indice n.65

intervista ad un attivista del movimento egiziano (seconda parte)
cronache dall’egitto
Ad Atene brucia la democrazia
lettere dal carcere di modena
LETTERA DAL CARCERE DI LUCCA
LETTERA DAL CARCERE DI SALUZZO (cn)
dalla lotta dentro e contro i cie
monza: SOLIDALI NELLA LOTTA CONTRO I CIE SOTTO PROCESSO
Lettera dal carcere di Siano (CZ)
Lettere dal carcere di Velletri (RM)
Lettere dal carcere di Cremona
Lettera dal carcere di San Remo (im)
La lotta NO TAV non si arresta! Libertà per tutti e tutte!
LETTERe DAL CARCERE DI SAN VITTORE (mi)
lettere dal carcere delle Vallette (Torino)
lettera dal carcere di pistoia
lettera di uno studente notav arrestato
Solidarietà agli arrestati e ai denunciati del 26 gennaio!
NO TAV: FERMARCI E’ IMPOSSIBILE
APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE DEL 18 FEBBRAIO A MILANO
CMC COMPLICE DELLA DEVASTAZIONE IN VAL SUSA
No al licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini
STANCHI DI ESSERE VITTIME, FIERI DI ESSERE COLPEVOLI
Comunicato del collettivo delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi
Rovereto: SIAMO ACCUSATI DI RESISTENZA, EBBENE SI!
COMUNICATO PROCESSO AGLI ANTIFASCISTI A VERONA
firenze: processo agli antifascisti
GIORNO DEL RICORDO: NEOFASCISTI ALL’OPERA FUORI DAL BOCCACCIO
AGGRESSIONE FASCISTA A FOGGIA
Comunicato sciopero in AF Logistics
dalla lotta ai magazzini Essulunga di pioltello (mi)
morire per andare al lavoro
Perchè non ci spaventano i forconi
Il governo vara le "liberalizzazioni"
OSPEDALE OCCUPATO E AUTOGESTITO IN GRECIA


intervista ad un attivista del movimento egiziano (2a parte)
Ci puoi fornire una panoramica dei partiti orientati a sinistra, e dei gruppi e coalizioni che si sono costituiti dopo la rivoluzione del 25 gennaio, e qual'è la tua opinione sui progressi realizzati sul fronte delle organizzazioni politiche organizzate, in rapporto con il livello della resistenza di base?
Il numero dei partiti sta effettivamente aumentando rispetto a prima del 25 gennaio. A sinistra c'è la Socialist Popular Alliance (Alleanza popolare socialista) che è un ombrello politico che raccoglie diversi gruppi della sinistra. Ci siamo noi, i Socialisti Rivoluzionari, che siamo il raggruppamento più consistente della sinistra radicale, qui in Egitto. C'è il Democratic Worker's Partry (Partito democratico dei lavoratori), che è un partito alla cui costruzione stiamo lavorando, ma non è un partito Socialista Rivoluzionario (molti fanno questa confusione). L' Egyptian Comunist Party (Partito comunista egiziano) è stato di recente ricostituito, e sono venuti in piazza il 1° maggio con le bandiere rosse, ma so che hanno dei problemi perchè stiamo reclutando parecchi dei loro giovani. C'è il Egyptian Socialist Party (Partito Socialista Egiziano) costituito da alcuni personaggi appartenenti ai militanti del movimento studentesco degli anni 70. C'è anche l'Egyptian Social Democratic party: è un mosaico, se così si può dire. Troverai gente che si lamenta della mancanza di unità a sinistra., ma io non me ne preoccupo più di tanto: perchè dovrei? Siamo 85 milioni di persone che sono state tenute sotto una cappa per così tanto tempo: ora che è stata tolta, è normale che tutti vogliano uscire fuori e iniziare a formare dei gruppi, e magari questi gruppi sono destinati a fondersi, o a dividersi nuovamente o a trasformarsi in qualcosa di più grosso: non è come in Canada dove se tu vai in qualunque incontro di attivisti trovi almeno una dozzina di fazioni di sinistra. Si, li puoi pure prendere in giro e dire che ad ognuna di queste fazioni aderiscono tre persone in tutto il Canada, ma è un microcosmo. Ma su una popolazione di 85 milioni di persone, puoi anche avere dodici partiti!

E per quel che riguarda il rapporto tra le organizzazioni politiche organizzate e la resistenza di base?
Sarebbe falso sostenere che le attuali forze che si richiamano al socialismo, noi compresi, stanno guidando le ondate di scioperi o la resistenza popolare. Siamo di fronte alla più imponente ondata di scioperi nel paese dal 1946, questa ondata iniziata nel dicembre 2006, che continua ancora oggi è la più lunga, intensa e forte ondata di scioperi della nostra storia dal 1946. Anche negli anni settanta non era così forte come oggi. Ma, ancora una volta, queste azioni sono per lo più spontanee e indipendenti da ogni gruppo organizzato. I gruppi di attivisti sono presenti in alcune fabbriche e in alcune aziende, in alcuni posti di lavoro e in alcuni sindacati, ma non li stanno guidando. Non possiamo sostenere questo in alcun modo. Così, il movimento operaio sta facendo degli enormi passi avanti - hanno ottenuto grandi vittorie, con scioperi vincenti, si sono liberati delle vecchie dirigenze di fabbrica legate al vecchio regime, in altri casi hanno dissolto i vecchi sindacati corrotti, ma tutto ciò indipendentemente dalla presenza dei gruppi di attivisti. Questi sono effettivamente presenti in alcune situazioni e si sono comportati eroicamente nelle mobilitazioni, ma penso che ci sia ancora molta strada da fare prima di poter veramente essere alla guida della classe operaia egiziana.

Sei stato un militante rivoluzionario qui in Egitto per molti anni e in passato hai affermato che solo uno sciopero generale avrebbe potuto definitivamente abbattere il regime militare una volta per tutte. Puoi descriverci lo stato attuale della lotta operaia, parlarci degli scioperi più importanti e delle azioni che si sono verificate negli ultimi mesi, e cosa secondo te sarà necessario per galvanizzare i lavoratori di tutti i settori e portarli ad uno sciopero generale nelle condizioni attuali?
Quando Mubarak fu cacciato, l'11 febbraio 2011, la classe media e la maggior parte dei gruppi giovanili erano ben felici di sospendere l'occupazione di Piazza Tahrir, e c'era un appello corale a ritornare al lavoro e una gran propaganda nazionalista, tipo: "costruiamo il nuovo Egitto" e "metti il 110% del tuo impegno nel lavoro", la classe operaia a lavorare non è tornata. Un giornalista come me può permettersi di non presentarsi al lavoro per 18 giorni, e poi tornare al mio posto di lavoro dove guadagno diverse migliaia di pound egiziane al mese. (1 euro= 8 pound egiziane circa). Ma un lavoratore dei trasporti non può assolutamente sospendere il suo sciopero, andare a casa e dire ai suoi bambini: prendo ancora 189 pound dopo 15 anni di servizio, aspettiamo pure altri sei mesi che l'attuale giunta militare ci dia un governo civile che risolverà tutti i nostri problemi".
Secondo un mio amico sindacalista di base, ci sono state 1.500 azioni di protesta operaia solo in febbraio, quante ce ne sono state in tutto il 2010. Ora queste azioni sono continuate per tutto febbraio e marzo e anche, seppure con meno intensità, in aprile, maggio e giugno. Ma poi c'è stato settembre, in cui gli scioperi hanno raggiunto il picco più alto: oltre 750.000 egiziani hanno preso parte agli scioperi, per lo più nel settore dei trasporti pubblici, dei medici, degli insegnanti, dei lavoratori degli zuccherifici. Stiamo parlando qui dei settori più importanti, ma se aprivi il giornale in quel periodo c'erano scioperi selvaggi dappertutto.
Non ci sono stati scioperi in solidarietà con la piazza Tahrir in quest'ultima sollevazione; è vero che la Federazione Egiziana dei Sindacati Indipendenti e alcuni sindacati indipendenti hanno sostenuto Tahrir e hanno portato là i loro striscioni ed erano presenti simbolicamente, ma non si sono mobilitati in massa. Me lo spiego con il fatto che, da un lato, la federazione dei sindacati indipendenti non è ancora così ben radicata tra i lavoratori da poter indire una sciopero generale, e in secondo luogo, la classe operaia è in generale l'ultima a muoversi - è piuttosto facile per i giovani o i militanti lasciare la loro famiglia o l'università per un mese per andare a Tahrir e mettere su una tenda, ma se sei un lavoratore e hai 4 bambini e lavori dalle 9 alle 17 e in alcuni casi dalle 9 alle 19 fare uno sciopero è tutta un'altra cosa. Di solito sono gli ultimi a muoversi, ma quando si muovono, è fatta.
Quello che io e altri militanti del movimento speravamo in quest'ultima sollevazione di novembre era che se avessimo potuto tenere l'occupazione per un altro po', questa azione militante avrebbe potuto iniziare a diffondersi anche tra la classe operaia, come in gennaio. Ora naturalmente questo non avviene per miracolo. Dove eravamo presenti tra i lavoratori abbiamo distribuito migliaia di volantini chiamando allo sciopero generale, ma, ancora una volta non c'è una struttura estesa a livello nazionale - non ancora - che può mettere insieme questo movimento, così se succede è in modo spontaneo. Ma quando si dice che l'Egitto non è la Tunisia, è vero! In Tunisia c'è la Federazione sindacale, [UGTT] la cui dirigenza è cooptata, ma la cui base è per lo più sana, e perciò quando è scoppiata la rivoluzione c'era una tale pressione sui sindacati per scendere in piazza: e quando si muovono, si ferma il paese. Qui in Egitto questa struttura non c'era.
Lo sciopero generale ci sarà, non ho dubbi in proposito, quello che non sappiamo è quale sarà la causa scatenante dello sciopero generale. Ma la palla è nel nostro campo, la possiamo mandare a destra o a sinistra, questo è da vedere. Al momento ci sono molte azioni di protesta importanti in atto, soprattutto ad Alessandria. Domani al Cairo ci sarà una protesta di fronte alla sede del Consiglio di Stato a Dokki a Giza Street - (il Maglis al-Dawla) dove i lavoratori di due fabbriche privatizzate si preparano a fare causa per ottenere la ri-nazionalizzazione delle loro imprese - obiettivo che avevano già ottenuto, in effetti. Questo è un altro problema: anche quando c'è uno sciopero vittorioso, questo non significa automaticamente che il governo manterrà le promesse. Nominami una qualunque fabbrica attualmente in sciopero, e vedrai che sono in sciopero dal 2009, o addirittura dal 2007!

La crescente instabilità, l'incertezza e l'agitazione degli ultimi mesi hanno fatto sì che la Piazza sembri più lontana dall'insieme della società di quanto non fosse nei primi giorni della rivoluzione. Cosa può significare tutto ciò per il futuro della Piazza come fulcro della rivoluzione, secondo te?
Questa tua affermazione mi sembra un po' esagerata. Tahrir è sicuramente il simbolo di questa rivoluzione, ma non bisogna cadere nella trappola di prendere Tahrir come un barometro di come la rivoluzione stia avanzando o indietreggiando. E' quello che abbiamo detto ai militanti nei mesi passati che si erano demoralizzati. Per esempio, se convochi una "protesta da un milione" a Tahrir per denunciare i tribunali militari, e vengono solo poche centinaia di persone, ecco che ti butti giù. Ma al tempo stesso, quando nello stesso mese hai 750.000 egiziani che scioperano e buttano all'aria, in effetti, la legge di emergenza, anche se non vengono alla tua manifestazione, la legge di emergenza la aboliscono con i fatti.
Mi è capitato di parlare con un tassista che per tutto il tragitto ha detto peste e corna degli occupanti della piazza, e poi mi ha fatto scendere perchè doveva andare ad un sit-in con gli altri tassisti davanti al ministero delle finanze a Nasr City (E' un grande quartiere del Cairo). Si, magari i lavoratori non manifestano a Tahrir, ma a due isolati di distanza davanti alle sedi del governo, facendo blocchi stradali e sfidando la polizia militare e anche se è il caso scontrandosi con essa per pretendere i loro diritti. Tahrir sarà sempre al suo posto, ma il campo d'azione della rivoluzione è molto più grande della piazza!
Per me, qualunque cosa possa succedere nei campus universitari e nei posti di lavoro è molto più importante di quello che succede in Piazza Tahrir. Se incontrassi un operaio di Mahalla a Tahrir, gli direi: "Che diavolo stai facendo qua con me a Tahrir? Tornatene alla tua fabbrica e cerca di buttar fuori i membri del NPD e delle forze di sicurezza che ci sono là! Cerca di impadronirti della tua fabbrica e di autogestirla!"

