indice n.52

La guerra più lunga (seconda parte)
Finmeccanica: vendere armi in tempo di crisi
miur-finmeccanica anche alle elementari!
Delta del Niger: Esercito uccide 150 persone
BOICOTTA L'ENI! SOSTIENI LA LOTTA DI CHI SI RIBELLA!
aggiornamenti dalle lotte dentro e contro i cie
milano: Un ospedale che non sia una galera
Francia: Viva l'evasione!
Belgio: Resoconto di una manifestazione
Presidio a Malpensa contro le deportazioni
lecce: sentenza di appello processo “nottetempo”
Lettera dal carcere di Castelfranco Emilia (mo)
lettere dal carcere di poggioreale (na)
Lettera dal carcere di Carinola (CE)
Lettera dal carcere Buoncammino di Cagliari
cremona: PRESIDIO DI SOLIDARIETA' COI DETENUTI
Lettera dal carcere di cremona
lettera da cremona
Lettera dal carcere di Opera (milano)
Lettera dal carcere di Parma
Appello per una settimana di mobilitazione contro l'isolamento
presidio sotto il carcere di Bassone (Como)
presidio sotto il carcere di San Vittore (Milano)
milano: presidio antisfratto
Resoconto riunione tra alcuni imputati del processo a L'Aquila
Aggiornamento processo "10 Giugno"
Scrivete ai compagni incarcerati!
Nuoro: Ivano Fadda è di nuovo prigioniero
napoli: occupato il comune di boscoreale
11 Dicembre: una giornata di lotta per difendere il nostro futuro
milano: presidio antisfratto
milano: LA LOTTA DEI LAVORATORI della C.L.O.di Lacchiarella
Collegato lavoro: una legge contri i precari
Marchionne ha deciso il futuro del lavoro e della vita umana
Polonia: gli operai Fiat alzano la testa



La guerra più lunga (seconda parte)
Il Pentagono contro il presidente
Le tensioni hanno inizio nell'estate 2009. Nel corso di una visita alle truppe in Afghanistan il consigliere alla sicurezza nazionale, James Jones, respinse con un rifiuto deciso la richiesta dei comandanti di inviare altre truppe. E' ormai chiaro, questa la risposta di Jones, che in Afghanistan una soluzione esclusivamente militare è improponibibile. Invece che di altre truppe in Afghanistan c'è bisogno della ricostruzione e di un miglior sviluppo economico. Oltre a ciò, Jones ricordò ai comandanti le promesse del Pentagono secondo cui le truppe già inviate in Afghanistan sarebbero già sufficienti per invertire la tendenza. Il Pentagono non è rimasto entusiasta, ha reagito. Il ministero della Difesa ha lasciato trapelare informazioni ai giornalisti. Una realtà di cui Obama non è stato affatto felice.
In ogni caso le indiscrezioni sono andate avanti. In Afghanistan, di fronte al peggioramento della situazione, Barack Obama puntava sulle elezioni. Tanti suoi piani dipendevano insomma da un partner stabile. Le elezioni invece sono state una débacle. Hamid Karzai, il "candidato criminale" (come lo ha chiamato il gen. David Petraeus), per assicurarsi la vittoria ha trafugato circa un milione di voti. "Peggio di così non poteva andare", ha detto un consigliere di Obama riferendosi al risultato elettorale. E' "un'imbroglio persino secondo gli standard dell'Illinois". Un ballottaggio non è previsto. Ai vecchi collaboratori della Casa Bianca l'episodio ha ricordato il regime delle marionette corrotte in Sudvietnam. Sono state portate alla luce, inoltre, altre rivelazioni. L'articolo pubblicato sul Washington Post dal reporter del Watergate, Bob Woodward, nel settembre 2009, rendendo pubblico il rapporto segreto di Mc Chrystal [vedi parte prima, ndc] e le sue conclusioni: o invio di altre truppe o sconfitta, ha acuito la frustrazione alla Casa Bianca.
In ottobre (2010) Mc Chrystal ha tenuto un discorso davanti all'International Institute for Strategic Studies di Londra, dove ha rinnovato la sua richiesta. Alla domanda di un reporter se lui obbedirebbe ad un piano di intervento ridimensionato, concentrato sugli squadroni della morte, sugli interventi mirati contro Al-Qaida (il Biden-Plan), il gen. ha risposto: "La risposta breve è: no." La distanza fra Casa Bianca e Pentagono non poteva essere più chiara. Sebbene i consiglieri della Casa Bianca non avessero ancora deciso, McChrystal pubblicamente affermava di non voler ubbidire ad un possibile comando del presidente degli USA. In gioco c'era dell'altro ancora. L'impiego di quella strategia antiterroristica in luogo della strategia antiinsurrezione, affermò Chrystal, condurrebbe "immediatamente al caos". Si riferiva ad un rapporto segreto della CIA secondo cui un determinato livello di caos in un paese può essere portato soltanto da fuori. Lui ha ripetuto di essere invece favorevolr all'invio di nuovo truppe, per lo meno 45 mila soldati.
A ciò è seguita la lettera di Obama già citata. Il presidente Usa voleva conoscere da Gates e Mullen "qui e ora", se il Pentagono fosse pronto a sostenere ogni strategia decisa da Obama stesso. Gates e Mullen lo assicurarono sulla loro lealtà. Queste discussioni violente alla Casa Bianca sono riportate fin nei dettagli nel libro pubblicato di recente da Bob Woodward.
Adesso, ad ogni modo, Obama ha deciso di aderire alla richiesta di Mc Chrystal. Nel dicembre 2009 il presidente ha così dato l'ordine di un aumento della truppa pari a 30 mila soldati.
Lui vuole un rapido aumento accompagnato da un altrettanto rapido ritiro. Secondo i piani le truppe dovevano essere trasportate in Afghanistan entro la metà del 2010. A partire da luglio 2011 deve iniziare il ritiro. Se le forze armate entro quel tempo non hanno in pugno la situazione, ciò sarebbe comunque indizio dell'assenza di una via d'uscita e quindi un ulteriore argomento per il ritiro, argomentò a suo tempo Obama. Anche il Pentagono però voleva un'ancora di salvataggio - gli fu data. Gates e Mullen riuscirono ad imporre la clausola secondo cui il ritiro deve avvenire "fin dove le condizioni sul fronte lo permettono."
Con le forze aggiunte i 100 (cento) membri di Al-Qaida si troveranno di fronte 100 mila soldati USA, una dimensione nuova della strategia di guerra asimmetrica. In questi numeri non si tiene conto dei circa 50 mila soldati degli altri stati-NATO intruppati nell'International Security Assistance Force (ISAF)

Modello Irak
Un precedente della nuova strategia-Counterisurgency è stato Marja, una località ad ovest della provincia di Helmand. La cittadina doveva diventare un modello per il futuro dell'Afghanistan. I Talebani avrebbero dovuto essere cacciati per far posto ad un governo nuovo, popolare. L'operazione doveva essere d'esempio e modello per una grossa offensiva in fase d'avvio a Kandahar. Questa città è considerata la roccaforte dei Talebani, i quali, nel 1994, poggiando proprio su Kandahar, si imposero sull'intero paese. Però gli USA e l'ISAF non sono riusciti ad espugnare Marja. Nel febbraio 2010 la conquista della piccola città, che secondo i piani non doveva rappresentare un problema per la superpotenza occidentale, non è loro riuscita. I Talebani hanno così preso il controllo totale del territorio, - invece del semplice governo della città, mentre la gente è fuggita in massa.
"La guerriglia vince, se non perde", ha detto una volta Henry Kissinger, "gli eserciti convenzionali perdono, se non vincono." Seguendo questa citazione i Talebani hanno vinto la battaglia per Marja e per l'Afghanistan. Che gli USA, in ogni caso, non possano più vincere la guerra, questa è una convinzione apertamente acquisita anche a Washington. La sola via d'uscita, dal loro punto di vista, adesso è soltanto la conclusione della pace con i Talebani. Obama aveva annunciato questa strategia nel suo discorso sull'aumento delle truppe a West Point nel dicembre 2009. Lui sostiene gli sforzi di Kabul di includere i Talebani nei negoziati, lì "loro dovranno rinnegare la violenza e rispettare i diritti dell'uomo e dei propri concittadini", questa la coda sorprendentemente retorica. Ad ogni modo, alle parole sono seguiti i fatti. Proprio pochi giorni fa il New York Times informava che gli USA assicurerebbero l'ingresso dei dirigenti Talebani nei negoziati di pace con il governo-Karzai. I crescenti attacchi via cielo e terra dell'esercito USA in Afghanistan servono ad crescere la pressione sui Talebani affinché accettino di prendere parte ai negoziati.
Come modello di riferimento gli USA hanno preso la "Surge" (*), il rapido dispiegamento delle truppe in Irak nel 2007. Là il cambio di campo della resistenza sannita inserì gli americani nella milizia locale, uno sviluppo che contribuì in maniera determinante alla diminuzione delle azioni combattenti (della resistenza).
Nell'agosto 2010 Obama esaltava la presumibile stabilità della situazione con un ritiro (dall'Irak) ormai pubblicamente annunciato delle ultime truppe USA. Ad ogni modo, lungo l'Eufrate e il Tigri sono rimasti circa 50 mila soldati USA, che ufficialmente devono dedicarsi all'addestramento e al "sostegno" delle truppe irachene. A causa dell'instabilità politica rinforzatasi dopo le elezioni parlamentari del marzo scorso e dopo la mancata integrazione delle milizie sunnite nell'esercito iracheno, centinaia di sunniti hanno bussato alla porta dei ribelli e di "Al-Qaida" in Mesopotamnia, infornava il New York Times la settimana scorsa. A migliaia, inoltre, danno il loro aiuto ai ribelli sotto la copertura delle milizie. Quali conseguenze ha questa guerra per la popolazione civile, è stato mostrato in questi giorni dai 400 mila documenti pubblicati nella piattaforma-internet Wikileaks. Da essi si viene a sapere che dall'inizio dell'invasione fino alla fine della guerra (2009) in totale hanno perso la vita 109 civili. Il comando centrale USA di recente ha inoltre diffuso una sua stima sulle vittime civili, anch'essa pubblicata su internet. Secondo i militari USA fra il 2004 e la metà del 2008 avrebbero perso la vita 77 mila civili iracheni.

Estensione della guerra tecnologica
In Afghanistan e Pakistan tanti civili vengono uccisi e gravemente feriti dalle bombe e altro pilotate da lontano. Secondo diverse valutazioni la guerra tecnologica di Obama lo scorso anno ha tolto la vita a 300-500 civili. Ciononostante la decisione di Obama non era accompagnata da nessuna controindicazione. "La CIA prescrive ciò di cui ha bisogno", ha dichiarato nei giorni scorsi un suo dirigente. Si deve procedere "con lo scalpello invece che con il martello… per interventi chirurgici" ha detto John Brennan, il maggiore consigliere della Casa Bianca in materia di antiterrorismo. Nel primo anno della presidenza Obama sono stati compiuti più interventi militarti intimidatori che in tutti gli otto anni dell'Amministrazione Bush. Non sono conosciute né le regioni colpite dagli attacchi dei velivoli chiamati "Reaper" e "Predator" né quali persone si trovino sulla lista e neppure quali conoscenze e presupposti devono precedere un attacco. Da tempo non sono più sotto il tiro dei piloti virtuali e degli schermi piatti di Langley (Virginia) soltanto i dirigenti. "Adesso scagliamo bombe sui manovali che non meritano un missile Hellfire nel culo", affermazione di Roger Cressey ex collaboratore del Consiglio di Sicurezza Nazionale, riportata dal quotidiano Lettre.
La nuova strategia di guerra cancella in misura crescente la stessa divisione dei compiti fra forze armate, agenzie private impegnate nella sicurezza e servizi segreti. Mentre la CIA ovunque nel mondo uccide persone ben indicate, alimenta truppe di mercenari e assume in quantità crescente compiti paramilitari, l'esercito USA è sempre più attivo nello spionaggio allo scopo di rendere via via più precise le azioni e i colpi. Secondo stime di Woodward i mercenari in Afghanistan a disposizione della CIA sono circa 3 mila…
[Date queste premesse nei generali USA si fa largo la prospettiva della "lotta di lunga durata", ndt] Dice il gen. Petraeus: "Non penso che questa guerra si possa vincere. Si può solo andare avanti nella lotta… Questa è una lotta che condurremo per il resto della nostra vita e verosimilmente anche nel resto della vita dei nostri figli."

Note:
(*) Dopo L'Iraq Bush prepara un "surge" afghano.
Fu il 10 gennaio (2007) quando Bush annunciò una nuova strategia in Irak basata su una massiccia iniezione di nuove truppe per vincere la battaglia per Bagdad; il 24 novembre di quell'anno fu ufficialmente celebrata la fine vittoriosa dell'offensiva… gli stessi inglesi poterono annunciare il ritiro da Bassora… tuttavia la resistenza in Irak è una realtà mai cacellata…
Surge è il termine inglese usato per definire la nuova metodologia: può equivalere a "grossa ondata" come a "sovraccarico elettrico" o "aumento improvviso", anche se qualche maligno ha ipotizzato che si voleva semplicemente evitare quell'escalation evocatrice della sconfitta in Vietnam.

20 ottobre 2010
fonte: www.jungewelt.de/2010/10-29/025.php



Finmeccanica: vendere armi in tempo di crisi
Tagli al sociale, allo sviluppo, all'ambiente, al lavoro, alla cultura: dovunque, ma non per le fabbriche d'armi (a partecipazione statale). Ecco servito l'ultimo (?) contratto bipartizan da un miliardo di euro.

Un riarmo da un miliardo di euro
Il governo Berlusconi ha i giorni contati, ma prima di lasciare il potere ha voluto fare un ultimo regalino a Finmeccanica. Con il silenzio-assenso delle opposizioni.
Nei giorni scorsi, nonostante le difficoltà finanziarie in cui versano le casse dello Stato, le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno approvato in fretta e furia, e con il silenzio-assenso dell'opposizione Pd, un programma di riarmo del valore di quasi un miliardo di euro, buona parte dei quali finiranno alle aziende belliche del gruppo industriale guidato Pier Francesco Guarguaglini.
Il programma pluriennale di acquisizione armamenti, legato al crescente impegno bellico dell'Italia sul fronte di guerra afgano e alle esigenze strategiche della Nato, prevede una spesa complessiva di di 933,8 milioni di euro nell'arco dei prossimi quattro/nove anni.
Vediamo il dettaglio di quella che potrebbe essere l'ultima lista della spesa del ministro della Difesa, Ignazio La Russa.
- 200 milioni di euro sono destinati a fornire i nostri elicotteri da guerra A-129 Mangusta, operativi in Afghanistan, dei nuovi sistemi di puntamento Ots fabbricati dalla Selex Galileo di Finmeccanica, che consentiranno di colpire al meglio gli obiettivi ''nei nuovi scenari di impiego degli elicotteri, in situazioni caratterizzate da fluidità e indeterminatezza della posizione delle forze amiche e nemiche''. Nella stessa cifra è compresa una fornitura, sempre per gli elicotteri Mangusta, di nuovi missili anticarro Spike, di fabbricazione israeliana, che andranno a sostituire gli attuali missili Tow, meno potenti.
- 22,3 milioni di euro verranno spesi per l'acquisto di 271 mortai da 81 millimetri di nuova generazione, fabbricati all'estero, e del relativo munizionamento, prodotto invece negli stabilimenti di Colleferro (Roma) dell'azienda di armamenti italo-britannica Simmel Difesa. Pezzi d'artiglieria più precisi, destinati a ''elevare le capacità operative delle unità terrestri attualmente impiegate nei diversi teatri operativi'' (leggi: sul fronte afgano).
- 125 milioni di euro sono stanziati per la costruzione, alla Fincantieri di Genova, di una nuova unità navale della Marina militare con funzione di appoggio alle forze di incursori, ricerca e soccorso, destinata a sostituire la vecchia nave A-5306 Anteo. Sarà una nave da guerra, armata di cannoni e mitragliatrici, di quelle con i portelloni anteriori per lo sbarco di mezzi anfibi.
- 87,5 milioni di euro verranno spesi per dotare i sommergibili classe U-212 (il 'Salvatore Todaro', lo 'Scirè' e altri due in costruzione) di un nuovo siluro 'pesante' (6 metri lunghezza per 1,2 tonnellate), evoluzione dell'attuale modello A-184. A costruire questi nuovi missili subacquei sarà la Whitehead Alenia Sistemi Subacquei (Wass) di Livorno, del gruppo Finmeccanica.
- 63 milioni di euro serviranno a realizzare, presso l'aeroporto militare di Pisa, un grande 'hub' aereo militare nazionale ''dedicato alla gestione dei flussi, via aerea, di personale e di materiale dal territorio nazionale per i teatri operativi''. In pratica, si tratterà della più grande base aera della Nato d'Europa, destinata a funzionare come piattaforma logistica di tutte le future missioni militare alleate all'estero.
- 236 milioni di euro sono stati stanziati per creare una rete informatica militare sperimentale, detta Defence Information Infrastructure (Dii), ''necessaria per la trasformazione net-centrica dello strumento militare, elemento essenziale ed abilitante per la pianificazione e la condotta delle operazioni''. Un progetto che vede coinvolta, tra gli altri, la Elsag Datamat, altra azienda del gruppo Finmeccanica.
- 200 milioni andranno infine all'AgustaWestland di Finmeccanica per l'acquisto di dieci nuovi elicotteri Aw-139: velivoli militari di soccorso da utilizzare in operazioni all'interno del territorio ''nazionale o limitrofo''.
11 novembre 2010
da it.peacereporter.net


