urbano dei quartieri popolari in cui non siano più presenti ambulanti ed extracomunitari per strada e mercati all’aperto nei posti più centrali.
Riteniamo inoltre che Napoli e la Campania siano territori di sperimentazione delle politiche securitarie, come già abbiamo avuto modo di constatare ad esempio nel caso della cosiddetta “emergenza rifiuti”, quando è stata affidata all’esercito la gestione dei siti indicati come discariche e all’inceneritore di Acerra, atto propedeutico all’utilizzo dei militari nel controllo delle strade e dei quartieri di molte città italiane.
Per questo riteniamo necessaria una grossa mobilitazione che coinvolga individui e realtà in lotta, sia a livello cittadino che a livello nazionale, e che dia una risposta forte a chi vorrebbe farci chinare la testa e trasformarci in sudditi passivi.
Prossimi appuntamenti:
- martedì 5/10, alle ore 16 presso l’aula Lorusso in via Mezzocannone 16: Assemblea per l’organizzazione di un corteo nazionale
- mercoledì 6/10, alle ore 10.30, piazzale Cenni: Presidio in occasione dell’udienza per i fatti di Pianura.
1 ottobre 2010
Coordinamento contro la repressione
da www.studentifedericosecondo.org


sul processo apertosi a roma
Segue il resoconto della prima udienza del processo aperto al palazzo di giustizia di Roma (piazzale Clodio) contro i compagni arrestati fra il 10 giugno e dicembre 2009 in Sardegna, a Roma, Genova e Milano.
Quella di giovedì 16 settembre 2010 è stata solo la prima udienza e le questioni trattate sono state solo di natura procedurale.
Le due più importanti riguardano il fatto che fino a quella mattina nessuno sapeva dove fossero detenuti i compagni, nemmeno gli avvocati: quando li spostano da Siano non si sa mai dove vanno a finire e nessuno si degna di dare informazioni, nemmeno quando richieste, con conseguenti problemi sia per i familiari che per i difensori che devono preparare il dibattimento. La corte ha rifiutato di fare qualsiasi cosa per ovviare al problema, se non mandare un suggerimento non vincolante al DAP.
La seconda riguarda il fatto che la procura ha presentato la lista testi fuori dai termini, in ritardo, ma con un'acrobazia formale (anticipazione dell'art. 507 c.p.p., per chi se ne intende) la giudice ha fatto in modo che nulla sia successo, quindi i pm avranno i loro testimoni.
In aula, erano assenti gli imputati a piede libero e presenti quasi tutti i compagni "imputati" e detenuti. Quelli che c'erano, erano chiusi in una gabbia con i vetri, quindi abbiamo potuto vederli bene, nonostante le guardie non facessero avvicinare nessuno a meno di tre-quattro metri, e gesticolando abbiamo potuto comunicare e salutarci. Stavano bene e, anche se dimagriti rispetto ad un anno e mezzo fa, erano sorridenti e contenti di vedere delle facce amiche.
Tra il pubblico, oltre a qualche parente, c'erano una cinquantina di militanti di "A manca pro s'indipendentzia", ma non ci sono state manifestazioni pubbliche né in aula né fuori.
La prossima udienza sarà il 21 settembre, solo per nominare un perito sulle trascrizioni delle intercettazioni; quella successiva del 7 ottobre, invece, si dovrebbe iniziare con i testimoni dell'accusa ovvero con la Digos. Le altre date in cui è stata prenotata l'aula sono 21 ottobre, 2 novembre, 11 novembre e 25 novembre, ma non sono tassative ovvero qualche avvocato potrebbe avere di altre udienze urgenti e quindi chiedere uno spostamento. Questo per quanto riguarda l'udienza.
Sulle condizioni di detenzione dei compagni, in questo momento si trovano a Viterbo.
Il problema è che là non c'è una sezione AS2, che è il regime a cui sono sottoposti; a maggio, per l'udienza preliminare, avevano liberato un'intera sezione per loro, pigiando i detenuti nelle altre, ma ora non hanno fatto così, probabilmente sia perché sono meno (quattro invece di sette) che perché il periodo previsto è più lungo, non solo un paio di settimane, ma qualche mese. Allora, in quel modo, potevano fare l'aria e la socialità tra coimputati. Questa volta, invece, visto che l'AS2 non gli consente di incontrare gli altri detenuti e sono una sezione mista tra “comuni” e politici', hanno deciso di metterli in isolamento; il risultato è che non fanno nessuna socialità, solo due ore di aria al giorno - invece di 4 - nei cubicoli, uno alla volta. Inoltre sono in celle piccole e con i mobili fissati a pareti e pavimento, senza nemmeno una sedia: non riescono neanche a mangiare sul piccolo tavolino che c'è. Al colloquio di sabato erano tutti risentiti e nervosi per la situazione; sembra proprio che vogliano disincentivare la loro presenza al processo.
Al link seguente, per chi lo volesse, si può ascoltare integralmente l'udienza del 16 settembre, registrata da Radio Radicale: www.radioradicale.it/scheda/310866/processo-fallico-altri.