Quali sono secondo te le sfide politiche più importanti che la rivoluzione deve affrontare?
Le principali sfide politiche sono: primo, che i generali di Mubarak sono ancora al potere, il che significa che il regime è ancora vivo e vegeto. L'altra sfida viene dal dissenso, dal fatto cioè che non siamo ancora bene organizzati. Ci manca ancora una struttura nazionale di mobilitazione che possa convocare uno sciopero nazionale quando vogliamo, e così quando indiciamo una azione di protesta non sappiamo mai in quanti risponderanno. Si possono cogliere dei segnali, puoi prevedere che andrà più o meno bene, ma la grande sfida che abbiamo davanti è costruire un grande partito rivoluzionario di massa, chiamalo una rete o come vuoi, che possa collegare i posti di lavoro alle università e a Tahrir.

In conclusione, in un momento in cui il movimento globale Occupy sta rapidamente crescendo in Nordamerica e in Europa, influenzato largamente dall'Egitto e da altre sollevazioni nel mondo arabo, quali sono secondo te le lezioni principali - positive e negative - che i militanti e la gente comune impegnata sul fronte del cambiamento sociale dovrebbero trarre dall'esperienza della rivoluzione egiziana?
La lezione in effetti è una sola: se il tuo movimento resta confinato alle piazze, è destinato a fallire. Devi portare questo movimento dalla piazza ai posti di lavoro e nei campus universitari. Non è stata Piazza Tahrir che ha buttato giù Mubarak. Si, la battaglia a Tahrir è stata eroica, l'occupazione è stata eroica, il sit-in è stato eroico e sarà sicuramente ricordato nella storia del nostro paese come una delle lotte più fantastiche del secolo, ma al tempo stesso, il regime avrebbe potuto resistere, Mubarak avrebbe potuto restare al potere molto più a lungo se non fosse stato per gli scioperi operai! Così, sono molto orgoglioso dei nostri compagni e fratelli e sorelle che hanno preso parte al movimento Occupy nel mondo, ma essi devono collegare la loro lotta con quella dei lavoratori. Se non portano questo movimento nella classe operaia - è una grande sfida, lo so che non è facile - questo movimento è destinato a morire.

10 dicembre 2011
da ciptagarelli.jimdo.com


cronache dall’egitto
Più di 40 organizzazioni rivoluzionarie avevano indetto martedì 31 gennaio, giornata della perseveranza, diversi cortei che si sarebbero dovuti concludere con un presidio unitario nei pressi del parlamento. L'obiettivo dei manifestanti era contestare lo Scaf [giunta militare che detiene il potere] rivendicandone lo scioglimento e la messa a giudizio da un tribunale, e l'immediata convocazione delle elezioni presidenziali per l'11 febbraio (ricorrenza delle dimissioni di Mubarak). Ma invece di trovare solo i plotoni della polizia militare a difendere uno dei palazzi del potere questa volta il movimento si è trovato di fronte anche il servizio d'ordine dei Fratelli Musulmani.
Doveva essere il pomeriggio delle celebrazioni ufficiali per il nuovo parlamento insediatosi dopo le elezioni con tanto di intervento del premier Kamal El-Ganzouri, e invece l'attenzione si è concentrata sulle strade intorno all'edificio dove i cortei convocati dal movimento rivoluzionario sono entrati in collisione con il servizio d'ordine, armato di tutto punto (anche di manganelli teaser), dei Fratelli Musulmani. Il movimento islamista moderato a quanto pare non poteva sopportare che i protagonisti della rivoluzione gli rovinassero la festa per la schiacciante vittoria conseguita alle elezioni politiche.
Vi sono stati duri scontri tra il movimento rivoluzionario e i Fratelli Musulmani al Cairo con almeno 40 i feriti. E' l'episodio più cruento mai avvenuto fino ad ora nell'ambito dei regolamenti di conti tra i soggetti politici emersi nell'immediato post-Mubarak e le forze sociali rivoluzionarie egiziane.
Che la tensione era salita alle stelle era già chiaro dalle iniziative del 25 gennaio. Durante il primo anniversario dell'inizio della rivoluzione più di 2 milioni di egiziani avevano raggiunto piazza Tahrir per dare continuità alla lotta contro lo Scaf. Spesso in quell'occasione lo slogan "irhal!", "vattene!", da sempre rivolto contro Mubarak o gli uomini del vecchio e attuale regime, venne gridato da migliaia di manifestanti in faccia ai portavoce dei Fratelli Musulmani che si alternavano sul palco del movimento islamista. Non è servito a niente alzare il volume dell'impianto audio che per coprire la contestazione pompava versetti del corano a tutto volume visto che i numerosi contestatori per esprimere ancora meglio l'ostilità politica contro "La Fratellanza" alzarono le scarpe minacciosamente in aria.
I Fratelli Musulmani che non hanno mai aderito ufficialmente al movimento rivoluzionario, oggi godono, con il loro partito Libertà e Giustizia, di 235 seggi su 498 e di ben 12 commissioni parlamentari su 19. Da subito configuratisi come forza politica del "ritorno all'ordine e alla pace sociale" sono entrati fin dalle prime ore post-Mubarak in perfetta sintonia con lo Scaf di cui hanno appoggiato la proposta delle riforme costituzionali al posto dell'elezione dell'assemblea costituente come reclamato dalla piazza rivoluzionaria.
Mercoledì 1 febbraio vi sono stati 73 morti e più di mille feriti; è questo il bilancio provvisorio degli scontri scoppiati al termine della partita tra una delle squadre di calcio del Cairo, El Ahly e la squadra El Masry la cui tifoseria ha invaso il campo al fischio di conclusione del match attaccando sia la squadra che la curva avversaria. Durante i primi minuti degli scontri la polizia schierata in assetto antisommossa non è intervenuta lasciando ripetere gli attacchi dei tifosi de El Masry. Solo in un secondo momento i celerini hanno preso parte agli incidenti unendosi all'assalto contro la curva dell' El Ahly. Secondo fonti mediche molti ragazzi uccisi riportano ferite da armi da taglio.
La curva de El Masry e la polizia sono responsabili di una delle più gravi carneficine dall'inizio della rivoluzione, una vera e propria punizione contro una delle tifoserie più attive e coinvolte nel movimento rivoluzionario. Una provocazione omicida al movimento e a uno dei suoi bracci più generosi perché sempre in prima fila durante ogni appuntamento di lotta e conflitto contro Mubarak prima e lo Scaf (giunta militare) oggi. Non a caso la tifoseria dell'altra squadra cairota, lo Zamalek è subito scesa nelle strade della capitale scandendo slogan contro lo Scaf e annunciando di volersi dirigere verso lo stadio a Port Said per aiutare e difendere i tifosi dell'Ahly. Entrambe le squadre del Cairo dai primi giorni della rivoluzione hanno siglato una sorta di "fratellanza rivoluzionaria" dimenticando le rivalità e unendosi per difendere i cortei dalle provocazioni e dalle aggressioni della polizia.
Il 2 febbraio tre persone sono state uccise a colpi d'arma da fuoco a Suez, nel nord dell'Egitto, in scontri tra poliziotti e manifestanti che protestavano per la strage avvenuta mercoledì sera nello stadio di Port Said. Sale intanto a 682 il bilancio dei manifestanti rimasti intossicati dai gas lacrimogeni lanciati dalle forze di sicurezza egiziane durante una manifestazione davanti al ministero dell'Interno al Cairo, per protestare contro la strage allo stadio di Port Said. Durissimi scontri vi sono stati al Cairo tra i manifestanti chiamati a raccolta dal movimento Ultras di Piazza Tahrir e la polizia schierata in difesa del Ministero degli Interni della capitale egiziana. Sono le ore della vendetta al Cairo e in molte altre città dell'Egitto per il massacro dello stadio di Port Said.
Tre cortei nella sola capitale hanno attraversato le strade della periferia e del centro, passando per Piazza Tahrir e fermandosi davanti alle mura costruite nelle vie intorno al ministero per contrastare le manifestazioni. Intonando lo slogan della giornata "Il popolo vuole giustiziare il federmaresciallo" i manifestanti hanno iniziato a buttare giu le mura mattone per mattone. Dopo poco i primi lanci di candelotti di gas lacrimogeni, le prime fucilate e gli scontri.
Intanto nei palazzi del potere cadono teste e rimbalzano le accuse con i Fratelli Musulmani che puntano il dito contro i lealisti di Mubarak definiti come responsabili degli scontri avvenuti allo stadio, lo Scaf ha fatto dimettere il capo della polizia e sembra essersi trincerato tra un nocomment ufficiale e dichiarazioni ufficiose che per alcuni analisti aumentano solo il torbido. L'opposizione rilancia le accuse contro il ministero degli interni dichiarando che da tempo gli Ultras dell'al Ahly avevano messo in conto la vendetta da parte della polizia per il loro ruolo da protagonisti nel movimento rivoluzionario. La piazza ricorda il valore altamente simbolico della giornata del 2 febbraio che in Egitto è sinonimo della Battaglia dei Cammelli. Esattamente un anno fa piazza Tahrir veniva attaccata da uomini a cavallo di cammelli e armati di spade e fucili. Secondo inchieste di movimento si trattava di un'operazione repressiva architettata dai lealisti di Mubarak e polizia politica. In quella occasione, in cui morirono o rimasero feriti molti egiziani, a distinguersi per la prima volta nelle difesa della piazza furono proprio gli ultras dell'al Ahly che in quei primi giorni della rivoluzione egiziana insieme alla tifoseria dello Zamalek iniziavano a prendere parte alla lotta del movimento. Quindi un simbolo e una congiuntura politica perfetta per far compiere un passo avanti alla reazione guidata dallo Scaf attaccando direttamente e indirettamente la prima fila del movimento rivoluzionario. Una sorta di ritorno esplicito e micidiale del regime contro la rivoluzione.
Segue l'appello pubblicato dal movimento ultras di Piazza Tahrir poche ore dopo la carneficina dello stadio di Port Said. Parole di odio e amore rivoluzionario, di rabbia, di coraggio e tenacia di una delle componenti sociali essenziali del movimento rivoluzionario che oltre a difendere i cortei e le manifestazioni dalle aggressioni della polizia è protagonista anche delle innovazioni e delle straordinarie trasformazioni culturali e politiche del proletariato giovanile egiziano.