miur-finmeccanica anche alle elementari!
Il Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, On. Mariastella Gelmini, e il presidente e amministratore delegato di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, mentre gli studenti salivano sui tetti di mezza Italia hanno firmato un protocollo d'intesa per l'avvio della sperimentazione del nuovo Progetto di Riforma relativo agli istituiti tecnici superiori (ITS), denominato "Tecnici Superiori per Finmeccanica".
Secondo il patto uno degli anelli fondamentali delle aziende a prevalente produzione bellica è la collaborazione con le scuole del territorio dove esse sono ubicate. Vi sono le storie di alcuni scambi tra AgustaWestland, Alenia Aermacchi e le scuole elementari e medie inferiori della provincia di Varese e Novara. Si. Avete letto bene. Elementari e medie. I bimbi portano con loro la merenda dentro lo zainetto della barby ed il “prof” un piccolo modellino di Final AW159 Lynx Wildcat Test Aircraft Makes Its Maiden Flight da combattimento. Così per giocare.
Ora, come documenta Stefano Ferrario su peacereporter, siamo di fronte ad un ulteriore fatto grave che, in sostanza, vede un accordo sistematico d’ingresso del "privato" (Finmeccanica) nel "pubblico" (il sistema scolastico pubblico), per la formazione in loco della forza lavoro altamente qualificata necessaria all'azienda, con i finanziamenti di questo percorso ad opera del "pubblico" (il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca Scientifica - MIUR).
I dettagli. L'intesa si prefigge la partecipazione di Finmeccanica, attraverso le proprie aziende presenti sul territorio, alla costituzione di Fondazioni che sorgeranno in Piemonte, Toscana, Campania e Puglia. Come contribuiranno al progetto le aziende della holding italiana? Si muoveranno su tre livelli: "Governance, individuando propri rappresentanti nel consiglio direttivo e nel comitato scientifico delle Fondazioni; Asset, con personale interno che fornirà attività di docenza (per la metà delle ore curriculari previste) e la disponibilità ad utilizzare le proprie strutture interne (ad esempio laboratori e macchinari); Placement, selezionando i giovani partecipanti più meritevoli per l'inserimento in azienda."E, certo, in inglese fa più figo.
Chi sosterrà la riforma degli ITS è il "pubblico" e saranno, appunto, il MIUR, le Regioni e, in quota parte, il Ministero dello Sviluppo Economico. Ma…chi aveva detto che il pubblico non ha più risorse?
Finmeccanica dichiara che "il progetto è pienamente in linea con le strategie del Gruppo, da sempre attento alla valorizzazione delle persone, alla loro formazione ed al loro sviluppo professionale, nella convinzione che il sapere tecnico e una cultura del saper fare siano le chiavi per rispondere adeguatamente alle sfide attuali." Avete capito bene. Non in linea con il curricolo ministeriale ma con le strategie del gruppo. Pier Francesco Guarguaglini sottolinea, inoltre, che "questo progetto rispecchia i valori e le caratteristiche del nostro Gruppo, votato alla continua innovazione tecnologica, alla ricerca dell'eccellenza, alla valorizzazione del merito e alla cultura del lavoro; con una particolare attenzione al territorio, considerato che Finmeccanica è una realtà internazionale, ma, al tempo stesso, molto sensibile alle specificità dei territori nei quali opera."
Dal canto suo Mariastella Gelmini, ministro dell'istruzione, afferma che con questa modalità "si da concretezza ad un obiettivo che il Ministero sta perseguendo con determinazione: rafforzare le competenze di base del sistema scolastico, per preparare in maniera adeguata i giovani alle sfide del mondo del lavoro."
Bene. Da bravi scolari che voglion studiare iniziamo con le domande al prof. Guarguaglini:
1) Ci dice qualcosa sui fondi neri di Finmeccanica?
2) È vero che sono spuntati altri 4 milioni e mezzo di dollari riciclati fra la Svizzera e New York?
3) Conoscevate l'operazione "Digint", la piccola società informatica di proprietà per il 49% del colosso e per il 51% di Mokbel?
4) Confermate i dati Sipri e che quindi siete l’ottava azienda al mondo nel settore degli armamenti con vendite per oltre 13,2 miliardi di dollari che rappresentano il 53% di tutte le vendite dell’azienda?
5) Perché avete omesso, nel vostro rapporto 2009, che l’Alenia Aeronautica con la britannica BAE hanno venduto 72 caccia Eurofighter (EFA) all’Arabia Saudita?
6) Ci conferma che l’anno precedente il big business era stato quello della Agusta Westland per i Mangusta del valore di oltre un miliardo di euro alla Turchia accusata da Amnesty International di reiterate violazioni dei diritti umani?
7) Ci conferma che nel 2007 la maxicommessa era stata quella di un lotto di missili contraerei Spada-Aspide della MBDA al Pakistan proprio nel bel mezzo dello “stato di emergenza”?
8) E’ vero che negli ultimi anni i principali affari sono stati fatti coi paesi del Sud del mondo?
9) E’ vero che Finmeccanica non ha mai subíto condanne per violazione delle norme contenute nella Legge 185/90? (sull’esportazione di armamenti – ndr).
10) Un’ultima domanda di geografia: Arabia Saudita, Turchia e Pakistan (ma l’elenco è molto più lungo) sono per Finmeccanica “nazioni che offrono adeguate assicurazioni di democrazia”? Come mai i rapporti di Human Rights Watch e di Amnesty International, oltre che a quelli della Commissione Onu sui diritti umani dicono altro?

da www.unimondo.org
2 Dicembre 2010


Delta del Niger: Esercito uccide 150 persone
L’esercito nigeriano è intervenuto poche ora fa nel delta del Niger e nel corso dell’operazione militare ha ucciso circa 150 persone. La notizia è stata data dall’attivista Oghebejabor Ikim, coordinatore nazionale del Forum of Justice and Human Rights Defence. L’offensiva dell’esercito è iniziata mercoledì scorso e al momento non è ancora chiaro quante delle 150 vittime siano civili, ma secondo l’attivista il numero potrebbe essere molto alto poiché i militanti del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND) avrebbero fatto in tempo ad abbandonare l’area prima dell’arrivo dei soldati, che per i loro raid avrebbero anche utilizzato alcuni bombardieri.
[...] L’ultima offensiva dell’esercito, spiega Press Association, è stata avviata per cercare di uccidere o catturare John Togo, uno dei leader del MEND che secondo le autorità del paese non avrebbe rispettato gli accordi per raggiungere un’amnistia per i militanti come proposto dal governo. Il progetto aveva portato a una relativa pacificazione dell’area, molto importante soprattuto per gli Stati Uniti, tra i principali estrattori e utilizzatori del petrolio nigeriano.
«Posso dire che si è trattato di una grande caccia che ha portato all’uccisione di civili innocenti. Le case sono state incendiate. Le donne sono state violentate. Ci sono stati omicidi. È questo il modo per arrivare a John Togo?» si chiede Ikim. Un portavoce del governo ha confermato che l’operazione militare è ancora in corso, ma non ha voluto fornire ulteriori dettagli.
La Croce Rossa nigeriana non ha ancora potuto raggiungere la zona perché l’esercito ha bloccato le vie di accesso e spostarsi nell’area paludosa del delta è sempre complicato. Dai villaggi interessati, dicono i soccorritori, si vedono alcune colonne di fumo salire verso il cielo e si possono sentire i rumori delle armi da fuoco.
La televisione di stato nigeriana ha mostrato alcune immagini dei soldati intenti a raggiungere la zona e in alcuni fotogrammi si sono anche intravisti alcuni prigionieri, probabilmente dei presunti militanti del MEND. Nei campi attaccati, l’esercito avrebbe ritrovato armi come mortai, granate, fucili automatici e della dinamite.
L’esercito non avrebbe ancora trovato Togo, che secondo alcune fonti non si troverebbe più nel delta ma in alto mare. Prima di avviare l’offensiva, spiegano i legali del militante, il governo avrebbe offerto a Togo di negoziare un nuovo armistizio, ma la proposta non si sarebbe mai concretizzata come dimostrano i recenti sviluppi violenti nella zona.

dicembre 2010
da informa-azione.info, fonte: ilpost.it


BOICOTTA L'ENI! SOSTIENI LA LOTTA DI CHI SI RIBELLA!
Volantinaggio e striscioni nei pressi della sede Eni di Roma, per ribadire il disprezzo nei confronti di aguzzini e sfruttatori, che siano in divisa o in giacca e cravatta, e la solidarietà con chi si ribella dentro e fuori ogni gabbia. Di seguito il volantino distribuito.

"Il sogno di Mattei era dare energia agli italiani. Oggi quel sogno si chiama Eni, la più grande compagnia energetica italiana, presente nel mondo in oltre settanta paesi, e anche nella tua vita..."
Quello che non ci dicono, in questo spot, è che per portare l'energia nelle nostre case, l'Eni e le altre multinazionali del petrolio si insediano in paesi come la Nigeria e grazie all'appoggio di governi locali complici, perché interessati, ottengono ciò che vogliono, saccheggiando le risorse naturali e devastando il territorio, lasciando in cambio inquinamento, impoverimento e schiavitù.
La popolazione nigeriana sta perdendo sempre di più la capacità di gestione della propria terra. I poteri economici e politici impediscono alla popolazione di usufruire delle proprie ricchezze e distruggono anche le economie di sussistenza. Questo è il tipo di "sviluppo" che società come Shell e Agip hanno portato alle comunità locali: malattie, guerre e povertà. Si produce così un'umanità privata di tutto, anche dell'esistenza stessa. Questa umanità si muove verso il mondo occidentale, in cerca di fortuna. La Fortezza Europa si nutre di queste donne e questi uomini, per poi rispedirli a casa quando non sono più funzionali al mercato, attraverso la procedura del rimpatrio, che è la maschera di una vera e propria macchina delle deportazioni.
Chi decide di emigrare, dopo aver lasciato una vita e la propria terra deve affrontare una nuova realtà, anche questa fatta di criminalizzazione, repressione e sfruttamento. Mentre in Nigeria l'Eni ha il potere di sfruttamento del territorio, in Italia uomini in divisa sentono di avere il potere di abusare dei corpi delle donne nigeriane, donne che emigrano a causa dello sfruttamento che il loro paese subisce, sul quale l'Italia si arricchisce. Come Joy, una donna nigeriana arrivata in Italia senza documenti e per questo finita nel Centro di Identificazione ed Espulsione (Cie) di via Corelli a Milano.
Lì dentro, nel luglio 2009, Joy subisce un tentativo di stupro da parte dell'ispettore di polizia Vittorio Addesso, coperto dalla complicità degli operatori della Croce Rossa che gestiscono il centro. Joy sfugge alla violenza grazie all'aiuto della sua compagna di cella, Hellen, nigeriana come lei. Il mese successivo nel Cie scoppia una rivolta contro la nuova legge che ha allungato la reclusione fino a sei mesi. Nove uomini e cinque donne vengono arrestati e tra loro, guarda caso, ci sono anche Joy e Hellen. Durante il processo Joy racconta la violenza subita, confermata dalla testimonianza di Hellen, ricevendo in cambio una denuncia per calunnia. Entrambe restano sei mesi in carcere e dopo il carcere vengono trasferite di nuovo in un Cie. Le autorità italiane tentano in tutti i modi di rispedirle in Nigeria, per chiudere loro la bocca e per non far emergere la verità: nei Cie la polizia stupra. Solo dopo mesi di mobilitazioni, in diverse città d'Italia, Joy e Hellen riescono ad uscire con un permesso di soggiorno, in quanto vittime di tratta che hanno denunciato i propri sfruttatori.
Oggi, 2 dicembre 2010, al tribunale di Milano si sta svolgendo l'udienza preliminare del processo per stupro contro l'ispettore di polizia Vittorio Addesso. Noi non crediamo in una giustizia fatta di tribunali e giudici, ma nel sostegno mutuo tra tutti gli individui che si ribellano contro l'oppressione e le sopraffazioni.
CONTRO L'ENI E LO SFRUTTAMENTE NEOCOLONIALE IN NIGERIA
CONTRO LE PRIGIONI, I CIE E I TRIBUNALI
CON JOY E CON CHI SI RIBELLA DENTRO E FUORI DALLE MURA

2 dicembre 2010
da informa-azione.info


Aggiornamenti sulle lotte dentro e contro i CIE
Recentemente è stato presentato il rapporto di Medici per i diritti umani (MEDU) sul CIE di Ponte Galeria a Roma, visitato, nell'ottobre di quest'anno.
"Il centro presenta l'aspetto di una struttura penitenziaria. Il perimetro del CIE è delimitato da alte mura ed è posto sotto la vigilanza delle forze di pubblica sicurezza. All'interno, le aree maschili e femminili sono delimitate da recinzioni costituite da sbarre alte 5 metri".
Una giovane immigrata nel CIE da quattro mesi racconta: "Spesso ci davano da mangiare il cibo scaduto il giorno prima. Nei bagni c'erano i topi e nel centro c'era sporcizia ovunque. Una volta un ragazzo africano ha provato a scappare sui tetti ma è stato raggiunto da venti poliziotti che lo hanno riempito di botte. Da parte degli operatori c'era poco rispetto verso noi donne, forse perché la maggior parte di noi veniva dalla strada".
L'ente gestore del lager di Ponte Galeria è la cooperativa Auxilium, subentrata a gennaio alla Croce Rossa che ha gestito il CPT e poi il CIE sin dal 1998, quando la legge firmata da Livia Turco e Giorgio Napolitano li istituì.
Verrebbe da chiedere al responsabile dell'Auxilium come mai sia disposto a gestire un luogo progettato in maniera tanto disumana. Ma la risposta la sappiamo già: i Centri sono un affare decisamente lucroso. Et pecunia non olent. I soldi non puzzano.
Nel 2004, per esempio, la Croce Rossa Italiana ha guadagnato 4.212.136,50 di euro all'anno, esclusa la convenzione pasti, per il Cpt di Bologna, 5.822.880,00 euro esclusa la convenzione pasti, per il Cpt di Ponte Galeria, Roma, 7.246.932,00 euro per il Cpt di Corelli, Milano e 3.910.200,00 euro per il Cpt di Torino.

***
Cagliari, 11 ottobre. Il Centro di prima accoglienza di Elmas è una polveriera destinata ad esplodere. Il primo ottobre era andata in fumo una camerata, il 5 ottobre, un intero piano era stato danneggiato. Lunedì nel primo pomeriggio gli immigrati si sono impadroniti della palazzina. Alcuni hanno tentato la fuga, altri hanno invaso la pista dell'aeroporto civile di Elmas, dove è scoppiato il caos. Per ore è stata caccia all'uomo. Alla fine il bottino della polizia è stato di 11 immigrati, tutti arrestati e condotti in carcere.
Gli altri non sono rimasti con le mani in mano: hanno fatto a pezzi tutto quello che potevano. Quando gli agenti dell'antisommossa sono riusciti ad espugnare l'ex caserma l'interno era un cumulo di macerie. Alcuni solidali hanno aperto lo striscione "libertà per i migranti" e letto un comunicato di solidarietà. Fermati dalla Pol-aria sono stati trattenuti in caserma per oltre due ore.
Il giorno successivo gli undici arrestati, diversi fasciati ed ingessati, sono comparsi davanti al giudice che ne ha convalidato l'arresto, dando il nulla osta all'espulsione dopo il processo di primo grado fissato per il 16 ottobre.
Mercoledì 13, settanta immigrati detenuti nel centro di Elmas sono stati trasferiti in altri CIE; sono rimasti a Cagliari, invece, gli undici arrestati.

Bari, 18 novembre. Due immigrati tentano la fuga dal CIE di Bari (in via D'Annunzio, alla periferia della città e nei pressi della "Cittadella" della Guardia di Finanza, vicino l'Aeroporto) ma vengono intercettati ed arrestati. Nel tardo pomeriggio scoppia una sommossa, i reclusi si scontrano con la polizia, due moduli abitativi sono distrutti dalle fiamme. La stampa riporta di due arresti con l'accusa di incendio e danneggiamento.

Torino, 20 novembre. I quattro immigrati che ieri si erano cuciti le labbra, tutti tunisini, dopo le medicazioni in ospedale, vengono liberati con voglio di via. In mattinata altri sei prigionieri dell'area gialla si cuciono le labbra. La risposta della polizia non si fa attendere: i sei sono messi in isolamento, le sezioni gialla e viola vengono circondate e parte una perquisizione. L'area gialla viene evacuata e i detenuti sono trasferiti in quella rossa. Proseguono i gesti autolesionisti: un ragazzo beve detersivo, un altro manda giù degli oggetti. A quelli dentro raccontano che la sera prima, al presidio davanti al CIE, c'era solo un pugno di solidali: evidente lo scopo di fiaccarne la resistenza. Al presidio, sebbene improvvisato il giorno precedente, hanno partecipato una cinquantina di antirazzisti. È stato lanciato un appello per un saluto ai prigionieri del CIE per il giorno successivo.

Gradisca d'Isonzo, 20 novembre. Nel pomeriggio, in seguito all'interruzione anticipata dell'aria, quattro reclusi hanno ingerito delle lamette e delle batterie. Due di loro, rinchiusi nel blocco blu, sono stati trasportati al pronto soccorso in serata mentre gli altri due, rinchiusi nel blocco rosso, sono rimasti all'interno del Cie, ignorati dal personale medico. Anche la domenica, nonostante le loro condizioni siano visibilmente peggiorate, i dottori del centro continuano a negare loro l'intervento del 118.
Dalle agenzie stampa si apprende che la notte di domenica 22 novembre una ventina di immigrati tunisini in procinto di essere rimpatriati ha inscenato una rivolta appiccando il fuoco a materassi e coperte in due camere della struttura. Nella notte è riuscito a scappare un immigrato riuscendo ad eludere la sorveglianza mentre si trovava al pronto soccorso dell'ospedale di Gorizia, dove era stato trasferito a seguito di una ferita autoprocurata al braccio.

Milano, 20 novembre. Dopo le rivolte di Bari, l'evasione di Modena, gli atti di autolesionismo a Torino, la protesta dei prigionieri senza-documenti arriva a Milano. Verso le 18.30 della sera una quarantina di reclusi del Cie di via Corelli sono saliti sui tetti. Alla sera, a causa della forte pioggia i reclusi sono scesi dal tetto, senza ripercussioni da parte della polizia.