Milano, ottobre 2010


paesi Baschi: Madrid ordina, Roma ubbidisce
La Cassazione conferma la consegna alla Spagna di Zurine, Artzai e Fermin
[...] i magistrati italiani non hanno seguito l’esempio dei loro omologhi di Londra, Belfast e Parigi ed in più occasioni hanno accordato alle autorità spagnole la consegna di Zurine, Atzai e Fermin, tre giovani arrestati a Roma lo scorso 10 giugno mentre si apprestavano a tenere una conferenza stampa per informare i media italiani sulla loro condizione di perseguitati politici. Neanche il fatto che il Procuratore Generale Otello Lupacchini, che nell’udienza in Corte d’Appello dello scorso 8 settembre rappresentava l’accusa, abbia chiesto ai giudici di rigettare la consegna, ha fatto desistere la Cassazione dal respingere il ricorso presentato dallo stesso Lupacchini lo scorso 16 settembre.
[...] i giudici di Cassazione non hanno ritenuto opportuno soppesare con la dovuta attenzione tutti quegli elementi di arbitrarietà nella richiesta di consegna avanzata da Madrid che pure erano stati evidenziati dallo stesso Lupacchini. O, più semplicemente, non se la sono sentita di creare un caso, un precedente negativo, nelle relazioni tra Roma e Madrid. D’altronde oggi in aula durante il dibattimento spiccava la presenza di un rappresentante spagnolo. Si trattava del magistrato Jesus Santos, che ha potuto assistere al dibattimento nonostante questo fosse a porte chiuse. "L’argomentazione giuridica orale e scritta è stata fantastica. Nessuno ora potrà mettere in discussione il carattere terroristico di Segi, né la difesa, né il magistrato” ha dichiarato Santos alla stampa iberica a proposito della requisitoria dell’accusa rappresentata oggi da Eugenio Selvaggi.
Nei mesi scorsi in più occasioni il personale diplomatico iberico era intervenuto presso le autorità italiane per sollecitare una rapida consegna dei tre giovani. [...]
Entro i prossimi dieci giorni Zurine, Fermin e Artzai, dalla carceri di Rebibbia e di Terni, verranno spediti a Madrid, che provvederà immediatamente a rinchiuderli in prigioni le più lontane possibili dal Paese Basco. Di modo che la loro pena diventi anche quella dei loro genitori, dei loro parenti e dei loro amici. Con buona pace della giustizia. L’opinione pubblica italiana potrà continuare a dormire tranquilla, ignara dell’ennesima ingiustizia consumata negli stanzoni del Palazzaccio.

15 ottobre 2010
estratti da www.radiocittaperta.it

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La polizia nazionale spagnola all’alba di martedì 28 settembre ha dato il via ad un’operazione repressiva arrestando 7 militanti dell’Organizzazione Internazionalista Basca Askpapena. Il tribunale speciale "antiterrorismo", la "Audiencia Nacional" ha decretato il carcere preventivo per 5 dei sette attivisti di Askapena sequestrati dalla polizia il 28 settembre, mentre altri due potranno uscire con cauzioni di 10.000 e 5.000 euro. E' stato spiccato anche un ottavo mandato di cattura, mentre per tutti rimane l'accusa/montatura di formare un fantomatico "apparato internazionale di ETA".
Nel frattempo si è svolta sabato 2 ottobre a Bilbo una demo nazionale oceanica contro la repressione, a cui ha aderito un amplissimo cartello di forze politiche e sociali.