***
Si! Sono martiri, sono diventati martiri i compagni insieme ai quali, per 5 anni, abbiamo condiviso gioia e dolore. Oggi il maresciallo e i suoi complici hanno voluto mandare un chiaro messaggio, vogliono punirci e condannarci a morte perché ci uniamo alla rivoluzione, perché lottiamo contro l'oppressione e i crimini, come quelli di oggi.
Signori, questa è una nuova serie delle tante serie di crimini della repressione del regime, repressione che vuole uccidere la rivoluzione dei giovani egiziani e aumentare il numero dei martiri.
E non sapevi che ogni goccia di sangue versata, avrebbe riacceso la nostra rivoluzione, e avrebbe riacceso le nostre urla che chiederanno la tua testa, caro maresciallo traditore? E avete creduto che l'Egitto e il suo popolo potessero fare un passo indietro?
Non si sono presentati né il governatore, né il capo della sicurezza, non trovammo né la polizia militare né la sicurezza centrale. Per la prima volta nella storia degli incontri di entrambe le squadre, la polizia s'è ritirata. Sì, il vostro piano è chiaro.
D'ora in poi inizieremo una nuova guerra per difendere la nostra rivoluzione e i diritti dei nostri martiri, e ci prepareremo a ricordare il 28 gennaio. Vi faremo riassaporare i momenti in cui, chi come voi appoggiava il precedete governo si dovette fermare e si dovette arrendere mentre osservava i rivoluzionari egiziani, di cui noi facciamo parte, seminare la propria libertà.
Sapete benissimo cosa significa affrontarci e sapete pure che noi fummo la rivoluzione, ancora prima che essa avvenisse. La vostra repressione non ci spaventa e non ci è nuova. Numerose sono state le iniziative per risolvere le divergenze tra Ultras delle squadre egiziane; questo non vi è bastato e avete iniziato a mettere in atto la vostra strategia. Per questo vi comunichiamo che anche noi abbiamo una nostra "strategia", ed è quella di tagliare le vostre teste con le nostre mani, e non con mani straniere. Non aspetteremo che ci opprimiate volta per volta: difenderemo la nostra rivoluzione, difenderemo e ricorderemo i nostri martiri con tutti i mezzi possibili. Si, il vostro messaggio ci è arrivato. La nostra risposta arriverà presto. Memoria e gloria per i nostri martiri.

febbraio 2012
Ultras Tahrir Squares
liberamente estratto da www.infoaut.org
Ad Atene brucia la democrazia
Il paese è ormai allo stremo: in alcuni ospedali la gente deve portare da casa aghi e carta igienica, i pronto soccorso straripano di gente che non può pagare il medico di base, la disoccupazione è alle stelle. Il piano prevede una radicale riforma del mercato del lavoro con una profonda deregulation, una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito, decine di migliaia di licenziamenti, 15.000 dei quali nel settore pubblico e un taglio delle pensioni. In vendita le quote pubbliche in petrolio, gas e acqua e tagli alla spesa farmaceutica dall'1,9% al 1,5% del Pil.
È significativo che in questi stessi giorni anche in Spagna dopo la riforma laboral imposta dal governo di Mariano Rajoy, a Madrid ci siano state manifestazioni sfociate in scontri con la polizia. In Italia Monti si sta accingendo a varare misure analoghe, tentando approcci per un passaggio morbido delle misure.

E alla fine ovviamente il piano è stato approvato. 199 i sì su 300, 42 i deputati espulsi seduta stante dai propri partiti per non averne rispettato le istruzioni di voto. E intanto Atene brucia: alle 4 di notte erano ancora decine gli edifici in fiamme, mentre in questa surreale mattinata si respira ancora nell'aria l'odore dei lacrimogeni. In rialzo ovviamente le borse nel post-approvazione del piano, con Atene a circa il 4%: un ennesimo segno, come scrive qualcuno oggi su Twitter, che finanza e umanità sono inversamente proporzionali. Tantissime sono le persone che hanno preso parte alla mobilitazione e agli scontri in tutto l'arco temporale che va dalle 4 del pomeriggio a quelle di notte: tra loro anche reduci della guerra di liberazione contro i nazisti come Manolis Glezos e importanti compositori come Mikos Theodorakis che hanno preso parola contro il piano auspicando una nuova liberazione del popolo greco, questa volta dalla dittatura del debito. Manifestazioni ci sono state anche a Corfù, Eraklion, Salonicco, Patrasso, Tessalonica (dove più di 20.000 persone sono scese in piazza).
I giornali italiani come al solito parlano di assalti di black block che avrebbero fatto degenerare la protesta. Ma anche se fosse stato così, e così non è stato visto che come si scriveva ieri gli incappucciati venivano applauditi dalla folla, qui si parlerebbe di migliaia e migliaia di black block che hanno combattuto tutta la giornata contro il piano proposto dalla Troika (FMI, BCE, UE), cercando di entrare a più riprese in Parlamento e cercando di occupare la sede del Comune di Atene. Anche la rete di Anonymous è scesa in campo oscurando diversi siti, tra cui quello del primo ministro e quello della polizia greca.
Si parla di almeno 60 arresti e 50 feriti, in uno scenario di vera e propria guerriglia urbana che ha visto il suo epicentro in piazza Syntagma, completamente piena di gente così come le vie limitrofe. L'uso dei lacrimogeni è stato talmente massiccio da far avvertire l'odore anche all'interno del Parlamento dove si stava portando avanti il dibattito per l'approvazione del piano. Ai limiti del ridicolo le dichiarazioni di Papademos per il quale "la violenza di queste ore non è compatibile con una democrazia". Allo stesso modo dopo oggi la Grecia è incompatibile anche con la democrazia liberale, che brucia nelle piazze e scompare in un voto dettato dalla Germania, dalla Francia e dalla finanza internazionale che oggi sorride. Eppure uno striscione nella piazza diceva "Grazie Signora Merkel, da oggi sappiamo su chi possiamo contare e su chi no. E lo sanno anche portoghesi, spagnoli, italiani...". […]

12 febbraio 2012
da www.infoaut.org

lettere dal carcere di modena
Ciao, sono Zbidi Kaled, io sto bene e mi ha fatto molto piacere che ti sta a cuore la mia situazione. Anche se in realtà in carcere non puoi stare mai bene; uno come me che non ha nessuno fuori che mi può aiutare perché qui dentro senza qualcuno che ti può aiutare con i soldi o vestiti non é facile di andare avanti e di stare bene. Però il problema più grande che ho é di avere un avvocato buono almeno per capire perché sono qui e quanto devo stare. L'avvocato d'ufficio che ho é un bastardo, non viene mai a trovarmi, mi ha abbandonato qui. Adesso spero che il Dio mi aiuta. Grazie di tutto. Ciao e un grande abbraccio.

8 gennaio 2012
Zbidi Kaled, via S.Anna, 370 - 41122 Modena

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Ciao, tolsero gli artigli al gatto e volevano che graffiasse; tolsero la voce all'usignolo e volevano che cantasse; tolsero l'argilla alla terra e volevano che fiorisse; ci hanno tolto le lacrime e vogliono che ridiamo; hanno tolto la nostra libertà senza nessun motivo.
Mi chiamo Jdidi Akid, sono compagno di cella di Soufiane Taib, scrivo io, perché sono l'unico che parla e scrive l'italiano, anche se fa un po' schifo come scrivo, però non ho mai studiato l'italiano; ho imparato col tempo, sono in Italia da otto anni, sono entrato a 17 anni; adesso ho 25 anni e non sono mai andato al mio Paese; ho lavorato in Italia ed ho cercato in tutti i modi di fare i documenti; inutile, ho voluto sposarmi ma non mi hanno lasciato fare. Ho fatto un bambino quando ero in carcere prima perché stavo scontando un anno per la legge Bossi-Fini; quando sono entrato in carcere la mia ragazza era incinta e dopo due mesi é nato mio figlio e l'ho chiamato Mohamed. Sua madre non si é fidata, in carcere ho visto solo tre volte il mio piccolo, che dopo è morto a soli 7 mesi. Sua madre é un'alcoolista, quando io ero in prigione é tornata all'alcool ed é uscita un giorno sotto l'effetto dell'alcool ed ha fatto un incidente in bicicletta; lei é entrata in coma, e il mio cucciolo é morto in Italia. Al mio Paese é morto mio padre, dopo otto mesi morirà mio fratello in carcere in Sardegna. Mio fratello si chiamava Mohamed Lassad e quando é nato il mio bambino l'ho chiamato con lo stesso nome. Poi sono uscito dal carcere, e dopo due mesi mi ritrovo al CIE; al CIE faccio 3 mesi e poi mi mettono in carcere senza nessun motivo. Noi 5 non abbiamo fatto nulla, noi stavamo dormendo quella sera, senza spiegarti siamo qua. Io e Soufiane stiamo facendo sciopero della fame e dell'acqua da tre giorni. Grazie infinite.

15 gennaio 2012
Jdidi Akid, via S.Anna, 370 - 41122 Modena

Zbidi Kaled é un ragazzo tunisino detenuto in questo momento al carcere S. Anna di Modena per la rivolta e tentata evasione al CIE di Modena di via La Marmora avvenute il 4 ottobre 2011. Altri quattro ragazzi, Jdidi Akid, Hmidi Saber, Taib Soufiane e Risz Slim sono al lager di Modena per aver partecipato alla rivolta insieme a Zbidi Kaled. Probabilmente, da quel poco che sappiamo, verranno accusati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, furto e danneggiamento.



LETTERA DAL CARCERE DI LUCCA
Di seguito riportiamo la lettera di un ragazzo entrato per la prima volta in"contatto" con poliziotti prima e carcerieri dopo. Gli è toccato il calvario del carcere, poi quello economico dell'avvocato e gli toccherà presto anche quello dei giudici. Non solo privazione della libertà, degli affetti ecc... con la carcerazione preventiva ma distruzione della propria vita. Perderà il lavoro, un lavoro certo mal pagato, faticoso, a cottimo ma pur sempre un lavoro in regola e quindi un permesso di soggiorno che fino ad oggi lo aveva tenuto lontano dalla "clandestinità", quindi dalla galera, sia essa in un CIE o in un carcere. Sempre per la stessa ragione e a catena, arriveranno lo sfratto dall'abitazione, i debiti con l'avvocato o semplicemente per riuscire a sopravvivere in carcere, esistenza più costosa che altrove. Una catena di disgrazie prodotte dal carcere e dalla quale difficilmente ci si rialza senza subire pesanti danni. La vicenda appare emblematica, una fotografia della condizione degli immigrati rinchiusi nelle carceri italiane, condizione che riguarda il 38% dei quasi 70 mila detenuti ad oggi presenti e coi quali le guardie si permettono maggiormente di alzare il tiro. Agli immigrati che spesso vivono una doppia pena, esprimiamo tutta la nostra solidarietà augurandoci che il moto di rivolta prodotto dalla Primavera Araba sia solo la scintilla di un grande incendio...

Ciao, io sto abbastanza bene, mi ha fatto molto piacere la tua lettera, la prima che ricevo qui, grazie tanto veramente, sei un'amica, grazie. Ho ricevuto la tua lettera il 27 gennaio e mentre stavo leggendo è tremata tutta Lucca per il terremoto. Ci hanno chiusi tutti dentro e le guardie sono scappate giù, sono tutti bastardi. Comunque, [e inizia con il racconto del suo arresto che evitiamo di trascrivere, ndr] …ho detto alla polizia che non c'entravo niente e anche il mio amico ha subito detto che io davvero non c'entravo niente, non mi hanno creduto o voluto credere, loro sapevano che lavora da solo, ho detto che lavoravo in regola e che faccio il muratore. Ma loro mi hanno pure picchiato. Il loro comandante mi ha detto che non gliene frega niente, un marocchino in più o in meno non cambia niente, "siete tutti uguali, marocchini di merda".
L'avvocato mi ha chiesto 6.000 euro per farmi uscire, gli ho dato la metà dei soldi e ora aspetto l'interrogatorio del magistrato, spero bene, se non mi credono rischio tanto, al mio amico l'avvocato ha detto che rischia fino a 7 anni di carcere, io davvero non c'entro niente ma non importa, comunque rischio tanto.
Qui è uno schifo, è troppo sporco, non hanno neanche i medicinali, se stai male ti danno un'aspirina. Purtroppo sono molto sfigato e non posso fare niente, è un mondo di merda, ho sempre lavorato e alla fine mi tocca fare il carcere. Mia madre non crede che io sia in carcere, pensa che io sia morto e sta troppo male e non mi fanno neanche chiamare... Salutami tutti i ragazzi, ciao e grazie tanto.