Bologna, 21 novembre. Al centro di identificazione e espulsione di via Mattei era in corso nel tardo pomeriggio un presidio in solidarietà ai migranti reclusi. Come in molte altre occasioni, dall'impianto di amplificazione i manifestanti tentavano di comunicare con l'interno. Stavolta però, intorno alle 17.30, i soldati dell'esercito che, insieme a polizia e carabinieri, stazionano dentro e fuori la struttura, hanno usato il getto degli idranti sia per respingere all'interno delle camerate i migranti che cercavano di avvicinarsi alle inferriate per ascoltare e rispondere ai dimostranti, sia, dall'interno verso l'esterno, contro gli antirazzisti stessi. Una camerata sarebbe stata completamente bagnata, così come i vestiti di ricambio di tutti. Il clima è molto rigido. Ma dall'interno del lager i reclusi hanno poi fatto sapere che, nonostante non abbiano più nulla di asciutto da indossare e le sezioni siano completamente allagate, sono contenti della solidarietà che è stata portata loro, delle urla e degli slogan che sono riusciti a sentire. Meno contenti, probabilmente, gli agenti della Digos bolognese, raggiunti dal getto degli idranti molto più abbondantemente dei manifestanti all'esterno.

Torino, 2 dicembre. Sei immigrati tunisini sotto processo per la rivolta dello scorso 14 luglio (*) sono stati condannati dal tribunale di Torino. Accolte dai giudici le richieste del PM di pene comprese tra l'anno e mezzo e i due anni e otto mesi. Ai tre con meno di due anni è stata concessa la sospensione condizionale e sono stati ricondotti al CIE. Messi in isolamento in una sezione senza riscaldamento hanno protestato, chiedendo di essere trasferiti nelle aree comuni. Così uno di loro è stato portato fuori dalla stanza a forza di botte: non si hanno sue notizie precise.
Gli altri due, per reazione, sono in sciopero della fame, e lasciano il cibo vicino alla porta: le guardie continuano a non dare loro spiegazioni sul perché li tengano separati dagli altri, sul perché faccia tanto freddo, e su dove sia finito il loro compagno. Secondo Hassan, uno dei suoi due compagni, potrebbe essere in infermeria oppure in carcere. Lo stesso Hassan, condotto dal giudice di pace per la convalida, riferisce di essere stato obbligato, unico tra altri cinque, ad una umiliante perquisizione personale.
Il 3 dicembre si saprà che il recluso pestato è stato deportato mentre in un'altra sezione, un altro prigioniero ha mangiato dei vetri ed è stato portato al Pronto Soccorso.
Il 9 dicembre finalmente i due vengono portati all'ospedale per essere visitati (Hassan aveva da giorni anche ingerito dei pezzi di ferro) e i racconti al dottore del Martini pare abbiano sortito qualche effetto: il dottore ha cazziato i militari che lo scortavano e, una volta rientrato al Centro, Hassan ha ricevuto la visita di un crocerossino che gli ha promesso che avrebbero per lo meno riparato il riscaldamento.
Intorno alle due di notte del 5 di dicembre, una trentina di reclusi algerini sono stati spostati all'improvviso dalle proprie stanze verso l'isolamento. Da lì, qualche ora dopo, sono stati ripresi, fatti uscire dal Centro e imbarcati a Caselle su uno dei voli che di prima mattina collegano Torino con Roma. Da lì, l'aereo per l'Algeria. Tra gli espulsi parecchi ragazzi presi appena sbarcati in Sardegna che, dell'Italia, conoscono solo i Centri di detenzione e pure il recluso che qualche giorno prima, aveva inghiottito dei vetri per protesta.
Ai primi di dicembre, un recluso se ne stava seduto da solo nella stanza dove si aspetta il proprio turno per andar dal barbiere. Due carabinieri sono entrati, gli han dato un po' di sberle e si sono piazzati poi fuori dalla porta. Neanche la scusa di un diverbio, o di una protesta: evidentemente avevano bisogno di tenersi in allenamento, visto che tutto sommato dentro al Centro questo è un periodo tranquillo.

Milano, 11 dicembre. Verso l'1.30 della notte tra l' 11 e il 12 dicembre scoppia una rivolta nel Cie di via Corelli a Milano. La polizia entra subito dentro le gabbie per tentare di sedare i rivoltosi a colpi di maganello. Alle 2.20 i compagni accorsi sotto il Cie battono contro le sbarre per farsi sentire all'interno, e vedono due ambulanze entrare nel lager. Mentre da dentro giungono notizie di pestaggi furiosi, all'ingresso poliziotti e crocerossini negano ogni cosa. Arrivano altre tre ambulanze, e il personale di una di queste si lascia scappare che "la situazione all'interno è molto critica", ma che per il momento non hanno ancora portato via nessuno dei feriti. Gli agenti della Digos invece continuano a sostenere che le ambulanze presenti sono lì per "un malore improvviso" all'interno del Cie…
Verso le 4 di notte i contatti con l'interno vengono bruscamente interrotti, ma i solidali riescono ugualmente a capire che i rivoltosi feriti sono stati portati in due ospedali di Milano, il Santa Rita e il San Raffaele, e sono messi parecchio male. Fuori dai due ospedali ci formano due gruppi di compagni che cercano di avere informazioni, e sembra che una volta terminati gli accertamenti la polizia sia intenzionata a riportarli dentro al Cie. Mentre attendono di capire quale sarà il destino dei feriti, verso le 5 di mattina i solidali riescono nuovamente a mettersi in contatto con i reclusi, che raccontano come la polizia sia appena entrata in una camera e abbia ripreso a massacrare e terrorizzare. Pare anche che nella settimana appena trascorsa altri reclusi siano stati portati in ospedale, in seguito ad atti di autolesionismo o a pestaggi da parte della polizia.
L'indomani a mezzogiorno arrivano i primi dispacci della Questura sui fatti di questa notte. A quanto pare la rivolta è stata preceduta da un tentativo di fuga, bloccato sul nascere dalla polizia. I rivoltosi ricoverati in ospedale - cinque - sono stati tutti dimessi durante la notte. Sembra inoltre che i danneggiamenti, avvenuti in tre sezioni del Centro, siano di una certa importanza: l'impianto di riscaldamento è fuori uso, e diverse porte sono state sfondate. Probabile infine che scattino diverse denunce per i rivoltosi.
La maggior parte delle persone ferite pesantemente durante la rivolta sono state portate via dal Centro. Dentro ne rimangono soltanto due, ingessate. Non si sa ancora se si tratta di un trasferimento o di un arresto.

Note:
(*) Il 14 luglio di quest'anno al CIE di Torino è scoppiata una rivolta, una delle tante. In lotta contro le deportazioni di massa verso la Tunisia, gli immigrati della sezione bianca diedero fuoco a materassi e suppellettili, rendendo inagibile l'area. In quell'occasione la polizia pestò duro: un ragazzo massacrato di botte dovette attendere ore prima di essere portato in ospedale. Gli antirazzisti per fare pressione occuparono per tutta la sera il cortile della Croce Rossa in via Bologna.
La settimana successiva un altro tunisino, Sabri, resistette per tre giorni e tre notti sul tetto del CIE, prima di essere buttato giù e venire deportato. Fuori gli antirazzisti fecero un presidio permanente e provarono inutilmente a fermare la camionetta che lo portava via. Qualche settimana dopo sei dei ragazzi che avevano partecipato alle lotte di luglio vennero arrestati.
Fonti:
senzafrontiere.noblogs.org
www.autistici.org/macerie
indymedia




milano: Un ospedale che non sia una galera
C.S.O.A. Cox 18, Archivio Primo Moroni e Calusca City Lights esprimono tutta la loro solidarietà al medico dell’ospedale S. Paolo, denunciato dopo essersi preso cura del ragazzo immigrato che dopo settimane di dura lotta sulla torre dell’ex Carlo Erba, versava in condizioni di salute preoccupanti (principio di assideramento, disidratazione, ecc).
In un mondo dove la sanità pubblica è governata dalle regole del profitto e gestita da affaristi senza scrupoli, viene criminalizzato un serio professionista che fa quello che deve fare, secondo valori etici universali.
Quella che impone agli ospedalieri di denunciare alle autorità gli immigrati non regolari che richiedono cure è una legge infame e assassina; il diritto alla salute e all’integrità fisica di ogni individuo è indiscutibile e inalienabile. Ci auguriamo tutti di trovare, in caso di bisogno, medici coerenti con questo principio, piuttosto che essere soccorsi da sanitari rispettosi delle leggi come quelli della clinica Santa Rita, del caso Cucchi o di Genova 2001.

dicembre 2010
fonte: cox18@inventati.org


Francia: Viva l'evasione!
Bisognava che Vincennes fosse ricostruito a nuovo, con telecamere dappertutto, e che l'ultimo edificio fosse operativo da appena tre giorni, perché tre persone riuscissero ad evadere. Una bella notizia!
"Mi hanno arrestato alla prefettura, quando mi sono presentato per il rinnovo della mia ricevuta [di richiesta di permesso di soggiorno, NdT]. Mi hanno preso il passaporto. Volevano spedirmi direttamente all'aeroporto, allora ho fatto una domanda d'asilo per bloccare l'espulsione. So che la domanda non sarà accettata: il Mali non è in guerra. Mi hanno già arrestato due anni fa, ma mi ero rifiutato di salire sull'aereo. Sono qui da tre giorni, ieri due persone hanno cercato di fuggire. Le condizioni qui non sono buone, bisogna aspettare, sempre aspettare, per qualunque cosa. Tutti impazziscono, ci sono tre persone che sono scappate dall'edificio 1. Non possiamo comunicare con quelli degli altri edifici. L'evasione è stata di notte, tra le due e le tre del mattino, i poliziotti correvano dappertutto, io dormivo. Ci hanno svegliato. Battevano a tutte le porte. Due sono stati ripresi. Ce n'è uno che si è tagliato le braccia, la pancia e i piedi cercando di passare la rete, era grave a causa del filo spinato. Non voleva risalire nella sua cella al primo piano, voleva restare in basso nel refettorio, era senza scarpe, tutto nudo solo coi boxer, è stato torturato come un cane.
Qui dobbiamo prendere dei medicinali per dormire, ci sono dei barboni, dei tossici, è troppo dura, ci sono risse in continuazione. La gente ha fatto tutta la propria vita qui e deve partire, lasciare tutto, è troppo dura. Tutti sono arrabbiati, gli sbirri entrano ed escono tutto il tempo dalle camere, non si riesce a dormire, non puoi stare fuori per il freddo e non si vedono che reticolati. Siamo in tanti in questo edificio, non possiamo mangiare come vogliamo e nemmeno chiamare la famiglia. L'assistente sociale non è sempre qui: c'è il sabato, ma non la domenica, ed arriva tardi il lunedì".

***
Buona sera, tutto quello che dice l’articolo è vero. I tipi hanno aiutato quegli altri a fuggire, hanno rotto il vetro della finestra, li hanno aiutati a scappare. Lo hanno fatto perché i tipi che sono scappati dovevano essere espulsi. Sapete, sono algerini ed è un casino con il loro paese; invece gli altri non li hanno seguiti perché pensano che non possono essere espulsi e si faranno i loro 32 giorni. [prima di essere rilasciati, NdT]

fermeturetention@yahoo.fr, 21 novembre 2010

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Sei sans-papiers sono scappati dal centro di detenzione amministrativa (CRA) di Vincennes nelle notti fra venerdì e sabato e fra sabato e domenica, si apprende da fonte poliziesca. Tre di questi sono stati in seguito rintracciati dagli agenti.
Una prima evasione ha avuto luogo sabato verso le 2,30 provocando degli incidenti all'interno del CRA. Cinque altre persone sono scappate domenica verso le 4,30 del mattino. "Sono stati compiuti dei danneggiamenti all'interno dell'edificio, dove il clima è teso", apprendiamo dalla stessa fonte.
Il dispositivo poliziesco intorno al CRA è stato rinforzato, al fine di prevenire nuovi incidenti e nuove evasioni. - Fonte: La stampa dei padroni (AP), 21 novembre.

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Incidenti si sono prodotti nella notte fra venerdì e sabato nel centro di detenzione amministrativa (CRA) di Vincennes, e diversi clandestini sono riusciti a prendere la fuga, si è appreso domenica mattina da una fonte prossima agli inquirenti. Di questi, tre restano irreperibili a domenica mattina, conferma la prefettura di polizia di Parigi.
Gli incidenti sono scoppiati nella notte fra venerdì e sabato perché parecchi stranieri in situazione irregolare rifiutavano di vedere il medico, secondo una fonte vicina agli inquirenti. Due detenuti hanno approfittato della confusione per fuggire, ma uno dei due è stato rapidamente ripreso.
Secondo la prefettura di polizia, "il clima è rimasto abbastanza pesante" nella notte fra sabato e domenica. Cinque altri stranieri sono allora scappati approfittando di un vetro rotto; l'allarme non ha funzionato, precisa la fonte prossima agli inquirenti. Tre di questi sono stati arrestati in seguito, secondo la prefettura di polizia, che ha confermato "danni materiali ancora da quantificare".
Nel giugno 2008, violenti incidenti erano scoppiati nel CRA di Vincennes, all'indomani del decesso di un tunisino di 41 anni, morte considerata sospetta dagli altri stranieri detenuti. Il CRA era stato dato alle fiamme. Nel marzo 2010, dieci clandestini sono stati condannati per quei fatti a pene che vanno dagli 8 mesi ai 3 anni di prigione senza condizionale. - Fonte: La stampa dei padroni (AFP), 21 novembre.

da informa-azione.info
Belgio: Resoconto di una manifestazione
contro carceri e centri per migranti
Venerdì 12 novembre, verso le 18, sfidando una pioggia battente una cinquantina di persone sono partite in una manifestazione selvaggia contro il nuovo centro di reclusione di Steenokkerzeel e contro tutte le prigioni. La manifestazione è cominciata nella metro Clemenceau (ad Anderlecht). I partecipanti hanno distribuito volantini, lanciato fuochi artificiali e acceso fumogeni gridando slogan contro i centri di detenzione, contro lo Stato, in solidarietà coi rivoltosi nelle carceri, eccetera. L'iniziativa è stata accolta con entusiasmo da parecchi passanti e abitanti del quartiere. Alcune pattuglie di polizia che cercavano di avere un incontro ravvicinato con la manifestazione sono stati ricevuti come si deve, con lanci di vernice, di farina e di sassi. I vetri di un veicolo appartenente alla società Carlson Wagonlit (che collabora con le espulsioni) e alcune finestre dello stabile della SNCB (le ferrovie belghe, attive nelle retate dei senza-documenti) sono state spaccate.
Un fumogeno è stato scagliato sotto un veicolo della televisione nazionale che passava di là per caso. La manifestazione si è quindi diretta alla Gare du Midi per entrare a Saint-Gilles. A quel punto, un numero crescente di pattuglie della polizia hanno tentato di accerchiare i manifestanti. Reti metalliche e barriere dei cantieri raccolte lungo il percorso sono state messe di traverso nella strada per rallentarli. Appena entrati a Saint-Gilles, i manifestanti si sono dispersi. La polizia non ha potuto arrestare nessuno.

15 novembre 2010
fonte: indymedia lombardia


Presidio a Malpensa contro le deportazioni
Dall’aeroporto di Malpensa partono aerei con persone, imbarcate contro la loro volontà per essere espulse. Spesso vivono in Italia da anni, con figli nati in Italia; hanno perso il posto di lavoro e di conseguenza anche il permesso di soggiorno e per questo vengono reclusi nei CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione).
Quotidianamente si verificano rastrellamenti di immigrati in strada, perquisizioni porta a porta, retate su...gli autobus, sui treni e negli esercizi pubblici.
Questo tipo di controllo razziale sovente culmina con la reclusione nei CIE: veri e propri lager (gestiti con la complicità della Croce Rossa Italiana) dove vengono rinchiuse in condizioni disumane persone la cui unica colpa è quella di non avere un documento in regola e di aver cercato una vita migliore nel nostro paese, in fuga da guerre e povertà.
Il passaggio successivo è quello della deportazione, spesso con gli aerei di linea da Malpensa, così come è accaduto ad alcuni immigrati che hanno lottato contro la sanatoria truffa.
Gli immigrati sono vittime due volte: vittime nel nostro paese dello sfruttamento e dell’oppressione più bestiale, vittime nel loro paese delle multinazionali occidentali (per es. ENI in Nigeria, Benetton in Argentina) che alla ricerca di nuovi mercati e braccia da sfruttare, hanno disgregato comunità rurali, patrocinato guerre e scontri tribali, depredato ricchezze naturali, costringendo le popolazioni locali impoverite a cercare rifugio e sopravvivenza in Occidente e in Italia.
Eppure sono gli immigrati che arricchiscono i padroni delle imprese edili, delle cooperative della logistica e dei servizi, delle fabbriche malsane, delle imprese agricole con i loro caporali, del racket della prostituzione e della tratta delle donne e tutti quelli che con qualche euro possono utilizzare una manodopera ricattabile, utile altresì come strumento di concorrenza per sfruttare meglio e di più anche i lavoratori italiani.
Questo è il vero motivo delle leggi razziste e discriminatorie. Per lo Stato e per i padroni l’immigrato non dovrebbe esistere al di fuori dello sfruttamento lavorativo.
Noi che viviamo in questo territorio non possiamo essere spettatori passivi di persecuzioni e deportazioni.
CONTRO IL RAZZISMO, PER CHIUDERE I CIEE FERMARE LE ESPULSIONI
PRESIDIO A MALPENSA, SABATO 18 DICEMBRE dalle 14.30

Antirazzisti della provincia di Varese, Federazione USB Varese, Cobas scuola Varese


lecce: sentenza d'Appello processo “nottetempo”
Il 9 dicembre vi è stata la sentenza d’appello del processo Nottetempo contro numerosi compagni a Lecce. Dopo 12 ore di camera di consiglio la Corte ha condannato tutti e 12 gli imputati per associazione sovversiva semplice (art. 270), ribaltando in parte la sentenza di primo grado. Le pene più pesanti sono state comminate ai 4 compagni che erano già stati condannati in primo grado per associazione a delinquere e altri reati specifici. Per loro le pene sono state di 5 anni e 4 mesi (il compagno è stato considerato promotore dell’associazione), 2 anni e 8 mesi, 2 anni e 7 mesi, 1 anno e 11 mesi. Altri due compagni condannati in primo grado per reati specifici hanno visto aumentate le pene fino ad un anno e sette mesi. Tutti gli altri assolti in primo grado, sono stati condannati a pene da un minimo di un anno ad un massimo di un anno e 8 mesi.
Condanna inoltre vi è stata per quasi tutti i reati specifici contestati (in primo grado vi erano state numerose assoluzioni) e per istigazione a delinquere, in occasione di due presidi vicino al ex CPT Regina Pacis in cui gli immigrati si erano rivoltati all’interno e alcuni avevano tentato di fuggire. Tale condanna è stata comminata a tutti gli imputati tranne uno, ed è l’unico reato specifico ad essere stato inflitto alla maggior parte degli imputati. Evidente la volontà di colpire una lotta contro un centro di permanenza temporanea, che insieme ad altri fattori aveva portato alla sua chiusura, sulla base anche delle chiare pressioni che il sottosegretario all’interno Mantovano ha effettuato per tutta la durata del processo. In seguito forniremo ulteriori dettagli e riflessioni