Cile: sullo sciopero della fame dei Prigionieri Politici Mapuche
A tutte le braccia solidali ed alle menti coscienti: sono già trascorse più di 3 settimane da quanto siamo state ingabbiate/sequestrate nelle mani del Potere. Questo fatto ci ha portato ad avere una quotidiana sorellanza, con la creazione di legami più forti, andando ad analizzare tematiche che coinvolgono sia noi che i fratelli mapuche: la famosa Ley Antiterrorista, che non è altro che l'azione repressiva dello Stato contro chiunque osi ribellarsi, contro il mondo organizzato, contro il popolo-nazione mapuche. Legge che non è altro che un residuo della dittatura di Pinochet, che contempla la duplice giurisdizione civile e militare, essendo quest'ultima la maniera più dura di esercitare la denominata "giustizia", con facoltà smisurate, indebite ed abusive, in cui gli onorevoli magistrati non lesinano sforzi per rendere mediatiche le montature, pagare/creare "testimoni senza identità" per accreditare indagini così professionistiche che si basano su torture, persecuzioni ed intimidazioni ai danni di familiari ed amici degli imputati. Legislazione creata per combattere le lotte sociali, che non offre le più minime garanzie di un processo dovuto. Legge attualmente utilizzata per difendere i diritti del padronato, per proteggere gli interessi capitalisti.
Il governo dei potenti, attraverso il ministro degli Interni, esercita pressioni sul potere giuridico, dimostrando che non esiste la tanto menzionata autonomia nella separazione dei poteri; utilizzando la non obiettività dei mezzi formali di disinformazione, i quali hanno taciuto per più di 50 giorni sullo Sciopero della Fame dei Fratelli Mapuche. Essendo questa lotta un mezzo di pressione, in cui il corpo si legittima come arma, in cui si manifesta un grido che trascende qualsiasi muro e qualsiasi frontiera… l'hanno messa a tacere. I mezzi di disinformazione si sono così trasformati in complici di questo nuovo massacro nell'Araucania, che per mezzo della Legge Antiterrorista pretende fornire tranquillità ai latifondisti ed alle forestales. Non è altro che il modello segregante e discriminante ereditato dall'autoritarismo militare.
Solidarizziamo con i fratelli e le sorelle del sud, con la loro lotta per l'autonomia, con la loro essenziale ribellione che per più di 500 anni non sono riusciti a mettere a tacere. Più di 500 anni mantenendo la lotta contro l'ambizione per il lucro, contro l'usurpazione di terre ancestrali, contro la depredazione dell'ambiente… Mentre la società, costituita da ignoranti abitanti della scatola quadrata e della domenica dello "shopping", fa "zapping" tra un canale e l'altro, in cui compare l'imprenditore che annuncia la sua guerra contro il terrorismo, arrestando chiunque possa rappresentare una minaccia per la tanto sfarzosa celebrazione del 18 settembre [festeggiamenti del bicentenario del Cile - ndt]. Intanto, nella nostra memoria compaiono le immagini di Álex Lemún, di Matías Catrileo, di Jaime Mendoza Collío e di tanti altri fratelli mapuche che hanno dato tutto in questa lotta di liberazione.
Prendiamo questo newen (forza, in lingua mapuche), facciamolo nostro, per continuare a resistere in questa galera, resistendo a questo sequestro.
Consce che questa missiva potrà essere utilizzata per creare "associazioni fittizie" nella mente delle famosissimo Fiscal Peña, chiarendo che questo scritto è pieno della nostra più pura solidarietà rivoluzionaria.
La Solidarietà è un'arma puntata contro il capitale!
Contro l'amnesia, contro l'anomia di un popolo senza storia.

Mónica Caballero, Prigioniera Politica Anarchica
Andrea Urzúa, Prigioniera Politica Libertaria
Sección Especial de Alta Seguridad, Centro Penitenciario Femenino

primi di settembre 2010
da informa-azione.org

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La situazione dei PPM, in sciopero della fame da 79 giorni, rinchiusi nel carcere di Angol si aggrava sempre più. Informazioni recenti indicano che ieri, martedì 28 settembre, sono stati molto male FERNANDO MILLACHEO e JOSE QUEIPUL. I due sono svenuti e sono rimasti per oltre 5 ore senza essere soccorsi dai carcerieri. Aggiungiamo che anche le condizioni di VICTOR LLANQUILEO sono piuttosto gravi.
Ricordiamo che gli altri fratelli, in precedenza detenuti ad Angol, adesso si trovano ricoverati nell'ospedale di Victoria e sottoposti a terapie intensive.
Ci segnalano che i PPM di Angol, di fronte alla volontà nulla da parte del governo di rispondere alle loro richieste, hanno accettato che "se la morte di alcuni essi sarà la condizione per esser ascoltati, lo faranno" e lanciano un appello ad una mobilitazione nazionale ed internazionale a favore di tutti i PPM in sciopero della fame.
Secondo recenti informazioni VICTOR LLANQUILEO ha chiesto che si diffondano queste sue parole "Il governo vuole la nostra morte per sedersi e l'avrà. A questo punto l'accettiamo come qualcosa d'inevitabile". Di fronte a tale situazione ci appelliamo a che si diffonda in maniera urgente la situazione dei PPM in sciopero della fame.
Infine i PPM di Angol e Victoria rivolgono un appello ad un grande LLELLIPUN (cerimonia mapuche) per questo sabato 2 ottobre all'esterno del carcere di Angol.
Diffondiamo quest'appello a tutti i mapuche e non mapuche che si stanno mobilitando in tutto il territorio mapuche ed in diverse parti.

30 settembre 2010
da culmine.noblogs.org