27 gennaio 2012


LETTERA DAL CARCERE DI SALUZZO (cn)
Ciao, ho ricevuto il libro e grazie ancora. Sono una persona che crede nella rivoluzione e giustizia sociale, purtroppo viviamo in un mondo capitalista e fascista. Per quanto mi riguarda mi rimangono altri quattro anni e un altro processo di intercettazione telefonica. Questo è il secondo mandato di cattura della questura di Bologna, secondo me questi pm ce l'hanno con me, mi sembra però che la corte costituzionale ha fatto una nuova legge che dice che non si possono fare due mandati di cattura dello stesso tipo, contro la stessa persona. Ma dove siamo? Questi fascisti cosa vogliono da me? Queste domande me le faccio ma senza risposta visto che sono straniero, ma veramente ho un odio incredibile per questi che non hanno pietà per l'essere umano. Non vedo l'ora di avere il diritto di essere una persona, perchè non sono un assassino, un criminale, sono un ragazzo normale che non ha trovato fortuna ma solo guai. Anche questo governo è un governo di merda. Mi farebbe molto piacere avere notizie di tutti quelli che lottano per la loro dignità... a proposito, a Saluzzo da circa un mese noi detenuti lottiamo per i nostri diritti facendo ogni martedì scopero della spesa e del carrello ma secondo me c'è bisogno di una lotta vera che accenda l'istituto.

23 gennaio 2012
Maazouni Aymene, via Regione Bronda, 19/bis - 12037 Saluzzo (Cuneo)


dalla lotta dentro e contro i cie
Roma, 12 gennaio
Nadia è una ragazza di 19 anni detenuta da due mesi nel Cie di Ponte Galeria (…). Ma Nadia in realtà non è "propriamente" un'immigrata: è un'italiana che vive sotto il ricatto del permesso di soggiorno. Lo stato la considera una straniera, da rinchiudere ed espellere, perché è nata in Italia da genitori marocchini. Una doppia violenza, che si aggiunge a quella patriarcale subita all'interno delle mura domestiche. Nadia e sua sorella, infatti, avevano denunciato il padre per violenza. E dal carcere il padre le ha "espunte" entrambe, per vendetta, dal rinnovo del permesso di soggiorno.
Inizialmente affidata a una casa-famiglia, Nadia è fuggita per costruirsi autonomamente la vita che desiderava, ma si è ritrovata senza documenti ed è stata rinchiusa nel Cie. Dopo aver subito la violenza maschile, ora Nadia subisce anche quella dello stato che le nega la libertà personale e rischia di essere deportata in Marocco, il paese di origine dei suoi genitori, in cui in realtà lei non è mai stata. Non solo Nadia, ma tutte le donne rinchiuse nel Cie di Ponte Galeria sono vittime di una doppia violenza, patriarcale e statale, proprio come lei. La maggioranza delle detenute sono infatti vittime di tratta, che hanno trovato nella prostituzione forzata l'unica via di accesso a un percorso migratorio. Mentre le altre spesso sono rinchiuse nel Cie perché - come Nadia, Adama, Faith e le altre di cui non sapremo mai nulla - sono state così "ingenue" da chiamare la polizia per denunciare uno stupro o un tentato stupro: si aspettavano di essere sostenute e invece hanno trovato solo gabbie e recinti, ulteriori violenze e la prospettiva di una deportazione forzata. (…) Mentre scriviamo ci arriva proprio da Nadia la notizia che oggi pomeriggio uscirà dal Cie. Condividiamo la sua gioia per l'imminente liberazione ma continuiamo a lottare al fianco di tutte le altre donne recluse nei lager di stato. (da ondarossa.info)

Milano, 16 gennaio
Solite sono le perquisizioni seguite da violenti pestaggi. Nella mattinata del 16 dicembre in una sezione un recluso, appena arrivato, incendia la camera e viene portato via, purtroppo non si riesce a risalire né al nome né se sia stato arrestato o portato altrove.
Sei giorni dopo alle due di notte vengono bruciate due camere ed i bagni, una persona viene arrestata e portata a San Vittore con l'accusa di incendio doloso. Siamo in attesa della data del processo non ancora stabilita, appena ne saremo a conoscenza verrà divulgata. Ai primi di gennaio un'altra persona, appena arrivata, incendia il materasso della sua camera e viene arrestata, purtroppo anche di questa non si è riusciti a risalire al nome. Altre notizie di quello che accade dentro quelle mura sono la mancanza di assistenza medica, scarsa alimentazione, minacce di arresto da parte dell'ispettore, senza alcuna motivazione, un tentato suicidio, gesti di autolesionismo; ai colloqui ci sono stati episodi di violenza fisica da parte dei militari nei confronti dei reclusi con schiaffi per evitare e negare il contatto fisico, abbracci, carezze, baci. Intanto continuano le espulsioni seguite da nuovi arrivi per riempire tutte le sezioni.
Il 15 gennaio dopo una perquisizione, dove sono stati trovati cellulari e carica batterie prontamente sequestrati, nella sezione E, si scatena la ribellione, incendiano tutti i materassi, interviene la polizia che arresta tutta la sezione, ben 27 persone. Tra ieri e oggi ci sono state le convalide d'arresto. (...) Dei 27 arrestati, 17 sono stati trattenuti in carcere dopo l'udienza di convalida, mentre altri 10 sono stati rimessi "in libertà": se per 5 di questi "la libertà" ha voluto dire il ritorno alle gabbie del Cie, altri 5 sembra proprio siano stati rilasciati.

Torino, 22 gennaio
Dopo un presidio di due ore, caratterizzato da interventi al microfono, musiche della rivoluzione tunisina, slogan e interviste in arabo, dirette con radio blackout, battiture, lanci di palline da tennis con messaggi di solidarietà, i reclusi del Cie di Torino sono prima saliti sui tetti delle sezioni, e poi hanno cominciato una lunga e rumorosa battitura. In serata hanno proclamato uno sciopero della fame, durato 24 ore.
Il giorno dopo il processo contro i dieci arrestati per la rivolta del 22 settembre al Cie di Torino si conclude con dieci condanne dai 5 ai 10 mesi per resistenza e lesioni. Per sei di loro la pena è sospesa, e saranno probabilmente trasferiti di nuovo al Cie, mentre gli altri quattro restano in carcere.

Milano, 5 febbraio
Domenica 5 febbraio una ventina di compagni/e sono ritornati/e sotto il C.I.E. di via Corelli a Milano per dare il proprio sostegno attivo a coloro che da dentro non esitano a rivoltarsi contro questa struttura detentiva che li rinchiude fino ad un massimo di 18 mesi. L'ultima sommossa, in ordine di tempo, risale al 15 gennaio quando alcuni degli internati diedero fuoco a un'intera sezione rendendola completamente inagibile. Il presidio, organizzato e stabilitosi di fronte all'ingresso del C.I.E., si è svolto per circa un'ora con un susseguirsi di musica ed interventi a sostegno dei reclusi in lotta. Dall'interno della struttura si sono levate grida di entusiasmo e complicità da parte dei prigionieri, che hanno avuto modo di sentire e farsi sentire dai compagni fuori. Il presidio è stato interrotto dall'arrivo di una ventina di carabinieri in tenuta antisommossa, i quali hanno intimato ai partecipanti al presidio di spostarsi all'imbocco della via che conduce al C.I.E., ovvero in un angolo di strada dove sarebbe stato impossibile farsi udire dai detenuti. Date le esigue forze di chi era presente e le inaccettabili condizioni di prosieguo del presidio imposte dai carabinieri, i partecipanti hanno deciso di smobilitare ritenendo comunque che si fosse riusciti a raggiungere l'obiettivo della giornata, ovvero quello di rendere concreta e tangibile la propria solidarietà a chi da tempo lotta all'interno dei C.I.E.

Milano, febbraio 2012


MONZA, 10 febbraio: PRESIDIO FUORI DAL TRIBUNALE
Si è svolto il processo contro alcuni solidali nella lotta contro i CIE (Centri di identificazione ed espulsione per immigrati) accusati di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Ricapitoliamo i fatti per chi ancora non li conoscesse. I fatti risalgono al 16 maggio 2009, quando i solidali si trovavano a Monza per un volantinaggio informativo e per contestare una celebrazione della Croce Rossa, presente in piazza con banchetti, mostre e carri armati. Il presidio aveva lo scopo di svelare il vero volto dei crocerossini "aguzzini dei moderni lager" (questo il testo dello striscione esposto), ovvero il loro ruolo nella gestione dei CIE oltre che la loro complicità nei conflitti bellici di tutto il mondo. All'improvviso i manifestanti venivano raggiunti dalla polizia municipale monzese, che al loro rifiuto di mostrare i documenti, li aggrediva letteralmente. I vigili intervenivano con una violenza tale da provocare lo schieramento dei passanti contro la polizia locale; il parapiglia si concludeva con il fermo di cinque persone, che sono state pestate, portate in Questura e rilasciate solo dopo qualche ora con una denuncia per resistenza aggravata e lesioni.
Il giorno successivo a questo episodio, diverse decine di solidali tornavano a Monza per un partecipato e determinato corteo non autorizzato che attraversava le vie della città, esponendo la brutalità dell'intervento della polizia municipale e ribadendo le ragioni della lotta contro i CIE e la Croce Rossa. Durante l'udienza sono stati sentiti due testimoni, tra questi un medico che quel giorno aveva assistito all'aggressione intervenendo poi in aiuto di un manifestante che, atterrato e schiacciato al collo dal ginocchio di un vigile, rischiava di soffocare. I vigili rifiutarono brutalmente l'intervento del medico, spintonandolo; queste alcune parole pronunciate in aula durante la sua testimonianza: "Scene di questo genere le ho viste in Messico riservate al trattamento del bestiame." La risposta a questa farsa giudiziaria ci ha mobilitati per essere nuovamente in piazza a Monza il giorno del processo con un presidio solidale e informativo; per parlare ancora una volta del vero volto della Croce Rossa: quella che sfila con i carri armati nelle città, che detiene le chiavi delle celle, che copre i pestaggi e che affianca i militari nelle guerre. Gli imputati hanno scelto di non sottoporsi ai teatrini dei tribunali partecipando al presidio e continuando così la lotta contro i CIE. La prossima udienza è stata fissata per il 27 aprile. Ogni tentativo di repressione si trasforma in una nuova occasione per rilanciare e continuare le lotte!

Milano, febbraio 2012


Lettera dal carcere di Siano (CZ)
Cari compagni, vi mando copia dello scritto presentato alla VIII sezione del tribunale di Roma al processo per lesioni ai danni di una guardia carceraria Rebibbia:
Riguardo ai fatti in questione non ho molto da dire vista la palese falsità data dall'evidente incongruenza. È prassi delle cosiddette "Forze dell'ordine", quando alacremente impegnate a bastonare e massacrare operai, studenti, agricoltori, financo pensionati (si è visto pure questo) che rivendicano i propri diritti, denunciare improbabili prognosi che garantiscono una vacanza pagata. Tanto più questo avviene nel chiuso delle carceri e dei CIE, date le circostanze.
In particolare qui si voleva imporre a viva forza, forti del buon numero, modalità di perquisizione contrarie alla dignità della persona, tuttora vigenti a Rebibbia.
Tutto questo quando sarebbe bastato usare l'apposito strumento del metal-detector.
Ma non par vero far valere l'autoritarismo anche in pratiche così miserabili.
Del resto nelle sezioni del 41bis sono installate telecamere anche nel bagno delle celle ("area riservata"). E non sono nemmeno questi i fatti più gravi che avvengono nelle caserme e nelle carceri. Comportamenti che normalmente verrebbero esecrati e sanzionati in quanto malati e perversi, vengono qui autorizzati e permessi da un regime che paga appositamente personale adibito a tali squallide mansioni in difetto a leggi e normative, che per altro come tutte le leggi borghesi, sono scritte sull'acqua.
E questo la dice lunga sulla corruzione di un regime che è prima ancora morale, oltre che politica ed economica. Ribadisco quindi il diritto a ribellarsi all'ingiustizia ed all'arroganza, in unità a chi lotta nelle valli, nelle piazze, nelle fabbriche, contro l'infame regime fascista.