Anarchici

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Istigazione a delinquere!
La contestazione di questo reato è il perno su cui è ruotato il teorema accusatorio della Corte d’Assise d’Appello di Lecce, servito a condannare per associazione sovversiva 12 anarchici, con pene comprese tra un anno e cinque anni e cinque mesi. Siamo stati accusati di aver istigato gli immigrati internati nell’ex CPT “Regina Pacis” di San Foca affinché dessero vita a rivolte, evasioni, distruzioni del centro. È convincimento utile allo Stato e ai suoi servitori quello di credere che le rivolte nei CPT (ora chiamati CIE) siano frutto di un lavoro di istigazione svolto da pochi sovversivi, e non già pratica endemica alla stessa condizione di reclusione: quando un essere vivente è rinchiuso, spesso si ribella. La storia dei CIE, dalla loro nascita nel 1998 ad oggi, è la dimostrazione più chiara di questa affermazione.
Il “Regina Pacis” è stato un campo di internamento per stranieri poveri come tutti gli altri campi. Al suo interno veniva praticata ogni sorta di nefandezza: somministrazione massiva di psicofarmaci nei pasti per sedare gli internati, pugno di ferro nei loro confronti, pestaggi contro chi si ribellava o provava ad evadere. Non erano anomalie, né pratiche svolte da poche “mele marce”, bensì prassi normale svolte da tutti: dal direttore, don Cesare Lodeserto, ai carabinieri che erano di guardia, agli operatori, passando per i medici che coprivano i massacri sistematici con falsi referti medici. Tutto ciò è anche venuto fuori pubblicamente, suscitando un po’ di scandalo e tanto imbarazzo nella curia leccese che gestiva il centro e nel mondo della politica che lo sorreggeva ideologicamente e lo difendeva pubblicamente. Affinché calasse il silenzio su queste nefandezze e questo imbarazzo, è stato necessario mandare don Cesare a fare il missionario per conto di Dio. Ora è in Moldavia, dove continua a fare le sue porcate e a ingrassare i suoi conti e quelli della curia.
Davanti ad uno scenario del genere, è l’esistenza stessa di questi centri a rappresentare una “istigazione a delinquere”, perché non si possono chiudere gli occhi davanti alla vita reclusa in quanto priva del giusto documento in tasca, di fronte alle torture inflitte per mano democratica e statale. Non si può tacere quando centinaia di disgraziati periscono nel deserto, in migliaia annegano nei mari o muoiono sugli scogli appena sbarcati, mentre altri ingrassano su tutto ciò in nome dell’accoglienza. Chiunque dovrebbe sentirsi istigato davanti ad una situazione del genere, per fermare questo abominio. Chi non lo fa e resta nel silenzio si rende complice, come la maggioranza silenziosa dei tedeschi era complice di Auschwitz. Noi abbiamo raccolto questa istigazione e abbiamo reagito, e la discriminante non è stata il codice penale, bensì l’etica individuale.
Essere sovversivi, di fronte a tutto ciò, è davvero solamente il minimo…
LUNEDÌ ORE 17, ATENEO DELL’UNIVERSITÀ DI LECCE, AULA B1
NON ABBIAMO UN AVVENIRE DA VENDERE, SOLO UN PRESENTE IN CUI GIOCARE
Lotta ai lager, vendetta statale, strategie repressive e urgenza della rivolta

Sovversivi senza Associazione
12 dicembre 2010, fonte: utopia73@libero.it


Lettera dal carcere di Castelfranco Emilia (mo)
Cari fraterno compagni, sono molti gli argomenti di cui c'è molto da dire, così c'è da fare se si vuole ottenere qualche risultato e… risento del non poter contribuire con altri compagni in maniera concreta… al grande lavoro a cui dedicarsi per quei cambiamenti che sono necessari per uscire dall'oppressione di questo stato criminale e le sue leggi criminogene. La mia salute non è delle migliori… mi curo...
Dicevo quindi che molti sono gli argomenti, primi tra i tanti, sono quelli a cui fanno riferimento gli articoli e le lettere dell'opuscolo. Non ne tocco nessuno, oggi, ma ci tengo ad esprimere la mia vicinanza (oggi solo morale) a tutti quei compagni cittadini del mondo e oserei dire anche dell'altro mondo), che sono oppressi, derubati, offesi e/o colpiti da ingiustizie, cito per tutti gli afgani piuttosto che congolesi sino ai compagni Marco, Luca, Costantino e Silvia in Svizzera a tutti noi in Italia… Sono con tutti voi!
E con l'occasione rivolgo a tutti il mio più sentito BUON NATALE e che l'anno nuovo porti a tutti, oltre che BUONA SALUTE e LIBERTA', il realizzarsi di progetti, vittorie… che la Dea Bendata si materializzi sfiorandoci tutti. Un forte abbraccio.

Castelfranco Emilia, 5 dicembre 2010
Falbo Orlando, v. Forte Urbano 1 - 41013 Castelfranco Emilia (Modena)
lettere dal carcere di poggioreale (na)
Ciao a tutti. Teniamo i riflettori puntati sul carcere di Poggioreale che come è risaputo già da numerose testimonianze è un luogo indegno, vergognoso indecente che dovrebbe essere chiuso al più presto e, nelle more, essere sottoposto ad un totale ricambio del personale a partire dal direttore generale a quelli di reparto e alle guardie. Poggioreale, tra i tanti, è quello che si può considerare una vera e propria scuola del crimine.
Contrariamente a come vogliono far credere i dirigenti del DAP, ministro, procuratori, magistrati, tutti appartenenti alla "Bella Gente", ma di fatto gentaglia. A Poggioreale non esiste alcuna forma di rieducazione del detenuto, ma vengono messi in atto da coloro che lo gestiscono, azioni e comportamenti che inducono solo a perseguire la via della violenza o del malaffare. Qui ci sono solo esseri umani tenuti in un vero e proprio stato di sequestro. Reclusi che vivono in 13/14 per ogni cella, senza conoscere ciò che è un'attività lavorativa, rieducativa, sociale e quant'altro sia utile al reinserimento.
Celle affollate, ove spesso, per non dire giornalmente, si susseguono risse, atti di autolesionismo, tentati suicidi e suicidi, proprio per la mancanza di attenzioni e di quanto previsto dalle normative per i diritti umanitari e dei detenuti. Purtroppo siamo tutti consapevoli di quanto detto ed è anche duro ammettere che la persona più predisposta alla rieducazione, al reinserimento in società, una volta entrato a Poggioreale ne esce con ben altri propositi dalla legalità.
Poggioreale, un ambiente lugubre, invivibile, lercio, dove igiene e sanità farebbero vomitare anche i maiali; un luogo dove nelle celle persistono da anni umidità, muschio, intonaci cadenti ricoperti di muffa, scarafaggi, vermetti e insetti di ogni genere; bagni senza le normali tazze, ma ancora con i water alla turca, il retrogrado buco per terra… neri per lo sporco, rugginosi, lesionati, senza più la patina , quindi resi grezzi, dove gli escrementi si attaccano, e comunque cose di cui non si dovrebbe nemmeno parlare nel 2010. E' da annotare che viene anche negata l'igiene personale. Nel'elenco spesa, nonostante le numerose richieste, non è in vendita un detergente per l'igiene intima, non è in vendita un prodotto per la pulizia del water o dei lavelli, tantomeno è possibile acquistare un insetticida contro mosche, zanzare, vermi, scarafaggi: E' possibile solo acquistare merce utile a fare business in favore di azienda, guardie e apparati dello stato; è unicamente possibile acquistare zampironi fumogeni con specifico uso in giardino e campeggi, non adatti a luoghi chiusi perché altamente tossici.
L'alimentazione fornita oltre ad essere non-commestibile, di pessima qualità e anche insufficiente per coloro che, non avendo i fondi non possono accedere agli acquisti della spesa personale. Verdure cotte, insalate e ortaggi vengono lavate male e fornite piene di terra, di pietruzze e di animaletti vari.
Si vive 24 ore su 24 in una cella di cui 11 ore con il blindo chiuso. Il passeggio non è altro che una cella più grande di circa 10x8 chiusa anche nel tetto con rete metallica e lame d'acciaio dove si vede solo un po' di cielo, a tutto ciò aggiungendo il continuo atteggiamento provocatorio, arrogante e persecutorio di gran parte delle guardie. La lontananza degli affetti familiari non fa altro che creare in ogni detenuto un permanente stato di ansia, depressione e rabbia che non portano certo ad alcuna forma di rieducazione e di reinserimento.
Una particolare attenzione è da rivolgere a coloro che si trovano a Poggioreale per motivi di salute, in quanto a Poggioreale è stato inventato il centro clinico che, pur essendo indecente, inadeguato, sporco, mancante di personale, rimane aperto perché anche quello è causa di vertiginoso business tra stato e privati. Ammalati che potrebbero essere collocati agli arresti domiciliari, perché non pericolosi e che spesso devono scontare brevi pene per vecchissimi reati risalenti a 15 anni addietro. Insomma, anche in questo caso ammalati mal curati, lasciati a se stessi, sia all'interno del centro clinico che nei padiglioni.
Purtroppo qui ormai le illegalità e le violazioni delle vigenti leggi sono all'ordine del giorno. Su questo nessuno interviene. La magistratura pensa ad altro, pensa al protagonismo, a risaltare in tv e fare carriera alla spalle anche di povera gente. Settimanalmente veniamo derubati dell'acquisto della spesa, dove paghiamo il doppio del prezzo di mercato. Anche questo ci può insegnare altro che a speculare e a rubare.
Io prego tutti coloro che hanno fatto l'esperienza di Poggioreale o che per altre ragioni possono dire qualcosa in merito, di scrivere e far pubblicare le loro testimonianze.
Un abbraccio a tutti e speriamo in un futuro migliore.

L.Q.P.
Poggioreale, novembre 2010

***
Carissimi compagni/e, nei giorni scorsi a ciascun detenuto del carcere di Poggioreale è stato distribuito un testo-guida dal titolo "Il carcere possibile", scritto e pubblicato dalla Camera penale di Napoli.
La "Guida", stampata in tre lingue, italiano, inglese e francese offre la regolamentazione di ciò che sono o meglio dovrebbero essere i diritti e i doveri dei detenuti.
Chiaramente, a noi, la parola diritti suona male, nel senso che è qualcosa di paradossale, sconosciuta, inesistente.
Il testo, comprendente ben 12 capitoli, spazia su vari argomenti di cui penso nessuno abbia mai sentito parlare, tantomeno applicare.
Il capitolo 1°, descrive l'ingresso del detenuto in istituto,m le prime attività, l'accoglienza, estesi anche al capitolo 2°. Ovviamente ciò che si legge è ben lontano dalla realtà. Solo in apparenza sembra che si entri in una struttura confortevole e serena. I nomi sono tutt'altro che civili. Non ho visto scritto le dolci parole di accoglienza, quali: "Omm 'e merda. Fetente, stai zitto, metti le mani dietro la schiena" ecc. ecc., e altre umiliazioni a cui si viene sottoposti. Non potevano mancare le norme di comportamento raccolte nel capitolo 3°, ove si parla di eventuali sospensioni, di sanzioni e condoni, di regimi di sorveglianza e, per ultimo, ciò che suona come una campana stonata, è la scritta "ricompense". Proprio in questa parte la "Guida" specifica che sono dovute ricompense ai detenuti che si impegnano nel lavoro, nei corsi scolastici, nelle attività sportive e per coloro che hanno dimostrato particolare sensibilità e disponibilità nell'offrire aiuto ad altri detenuti.
Questo è tutto in neto contrasto con ciò che accade nel lager di Poggioreale.
Non ci sono corsi scolastici, non ci sono attività sportive né lavorative, e non puoi dare aiuta ad alcuno perché ti è proibito. Qui è vietato anche passare un piatto di pasta a colui che magari è in difficoltà economiche, che non può permettersi niente e che rifiuta lo schifoso cibo che viene fornito; non ti è permesso di parlare con altri… è tutto vietato e persiste un clima dittatoriale.
Le ricompense di cui si parla dovrebbero essere a cura del direttore; esse consisterebbero in encomi, proposte di grazia, di liberazione condizionale, revoca delle misure di sicurezza e udite, udite, proposte di concessione di benefici alternativi alla detenzione.
So bene che state ridendo e anche a cosa state pensando, ma se qualcuno ha avuto sentore di tutto ciò o ha usufruito di tali ricompense, lo scriva, lo faccia pubblicare in questo opuscolo, in modo che possiamo prenderne atto qui, dove il tutto è sconosciuto.
Il capitolo 5° regolamenta colloqui, posta, pacchi, telefonate. Queste ultime della durata di 10 minuti; una sola volta il venerdì e in numero di quattro mensili. Per cui essendoci cadenzialmente cinque venerdì in un mese, si sta 15 giorni senza parlare con la famiglia. Vada in questo caso il pensiero a coloro che sono lontani dalla famiglia e che non fanno colloqui. Lo stress psicologico, l'ansia e quant'altro sono gratuiti.
Il capitolo 6° parla dello spaccio, della spesa, dell'alimentazione, tralasciando le estorsioni legalizzate commesse durante gli acquisti-spesa; per non parlare dell'alimentazione, che è di pessima qualità, insufficiente, non corretta, specie per coloro che hanno gravi patologie, quali diabetici, epatici, HIV ecc.
Su questi punti è meglio stendere un velo pietoso, dato che il più elementare dei controlli dovrebbe portare in galera politici, direttore, secondini e coloro che con false attestazioni rendono idonea e agibile questa struttura. Qui non esiste l'igiene, le celle sono piene di melma, di umidità, sui muri cresce il muschio, gli intonaci ci cascono in testa, vermi e scarafaggi proliferano, non c'è acqua potabile, tantomeno acqua calda. Puoi fare una doccia veloce solo due volte la settimana, sempre che ci sia l'acqua calda.
Tempo dosato anche per i colloqui con i legali. Max 20 minuti, dopo interrompono.
E' stata quindi distribuita una "Guida" della quale i diritti vengono regolarmente disattesi, mentre quelli che vengono chiamati doveri vengono fatti rispettare ed eseguire anche a suon di pestaggi e manganellate. Tutto in un senso maledettamente unico: la Camera penale, se ha prodotto questa "Guida", lo ha fatto per informarci di questi reali e vigenti diritti, ma sa anche che sono disattesi e inapplicati.
Ma oltre a produrre una "Guida", ci vogliono anche coraggio e attributi per denunciare la mancanza dei più elementari diritti; denunciare affinché qualcuno paghi. Bisogna mettere al "rogo" coloro che dovrebbero vigilare sulla corretta applicazione dei nostri diritti; essi sono come sempre quei vigliacchi magistrati di sorveglianza che,m pur sapendo tacciono, rendendosi complici, e in un certo senso mandanti, di ogni angheria e abuso psicologico e corporale.
Vigliacchi perché oltre ad aver mai messo fine agli abusi, hanno sempre continuato ad infierire contro i detenuti con compiacenza, superficialità, crudeltà, offrendo illegali coperture, per poi, in ragione delle loro malefatte, nascondersi dietro le scorte pagate con i contributi di ignari cittadini.
Di conseguenza cari compagni e care compagne è necessario combattere questa classe di magistratura con ogni mezzo, affinché anche noi, si possa avere giustizia per ciò che giornalmente subiamo.
Sempre per una piena libertà. La libertà non è un frutto proibito. Viva l'anarchia.

novembre 2010

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Ciao… E bene amici/e compagni/e, è giunto il momento di far sapere a tutti, quanto da anni e in modo indisturbato, si verifica all'interno del lager di Poggioreale. Dopo aver nei miei precedenti articoli evidenziato la più totale negligenza, inesistente assistenza sanitaria e condizioni igieniche tremende, oggi vi parlo del sopravitto, della spesa, quindi di ciò che può essere acquistato dal detenuto. Gli acquisti possono essere effettuati presso lo spaccio gestito dall'amministrazione penitenziaria o da imprese esterne.
Nel caso di Poggioreale chi esercita la vendita, ufficialmente, è un'impresa esterna ma senza alcun dubbio, oltre all'impresa ci sono personaggi in seno all'amministrazione penitenziaria, sia in sede, sia a Roma, che ne traggono vantaggi e profitti, perché trattasi di un vertiginoso giro di denaro. L'impresa dovrebbe vendere prodotti alimentari ed anche di altro genere a prezzi controllati, che non possono superare quelli praticati nel luogo dove è situato il carcere.
Questo è quanto previsto nella guida sui diritti e doveri dei detenuti.
Al carcere di Poggioreale le cose non sembrano andare a mò di guida, ma bensì a mò di loschi e illegali accordi interni, ma che di fatto ormai di mangiatoie se ne intendono.
Mensilmente vengono distribuiti i prezzari aggiornati. Sempre la stessa merce, tra cui molta inutile perché non consumata da nessuno. I prezzi mensilmente vengono variati in modo scriteriato, insensato, senza logica alcuna.
Evidenziando palesemente che sono decisi ad hoc proprio per trarne profitto a danno dei detenuti acquirenti, che a Poggioreale sono circa 3 mila.
Per il prosieguo è importante fissare che nelle vicinanze di Poggioreale sorge il carcere di Secondigliano che conta circa 2 mila detenuti, fornito dalla stessa impresa. Se i signori magistrati avessero il coraggio di mettere il naso all'interno di questa impresa, ne scaturirebbe uno scandalo clamoroso. I reati contestati spazierebbero dall'associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'estorsione, dal peculato alla corruzione, al falso in atti d'ufficio, all'abuso d'ufficio, all'appropriazione indebita e chi più ne ha più ne metta. Tanti "signori" tra Napoli e Roma finirebbero in manette e a farci compagnia.
Ma purtroppo i magistrati infieriscono solo sui poveri detenuti, spesso indifesi, permettendo su di loro ogni sorta di abuso e di angheria da parte degli aguzzini dello stato - in dispetto da quel che è la legalità
Tanto per dare un'idea di come a Poggioreale si approfitta, prospetto alcuni prezzi. Inizio dall'acqua che è il bene principale di largo consumo e di vitale necessità.
- una bottiglia da 1,5 lt è di qualità scadente, la marca è sconociuta e non pubblicizzata, "Primavera" il cui costo è 42 cts, quando in qualsiasi discount una bottiglia da 2 litri varia tra i 20-25 cts;
- un cartoncino di passata di pomodoro sottomarca d da 500 ml., inspiegabilmente è passata da 54 a 75 cts;
* un pacco di tortellini da 500 gr. costa 2,07 euro, esattamente il costo di un pacco di un kg al discount;
- pachhetti di olive da 250 gr. le paghiamo 22,10 euro; le stesse olive nel carcere di Secondigliano vengono acquistate ad 1 euro;
- riguardo agli ortaggi: il giorno 5 ottobre una tv manda in onda un'indagine condotta direttamente sui banchi sul costo della spesa nei mercati di Napoli, risultava che 2 kg di peperoni costavano solo 1 euro, quindi 50 cts al kg; bene a Poggioreale negli stessi giorni, e tuttora, 1 kg di peperoni costa 2,29 euro, più del 400 percento.
Insomma alle nostre spalle ci si arricchisce e pure tanto. Sarà camorra dentro lo stato? Lo scopriremo solo vivendo, come cita una famosa canzone. Potrei andare avanti all'infinito, ma credo che possa bastare per far comprendere, a chi avrà modo di leggermi, in che mani ci troviamo noi detenuti.
Un saluto anarchico a tutti i compagni e le compagne. Ancora una volta vi ringrazio tutti, nessuno/a escluso per la vostra solidarietà.
La libertà non è un frutto proibito !- sempre per una piena libertà!
Colgo l'occasione per fare a tutti gli auguri di buon anno, che possa essere prospero e fatto di tante cose meravigliose oltre che positive!

Giuseppe Trombini, via Nuova Poggioreale 177 - 80143 Napoli

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“Cronaca di Napoli” [giornale locale che il 30 novembre scorso ha pubblicato la notizia del "suicidio" nel carcere di Carinola di Rocco D'Angelo, in galera perché condannato come appartenente alla "criminalità organizzata", ndc] e nessun cenno ne hanno fatto tv e stampa nazionale, fatto che ci induce sempre più a pensare che si tende in ogni caso a tacitare questi eventi e a dare copertura ai nostri carcerieri.
Personalmente non so chi fosse Rocco D'Angelo e non mi è dato saperlo, una cosa però è certa, Rocco era un essere umano come noi, morto suicida, lontano dagli affetti familiari, in una lugubre cella. Un suicidio che come tutti gli altri ha le caratteristiche di un omicidio perché tale è il reato commesso da colui o coloro che ti portano al suicidio. Naturalmente per questa morte nessuno pagherà, pur se ci sono ben precisi responsabili, identificabili in quei magistrati di sorveglianza, che dovrebbero ascoltare i nostri richiami di aiuto, valutare con imparzialità quelle che sono le istanze di ognuno di noi, evitare di infierire o di additare taluno per ciò che non è e tutelarci da atti di violenza, angherie e torture cui siamo giornalmente sottoposti da parte dei nostri aguzzini.
Magistrati e guardie con seri problemi mentali, incapaci di gestire le loro famiglie e la loro vita, succubi di una società esterna, portano i pantaloni perché dettato da un fatto naturale, impotenti che sfogano i loro problemi accanendosi su di noi solo perché non abbiamo possibilità alcuna di difesa. In carcere si continua a morire.
Carissimi compagni/e ancora una volta ci ritroviamo ad annunciare uno dei numerosi casi di suicidio consumatosi tra il 28 e il 29 novembre nel carcere di Carinola (Caserta). Stanco, esasperato, psicologicamente provato, a seguito dell'atteggiamento persecutorio e oppressivo posto in essere dalla polizia penitenziaria già da interminabili anni. Nella sua cella in piena notte si è tolto la vita tramite impiccagione Rocco D'Angelo di anni 53. Un suicidio premeditato e come sempre annunciato, cui, i responsabili della struttura hanno affidato la seguente dichiarazione. "inutili sono stati i tentativi degli agenti di polizia penitenziaria di prestargli soccorso". Poliziotti da elogiare se non si trattasse di una enorme falsità, in quanto dagli agenti il servizio notturno viene svolto dormendo profondamente per tutta la notte; addirittura in modo da non sentire lamentele dei sofferenti o dai chi colto da malore.
Ciò mi costa personalmente in quanto trascorro le mie notti insonni a leggere, a scrivere e non ho mai visto nessuno durante la notte venirmi a controllare nonostante sia cardiopatico, diabetico ecc… E' deludente che la notizia di quest'altro suicidio sia stata riportata solo da gente che se la incontrassimo fuori tremerebbe solo a vederci e che scapperebbe come un coniglio. Vigliacchi senza onore e dignità che si nascondono chi dietro una pistola e l'uniforme, chi dietro una scorta. Io penso che chi lavora onestamente, senza pregiudizi e con imparzialità non ha necessità di nascondersi dietro nulla.
Come sempre ognuno di noi tragga le proprie conclusioni, anche alla luce del fatto che noi affolliamo le carceri dimenticati da tutti, mentre i nostri politici sono alle prese con zuffe di basso livello per accaparrarsi una poltrona, per arricchirsi e fare i propri comodi.
Un saluto fraterno a tutti, Tore.

(lettera firmata)
Poggioreale, 8 dicembre 2010


Lettera dal carcere di Carinola (CE)
Oggi è il primo dicembre, giorno in cui avremmo dovuto fare un giorno di sciopero della fame come atto simbolico per l'abolizione dell'ergastolo. E' giusto come forma di lotta, anche se non lo condivido. Sono forme di lotta che muoiono sul nascere, ma soprattutto sono un atto di debolezza e non di forza.
Fra un paio di mesi forse ci ritroveremo a fare altri scioperi identici, che ancora una volta non porteranno da nessuna parte. Se non ci mettiamo in testa di organizzare vere e proprie mobilitazioni, saremo sempre al punto di partenza.
Ci poniamo il problema dell'abolizione dell'ergastolo, ma meno l'abolizione del 41-bis, che dovrebbe essere il primo problema.
Di questo primo giorno di digiuno chi ne è a conoscenza? E quanti sarebbero disposti a farlo? Un mio abbraccio e un saluto comunista anarchico.

Carinola AS2, 1° dicembre 2010
Mauro Rossetti Busa v. S. Biagio 6 - 81030 Carinola (Caserta)


Lettera dal carcere Buoncammino di Cagliari
Cara Olga, compagni e compagne salute! Forse non ci conosciamo di persona, però in base agli anni di militanza, di nome ti conosco. Dopo alcuni mesi di latitanza sono stato arrestato in base a un mandato di cattura per rapina - fatto da cui prendo decisamente le distanze per la semplice ragione che mi reputo estraneo ai fatti che mi stanno contestando. Avevo in vigore (e avrò) la sorveglianza speciale, quindi leggo il tutto come una macchinazione sbirresca per togliermi di mezzo, perché in un'altra maniera non riuscivano a fare. Poi sono stato raggiunto più o meno un mese fa, da un'altra custodia cautelare in carcere per tentato omicidio nei confronti di un vigile del fuoco, contornando il tutto con alcuni furti+rapine.
Ora non sto qui a menzionare il vile attacco che stanno orchestrando nei miei confronti. So solo che dovrò aspettare per molto tempo quali saranno i risultati di tutto ciò!
Ho avuto modo di avere in prestito svariati numeri del vostro opuscolo, che ho letto con piacere e interesse e lo reputo uno strumento di grande importanza, sia per il contenuto, sia perché dà la possibilità di solidarizzare fra noi prigionieri, di relazionarci con le lotte che intercorrono sia all'esterno che all'interno del carcere. Energie che si rinnovano di forza scatenatrice che l'opuscolo trasmette. Voci ribelli che fremono in libertà!
Vi sarei grato se poteste spedirmi l'opuscolo, in modo da poter coltivare ed estendere le mie relazioni con compagni/e nella maniera più vasta possibile, per dare un contributo con qualche mio scritto, a prescindere dalla mia lunga permanenza in questo circuito di morte, sullo squallore dei meccanismi carcerari, dal momento che ho fatto altre carcerazioni in passato e su altro.
Chiudo così questa mia piccola missiva, sperando che non venga "smarrita", così come tante altre. In attesa di una vostra risposta, vi saluto a pugno chiuso.
Un abbraccio ribelle.

(lettera firmata)
Presoni De Buonkaminu, Kasteahu 6 dicembre 2010


cremona: PRESIDIO DI SOLIDARIETA' COI DETENUTI
Attenti alle tematiche della repressione ci sembra particolarmente significativo organizzare un presidio sotto le mura del carcere di Cà del ferro, in quanto espressione massima delle strutture repressive/detentive sul nostro territorio. La giornata è aperta alle partecipazioni di compagni, famigliari e chi altro voglia continuare a spezzare l’isolamento. Vogliamo mantenere la promessa data al presidio del 21 agosto, come anche quella alla mamma di Marcello Lonzi, ucciso nel carcere delle Sughere di Livorno, dove invitava alla mobilitazione e altri giri di vita.
Siamo risoluti ad avere sempre più verità sulle reali condizioni carcerarie per portare all’interno il nostro sostegno. In tutte le carceri permane una realtà fondamentalmente dominata dalla violenza delle guardie frustrate e razziste, dalle coscienti “trascuratezze” combinate da direzione, medici e istituzioni varie a danno della salute, della dignità e dell’identità delle persone in galera. Cà del ferro, Bassone, San Vittore e le altre realtà, sanno cosa sia il sovraffollamento, la mancanza d’acqua calda (soprattutto a chi si trova ai piani più alti), al mangiare (particolarmente a chi si trova alla fine dei corridoi) e della precaria assistenza sanitaria, spesso risolta con stampelle e iniezioni cortisoniche, giudici che danno arresti domiciliari solo agli italiani (poiché gli immigrati non hanno documenti) e soffitti che perdono acqua, come questo sistema.
Domenica 5 dicembre, dalle 15: presidio alla C.C. Di Ca Del Ferro (via Palosca - Cremona)

fonte: inguaiati.crema@gmail.com


Lettera dal carcere di cremona
Ciao a tutti/e, il ricordo di voi, domenica 5 dicembre sotto le mura del carcere è ancora vivo e ben presente nella mia memoria. E' stata per me una fresca ventata (come il gelo che avete sopportato) che mi ha riportato nel mondo della veglia. Ero infatti chiuso nel mio sogno ipnotico, dedito ad alimentare inconsciamente il modo macchina. […]
Non ho parole per esprimere cosa penso in relazione a quanto successo a Milano nel quartiere Ticinese. Sono tutti sintomi, "progrom" di una "barbaria" che è già in atto. Il tutto ha dell'incredibile e solidarizzo con Enzo e Lacine, come con Luca, un compagno di Rovereto che si è beccato sei mesi e l'obbligo di dimora per aver manifestato a Sociologia di Trento.
Le lettere che avete letto dagli altri istituti, mettono in chiara evidenza la situazione degli istituti di pena in Italia. Quanto successo a Orlando Falbo nel carcere di Castelfranco Emilia lo dimostra.
Qui la situazione è statica, soliti problemi quali il cibo scadente, l'acqua delle docce che è fredda. Del reinserimento è meglio non parlare, non credo in esso né nella sua essenza né come dialettica personale in un processo di formazione della coscienza.
Ora vi saluto comunicandovi che ho terminato di studiare "La vita di Hegel" e altri libri. Vi scrivo un elenco di libri…
Un immenso abbraccio fraterno a tutti/e. Con affetto, Andrea.

Cremona, 8 dicembre 2010
Andrea Orlando, v. Cà Del Ferro 2 - 26100 Cremona


Lettera da Cremona
La lettera riportata di seguito non arriva dal carcere di Cremona, né da un altro carcere, ma dalla città di Cremona. Il compagno che ce l'ha inviata è finalmente libero, a lui un caro saluto da tutte e tutti noi, consapevoli che la lotta prosegue e che non ci arrenderemo mai! Buona fortuna Faical!
Carissimi, sono Boughanemi Faical, sono finalmente a casa vicino ai miei cari. Non ho parole per ringraziare tutti voi, anche se non vi conosco, per la solidarietà che avete manifestato nei miei confronti. Ho molto chiaro che non sono stato solo. Ora dopo quasi sette anni mi sento rinato, ho voglia di vedere il mondo sotto un'altra luce. Oltre ad un caro ringraziamento colgo l'occasione per salutare tutti i miei compagni del carcere di Livorno e di Macomer in Sardegna anche a nome della mia famiglia, alla quale va tutto il mio amore. Vorrei dedicare un grande grazie con queste poche righe, perché sicuramente senza l'aiuto di dio, di tutti voi e dei miei compagni del carcere di Livorno, non ce l'avrei fatta. La vostra presenza, il vostro consiglio e il sostegno di voi e dei miei compagni del carcere di Livorno mi hanno, non solo aiutato ma anche confortato e fatto forza durante la mia detenzione. Ora, essendo sotto una misura di sicurezza (la libertà vigilata) spero tanto di ritrovare anche l'equilibrio e la vita che da tempo avevo perso.
Carissimi, visto che sono stato quasi sei anni nel carcere di Livorno ma dal momento che sono stato scarcerato non ho più avuto contatti con i miei compagni per ringraziarli; il motivo è che nel mese di aprile 2009 ci sono stati dei trasferimenti e da allora non ho più potuto contattarli. Quindi carissimi vi chiedo se potete aiutarmi a trovare almeno uno di loro e di mandarmi l'opuscolo, magari posso vedere se qualcuno di loro vi ha scritto e sapere così in che carcere si trovano.
Per chi volesse scrivermi l'indirizzo è Boughanemi Faical, viale Cambonino, 5/B - 26100 Cremona. Vi prego di farmi sapere qualcosa nei prossimi giorni e vi scrivo qualche nome: Marcello Dell'Ana, Sebastiano Balbo, Alfredo Sole, Antonio Albanese, Giovanni Tripodi… spero che qualcuno di loro abbia avuto la libertà.
Con i più cari saluti, libertà per tutti i prigionieri, amore e forza a voi tutti!

Cremona, 8 novembre 2010


Lettera dal carcere di Opera (milano)
Ciao carissimi amici di Ampi Orizzonti, spero di trovarvi bene tutti, così posso assicurarvi di me. Oggi giornata piovosa. Vi ringrazio per le cartoline…
Non so dello sciopero della fame degli ergastolani… c'è ogni tanto qualcuno che lo fa, ma per motivi personali.
Qui è cambiato poco. Per esempio la sanità: per avere una pastiglia contro il mal di testa, bisogna andare dal medico e bisogna alzare la voce per averla. Nessuno vuole stare al Centro clinico; vogliono stare in sezione, si sta meglio, tanto sono curati normalmente, niente di niente.
Ci sono tre ospedali in cui ogni tanto vanno quelli di Opera; e ci vanno pure detenuti da altri carceri. Lì sono trattati molto meglio che nel Centro clinico; c'è solo la parola (Centro clinico) ma niente di più.
Qui il direttore guarda solo all'estetica, cioè il teatro, la gelateria, che vanno sulla televisione regionale. Nient'altro. Qui non funziona quasi niente.
La cucina ha cambiato un poco il mangiare. Sono qui da tanti anni, da appena 20 giorni alla mattina passano anche il tè.
Sono 20 anni che alle celle non viene data l'imbiancatura. Ci sono altri lavori di imbiancatura, come le sale degli avvocati, o i corridoi, ma le celle no.
Sul totale di 6 sezioni, in 2, durante il giorno, le porte rimangono aperte, nelle altre 4 si esce dalle celle solo per andare all'aria, per andare a visita medica ecc.
Chi dice che qui si sta bene, dice una fesseria.
Per il resto si cerca di andare avanti. Si aspetta che arrivi qualcosa di positivo.
Una domanda: che ne sapete dell'abolizione dell'ergastolo?
Sono dentro da tantissimi anni, mai avuto la possibilità di uscire. Non sono un santo. E non sono stato un santo dentro, ho sempre lottato per avere i miei diritti. Non ho mai abbassato il mio modo di pensare. Ma non ottengo la cosa che desidero: poter uscire. Ma non perdo la speranza senza perdere la mia dignità di uomo. Si vedrà se ho fatto bene o se sono stato uno scemo…
Auguro a tutti voi che passiate delle buone feste. Sinceri auguri di buon Natale.
Buona serata, un caro abbraccio a tutti voi amici miei…

(lettera firmata)
Opera, 9 dicembre 2010, ore 20,50


Lettera dal carcere di Parma
Care compagne e cari compagni, il carcere di Parma è classificato come massima sicurezza e nonostante che il corpo della polizia penitenziaria non sia più militarizzato, qui a Parma c'è tuttora un'impostazione militare. A pochi metri dal carcere vi è la scuola per secondini dove fanno anche l'alza bandiera. Da questa scuola di formazione escono i secondini che vengono messi a lavorare nelle prigioni di tutta Italia. Gli allievi commissari fanno il tirocinio nella prigione di Parma. Tra i secondini vige un regolamento molto rigido. Commissario, direzione, dirigente sanitario, provveditorato, magistratura di sorveglianza e regione sono intoccabili.
Ecco cosa accade a Parma: i detenuti comuni si lamentano degli abusi compiuti dal personale, li portano sulle scale dei passeggi, ad attenderli ci sono sempre una decina di secondini, i quali indossano guanti neri… il resto ve lo lascio immaginare. Vi dico soltanto che le urla raggiungono i reparti dei detenuti e nessuno prova ad alzare la voce per farli fermare. Ogni mese a Parma muoiono dai 3 ai 4 detenuti, sia per suicidio che per mala sanità carceraria.
Il vitto è immangiabile e i prezzi della spesa sono troppo alti.
Alcuni farmaci non ci sono, ti dicono che se tu vuoi curarti te li devi comprare. Questo significa negare il diritto alla salute, in quanto molti di noi non hanno la possibilità di acquistarli.
Ci tengono 20 ore chiusi in cella e quando fa molto freddo rimaniamo chiusi 24 ore, perché rifiutiamo di starcene all'aperto circondati da alte mura di cemento, dove non vi sono panchine per sedersi e dove il freddo e l'umidità ti penetrano nelle ossa.
Questo è il carcere di Parma, dove i secondini non si dicono buongiorno, ma si salutano con il saluto fascista.
Di tutta la regione Emilia Romagna solo Parma non è rossa, solo i parmensi sono razzisti e votano Lega Nord.
Care compagne e cari compagni, sappiate che il carcere di Parma è tra i più crudeli carceri d'Italia. Noi giovani prigionieri siamo tantissimi e a voi che vivete liberi è giusto dirvi che tutti gli sforzi che fate per noi non sono mai abbastanza. Molte volte si sente dire l'espressione: abbiamo fatto tutto il possibile. Cazzate. Fare tutto il possibile significa mettere un mondo sottosopra!