5 gennaio 2012 - Siano
Ghirardi Bruno, via Tre Fontane, 28 - Siano (CZ)


Lettere dal carcere di Velletri (RM)
[...] L'opuscolo 63 è interessantissimo. C'è di tutto, anche sui compagni Kurdi e una lettera dal carcere femminile (finalmente!). Ho inoltre ritrovato accenni al ricorso che ho istruito alla corte di giustizia europea che mi ha risposto, alcuni giorni fa, inviandomi della documentazione. Solidarizzo con i compagni imputati nel processo di Cuneo, Gianfranco Foia e Umberto Pavesi, non dimentico però nessuno/a.
Di particolare interesse ho trovato "Una proposta da Berlino" a cui scriverò. Mi pare un bel progetto la creazione di un opuscolo che raccolga le esperienze carcerarie dei vari paesi europei.
Tutta la mia solidarietà va al compagno Alì Ishan K., arrestato il 12 ottobre; la repressione contro compagni/e kurdi/e non ha limiti e non basta l'appartenenza della Turchia alla NATO per giustificare il tutto [...]. Un abbraccio fraterno. Andrea

11 gennaio 2012

***
Carissimi/e compagni/e, dispiace leggere nell'opuscolo quanto successo ai compagni Yuri ed Andrea l'otto dicembre al movimento NO TAV ed auguro loro una pronta guarigione, specialmente ad Andrea che forse non recupererà totalmente la vista ad un occhio. Questa è un'altra dimostrazione di quale falso messaggio indichi il termine "sovranità popolare", purtroppo le posizioni sono ora invertite ma quei quattro fascistelli hanno ancora poco da divertirsi, da mazziatori diventeranno mazziati (ed io voglio esserci).
Un salutone agli/alle antifascisti/e di Firenze, Cuneo e Cremona, di cui conservo un bel ricordo di quanto mi trovavo detenuto in quel di Cremona, sempre pronti a sostenerci, ogni mese, oltre le mura con musica e letture.
Non condivido appieno la lettera di Lorenzo "Una proposta dal carcere di Ferrara", non credo si possa ottenere nulla con il dialogo, perlomeno nei termini attuali; altrettanto non credo che il sottoproletariato carcerario sia in grado d'imporre o comunque scendere al tavolo delle trattative; semmai si ottenessero alcune concessioni a nostre richieste queste andrebbero solo a sostenere eventuali iniziative parlamentari e non sarebbero quindi riconducibili ad un'azione diretta della popolazione detenuta.
Preso atto di queste considerazioni, solo allora appare giustificata una tale azione; altrimenti si cadrebbe nel gioco delle illusioni e del parlamentarismo borghese.
Ho dato un'occhiata ai libri di Robert Musil che mi avete inviato, mi paiono affascinanti e vi ringrazio di cuore perché sapete sempre di cosa ho bisogno per soddisfare la mia fame cerebrale, ringrazio anche quei compagni e compagne di Milano e Rovereto che ogni tanto mi inviano dei soldi e mi aiutano così a soddisfare quei bisogni come i prodotti per la pulizia personale che altrimenti risulterebbero difficilmente soddisfabili.
Non so cosa farei senza i compagni e le compagne.
Infatti l'amministrazione carceraria non ti aiuta, anzi se ne fotte, una volta finiti in galera ci si può augurare solo di avere una famiglia alle spalle che possa aiutarti, altrimenti ci si trova costretti ad elemosinare alla Caritas, umiliandosi a più non posso, infatti devi chiedere almeno dieci volte un sapone prima che ti venga dato.
In questa situazione di disperazione la parte del leone la fanno i detenuti d'origine extracomunitaria che non hanno nessuno a cui appoggiarsi, devo comunque dire che la solidarietà tra detenuti non ha pari e un aiuto non si nega mai.
Questi sono i paradossi della società, infatti ci si aspetterebbe più solidarietà dalla società libera, eppure sono proprio queste le contraddizioni del capitalismo che regnano individualismo ed egoismo. Dopo questa breve lettera strappalacrime un abbraccio a tutti e un invito a non mollare e tener duro. Un abbraccio fraterno a tutti/e voi

20 gennaio 2012
Andrea Orlando, via Campo Leone, 97 - 00049 Velletri (RM)


Lettere dal carcere di Cremona
Voglio portare la mia solidarietà agli/alle arrestati/e denunciati/e per i fatti di giugno e luglio 2011 nella fantastica valle incantata valsusina. Per me la lotta No Tav rappresenta la lotta di tutte quelle persone stanche e giustamente incazzate di vedere inutili e speculative opere di espropri, distruzione, devastazione della terra e militarizzazioni della stessa!
I fatti accaduti durante lo sgombero della Libera Repubblica della Maddalena, (ordinato da uno stato preoccupato solo di perdere finanziamenti su cui speculare), dove sono state perpetrate violenze anche a donne e anziani inermi […] da parte delle forze dell'ordine e la susseguente creazione del cantiere fortino poi dichiarato zona strategica militare […] in quei giorni alla Maddalena hanno fomentato la legittima rabbia degli abitanti della valle e non solo, dove siamo in guerra?
Non dimentichiamo poi che la militarizzazione della valle ha portato alla morte di una signora schiacciata da un blindato dei carabinieri che se non c'era il "fortino" da difendere il blindato non era in valle.
Cos'è il 3 luglio volevano farci scappare un altro morto? Chi ha devastato vigneti e musei storici e incendiato parti di bosco con continue raffiche di lacrimogeni e sparato proiettili di gomma anche in zone dove c'erano famiglie con bambini? […] Quando tanta rabbia esplode le forze dell'ordine hanno paura e allora ecco qui l'occasione per arrestare chi porta avanti quotidianamente queste lotte antirepressive e anticapitalistiche che non accettiamo in silenzio 'sto stato di cose e affrontiamo con le nostre forme di lotta ripagando la loro repressione volendo dare libertà a ciò che deve essere libero: uomo donna e terra! Ma non ci fermeranno e saremo sempre più forti! Io vi sono vicino e condividendo le forme di lotta delle persone arrestate e denunciate mando un grosso abbraccio solidale. Siamo tutti e tutte valsusini. A sarà dura.
Si unisce anche Umbe che vi ringrazia e scriverà al più presto.

30 gennaio 2012
Stefano Agazzi, v. Palosca, 2 - 26100 Cremona

***
Cari compagni/e, innanzitutto spero che tutti voi stiate bene e mando tutta la mia solidarietà ai compagni/e arrestati durante gli scontri a luglio in Valsusa. Volevo sapere gli indirizzi dei compagni di Cremona e Bergamo per poter dare nel mio piccolo tutta la mia solidarietà. Voglio ringraziarvi per avermi spedito del materiale molto interessante, vi dico che non sono un amante dei libri, però mi interesserebbe molto avere "Fenrir" e "l'opuscolo". […] sto scrivendo questa lettera a tre dita dal foglio perchè faccio fatica a scrivere, qui in carcere ho chiesto una visita oculistica a novembre e sto ancora aspettando la chiamata nonostante io faccia richiesta ogni giorno, sembra quasi che mi ignorino. Un saluto e un abbraccio a tutti i compagni/e di Ampi Orizzonti. Una forte solidarietà a tutti i compagni/e arrestati in questa settimana e se possibile, vorrei avere i loro indirizzi. Liberi tutti/e liberi subito, i compagni/e, i prigionieri/e politici. Brucia galera, brucia in eterno.

27 gennaio 2012
Umberto Pavesi, via Palosca, 2 - 26100 Cremona


Lettera dal carcere di San Remo (im)
Cari compagni /e di Olga, sono il vostro compagno Adriano. Sono rimasto indignato dinnanzi agli arresti del 24-25 gennaio 2012 di persone appartenenti alla No Tav.
Lì ho avuto veramente la conferma della dittatura italiana schifosa che abbiamo. […] Chi manifesta diffondendo una verità, un prendere coscienza, giusta o sbagliata che sia, in galera! Per ammutolire o fare paura. Questa dittatura non sa che sta rischiando la guerra civile perché vorrebbero che chi non ha il pane da mangiare stesse muto guardando il ricco, il potere la casta che s'ingozza. O forse lo sanno che l'imprevisto c'è. […] Per la maggior parte siamo poveri sì ma ricchi di ideali e sani principi e ormai l'italiano normale si sta stancando dei loro oratori che promettono solo ma rubano sempre. […]
Dobbiamo lottare per i nostri figli […]

Gennaio 2012
Adriano Levratto, v. Valle Armea 144 - 18038 San Remo


La lotta NO TAV non si arresta! Libertà per tutti e tutte!
Il 26 gennaio la procura di Torino ha attuato un'operazione repressiva contro il movimento NO TAV, colpendo 54 persone ed emanando: 25 provvedimenti di custodia cautelare in carcere, 15 misure di obbligo di dimora, 1 provvedimento di custodia cautelare ai domiciliari e 1 divieto di dimora nella provincia di Torino.
I nostri amici e compagni, provenienti da città ed esperienze politiche diverse e uniti nella lotta contro il TAV sono accusati di essersi opposti all'avanzare dei lavori di devastazione e militarizzazione della Valle e all'arroganza dei servi in divisa.
La lotta NO TAV resiste ormai da oltre 20 anni grazie alla determinazione degli abitanti della Val Susa e alle molteplici forme di lotta che in questo lungo periodo si sono intrecciate: dai volantinaggi alle manifestazioni, dai presidi permanenti ai blocchi delle autostrade e delle ferrovie, dalle barricate alle invasioni dei cantieri, dalle assemblee alle interruzioni dei lavori, dalle cene ai tagli delle reti. La lotta NO TAV si è arricchita e rafforzata grazie ai contributi e agli sforzi di tutti e tutte, in Val Susa come altrove.
Il 27 giugno e il 3 luglio c'eravamo tutti e tutte. Siamo partiti verso la stessa valle e con lo stesso obiettivo. Quattro dei nostri compagni sono stati arrestati in una di quelle giornate e ne stanno pagando ancora le conseguenze.
La montatura giudiziaria di Caselli mira ad indebolire la lotta di tutti e tutte criminalizzando alcuni. Ma la difesa della lotta dei valligiani e dei solidali non può che passare dalla difesa dei nostri prigionieri e dalla continuazione della mobilitazione.
Per questo proponiamo un confronto tra i solidali NO TAV di bologna in vista della partecipazione al corteo in Val Susa del 25 febbraio. Assemblea cittadina NO TAV, venerdì 17 fabbraio ore 19, facoltà di Scienze Politiche aula 1 Strada Maggiore 45. Siamo partiti e torneremo insieme!

13 febbraio 2012
Solidali NO TAV di Bologna

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Durante i giorni successivi agli arresti vi sono state molte iniziative e manifestazioni di solidarietà e di protesta, dentro e fuori le carceri, in molte città.
In concomitanza con il presidio del 7 febbraio sotto la galera di Torino, alcuni prigionieri No Tav hanno manifestato contro il sovraffollamento e le condizioni detentive rifiutandosi di rientrare nelle proprie celle. Pare che altri ammutinamenti si siano verificati nei giorni precedenti. La rappresaglia dei carcerieri non si è fatta attendere, concretizzandosi nel trasferimento di alcuni compagni.
In seguito alle udienze di riesame del 7 e del 13 febbraio, ad alcuni sono stati concessi gli arresti domiciliari con rigide restrizioni ad altri invece sono stati negati. Il 16 febbraio si terrà la terza data per il riesame dei restanti arrestati. Al momento restano in carcere i seguenti compagni:

Giorgio Rossetto, loc. Cascina Felicina via Regioni Bronda 19/b - 12037 Saluzzo (CN)
Alessio Del Sordo - via Pianezza 300 - 10151 Torino
Matteo Grieco, San Michele - Strada Statale 31 - 15100 Alessandria
Maurizio Ferrari, Marcelo Damian Jara Marin, Niccolò Garuffi, P.za Filangeri 2 - 20123 Milano
Gabriele Filippi, Piazzale Marassi 2 - 16139 Genova
Luca Cientanni, corso Vercelli 165 - 10015 Ivrea (To)
Juan Antonio Sorroche Fernandez, Via Beccaria, 13 - Loc. Spini di Gardolo - 38014 Gardolo (TN)
Antonio Ginetti, via dei Macelli 13 - 51100 Pistoia


LETTERe DAL CARCERE DI SAN VITTORE (mi)
Di seguito riportiamo una lettera del nostro compagno Mau tuttora rinchiuso nel carcere di San Vittore a Milano. Mau - del collettivo OLGa - è stato arrestato anche lui la mattina del 26 gennaio con altri ventiquattro compagn*.
La lotta invece non solo prosegue, ma si rafforza nell'assoluta convinzione di essere nel giusto e il tentativo dello Stato di dividere e spazzare via la resistenza ancora una volta fallisce. Sempre uniti nella lotta ti abbracciamo caro Mau, così come abbracciamo tutti coloro che dentro e fuori le galere lottano e si ribellano.