(lettera firmata)
Parma, dicembre 2010
DENTRO E FUORI UN'UNICA LOTTA, SOLIDARIETA' A COSTA, SILVIA E BILLY
Appello per una settimana di mobilitazione contro l'isolamento
Da sette mesi Billy, Costa e Silvia si trovano in carcere. Da subito le autorità svizzere hanno cercato di isolarli impedendo la comunicazione tra di loro, bloccando la posta in arrivo e in partenza.
La necessità del potere di isolare Silvia, Costa, Billy e con loro Marco, di impedire il loro apporto alle lotte, di fiaccare la loro necessità di resistere e opporsi a questo esistente, di annientare la loro identità, non ci stupisce né impressiona: il potere individua i propri nemici e mira a zittirli e piegarli.
Allo stesso modo non ci stupisce vedere che i nostri compagni nonostante il blocco sistematico della corrispondenza sono riusciti a tenere saldi quei legami di lotta che si è tentato e si tenta tuttora d'impedire e distruggere. Legami che si sono concretizzati attraverso lo sciopero della fame dal 10 al 30 settembre.
Sciopero che ha voluto riaffermare la loro identità di anarchici verdi anticivilizzazione in lotta, rilanciando la necessità di opporsi a questo mondo in maniera concreta con i mezzi e le forme che ognuno ritiene più opportuni.
La determinazione e la vicinanza tra questi compagni ha portato le autorità svizzere ad intervenire con trasferimenti: Marco, da sette anni a Regensdorf (Zurigo), è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Orbe, così come Costa e Billy che sono stati trasferiti d'urgenza in altri carceri.
Ma i blocchi delle lettere, le vigliacche e infami ritorsioni dell'autorità, di un procuratore, non cambiano niente: i nostri compagni continuano a lottare sempre con la testa alta e lo sguardo fisso sul nostro obiettivo. E noi con loro.
Che la loro forza e la loro determinazione così come quella di tutti i compagni e le compagne prigioniere che non si piegano e continuano a lottare ci sia da esempio, impediamo che vengano isolati, facciamo si che la solidarietà scaldi i loro cuori scavalcando le mura delle carceri, che le iniziative si moltiplichino e che la lotta si intensifichi con maggior ardore e rabbia. Che la paura cambi di campo.
Solidarietà a tutti i prigionieri che continuano a lottare.
Dal 6 al 12 dicembre settimana di mobilitazione contro l'isolamento in solidarietà a Costa, Billy e Silvia.

Anarchiche e anarchici di via del cuore, individualità anarchiche ticinesi, il Silvestre, villa vegan squat, anarchici e anarchiche bolognesi, Coalizione contro le nocività, Equal rights Forlì, Soccorso Rosso Svizzero, Lasvegans
novembre 2010, da informa-azione.info

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lettera dal carcere di biel (svizzera)
Forte è il tentativo della Procura Federale Svizzera di volerci isolare dal resto del movimento, dalle compagne e compagni che hanno espresso la loro vicinanza, solidarietà e affetto con le tante lettere, messaggi di supporto e iniziative organizzate. Solidarietà in questi mesi viva soprattutto in Svizzera e in Italia, ma anche da altri paesi. Interrompere il canale di comunicazione con l’esterno, rendendo il passaggio delle lettere lento e arbitrario è interrompere l’unico canale con cui possiamo continuare a essere vicino alle compagne e compagni e continuare la lotta.
I tempi lunghissimi di censura della posta ci limitano fortemente nel riuscire ad essere presenti nel movimento con contributi e scritti, ci rendono ancora più difficile il necessario confronto e collegamento con le compagne e compagni, il partecipare attivamente alle iniziative solidali e di lotta e il portare avanti progetti come la “Coalizione contro le nocività” e il giornale “ Terra Selvaggia – pagine anticivilizzatrici”.
Da mesi la situazione è aggravata da una restrizione a tre lettere in entrata e tre lettere in uscita a settimana.
Questa settimana di mobilitazione è una risposta politica necessaria per non far passare sotto silenzio il tentativo di isolarci dal resto del movimento e delle lotte. Tentativo che non ha impedito la realizzazione di uno sciopero della fame collettivo a settembre, tra me, Costa, Billy e Marco Camenisch, che non impedirà di riaffermare la nostra identità anarchica verde e di continuare i percorsi di lotta intrapresi…
I recenti trasferimenti di Marco al carcere di massima sicurezza a Orbe, di Costa dal carcere di Berna a Thun e di Billy dal carcere di Thun a Berna sono da iscrivere in una manovra e risposta repressiva dopo il nostro sciopero della fame, le tante iniziative solidali e alla “Campagna per la libertà dei prigionieri/e politici/che con lunghe pene”.
Tutti questi tentativi non fermeranno la crescita di questa importante e necessaria Campagna, non spezzeranno i legami di lotta e affetto, non fermeranno la forte solidarietà e la determinazione della lotta da dentro e fuori queste sbarre…
Aderisco attivamente con uno sciopero della fame dal 30 novembre al 5 dicembre al “Simposio Internazionale” contro l’isolamento, il razzismo, l’oppressione e sfruttamento, dal 3 al 5 dicembre a Vienna.
Voglio ricordare il massacro del 19 dicembre 2000 nelle prigioni Turche non riuscendo in altro modo ad abbattere la volontà dei rivoluzionari che erano in sciopero della fame, lo stato turco dalle torture passò all’eliminazione fisica: ventotto prigionieri assassinati con armi da fuoco, bombe chimiche, torture o bruciati vivi, centinaia i prigionieri feriti con mutilazioni permanenti. Un’ operazione di massacro partita contemporaneamente in venti prigioni che non riuscì ad eliminare la resistenza dei prigionieri politici e del movimento rivoluzionario all’esterno del carcere.
Esprimo la mia solidarietà alle prigioniere e prigionieri politiche/ci del SRI, del PCE (r) e dei GRAPO, dal primo dicembre in sciopero della fame ogni martedì e venerdì.
Lo Stato spagnolo sta attivando una politica di repressione ed eliminazione delle prigioniere e prigionieri politiche/ci: dispersione, isolamento e con la “Doctrina Parot“ creata ad hoc prolunga le condanne a chi avrebbe già terminato la pena per un fine pena mai… Continue le ondate repressive e arresti di compagne/i basche/i sottoposte/i a torture nelle galere spagnole. Puri attacchi al movimento giovanile basco dopo la messa fuori legge dell’organizzazione SEGI.
Questi attacchi non sono da considerarsi casi isolati ma parte di un più ampio processo di repressione e oppressione globale verso tutte le prigioniere e prigionieri politiche/ci che non rinnegano il proprio percorso e identità rivoluzionaria verso ogni forma di lotta dentro e fuori le galere.
Solidarietà anche alle prigioniere e prigionieri politiche/ci argentine/i, messicane/i, cilene/i e Mapuche in lotta.
Solidarietà e libertà per tutte/i le prigioniere e prigionieri rivoluzionarie/i.
Per la “ Settimana di mobilitazione contro l’isolamento“ e in nostra solidarietà intraprenderò uno sciopero della fame dal 6 al 12 dicembre. Dentro e fuori un’unica lotta!
La nostra forza è nella consapevolezza che questa terra sta morendo, nell’incontro tra i nostri occhi e quelli di un animale in gabbia, nel palpito del nostro cuore per la passione della lotta, nel nostro spirito sempre indomito e selvaggio… Fino all’ ultimo respiro…

Dicembre 2010
Silvia Guerini, "Regionalgefängnis Biel", Spitalstrasse 20 - 2502, Biel/Bienne (SVIZZERA)


***
lettera dal carcere di orbe (svizzera)
Con il cuore e la mente rivolta all'iniziativa dal 6 al 12 dicembre 2010 in solidarietà a Costa, Billy e Silvia e contro l'isolamento faccio un piccolo sciopero della fame simbolico di 3 giorni, dal 6 all'8 dicembre 2010, come piccolo momento di un contrasto collettivo alla sfacciata ed estrema deprivazione ed ostacolazione della comunicazione/informazione politica, alla quale la procura federale Svizzera e manovalanza repressiva delle carceri sottopone la nostra compagna e i nostri compagni prigionieri. Contrasto che deve diventare più deciso ed efficace fino alla fine di queste repressioni d'esclusiva matrice politica!
E' anche saluto solidale al ormai tradizionale simposio contro l'isolamento (il razzismo, l'oppressione, lo sfruttamento) organizzato da compas della Turchia, quest'anno a Vienna 4-5 dicembre, che commemora anche le/i tante/i cadute/i nella lunga lotta contro l'isolamento F-Type in Turchia.
E' saluto fraterno e rivoluzionario ai/alle compas PP GRAPO, PC(r), SRI che in Spagna il 1 dicembre iniziano l'ennesima e lunga lotta contro una delle più brutali e fasciste politiche statali d'annientamento contro di noi PP/P di guerra sociale.
Con il cuore e la mente rivolto ad ogni vivente in gabbia, isolato, torturato, sfruttato, annientato, ma anzitutto con le guerriere ed i guerrieri sociali che, in gabbia e fuori, lottano per farla finita con questo sistema, con lo Stato e il capitale, con ogni dominio, razzismo, oppressione e sfruttamento.

Dicembre 2010
Marco Camenisch, "Penitencier de Bochuz", Case Postale 150 - 1350, Orbe (SVIZZERA)

da informa-azione.info


QUAL’É LA VERA EMERGENZA?
Sabato 27 novembre, ore 9, presidio sotto il carcere di Bassone (Como)
Il 18 novembre è stato approvato il ddl Alfano che consente l'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno.
È evidente che questo provvedimento non è altro che un blando palliativo al sovraffollamento carcerario le cui cause sono da ricercare nell'inasprimento repressivo (basti pensare al "pacchetto sicurezza").

A cosa potranno mai portare le leggi che rendono il lavoro sempre più precario e sottopagato, e l'istruzione e la sanità sempre più elitarie e svendute al privato?
A cosa potrà mai portare la criminalizzazione di fenomeni legati alla povertà, primo tra tutti l'immigrazione (In Italia essere stranieri e non avere un lavoro è un reato)?
Al Bassone per ogni detenuto che esce ne entrano due, e sette su dieci sono recidivi, alla faccia di quello che dice il ministro Alfano: "il carcere non è l'accademia del crimine" e osa pure parlare di reinserimento!!!
LA VERA EMERGENZA NON È IL SOVRAFFOLLAMENTO DELLE CARCERI, MA I MOTIVI PER CUI CI SI FINISCE DENTRO.
Se sono così interessati alla condizione dei detenuti perché rendono così difficoltosa l'assistenza dei familiari ai propri cari con provvedimenti restrittivi su ciò che può entrare in carcere?
Perché limitano le ore d'aria e i momenti di socialità fra i detenuti?
Perché bloccano la corrispondenza con chi all'esterno del carcere cerca di rompere l'isolamento tra dentro e fuori?
Le contraddizioni del carcere sono evidenti e non saranno i responsabili di ciò a voler cambiare le cose. Spetta a noi tutti!
Uniti si vince, contro il carcere, l'isolamento e la società che lo crea.

Collettivo dintorni reattivi – Como
dintornireattivi@autistici.org - la-testata.noblogs.org


"QUI CI VORREBBE UN PRESIDIO AL GIORNO"…
sabato 11 dicembre: presidio sotto il carcere di San Vittore (Milano)
Così scrivevano in una lettera di fine ottobre i prigionieri di S. Vittore, perché dopo pochi giorni da un presidio le guardie riprendono ad agire con la solita arroganza, la sanità e l'igiene non cambiano, il magistrato di sorveglianza rimane uno sconosciuto.
Il 13 novembre è entrato in vigore il provvedimento che non cambia niente perché decreta quel che i magistrati di sorveglianza dovrebbero disporre tutti i giorni, e cioè: la detenzione (presso un'abitazione o una comunità, pubblica o privata, per i tossicodipendenti) per le pene detentive non superiori ad un anno, valevole fino al 31 dicembre 2013.
Ad un anno di distanza dalla dichiarazione di stato di emergenza nelle carceri lanciata dal governo, è stata approvata adesso una legge che farà uscire 5 mila detenuti dei circa 70 mila di oggi, cifra mai raggiunta prima d'ora in Italia - una goccia nel mare.
Dagli 11 mila detenuti che hanno un residuo pena inferiore a 1 anno, vanno del resto esclusi i “condannati per taluno dei delitti indicati 4-bis dell'ordinamento penitenziario (o.p.)”, “i delinquenti abituali, professionali o per tendenza”, i detenuti sottoposti al regime punitivo (art. 14bis del'o.p.) o “quando vi è la concreta possibilità che il condannato possa commettere altri delitti”.
Inoltre, bisognerà aspettare che il pm trasmetta gli atti al giudice di sorveglianza, che a sua volta valuterà ogni singolo caso, accertando anche che il domicilio abbia i requisiti di idoneità. Intanto la popolazione reclusa cresce con un ritmo di circa 500 detenuti in più ogni mese.
Una vera e propria presa per il culo, se si considera pure che in caso di evasione dal domicilio la pena viene inasprita fino a 5 anni!
Gli unici a festeggiare sono i gestori delle "comunità terapeutiche" private (tra i quali Carlo Giovanardi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, le tante S.Patrignano…) e gli agenti della polizia penitenziaria che dovrebbero vedere aumentare gli organici di 2 mila unità. Il condizionale è d'obbligo dal momento che fino ad oggi il pubblico impiego e la spesa pubblica hanno subito pesanti tagli, in particolare nei comparti della sanità e dell'istruzione, come ci ricordano in questi giorni le decine di migliaia di studenti scesi nelle piazze di tutta Italia e di altri paesi europei contro le "riforme" imposte dai rispettivi governi.
Di questo non ci stupiamo più perché è da un po' di tempo che il governo affronta le crisi con il pugno di ferro: i tagli alla spesa sociale e i licenziamenti di massa vengono imposti con una maggiore militarizzazione dei quartieri proletari ed un maggior ricorso alla reclusione, sia in carcere che nei campi di internamento per immigrati (i Centri di Identificazione ed Espulsione).
Nelle carceri la situazione è sempre più disastrosa e indecente: alle carenze di ogni tipo, in special modo di cibo, acqua, igiene, riscaldamento e cure mediche adeguate, si aggiungono le minacce, i trasferimenti punitivi, il blocco della corrispondenza, l'isolamento e i pestaggi nei confronti di chi non accetta di subire passivamente questo schifo.
Solo organizzandoci meglio fuori per sostenere le ragioni della lotta dentro, potremo contrastare queste azioni di vera e propria rappresaglia.
Dobbiamo fermare questa violenza che ci vuole sottomessi a condizioni di vita insopportabili e degradanti, dentro come fuori dal carcere (gli affitti sono sempre più cari, il lavoro è sempre meno e sempre più precario, la sanità non è garantita né tantomeno efficiente per chi non può pagarne gli alti costi, la scuola a furia di tagli sta diventando un privilegio).
Sorpassiamo le differenze: gli operai della Innse sul carroponte, gli immigrati a Brescia arrampicati sulla gru e a Milano sulla torre di via Imbonati, gli studenti saliti sui tetti dell'università Statale indicano che le cose hanno assunto una stessa prospettiva. Chi ha orecchie per intendere intenda!
SABATO 11 DICEMBRE PRESIDIO ITINERANTE ATTORNO ALLE MURA DI S. VITTORE
APPUNTAMENTO ALLE 18 V.OLIVETANI/VIALE PAPINIANO

Sempre contro il carcere e la società che ne ha bisogno
Milano, 7 dicembre 2010


Resoconto della riunione tra alcuni imputati del processo
a L'Aquila per i fatti della manifestazione del 3 giugno 2007
Domenica 21 novembre si è tenuto all'Iqbal di Bologna un incontro tra alcuni imputati dei due processi che si stanno svolgendo presso il tribunale de L'Aquila.
Alcuni aggiornamenti.
In seguito alla manifestazione del 3 giugno del 2007, giorno in cui un corteo ha sfilato per la città per dire no al regime di 41-bis e si è concluso sotto al carcere in solidarietà ai prigionieri e alla compagna sottoposta al carcere duro, sono state notificate ben 24 denunce ad altrettanti compagni. Oggi si stanno svolgendo due processi distinti.
Un primo troncone, vede 11 compagni condannati in primo grado il 16 novembre a due anni ciascuno per l'articolo 414 cpp comma 3, apologia di reato per aver lanciato alcuni slogan durante il corteo (pratica piuttosto consueta!).
Il 23 novembre si è tenuta l'udienza a carico dei compagni accusati, attraverso l'articolo 634 comma 2 cp, di aver danneggiato la rete di recinzione esterna al carcere al fine di occupare il terreno circostante la struttura carceraria, di fatto il danneggiamento rimane a carico di soggetti mai identificati e l'accusa di occupazione è confermata dal testimone presente in aula, ma non si sono presentati tutti quindi è stata fissata una prossima udienza il 22 dicembre e probabilmente sarà anche quella conclusiva.
Come imputati denunciamo la chiara natura politica di questo processo, il quale si sta svolgendo con tempi molto celeri, nonostante le numerose difficoltà e contraddizioni che vive oggi la città de L'Aquila dopo il terremoto.
Questo è un attacco alla solidarietà che si manifesta con la lotta contro il carcere e con il sostegno ai detenuti, in particolar modo verso quelli politici.
Denunciamo anche che un è tentativo di dividere i compagni all'esterno, divisione che ha un suo riflesso anche dentro le galere, dato che i compagni sono differenziati dal resto dei detenuti e a seconda del gruppo politico di appartenenza.
Dividere il processo in due filoni serve a depotenziarne sia la difesa in aula che la capacità di rispondere dall'esterno a questo accanimento repressivo.
Come imputati rilanciamo l'unità e la necessità di dare delle risposte forti ed incisive per non far passare sotto silenzio questo procedimento penale. Siamo convinti della necessità di sviluppare una forte mobilitazione di solidarietà che ribadisca e dimostri come questa pratica non si può processare e che abbia anche la capacità di contrastare questo infame tentativo di creare dei precedenti giuridici non indifferenti, come le condanne per i "reati ideologici".
Come imputati facciamo le seguenti proposte a tutti i compagni, i collettivi e gli organismi del movimento e in particolare a coloro che sono interessati alla lotta contro il carcere, contro la repressione e per la solidarietà:
- Siamo convinti che sia necessario riprendere il percorso contro il regime di 41-bis che a L'Aquila si è interrotto per rilanciarlo, con la consapevolezza che questo sia il miglior contesto all'interno del quale organizzare la solidarietà agli imputati.
Per tale ragione proponiamo di ritornare a L'Aquila con una forte mobilitazione sabato 11 giugno 2011. Questa è una tappa che va costruita attraverso un percorso che deve essere allargato il più possibile per raccogliere la partecipazione di tutti coloro che sono interessati e che sappia collegarsi alle contraddizioni territoriali presenti nella stessa città.
- Come imputati rilanciamo un'assemblea nazionale sabato 5 febbraio a Padova per organizzare la mobilitazione a L'Aquila, facendo appello a tutte le realtà che sono interessate e partecipare e soprattutto ai compagni che si impegnarono in prima persona per la riuscita di quella manifestazione.
- Proponiamo anche di sviluppare in ogni città delle iniziative locali di controinformazione sulla situazione a L'Aquila dopo il terremoto, cercando di legare la situazione concreta in quel territorio allo svolgimento di questo processo assurdo, al fine di creare la più ampia mobilitazione in previsione della manifestazione di giugno.
Altre proposte sono sempre ben accette! Chi le ha le faccia pervenire!

Alcuni imputati processati a L'Aquila e alcuni compagni presenti all'incontro
Bologna, 21/11/10


Aggiornamento processo “10 Giugno”: resoconto udienza 25/11
In questa settima udienza è proseguita la sfilata dei testimoni chiamati dai pm Erminio Amelio e Luca Tescaroli.
L’unica particolarità è stata la convocazione di Vincenzo Bucciarelli, l’ottantenne a casa del quale è stata trovata una pistola, durante la perquisizione del 10 giugno 2009. L’uomo ha già patteggiato una condanna per il possesso dell’arma e perciò non poteva avvalersi della facoltà di non rispondere alle domande dell’accusa; ciononostante, questo è quello che ha fatto, adducendo problemi di salute. È stato semplicemente depositato agli atti il suo interrogatorio svoltosi davanti al gip Maurizio Caivano, pochi giorni dopo il suo arresto. Si sono poi succeduti un esperto di esplosivi della Folgore, un chimico del RIS di Parma, un carabiniere di stanza a Livorno ed una ricercatrice di petrografia presso l’Università di Genova.
È emerso che chi ha costruito l’ordigno avrebbe avuto delle conoscenze minime di pirotecnica, che non si trattava di qualcosa di letale (quindi la micidialità dell’imputazione non è provata) e che le pietre di ardesia che sono state usate per appesantire la base provengono o dalla zona di Bargagli o da quella di Bedonia.
Ma sono emerse anche le ormai note contraddizioni e dimenticanze: in principio i testi sembravano molto sicuri delle loro affermazioni, successivamente le difese hanno fatto notare come dicessero cose diverse di quelle scritte nei verbali da loro firmati; allora sono cominciati i dubbi, i “non ricordo”, e le certezze sono venute meno… fino alla stizza del pm che, ad certo punto, ha intimato ad un militare dove pescare le informazioni che gli stava chiedendo ovvero gli ha ingiunto di leggere i fogli che aveva in mano, senza cercare di riflettere e ricordare.
A poco sono servite le obiezioni degli avvocati difensori perché è ormai chiaro a quale parte vanno i favori della corte presieduta da Anna Argento.
Durante le audizioni, è venuto anche alla luce come le indagine siano state condotte con metodi per lo meno discutibili: gli esperti si sono basati su pezzi di reperti, ove disponibili, che sono stati a volte schiacciati dalle macchine di passaggio al momento del fatto oppure che hanno visto solo in foto; non ricordavano se i campioni li avessero prelevati loro o altri, se li avessero ricevuti imbustati o recuperati personalmente, non sapevano dire come era composto l’oggetto che hanno analizzato.
Addirittura un carabiniere ha assicurato di aver smontato la bicicletta, sulla quale avrebbe viaggiato chi ha depositato l’ordigno, nei suoi laboratori, mentre ha dovuto poi ammettere con imbarazzo di averlo fatto in strada sotto la pioggia battente, come aveva scritto nel verbale di quel giorno.
Oppure il ricercatore ha asserito che l’ardesia proveniva sicuramente dalla Liguria, sostenendo che Bedonia è in quella regione (in realtà è in provincia di Parma).
Infine, da sotto il sellino, sono rispuntate le fibre pilifere che sembravano essere uscite di scena con la testimonianza del tecnico del DNA del 2 novembre, quando ha detto di non averle utilizzate; invece c’erano, ma nessuno ha pensato ad attribuirle o ad analizzarle. Si sa solo che erano macchiate della stessa vernice della bici.
La prossima udienza è stata fissato il 16 dicembre 2010.
È possibile ascoltare la registrazione integrale: http://www.radioradicale.it/sch

26 novembre 2010
fonte: assembleacontrolarepressione@gmail.com


Scrivete ai compagni incarcerati!
Riportiamo di seguito gli indirizzi dei 5 compagni dell'Organizzazione Internazionalista Basca Askapena a tutt'ora incarcerati dopo il blitz-montatura del "tribunale antiterrorismo" spagnolo, lo scorso 28 settembre. Facciamogli sentire la nostra solidarietà! Scriviamo ai cinque compagni incarcerati.

Haritz Ganboa, Centro penitenciario Madrid IV, Carretera. N-V, km. 27,7 - 28600 Navalcarnero (Madrid) Stato Spagnolo
Walter Wendelin, Establecimiento penitenciario Madrid VII, Carretera M 241, Km 5, 750 - 28595 Estremera (Madrid) Stato Spagnolo
David Soto, Centro penitenciario Madrid V, Carretera Comarcal 611, km. 37,6 - 28770 Soto del Real (Madrid) Stato Spagnolo
Gabi Basañez, Centro Penitenciario Madrid II - Meco, Carretera Meco (M-121), 5 - 28805 Alcala De Henares (Madrid) Stato Spagnolo
Unai Vázquez, Centro penitenciario de Madrid VI, Carretera Nacional 400, km. 28 - 28300 Aranjuez (Madrid) Stato Spagnolo

5 novembre 2010
fonte: ehl.bologna@gmail.com


Nuoro: Ivano Fadda è di nuovo prigioniero
il pomeriggio del 3/12/2010 i carabinieri di Nuoro, hanno ripreso Ivano Fadda. il compagno è l'unico dei 3 che non ha fatto ricorso contro la revisione della sentenza d'appello relativa al processo diAntonella Lai, Ivano Ignazio Fadda e Paolo Anela.
Il verdetto è stato: sette anni e dieci mesi. Per il momento Ivano si trova a Badu'e carros (Nuoro). Solidarietà ad Ivano!

da informa-azione.info


napoli: occupato il comune di boscoreale
Dalle ore 17.30, in seguito ad un assemblea tenutasi in piazza Pace, almeno 200 persone occupano il Comune di Boscoreale per protesta contro il ritiro delle ordinanze antidiscarica da parte dei sindaci di Terzigno e Boscoreale. Un'iniziativa che ha contraddetto dopo pochi giorni le deliberazioni degli stessi comuni e che trovavano invece il grandissimo consenso della popolazione.
Grazie a questi atti irresponsabili si è ritornato a sversare nella bomba ecolgica chiamata Cava Sari, una cloaca pericolosa, come dimostrano le analisi ambientali vecchie e nuove. Chiediamo perchè c'è stato questo ritiro, visto che l'unica iniziativa in tal senso, quella del procuratore Mancuso, non lo imponeva legalmente e soprattutto veniva da un procuratore che solo poche settimane prima aveva dichiarato in audizione parlamentare che nella visita alla Sari aveva trovato condizioni gravi in merito al rischio di infiltrazione nel terreno di percolati, reflui ecc...!!?? (si può verificare dal contenuto stenografato dell'audizione sul sito del parlamento). Le notizie arrivate da Pianura, i dati incredibili nelle aree intorno alla discarica (aria irrespirabile, 6 malati di tumore ogni 15 famiglie!!) parlano chiaro. La Sari ha una storia molto simile alla discarica di Pianura, è passata dalle mani dei prestanome della camorra ai prestanome dello... Stato. Vogliamo la chiusura e la bonifica! Non ci faremo avvelenare!!
Intanto si sta preparando una manifestazione a carattere nazionale l'11 dicembre a Terzigno per la chiusura definitiva delle discariche del parco del Vesuvio e per un nuovo piano regionale dei rifiuti senza inceneritori e senza discariche di talquale, come ormai dice fattibile "perfino" il presidente della commissione parlamentare Pecorella...

26 novembre 2010
Movimento difesa del territorio Area Vesuviana, Mamme Vulcaniche, Vesuvio in Lotta
da informarexresistere.fr


11 Dicembre: una giornata di lotta per difendere il nostro futuro
All’inizio di Ottobre 2010 si erano svolte nel nostro paese significative iniziative di lotta contro le grandi opere: Messina, Firenze e la Val di Susa avevano lanciato un appello per una settimana di mobilitazione “per riunire, dall'estremo Nord al profondo Sud una Italia impoverita dalla speculazione, rassegnata al degrado, narcotizzata da una informazione distorta, devastata da una enorme colata di cemento”.
All’appello avevano risposto in decine di migliaia, per dire NO al Ponte sullo stretto, NO al sottoattraversamento AV di Firenze, NO al TAV Torino-Lione. In quegli stessi giorni anche i cittadini di Stoccarda scendevano in piazza per respingere il progetto di una megastazione riprendendo le nostre stesse ragioni: un ponte di solidarietà aveva unito le loro e le nostre lotte.
La risposta di Messina, di Firenze e della Valsusa è stata anche un segnale di ripresa di un paese che resiste: di un paese che combatte l’intreccio politica/affari/mafia, che si oppone alla distruzione dell’ambiente e difende i beni comuni, che non accetta la logica dell’emergenza e pretende una politica capace di guardare al domani, che si oppone alla militarizzazione dei territori, al ritorno al nucleare, che rifiuta la cancellazione dei diritti e difende gli spazi di partecipazione democratica. E’ un paese che vuole essere protagonista del proprio futuro e non intende consegnarlo alle lobby che governano la politica, un paese che pratica l’altra politica, quella capace di rispondere ai bisogni e non ai ricatti delle segreterie dei partiti, dando voce a chi si organizza dal basso.
Oggi lanciamo un nuovo appello: una giornata di lotta che veda mobilitazioni diffuse a livello locale unirsi con la forza della ragione contro la violenza di un potere politico/mafioso che attacca le condizioni di vita in nome del profitto.
Da Vicenza sommersa non solo dall’acqua dell’alluvione in una regione consumata dalla cementificazione ma soprattutto dal fango di una base militare che rappresenta uno strumento per la politica di aggressione verso altre popolazione e di militarizzazione del territorio, a Messina che non si rassegna a dover subire il ponte dei desideri e degli affari; dalla Val di Susa che con la sua determinazione conduce da vent’anni una resistenza popolare mai vinta, a Napoli e tutta la Campania sommersa dai rifiuti e dalle menzogne di chi scarica sui cittadini colpe e responsabilità che sono di politici e camorristi con nomi e cognomi; da L’Aquila che ha saputo alzare la voce e da sotto le macerie di un terremoto che ha rappresentato un tragedia per molti e una nuova opportunità di business per pochi ha levato la sua voce per denunciare una militarizzazione camuffata da ricostruzione, alle tante realtà sparse per il paese che resistono a grandi opere che di grande hanno solo la distruzione e le dimensioni del business.
Due appuntamenti su tutti: in Val di Susa e a Napoli (o Terzigno). L’appuntamento del Sud tenterà di riunire, in un unico corteo interregionale, tutte le esperienze che da tempo rivolgono la loro critica ad una aggressione ai territori e all’ambiente che determina solamente inquinamento generalizzato. L’elevato livello di conflittualità espresso dalle resistenze di Terzigno e Giugliano ha mostrato come sia possibile non cedere di fronte all’arroganza di un potere politico corrotto. Dopo anni di uso strumentale dell’emergenza, caratterizzata dalla sospensione dello stato di diritto (commissariati straordinari, produzione di leggi speciali e militarizzazione del territorio), è il momento di ribadire, facendo corpo unico, che non saremo più disponibili ad accettare la degradazione imposta dal profitto.
L’esigenza è quella di ritrovarsi in una giornata unitaria, provenienti da territori diversi ma allo stesso modo contaminati, per dare un orizzonte condiviso di concretezza ai contenuti delle vertenze che in questa fase la lotta pone: respingere le conseguenze delle attuali politiche ambientali, mettere al primo posto i bisogni/desideri della popolazione, la difesa dei beni pubblici dall’aggressione privatizzatrice, produzione della politica come autodeterminazione del sociale nella diretta ed autonoma organizzazione della sua vita.
Il prossimo 11 Dicembre diventi una giornata di lotta per dire NO alla devastazione dell’ambiente e alla militarizzazione dei territori, NO alle grandi opere inutili, devastanti e dai costi insostenibili, No alla logica dell’emergenza sul tema dei rifiuti, NO alla cancellazione dei diritti. Una giornata di lotta per la difesa dei territori e per far valere gli interessi delle popolazioni, e un segnale ai migranti costretti a salire sulle gru per essere visibili per dire loro che il paese che scende in piazza è al loro fianco.
Nella stessa data si terranno anche manifestazioni in altre città dell’Europa, promosse da un coordinamento di comitati che vede riuniti spagnoli, francesi, italiani, tedeschi e sloveni che si oppongono al TAV; anche in questa occasione possiamo costruire un ponte tra le diverse lotte: più lungo di quel ponte sullo stretto che non vogliamo si faccia mai.
Per adesioni: retecampanasaluteambiente@gmail.com

novembre 2010
Movimento No Tav Valle di Susa, Movimento Difesa del territorio Area Vesuviana, Movimento disoccupati organizzati Banchi Nuovi, Rete campana salute e ambiente, Rete anticapitalista campana


milano: presidio antisfratto
I presidi anti-sfratto in via Cavezzali 11 hanno ormai una loro piccola storia; ma ogni volta la questione si presenta sotto spoglie differenti. In questo caso si tratta del primo passaggio contro una famiglia sudamericana caduta nelle grinfie della legge a causa di uno sfratto precedente che non è andato a buon fine in quanto avevano sbagliato appartamento e persona. Nonostante ciò lo zelante ufficiale giudiziario ha pensato bene di indagare sulla famiglia trovata nell'appartamento, constatando, unicamente sulla base delle dichiarazione del padrone di casa (possiede altri 77 appartamenti nello stesso stabile, ndR), che la famiglia in questione era morosa e che quindi lo sfratto "s'aveva comunque da fare". Nel frattempo sono successe alcune cose interessanti che elenchiamo sinteticamente:
1) Il susseguirsi di presidi anti-sfratto (tutti vincenti, finora) ha stimolato la nascita di un comitato di inquilini che, tutti morosi, intendono resistere uniti sulla base di una piattaforma rivendicativa che, sinteticamente, la seguente:
a) Le condizioni del palazzo sono indecenti (manca luce scale, ascensore, acqua calda e condizioni igieniche;
b) I contratti di locazione, per lo più non sono registrati o riportano addirittura indirizzi diversi; in ogni caso sono da considerare nulli, senza peraltro alcuna garanzia (la legge parla chiaro) per gli affittuari. L'appartamento in questione risulta addirittura di proprietà di un'altra persona, diversa da quella che ha ottenuto lo sfratto per via giudiziaria su quell'appartamento (il 217, ndR);
c) Gli affitti (riscossi in nero) sono esorbitanti e inaccettabili (es: 450 euro per 18mq, 580 euro per 30mq;
d) Fino a che non verranno risolte le questioni elencate il comitato si impegna a continuare ad estendere lo stato di morosità e la pratica di autodifesa di fronte agli sfratti.
2) Il padrone di casa, tal Bortot, (dirigente di diverse immobiliari consociate, che giocano alle scatole cinese per aggirare fisco e pignoramenti) ha inviato numerose lettere di preavviso di ulteriori sfratti, intimando il pagamento degli arretrati. Compresa la famiglia che sarebbe sotto sfratto il 24/11. Il che fa presumere (solo presumere per che, dopo accertamenti legali di parte, il padrone di casa ha preferito avviare una procedura di sfratto ex-novo.
3) Gli affittuari stanno ricevendo immotivati conguagli di pagamento delle bollette di elettricità (fra i 500 e gli 800 euro annui) che sembrano addebitabili a vere e proprie truffe legate, a loro volta, all'indebitamento del padrone con l'A2A (voci di corridoio parlano di 100.000 euro).
Opinione comune nel comitato di autodifesa di via Cavezzali 11 (chiamiamolo così per il momento, in attesa che, proprio il 24 novembre, la cosa possa venire formalizzata) che lo sfratto di domani non verrà nemmeno tentato. E che, in ogni caso, se avvenisse, essendo il primo passaggio, la sua esecuzione per mano della forza pubblica verrebbe rinviata. Ma queste considerazioni non hanno portato alla sciagurata conclusione di lasciar correre la cosa; al contrario, essa diventa occasione fondamentale per sperimentare ancora una volta una pratica di autodifesa collettiva e vincente, estendendo la solidarietà attiva degli altri abitanti e preparando così le tappe successive; in particolare ci riferiamo allo sfratto di Hafida, già fissato a fine gennaio, e che essendo ormai al quarto tentativo (gli altri come dicevamo, sono stati finora respinti) si rivelerà senz'altro molto più ostico e diventa terreno di battaglia decisivo per le sorti di questo piccolo ma importante percorso di autorganizzazione.
Chiamiamo quindi tutti gli antirazzisti e solidali con le lotte per la casa, a fare uno sforzo per esserci (appuntamento ore 8,30 in via Cavezzali 11) e rafforzare un percorso di autodifesa capillare che individuiamo come terreno fondamentale per dare seguito alle
battaglie di primavera contro il coprifuoco e i rastrellamenti in questo, così come in altri quartieri di Milano.