Ciao a tutte e tutti, […] Qui di sicuro, ho visto Lollo e Niccolò. Ci hanno sparsi in bracci diversi; in ogni caso stiamo bene. Appena mi sono trovato davanti alla rotonda da dove si dipartono tutti i sei bracci, mi è sembrato per davvero di essere entrato in un mondo fantastico (chiaro, irreale) "ma cosa ci fanno questi qua", mi son detto. Sai quei film in cui entrano in scena, scene rivolte al passato, movimenti lenti, spazi, architettura, rumori, volti ripiegati su se stessi. La Tav, Pioltello, la crisi-fine dell'euro, i bombardamenti italiani in Libia, la morte sulle strade per fame e freddo... sono i problemi dove mi trovavo e mi trovo con migliaia di persone non è niente; è vuoto umano, automatismo ripetuto fino all'istupedimento. Un mondo vecchio, oppure un ambito dis/umanizzato al punto che la de/responsabilizzazione dell'istituzione raggiunge il patetico, se non fosse per le tragedie, il tragico che lo compenetrano (il carcere). Se psichiatria, psicologia decidono, o meglio, vengono loro affidate funzioni definitive sulla vita delle persone in galera, allora questa persona è considerata "malata", cioè senza retroterra sociale, né tantomeno socialmente affidabile, responsabile di sé ecc.
Una persona deficiente, da curare con tutti i manganelli, chimico in primo luogo. Anche i media, che della falsificazione sono maestri, lavorano per creare questa irrealtà, per rendere "terrorista", "drogato", "rom"...le persone che non vogliono ammansirsi in ogni senso... Il nostro agire è di una piccolezza incredibile, non lo avrei mai immaginato quanto piccolo sia il nostro contributo [di OlGa, ndr], per primo o fra i primi c'è da vincere la considerazione dello stato nei confronti degli immigrati, per poter riuscire a mettersi in sintonia con queste persone, i loro problemi umani, carcere compreso.
A presto, Mau. Un abbraccio a tutt*

1 febbraio 2012
Maurizio Ferrari

***
Ciao, come va? Grazie per la lettera, mi ha fatto un sacco piacere. Io sto bene (nei limiti del possibile), sono in cella con un equadoriano, un dominicano, un uruguaiano, un filippino e un marocchino, siamo bene organizzati, mangiamo bene e cerchiamo di combattere insieme la noia, il comunismo è più forte di San Vittore! La cella è piccola (3x4), cucina e cesso turco insieme, scarafaggi ovunque, secondini e la tv è sempre accesa quindi leggere diventa un'impresa, c'è sempre la voce di Maria De Filippi di sottofondo. Siamo tutti al sesto raggio, ma sparsi ovunque, non facciamo aria insieme. Mau è in cella con altri cinque ma fa l'aria da solo, quindi non è in isolamento totale. L'ho visto per caso l'altro giorno e stava bene. Purtroppo quando siete venuti a salutarci non vi abbiamo sentiti perchè eravate troppo lontani, noi siamo dall'altra parte, nella via parallela a viale Papiniano. Grandi comunque! Grazie per gli auguri, ormai sto diventando vecchio! Ringrazia tutti per la solidarietà, per noi è importante, non ci fate sentire soli. Non preoccupatevi per me, sono ancora in piedi e ho ancora tante battaglie da combattere, questi arresti mi danno solo più forza e determinazione ad andare fino in fondo nella lotta contro il capitale, i suoi dispositivi e i suoi servi ed effetti. Ti invio un abbraccio. A sarà dura. Ci vediamo fuori o in qualche sogno, Marcelo.

9 febbraio 2012
Marcelo Jara


***
Come stai? Noi teniamo duro! [...] Io come saprai ormai non sono più al quinto 5° raggio ma al 6°. Non mi dilungo ma per di più sono in una cella delle peggiori, non per fare il lagnoso ma è la realtà qui e ti descrivo brevemente... Niente cuscini, 1 solo rubinetto e di acqua gelida, la nostra cella ha i caloriferi spenti, niente porta tra il “bagno” e dove stiamo, niente luce, ecc.
Non per retorica ma sia qui che prima ho incontrato tanta gente splendida e le conoscenze sono sempre più e il morale è alto davvero. [...]
Nel piano dove sono ora ci sono molti di via Corelli [dov’é il Cie di Milano, ndr], alcuni vengono dall’ultima rivolta che gli hanno addebitato.
Gli altri anche tengono duro, siamo sempre separati ma tutti al 6° raggio. Mau, se ho capito bene fa l’aria da solo. [...] dai smetto di parlarti di carcere che inizio ad essere monotono ma qui i giorni passano (e seppur il buonumore non riescono a levarcelo) di pari passo l’incazzatura aumenta! Per usare un eufemismo diciamo che la “rieducazione” non funziona alla perfezione...
I presidi alcuni li ho sentiti, penso che gli altri no. Il 26 sera tutto il raggio era un delirio: una gioia collettiva enorme, sentivamo “solo” i botti. Poi il terzo che ho sentito è quello della sera dopo l’assemblea in Cox. Avendo le finestre sigillate ci siamo accorti dopo, sentivamo solo i botti ma corsi nello splendido bagno a finestra aperta abbiamo sentito per una decina di minuti con tanto di slogan. In cella eravamo tutti a letto e molti dormivano: tutti di corsa in bagno: da brividi! (e non per il freddo). Mi sa che eravate proprio qui sotto poi il corteo si è mosso. Inutile dirti di quanto forte sentiamo la solidarietà. Posta anche ne riceviamo tanta, un “veterano” nella cella di prima quando mi dilungavo a scrivere mi chiamava Silvio Pellico...

10 febbraio 2012
Lorenzo Minani


lettere dal carcere delle Vallette (Torino)
A tutti i compagni/e. Vogliamo farvi sapere che ieri, mentre si svolgeva il concerto davanti al carcere, noi abbiamo dato corso a una protesta contro le pesanti condizioni di agibilità interna. Al detenuto spettano, per disposizione ministeriale, 4 ore d’aria. In più sono concesse 2 ore di socialità, in cui i detenuti dovrebbero, appunto, socializzare tra loro. Fino a poco tempo fa in queste ore venivano aperte le celle e si poteva passeggiare nel corridoio o, volendo, entrare in un’altra cella. Ultimamente ci fanno uscire e, dopo un quarto d’ora, ci fanno entrare nelle celle in cui vogliamo stare. In questi giorni d’emergenza freddo è impossibile uscire all’aria anche perché i cortili sono invasi dalla neve e non si sono attrezzati con scarpe adatte. Se non vai all’aria ti obbligano a stare chiuso in cella.
Ieri sera, nella nostra sezione le condizioni sono state inasprite. Invece di aprire tutte le celle contemporaneamente venivano aperte una alla volta, ti portavano alla cella che volevi e ti richiudevano nuovamente. Quando ci hanno aperto noi (Tobia e Giorgio) siamo rimasti in corridoio rifiutando di farci nuovamente rinchiudere. Allora han provato a metterci contro gli altri, dicendo che fino a quando noi eravamo in corridoio non avrebbero più aperto a nessuno. Dopo esserci consultati con gli altri detenuti, abbiamo deciso di non desistere.
Dopo un po’ di minacce, hanno chiamato la squadretta, composta da mezza dozzina di agenti nerboruti, con il chiaro intento di intimidirci. Al nostro netto rifiuto di rientrare in cella, ci hanno presi di peso e sbattuti dentro, senza però usare violenza.
Dopo una decina di minuti siamo stati convocati dal Direttore che, con modi gentili e molto paternalismo si lamentava che era la terza protesta di questo tipo che avevano messo in atto. Noi, dopo aver precisato che non volevamo favori ne privilegi personali, abbiamo presentato a nome di tutti i detenuti della sezione una serie di richieste di agibilità minima. Il direttore ha risposto che ci avrebbe riflettuto sopra e ci avrebbe fatto sapere. Adesso stiamo valutando il da farsi.
Come i banchieri cercano di far pagare la crisi ai lavoratori, in carcere si cerca di far pagare il sovraffollamento ai detenuti. Vengono progressivamente ridotte le dotazioni (detersivi, carta igienica, ecc.) e, con la scusa di maggiori difficoltà di gestione, gli spazi di agibilità. La lotta non si fermerà.

I detenuti del 26 gennaio 2012 Giorgio e Tobia

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Cari compagni/e giovedì 9 mattino sono stato portato dalle celle del transito in una sezione con altri detenuti. Non voglio cadere nel lamento che affligge gli altri detenuti, vi descrivo solo la realtà.
E’ una sezione di isolamento con tutte le caratteristiche di quel tipo di regime carcerario. Siamo in una decina in 6 celle, un piccolo corridoio con la telecamera, celle strutturate in modo che fra una cella e l’altra vi sia uno stanzino, ora vuoto, che permette il controllo su ogni movimento. Quindi 6 celle e 3 stanzini blindati. Ogni cella utilizza la propria aria. il cortile dell’aria è un buco di 5 metri per 2 con muri molto alti. Il sole non batte mai in autunno, inverno, primavera. Solo in estate, nelle ore centrali, passano i raggi del sole. La guardia controlla il corridoio 24 ore su 24 da uno stanzino blindato. Per chiamarlo dobbiamo schiacciare un tasto. Siamo in 10. Uno di noi fa il lavorante per la sezione, che non abbandona mai. A parte il barbiere, che viene il sabato per vedere altri detenuti, bisogna andare a messa la domenica per incontrare qualcun’ altro.
Con i compagni della mia sezione sto facendo conoscenza e amicizia. Loro hanno già fatto 2 lettere di protesta al direttore nell’ultimo mese. Sono tutti indagati in attesa di giudizio, e non capiscono perchè sono in questa sezione speciale.
Sul registro della guardiola le guardie hanno scritto “detenuto pericoloso”, di fianco al mio nome ed effettuano 2 “battiture” al giorno, alle sbarre della finestra dove sono io. Mah… forse hanno paura che evado.
Sabato mattina il brigadiere mi ha fatto firmare 3 fogli in cui mi rinfacciano le proteste alle vallette. Andrò nei prossimi giorni dal direttore per un “consiglio di disciplina”, così lo hanno chiamato, per prendere dei provvedimenti, non so di che tipo, visto che in una sezione di isolamento lo sono già. Qui dicono che questo direttore, Lettieri Giorgio, sia stato il vice di Buffa alle Vallette per molti anni e che siano degli amiconi. Il comandante delle guardie mi ha incontrato nel suo ufficio e ha fatto capire che non gli farebbe piacere un presidio musicale qui fuori. Si può lavorare per farlo, ma con calma e senza fretta (inizio marzo?).
Per quello che riguarda l’inchiesta evito di cadere in quegli stati d’animo che sono il pessimismo e l’ottimismo. Sono tranquillo e di buon umore, solo un pò infreddolito (Saluzzo alcune notti -20). Quando chiacchieravo con gli altri compagni alle Vallette le mie previsioni per il tribunale del riesame erano: metà rimarremo dentro, metà usciranno. La prima udienza è andata così. Aspetto quella di martedi per fare le valutazioni di rito.
Alle Vallette stavano per arrivare i giornali e sono stato trasferito. Adesso devo aspettare lunedì 20 per riceverli. Alle Vallette i detenuti della nostra sezione leggevano solo Torino cronaca, qui neanche quello squallido giornale. Non so ancora dove sono stati trasferiti gli altri detenuti No tav di Torino. Ho visto al tg3 di questa sera un presidio fuori da un carcere, che non ho riconosciuto, forse Alessandria, forse Asti.
Un ringraziamento ad Anonymous. Un saluto a tutto il movimento No tav. Un abbraccio a tutti i compagni e le compagne.