23 novembre 2010
fonte: info@antirazzistimilano.org



milano: I LICENZIAMENTI POLITICI E LA CARICHE DELLA POLIZIA
NON FERMANO LA LOTTA DEI LAVORATORI della C.L.O.di Lacchiarella
I lavoratori della cooperativa C.L.O. (Cooperativa Lavoratori Ortomercato), appaltati presso il magazzino di stoccaggio delle merci da distribuire presso i punti vendita Billa (ex Standa) di Lacchiarella, a settembre hanno iniziato a scioperare contro il cottimo e le condizioni di lavoro schiavistiche cui sono costretti, per rivendicare un regolare salario, un corretto inquadramento e il pagamento dell'indennità mensa. La CLO ha risposto con 2 licenziamenti politici, decine di provvedimenti disciplinari, continui trasferimenti dai magazzini di Lacchiarella dei "soci"-lavoratori più attivi nella protesta. Di seguito riportiamo il volantino di indizione del prossimo presidio e il relativo resoconto.

Sabato 27 novembre ore 16 partecipiamo al presidio davanti alla Billa di via dei Missaglia 70.
Dopo i licenziamenti politici che hanno colpito diversi delegati del S.I. Cobas e le cariche al picchetto dei lavoratori di sabato 20, la lotta dei lavoratori continua contro la C.L.O. in appalto al deposito Billa di Lacchiarella.
In conclusione di una settimana che ha visto numerose iniziative davanti ai supermercati Billa di Milano, Crema, San Donato, Mazzo di Rho, iniziative molto riuscite sul piano della sensibilizzazione sulle condizioni di sfruttamento e sul terrorismo nei confronti dei lavoratori che la cooperativa C.L.O. opera, i lavoratori immigrati in lotta e il coordinamento di sostegno ai lavoratori delle cooperative, lanciano una giornata di mobilitazione che raccolga la solidarietà e indice per sabato 27 novembre alle ore 16 davanti alla Billa di via dei Missaglia 97 Milano, un presidio di protesta e controinformazione sulla situazione di sfruttamento e precarietà dei lavoratori. Una denuncia contro una situazione di sfruttamento, regolata da un clima "da caserma", che viene imposto con autoritarismo all'interno del posto di lavoro - chi si oppone viene licenziato - e contro un' imposizione arbitraria di orari e carichi di lavoro difficilmente sostenibili, che è sempre avvenuta con il tacito assenso dei sindacati confederali concertativi. Questa situazione può avvenire anche sfruttando la ricattabilità che deriva dalla condizione di essere immigrati in Italia sotto i dictat della legge Bossi-Fini ora, e della Turco-Napolitano prima.
A sostegno di questo percorso di lotta, chiediamo l'espressione di una solidarietà vera e militante partecipando tutti e tutte al presidio di sabato 27 in preparazione allo sciopero di venerdi 3 dicembre con presidio ancora davanti ai cancelli dei magazzini Billa di Lacchiarella.

Milano, 25 novembre 2010
Lavoratori della cooperativa C.L.O. di Lacchiarella
Coordinamento di sostegno ai lavoratori delle cooperative

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RESOCONTO del PRESIDO di sabato 27 novembre
Dopo già 2 blocchi della produzione, le violente cariche della polizia nella notte tra venerdi 19 e sabato 20 novembre e in conclusione di una settimana di mobilitazione davanti a numerosi supermercati Billa in tutta l'area metropolitana milanese, sabato 27 si è tenuto un presidio in solidarietà alla lotta dei lavoratori immigrati della cooperativa C.L.O. in appalto presso lo stabilimento Billa di Lacchiarella. Il presidio, che ha visto la partecipazione di un centinaio di lavoratori lavoratrici compagni e compagne, ha denunciato la situazione di sfruttamento e di terrorismo all'interno dei capannoni gestiti dalla cooperativa C.L.O. (cooperativa Lavoratori Ortomercato), distribuendo volantini in boicottaggio alla Billa che sta scaricando sulla cooperativa il compito di gestire lo sfruttamento e la repressione delle proteste dei lavoratori.
Ad oggi sono stati già licenziati, dopo il primo sciopero, 2 lavoratori delegati sindacali del S.I. Cobas e altri sono stati sospesi perché si sono esposti nella lotta e nell'attività di coinvolgimento degli altri lavoratori per l'affermazione dei diritti collettivi. Il livello repressivo, nei confronti dei lavoratori del "fronte delle cooperative" è cosi alto che proprio in questi giorni sono arrivate, ai lavoratori licenziati di Cerro al Lambro, le denunce per le cariche subite ai picchetti di febbraio e ancor oggi questo quadro di estrema attenzione su questa lotta così innovativa e così radicale e determinata nei contenuti, è stato molto esplicito quando, appena il presidio si è spostato all'interno del supermercato per un volantinaggio nelle corsie, i carabinieri hanno fatto irruzione schierandosi con gli scudi davanti alle casse ma la pressione dei lavoratori e dei compagni e compagne presenti, ha comunque permesso il volantinaggio. Questo percorso di lotta reale, che cerca di coniugare una corretta vertenza sindacale ad una lotta politica più generale, chiede l'espressione di una solidarietà concreta e militante, dando indicazione di altre 2 prossime iniziativa. La prima è lo sciopero di venerdì 3 dicembre alle ore 6 (mattina) e poi domenica 5 dicembre un'assemblea di tutti i lavoratori delle cooperative.
A queste prossime iniziative invitiamo a partecipare ogni lavoratore, ogni compagno e compagna, ogni struttura politica e sindalcale per praticare, su un percorso di lotta reale, tutti i livelli di unità possibile.

Coordinamento di sostegno ai lavoratori delle cooperative


Collegato lavoro: una legge contri i precari
Il 9 novembre 2010 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il Disegno di legge 19 ottobre 2010, n. 1441-quater, “collegato lavoro”, che quindi entrerà in vigore il 24 novembre.
LAVORATORI PRECARI: Fino ad ora, era possibile impugnare dal Giudice i contratti di lavoro precario di qualsiasi tipo (a termine, a somministrazione o interinale, a progetto ecc.), che presentassero illegittimità formali e sostanziali e chiederne la trasformazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato, in qualsiasi tempo successivo alla data di scadenza del contratto stesso.
Unico limite era quello della normale prescrizione, tra l'altro neppure invocabile nel caso di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, secondo i principi generali del nostro ordinamento che escludono la prescrizione per le azioni di nullità, anche se va detto che in questi casi la giurisprudenza individuava, in genere, nella mancata attivazione del diritto di impugnazione nell'arco di tre o quattro anni a partire dalla fine del contratto, una sorta di accettazione della sua risoluzione per “mutuo consenso”.
Ora con l’introduzione della nuova legge, se non si impugnano i contratti da precari entro 60 giorni dalla fine del lavoro, non è più possibile chiederne la trasformazione, da tempo determinato a indeterminato.
Oltre a questa decadenza, la nuova legge, ne pone, poi, una ulteriore: decorsi i 60 giorni dalla impugnazione, essa perderà effetto se entro i successivi 270 giorni non verrà depositato il ricorso davanti al giudice.
Questo può apparire un lasso di tempo sufficiente, ma può non esserlo quando risulti difficile raccogliere gli elementi necessari ad impugnare ad esempio falsi trasferimenti di rami d'azienda, o conoscere comunque tutte le circostanze utili ad una piena difesa. Ciò è tanto vero che, in precedenza, la legge consentiva, persino nel caso di licenziamento per il quale doveva esser fatta l'impugnazione nei 60 giorni, di iniziare poi la causa nell'arco dei 5 anni successivi.
LA PENALE PER NULLITA’ DEL TERMINE: Altro regalo del Governo ai padroni è quello che mentre oggi quando il giudice accertava la nullità del termine o della somministrazione e ordinava al padrone di lavoro, di riammettere il lavoratore in servizio, liquidava a favore del dipendente anche le retribuzioni maturate dalla data di procedura del ricorso legale, sino a quella della sentenza.
Adesso il danno è prefissato dalla legge da un minimo di 2,5 mesi ad un massimo di 12, importo che può anche essere ridotto ad un massimo di 6 mesi in caso di accordo sindacale che preveda la stabilizzazione del rapporto.
Questa norma è retroattiva e si applica a tutti i giudizi in essere anche se pendenti in Appello e in Cassazione, con il risultato pratico che un lavoratore potrà vedere confermata la decisione di primo grado sulla trasformazione del rapporto di lavoro, ma dovrà restituire le somme eccedenti le 6 (o le 12) mensilità liquidate i primo grado.
LA DISCIPLINA TRANSITORIA PER IL PASSATO: La legge ha poi previsto che la sua applicazione ha valore anche a tutti i contratti già cessati prima della data di entrata in vigore. Quindi per tutti i contratti a termine, di somministrazione, di trasferimento, di lavoro a progetto, di trasferimento d'azienda, che si siano conclusi prima dell'entrata in vigore della legge (24 novembre 2010) è infatti previsto un termine per impugnare di 60 giorni, e quindi entro il 23 gennaio 2011, trascorso il quale le cause non si potranno più fare.
Siamo quindi di fronte ad un gigantesco colpo di spugna, su tutte le irregolarità del passato poste in essere dai padroni, che ricevono questo gradito regalo da parte del Governo, anche per i livelli di informazione in essere e la scarsa sindacalizzazione, è assai difficile che i lavoratori siano informati ed in grado di reagire tempestivamente.
Numerosi lavoratori infatti alla scadenza del contratto di lavoro a termine, gli viene chiesto di aspettare qualche settimana che poi verranno richiamati al lavoro con un altro contratto a termine. Con questa manovra passati 60 giorni, non potranno più fare nulla.
Cosi come quei lavoratori che sono da anni precari, ed aspettano di essere confermati con un contratto a tempo indeterminato, ed ora se non impugnano, entro il 23 gennaio, tutti i contratti fino ad ora ricevuti, non potranno più farlo, e di conseguenza sarà come se lavorano da pochi mesi.

AlCobas-Cub
www.cubmalpensa.it


Marchionne ha deciso il futuro del lavoro e della vita umana
Unione Industriale, 2 dicembre: Non esiste trattativa. Marchionne ha deciso: non c'è niente su cui trattare, l'accordo è già scritto. O questo o niente
Unione Industriale, 3 dicembre: Non si fa l'accordo. Marchionne ha deciso: non bastano le firme dei soliti noti, Fim-Uilm-Fismic, vuole anche quella della Fiom. O si sottomettono tutti o la colpa è dei sindacati conflittuali se la Fiat porta via le produzioni dall'Italia.
Questo è il diktat imposto ai lavoratori e lavoratrici della Fiat Mirafiori. E tutto questo per cosa? Quale sarebbe lo sviluppo di Mirafiori? Non ci sarà produzione avvicendata di nuovi modelli a largo mercato, ma i veicoli di gamma alta dell'Alfa Romeo e il nuovo SUV - l'auto più inquinante del mondo - che Fiat intende produrre con Chrysler, non per il mercato interno ma per l'estero. Cioè Mirafiori dovrebbe essere destinata proprio a quelle produzioni che in America Obama ha dismesso come superate e perdenti.
LA LOTTA CONTRO IL DEGRADO BARBARO DEL LAVORO, DELLA VITA STESSA DEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI VA COMBATTUTA FINO IN FONDO.
Ma è anche su tutte le categorie che incombe a tempi stretti lo svuotamento del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e la sostituzione dei diritti universali con contratti individuali. E' urgente prenderne coscienza: LA RESISTENZA DEVE E PUÒ ESSERE
GENERALIZZATA A TUTTE LE CATEGORIE LAVORATIVE.

ASSUNZIONE IN UNA NUOVA SOCIETÀ in joint venture con Chrysler nella quale i lavoratori non transiteranno per cessione di ramo d'azienda ma attraverso il licenziamento da Fiat Auto e una assunzione ex-novo. Gli operai delle Carrozzerie verranno assorbiti - si dice Testualmente - "in via preferenziale" …cosa significhi questa dizione non lo spiegano affatto, ma si sa per esperienza cosa si prospetta: l'intensificazione dello sfruttamento sarà tale per cui per almeno il 30% degli attuali occupati non ci sarà posto: a tanto infatti in Fiat ammontano i cosiddetti "inidonei", coloro che si sono usurati e ammalati di lavoro in azienda.
SOSTITUZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE CON IL NUOVO CONTRATTO AZIENDALE, il che significa:
- vengono riscritte ad arbitrio e profitto padronale le voci della paga base, valori tabellari, maggiorazioni, ferie, permessi etc.
- i primi ad essere sotto tiro saranno i diritti del lavoro e della sicurezza con i sindacati in funzione non già di difesa, ma di strumento padronale di controllo sui lavoratori.
E così la contrattazione si riduce a una farsa di comodo ,e si prevedono tempi durissimi per il rinnovo delle Rsu/Rls. Già il divieto di sciopero al sabato e in tutte le giornate di lavoro straordinario comandate dall'azienda è scritto nell'"accordo", e questo non è la punta dell'iceberg ma solo l'inizio della perdita dei diritti e dello Statuto dei Lavoratori.
- INTRODUZIONE DEI 18 TURNI CON IL SABATO LAVORATIVO OBBLIGATORIO e giorno di riposo infrasettimanale a scorrimento. Gli straordinari aumentano di tre volte (da 40 a 120 ore). Riduzione di 10 minuti (da 40 a 30) delle pause sulle linee di montaggio e spostamento della mensa a fine turno. Accantonate - per ora - le proposte di turni addirittura di 10-11 ore.
NON SONO PAGATI I PRIMI TRE GIORNI DI MALATTIA con istituzione di commissioni di monitoraggio delle assenze per introdurre ulteriori penalizzazioni.

5 dicembre 2010
Cobas Fiat Mirafiori


Polonia: gli operai Fiat alzano la testa
Nel giorno della festa nazionale il sindacato Agosto ’80 manifesta contro il direttore dello stabilimento di Tychy.
Il comune di Varsavia vieta l’iniziativa che però si svolgerà ugualmente.
L’ 11 novembre, (Giorno della Festa nazionale in Polonia!), il Sindacato libero Agosto 80 (WZZ, Sierpien 80, in polacco) della Fiat Auto Poland, su richiesta dei lavoratori della Fiat di Tychy, contribuisce all'organizzazione di un raduno-manifestazione sulla piazza del Castello (Plac Zamkowy) per protestare contro il fatto che il direttore della Fiat di Tychy riceverà in quel giorno il premio "Dirigente Eccellente".
L'amministrazione comunale di Varsavia ha rifiutato di autorizzare la manifestazione, che avrà luogo ugualmente! Ecco il comunicato del sindacato:
«In data 10 novembre 2010 WZZ "Sierpien 80", su richiesta dei lavoratori della Fiat di Tychy, contribuisce a organizzare una protesta; i lavoratori vogliono in effetti dimostrare il loro malcontento per il fatto che il direttore dell'impresa, nella quale da molti mesi la forma dominante di gestione del personale sono il terrore, i maltrattamenti e il ricatto, riceve dalle mani del Comitato polacco del premio per la qualità, il titolo di “Dirigente Eccellente”».
I lavoratori della Fiat Auto Poland considerano che il direttore della loro impresa merita non il titolo di “dirigente eccellente”, ma quello di “eccellente tiranno dell'anno”.
Per timore della continuazione della repressione nell’impresa, i rappresentanti del personale si presenteranno mascherati alle cerimonie nel Castello reale di Varsavia l’11 novembre. La manifestazione avrà luogo malgrado il rifiuto dell'amministrazione comunale di Varsavia di accettare l'annuncio della manifestazione, rifiuto che è una nuova prova del non rispetto delle libertà sindacali e dei diritti dei lavoratori e dei cittadini di esprimere le loro opinioni.
Come si vede, la Piattaforma civica (PO) che amministra la città di Varsavia, vuole negare ai lavoratori il diritto di protestare, il che va di pari passo con la politica governativa della coalizione PO-PSL [PSL: partito agrario], che non ha fatto nulla per salvare i posti di lavoro a Tychy, né per impedire i tentativi di delocalizzare verso l'Italia la produzione di un nuovo modello di vettura. Il governo della Piattaforma civica (PO) e del Partito agrario (PSL), che ha garantito alla multinazionale Fiat 40 milioni di zloty [10 milioni di euro] di denaro pubblico, vale a dire delle tasse di ciascuno di noi cittadini, non si interessa assolutamente di come questi finanziamenti pubblici vengono utilizzati. In realtà questi sono utilizzati per peggiorare la situazione dei lavoratori, per cambiamenti negativi nelle forme del loro impiego e per il deterioramento delle loro condizioni materiali.
Non solo il governo polacco non ha l’intenzione di interessarsi alla difesa dell'occupazione, né di reagire contro i maltrattamenti e l'intimidazione dei lavoratori, ma tramite le sue connessioni politiche con le autorità dell'amministrazione comunale di Varsavia, tenta di tappare la bocca e di impedire la protesta dei lavoratori della Fiat.
L’11 novembre, i lavoratori della Fiat protesteranno con le loro famiglie, compresi i bambini, per esprimere il loro trauma di fronte al fatto che sia ricompensato un uomo responsabile dei maltrattamenti e dell'intimidazione dei lavoratori, e di fronte alla politica del governo, che porta alla distruzione di posti di lavoro e che non vuole preoccuparsi di come i finanziamenti pubblici offerti alla Fiat vengono impiegati per violare i diritti dei lavoratori.
Franciszek Gierot, presidente del sindacato libero Agosto 80 della Fiat Auto Poland.

da www.usi-ait.org