Saluzzo, 12 febbraio 2012
Giorgio

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Ciao, come stai? Mentre ci pensi a come stai, ti dico subito che il tuo telegramma è arrivato e mi ha fatto molto piacere leggermelo e rileggermelo, confesso. Ho avvertito un sacco di vicinanza emotiva e mi ha sorpreso in quanto di solito i telegrammi sono poche righe d' incitamento che tutt'al più fanno sorridere.Comunque io sto bene, mi sono ambientato subito con gli altri prigionieri. In fin dei conti con molti condivido una parte di percorso, soprattutto da adolescente. Sono cresciuto in un quartiere popolare di Foggia e da ragazzo mi ha educato per lo più lo stare in strada. In effetti sono sempre stato un piantagrane e questo lato caratteriale mi é rimasto dentro. Ma a parte l'amarcord, voglio rassicurarti. Non é la prima volta che finisco al gabbio. Quando ci si batte per le proprie idee, capita e poi il tempo dentro, uno lo può utilizzare per migliorarsi nel corpo, per imparare quel che sarà utile in futuro e per affilare la mente. In più un anarchico in prigione é come un esploratore in pieno territorio nemico. Qui dentro si impara a temprare le proprie idee. Non é un apologia dell'anarchico, che deve per forza puzzare di galera, no, non é questo. Odio il carcere con tutto me stesso ma ora lo Stato ha la forza per mantenermi qui. E quindi imparerò anche nell'avversità. Diciamo che sono fatto così, poche cose riescono a turbarmi e non nascondo che il carcere non é una di queste. Dopo aver finito di fare il buffone, come par mio, ti abbraccio e ti saluto. Spero presto di ricevere una tua lettera. Per quanto riguarda i libri, mandami quello che piace anche a te, e come sempre qualche francobollo con le lettere. Ti salutano anche i pinguini che mi stanno aiutando a scrivere. Fa un freddo boia. Non c'é vita migliore della rivolta continua. Ora ti saluto veramente. A presto.

8 febbraio 2012
Alessio


lettera dal carcere di pistoia
Se mi chiedete se appartengo al movimento NO TAV vi rispondo che si, appartengo al movimento NO TAV. Se mi chiedete la motivazione di questa mia appartenenza vi rispondo che il movimento NO TAV è alla guida di tutti i Movimenti popolari per la difesa del territorio, per la salvaguardia della vita dell'uomo e dell'ambiente in cui esso vive. Se mi chiedete la motivazione per la quale una persona di Pistoia si impegni in una battaglia distante dalla sua città centinaia di chilometri vi rispondo che l'impegno civile per sviluppare questo nostro "piccolo" pianeta da un "progresso" che non si pone limiti nella devastazione, non ha confini temporali e territoriali.
Il TAV non è necessario; non risponde ad esigenze di sviluppo sociale, non risponde ai bisogni dell'uomo, al rispetto dell'ambiente. Il TAV, e tutte le opere di quella portata, rispondono al comando del profitto, della speculazione, dello sfruttamento dell'ambiente, peggiorano la qualità della vita delle popolazioni delle aree nelle quali si mettono in opera, portano interi territori alla devastazione, li espongono a rischi idrogeologici, per i quali il nostro paese piange spesso morte e distruzione. Un esempio fra tutti, il VAJONT.
Dalla valle che resiste ho appreso che necessita opporsi a tutte le opere "pubbliche" - grandi o piccole che siano - che non si pongono nella direzione di una migliore qualità della vita dell'uomo. Dalla valle che resiste ho appreso le capacità che ho posto nella battaglia civile ed etica contro il parcheggio interrato che vogliono costruire in San Bartolomeo. Opera non necessaria, rispondente unicamente alla speculazione (e quel che è peggio portata avanti da un ente morale). Il parcheggio peggiora la qualità della vita di tutta l'area orientale del centro storico, di tutto il quartiere di S. Marco a causa dell'aumento esponenziale del traffico veicolare ed espone la città di Pistoia ad un serio e grave rischio idrogeologico a causa dell'intercettazione da parte dei lavori di una falda acquifera di superficie, che per di più è una falda sospesa.
Nel 1985, in un periodo emergenziale, in un'epoca comandata de leggi speciali nella quale si è sospeso il diritto civile, un pluriomicida (responsabile per sua stessa ammissione di due omicidi), nella necessità di comprare la propria libertà, denunciava più di cento persone, e tra queste vi era il sottoscritto. C'eravamo conosciuti una decina d'anni prima, allorché ero vissuto a Torino. Egli del sottoscritto ebbe a dire: "…Ho sentito dire che faceva parte…". Solo queste parole si possono leggere nei fascicoli del procedimento, non sostenute da alcun riscontro probatorio. Procedimento che vedeva coinvolti anche alcuni "pentiti" di Firenze che alcunché ebbero a dire circa la mia del tutto presunta affiliazione. La mia condanna fu dettata unicamente dalla necessità del periodo. Ma questo è bastato per "marchiarmi".
Nel 1989 fui coinvolto in un secondo procedimento con le stesse imputazioni, e se vogliamo gli indizi - o presunti tali - erano maggiori che nell' '85, ma erano diversi i tempi. Il periodo emergenziale era terminato, le leggi speciali venivano tolte, e fui assolto. Fui assolto!!
Come giustamente ha affermato Alberto Perino: "Questi arresti sono solo una campagna mediatici". Vi servivano elementi "di grido". Questo è stato il sottoscritto in questa operazione, o meglio ancora: pensate, con il mio arresto, di prendere due piccioni con una fava.
1. Dare in pasto alla disinformazione dei media un "Ex terrorista", seppur il sottoscritto non sia mai stato accusato di nessun reato specifico; un "ex terrorista" mai accusato di nessun atto né di terrorismo né di violenza; un "ex terrorista" condannato unicamente per le leggi emergenziali , condannato unicamente per "utilità", assolto invece quando questa "utilità" è venuta meno.
2. Colpire il movimento proletario con l'arresto di un militante sociale, di una persona che si è sempre impegnata in battaglie civili e per il progresso sociale, che ha sempre combattuto a testa alta e alla luce del sole sotto il ricatto della "marchiatura" che gli è stata impressa. Questo è il messaggio che volete lanciare a coloro che oggi con il sottoscritto sono impegnati ad impedire il nefasto e distruttivo progetto del parcheggio interrato in San Bartolomeo a Pistoia.
Come in Val Susa è con la nostra forza delle idee che abbiamo (per adesso solo) bloccato questo progetto. Idee che hanno trovato sostegno in tutta la popolazione pistoiese, testimoniato dalle oltre 1.300 firme su di una petizione, oltremodo ignorate dalle istituzioni ma che hanno trovato il sostegno di tutte le associazioni culturali e ambientali, come dimosta il convegno sulla salvaguardia del complesso monumentale dell'ex monastero di San Bartolomeo, tenutosi il 20 Novembre 2011 e del quale presto usciranno gli atti.
Tutta la società civile di Pistoia ha espresso parere negativo su questo nefasto progetto. Da non dimenticare inoltre l'importante posizione assunta dall'ordine dei geologi della Toscana, che ha posto seri dubbi al riguardo dell'intercettazione della falda acquifera.
Democrazia avrebbe voluto che l'amministrazione comunale respingesse tale progetto dichiarandone la non fattibilità, ma i nostri amministratori, in barba alla volontà popolare, in ossequio ai poteri forti (e alle loro speculazioni) ai quali sono asserviti, sanno che la battaglia sarà (direi: potrà essere) da loro vinta in virtù della prevaricazione che può appoggiarsi sulla forza delle armi. Gli è sufficiente trasformare questa nostra legittima rivendicazione in una questione di ordine pubblico. Il loro confronto non sarà, come del resto già adesso, sull'etica e sulla morale delle nostre legittime rivendicazioni, sulla dignità ed il rispetto dei nostri diritti, sulla democrazia come volontà popolare, sulla salvaguardia da un eventuale rischio idrogeologico a cui sottopongono la città. Il loro non sarà un confronto, bensì una prevaricazione.
Alla nostra forza delle idee risponderanno con la violenza ed il sopruso militare, unici mezzi con i quali potranno portare avanti questo progetto distruttivo.. La stessa identica cosa che sta accadendo in Val Susa. Sono venti anni che con la sola forza delle idee stanno bloccando l'inutilità del TAV. Sono sei mesi che si parla di un cantiere che non esiste. Esiste solamente un'occupazione militare di parte del territorio. Nessun operaio che ci lavori, esclusi quelli impegnati per costruire la recinzione e oggi quelli impiegati a costruire il muro.
Centinaia di agenti, Carabinieri e alpini che difendono un territorio occupato. Decine, centinaia di migliaia di euro spesi mentre si tagliano i servizi in tutta la nazione (Sanità, scuola, trasporti, ecc…).

Pistoia, 30 Gennaio 2012
Antonio Ginetti


lettera di uno studente notav arrestato
Ciao a tutti, sono Latino, oggi avrei dovuto tenere in questa assemblea un discorso riguardo la giornata della memoria istituita per ricordare il terribile sterminio nazifascista non solo verso gli ebrei ma anche verso altri soggetti ritenuti "diversi" come zingari e omosessuali e verso chi si è opposto attivamente quel terribile regime come comunisti, socialisti e cattolici. Non ci sono e penso vi starete chiedendo il motivo. Stamattina alle 6.30 sono stato svegliato da tre agenti della polizia che hanno fatto irruzione nella mia casa a Vimodrone. Hanno perquisito l'abitazione mettendola a soqquadro e hanno sequestrato diversi miei indumenti, il mio computer, la mia macchina fotografica e dei pericolosissimi scaldapiedi da ciclista pensando che fossero passamontagna. Sono stato accusato con diversi capi di imputazione che ancora non mi sono ben chiari, tutti comunque riconducibili alle manifestazioni e alle proteste svoltesi in Valsusa da Giugno 2011. Terminata la perquisizione sono stato portato in questura e qui mi sono state prese le impronte digitali e mi sono state fatte le foto segnaletiche. Dopo che mi sono stati notificati i vari sequestri sono stato rilasciato in attesa del processo con obbligo di dimora a Vimodrone (non posso uscire dal mio comune di residenza). Ho da sempre appoggiato la lotta No Tav perché la ritengo una protesta giusta e necessaria. In Valsusa vogliono costruire una nuova linea ferroviaria ad altra velocità Torino-Lione dannosa per l'ambiente e che comporta un immane sperpero di denaro pubblico. Le montagne in cui vogliono scavare il condotto ferroviario sono amiantifere e quindi pericolosissime per la popolazione locale. Inoltre in Valsusa sono già presenti una statale, un'autostrada e una linea ferroviaria Torino-Bardonecchia che verrà depotenziata rendendo più complicato l'afflusso dei pendolari verso Torino.Insomma in un contesto come quello di oggi, dove vengono tagliati i treni-pendolari di studenti e lavoratori si vanno a costruire opere faraoniche con infiltrazioni mafiose certe negli appalti, che non servono proprio a nessuno se non ai pochi eletti che si potranno permettere il costo del biglietto. In Valsusa è presente un movimento che si oppone alla Tav da più di 20 anni, che è fortemente radicato nel territorio e che è sempre riuscito a bloccare questo orribile progetto. A Giugno 2011 nell'area preposta all'inizio del cantiere è stato organizzato un presidio permanente che poi è diventato un campeggio, una cittadina, "La libera repubblica della Maddalena", direi una "Comune" dove nello stesso tempo in cui si protestava contro la Tav ci si auto-organizzava, si sperimentavano forme nuove di vita sociale, democrazia diretta decisionale riguardo le cose da fare, divisione dei mestieri; insomma si sperimentava un nuovo modello di società, seppur in miniatura. Il 27 Giugno la polizia dopo ore di scontri e con il massiccio impiego di gas lacrimogeni al CS ha sgomberato l'area, distrutto la Libera Repubblica e militarizzato l'intera zona facendo scempio del museo archeologico e delle tombe presenti. Il 3 Luglio c'è stata la reazione del popolo NO TAV con un corteo molto partecipato che si è diretto verso l'area del cantiere ed è culminato con l'assedio alle recinzioni e con pesanti scontri fra manifestanti e polizia. I capi di imputazione si riferiscono in generale a queste due date. Nell'inchiesta sono state coinvolte circa 200 persone in tutta Italia con circa una trentina di arresti, fra cui un consigliere comunale del Movimento 5 Stelle. Vorrei dire a TUTTI i telegiornali e a quella MERDA di Palazzi che non sono 2 i cittadini della Valsusa arrestati perché nel mio mandato la stragrande maggioranza degli inquisiti assieme a me sono residenti o a Torino o in Valsusa… Al di là di tutto quello che mi preme dire è che, senza mezzi termini, mi è stato impedito il diritto allo studio perché per rispettare gli obblighi (se non lo faccio mi hanno detto che finisco dentro) devo rimanere a Vimodrone e non posso allontanarmi per nessun motivo, nemmeno per recarmi a scuola. Trovo questo veramente scandaloso. Un'altra cosa che mi fa molto incazzare è che domani mattina magari leggerete sui quotidiani"Latini terroristi"arrestati il figlio del terrorista Claudio Latino"….questo mi fa molto male... e non perché io odi mio padre al quale anzi voglio un bene immenso e che mi manca tantissimo ma perché si usa sia la mia immagine che la sua in chiave forcaiola e denigratoria, della serie "sbatti il mostro in prima pagina". E' chiaro che è stato tutto molto pesante ma mi sto piano piano riprendendo soprattutto grazie ai tantissimi messaggi di solidarietà da amici, conoscenti, compagni di classe e di scuola…scusate se ho risposto alla metà ma mi avete veramente tempestato!!!ringrazio tutti immensamente… mi mancate TUTTI, posso perfino dire….mi manca la scuola! Mi avete commosso! Ora e sempre NO TAV!

Stefano Latino
Vimodrone, 26 gennaio 2012


Solidarietà agli arrestati e ai denunciati del 26 gennaio!
Quest’ennesima operazione repressiva non ci stupisce: si tratta della “logica” conseguenza della forza e della determinazione dimostrata da coloro che lottano contro il TAV. Siamo certi che la resistenza e l’insubordinazione della Valle non verranno minimamente scalfite dalle sortite di sbirri e magistrati. Pensiamo piuttosto che i fuochi della rivolta si moltiplicheranno via via che la crisi accentuerà l’istinto saccheggiatore del capitale; il Tav è un progetto che ha la sua unica giustificazione nella pseudo-razionalità padronale, proprio come le riforme e i tagli di bilancio imposti in nome della “crescita” o le guerre in nome dei "diritti umani". Il timore dei potenti è proprio che l’esempio della Valsusa, l’esempio dei pensieri che non vogliono limitarsi ad essere parole, si diffonda ovunque: per loro sarebbe la fine…
Dal 3 luglio, giorno del nostro arresto, il nostro pensiero continua a essere con chi lotta in Valsusa e ovunque… Non un passo indietro!
Marta, Robbi, Sabbo
2 febbraio 2012
da informa-azione.info


NO TAV: FERMARCI E’ IMPOSSIBILE
Sono ormai lontani gli anni in cui “No Tav” era uno slogan da spiegare ogni volta, il grido di guerra di un pugno di “indiani di valle” che, in un luogo poco conosciuto della provincia di Torino, dichiaravano una guerra persa in partenza. Da allora molta acqua è passata nei nostri torrenti; li abbiamo guadati sotto il sole estivo, al chiaro di luna, con la neve e il ghiaccio sotto gli scarponi, mille volte, e siamo diventati una piccola potenza: quelli che sono in grado di non far dormire la notte ministri dell’interno e delle infrastrutture, commissari dello stato e squali dell’impresa. Quelli che possono dire a tutti i resistenti d’Italia: fermarli è possibile. Sempre pronti, sempre in marcia; consapevoli che essere nel giusto è dura, in questo mondo che nulla sa della pulizia di una vita gradevole, del profumo di resistenza che ancora sprigionano queste montagne. Consapevoli che vale la pena di lottare, nonostante questo voglia dire, naturalmente, anche rischiare la galera, come avviene del resto in tutto il mondo. Oggi vorrebbero confinare i No Tav in carcere, ai domiciliari, al confino nelle loro città; si vorrebbero colpire la valle e il movimento di opposizione all’alta velocità/capacità tentando di terrorizzarli, di spaventarli e criminalizzarli, con gli agenti in borghese che stringono la pistola alla cintola e fanno irruzione nelle case, mettono le mani negli armadi e nei cassetti, trattano in tutta Italia come pericoli per la società persone colpevoli di aver manifestato contro la devastazione ambientale, contro l’incubo della militarizzazione delle nostre vite.
L’operazione poliziesca “Sì Tav” è anzitutto un messaggio politico, un messaggio mediatico. È rivolto, oltre che al movimento, all’intero paese. Si vuole dare una rappresentazione della lotta che ottenga l’obiettivo che la schiera di giornalisti prezzolati non è finora riuscita ad ottenere: rendere i No Tav antipatici alla massa dei telespettatori/elettori/consumatori (gli italiani, così come sono considerati dal potere). L’operazione poliziesca vorrebbe creare una rappresentazione secondo cui, dietro a una “etichetta”, il No Tav, esiste una rete nazionale di oppositori ideologici, estremisti, lontani dalla valle ma vicini ai fantasmi di cui lo stato ha sempre bisogno per sconsigliare ai cittadini di organizzarsi e resistere. I mezzibusti del tg sono stati ben attenti a qualificare gli arrestati non come No Tav “ordinari”, ma come “antagonisti No Tav”: non una parte del movimento, ma una parte estranea al movimento. Illusi. Loro stessi non credono più a ciò che dicono, si vergognano quasi nel dirlo, perché sanno di non essere più creduti. Ormai tutti sanno la terribile e splendida verità: questa valle, tutta la valle, ha preso la strada della resistenza. Le lobbies del Tav, non essendo riuscite quest’estate, proprio attraverso i giornalisti, a infinocchiare la Val Susa con la storia dei black bloc (la valle aveva risposto: “Siamo tutti black bloc!”), provano ora, in modo odioso e patetico, a infinocchiare il resto d’Italia attraverso i magistrati. La valle ha risposto ieri sera, con le fiaccole a Bussoleno: “Siamo tutti colpevoli!”.
Sanno che è un gioco rischioso: la solidarietà valligiana è in queste ore fortissima, quella nel resto d’Italia si sta dimostrando altrettanto estesa e determinata, in un momento in cui un numero sempre più alto di soggetti sociali si ribella alla politica dei sacrifici che vengono assurdamente chiesti per foraggiare la grande finanza. La situazione italiana parla di una degenerazione economica a sociale che è condanna storica del modello di sviluppo che i No Tav hanno sempre contestato; quel modello di cui il governo Monti è ultimo difensore, nel tentativo di arginare la crisi del neoliberismo rendendo l’Italia ancora più liberista. Il movimento No Tav è stato precursore dei conflitti sociali e delle critiche culturali e politiche che si affermeranno, che si stanno già affermando; per questo essere No Tav, per molti in questo paese, è l’ultima bandiera possibile, l’unica pulita: la prima, in verità, di un’epoca di cambiamento che è sempre più urgente veder arrivare.
Non è un caso che la magistratura, nel mettere le manette ai polsi ai No Tav, abbia scelto come volto pubblico il personaggio mediaticamente più spendibile, Giancarlo Caselli; spendibile perché, per la parte più distratta dell’opinione pubblica, può apparire come la persona “onesta” del sistema: quella che non ordinerebbe mai un arresto, se l’arrestato non fosse una persona pericolosa per la collettività. La storia professionale di Giancarlo Caselli è in realtà costellata di pagine tristi, odiose e autoritarie, che nulla hanno a che fare con la lotta contro i potenti, e molto con la lotta contro i movimenti; e questa è storia, anche se troppo poco conosciuta. Non è su questo, tuttavia, che vogliamo qui insistere riguardo alla sua figura. Caselli benedice i poliziotti che sorprendono i No Tav nel sonno perché i No Tav hanno mostrato che contro le mafie si vince davvero, e in maniera trasparente, se ci si organizza dal basso, insieme, in massa; soprattutto, se si evita di propinare una versione comoda e distorta della realtà, secondo cui lo stato e le mafie, all’atto di metter in piedi un cantiere supermiliardario, sarebbero due cose distinte. Caselli benedice le nostre manette perché siamo pericolosi; pericolosi, certo, perché abbiamo mostrato che non ci sono ideologie o partiti di cui abbiamo bisogno per ribellarci: gli schemi sono rassicuranti, noi, invece, imprevedibili. La valle e il Tav sono inconciliabili, così come la militarizzazione e la dignità, la politica cialtrona e l’intelligenza, i lacrimogeni e la libertà di manifestare. Né i valsusini, né coloro che con essi sono stati o sono solidali, in Italia e in Europa, sono uniti tra loro da un’ideologia: la realtà da combattere e quella da affermare sono un vincolo molto più solido, più comprensibile, e per nulla neutrale.
Mentre si svuotano le tasche dei pensionati in tutta la penisola, i pensionati della Val Susa vengono arrestati per essersi opposti alla consegna gratis ai privati di 23 mld di euro di denaro pubblico (previsioni della controparte, sicuramente al ribasso). Mentre il reddito degli italiani perde ogni giorno potere d’acquisto, lo stato spende giornalmente 90.000 euro per militarizzare la valle. Mentre il mondo ruggisce contro il vecchio sistema, e il vecchio sistema porta l’umanità alla rovina, politici e tecnocrati della finanza investono in tecnologie antiquate, in opere pubbliche inutili e dannose, in megatreni, inceneritori, nella privatizzazione dell’acqua (nonostante la voce del popolo!), dei servizi utili, delle risorse. Abbiamo mostrato come combattere contro il malaffare illegale e l’accumulazione capitalistica legale, la devastazione e il governo, gli intimidatori e i partiti, il PD e il PDL, confindustria e i sindacato giallo sia in ultima analisi la stessa cosa. In tutti questi anni il movimento ha affrontato il centro-destra e il centro-sinistra, soldati e mediatori, carrieristi e ruffiani, sindaci di Torino e commissari governativi, le imprese legate al Tav e i loro squallidi servi prezzolati, vergogna della classe operaia. È un movimento che ha visto cose che molti altri italiani non hanno (ancora) visto: la violenza sistematica e oltraggiosa delle divise, gli abusi quotidiani della digos e dei ros, la malafede conclamata della magistratura.
Abbiamo superato la fase difficile di Venaus, dove abbiamo ricacciato le truppe d’invasione con una spallata che impressionò l’Italia; quella di Susa e di Col di Mosso, dove abbiamo impedito la praticabilità del progetto complessivo delle trivellazioni; oggi rispondiamo all’aggressione poliziesca di Chiomonte e all’occupazione militare che ne è seguita con una delle mobilitazioni più grandi, estese ed emozionanti che questo paese ricordi, e che ricorderà in futuro. Ad oggi, non un chiodo per il progetto Tav è stato piantato. Questo è un movimento delle persone contro i robocop, dei beni comuni contro gli interessi privati, delle intelligenze contro la brutalità e l’arroganza che non conoscono discussioni; per questo ha potuto resistere vent’anni alla demonizzazione giornalistica, alle intimidazioni, alla disinformazione, agli incendi dei presidi, alle gomme tagliate, agli arresti, alle botte. Resisteremo anche alla retata della vergogna, alla retata del 26 gennaio. I No Tav non rischiano soltanto la galera, ma la vita durante le manifestazioni; c’è chi ha riportato ferite permanenti, chi ha rischiato e rischia la vista e l’udito, chi è finito in coma. Chi è stato in valle, chi ha visto e ha rischiato con noi, lo sa. Nella turbolenta fase 2 del governo Monti, in cui ministro-strozzino Passera ha dichiarato ancora che il Tav è opera prioritaria e irrinunciabile, affrontiamo 26 arresti, 41 provvedimenti giudiziari. Non abbiamo paura. I nostri compagni in carcere non hanno paura. Non cederemo di un millimetro, resisteremo un metro e un istante in più di loro. Che sarebbe stata dura, lo sapevamo e lo sappiamo; che sarà forse ancora più dura, in futuro, ce lo aspettiamo. Ma non ci arrenderemo, e l’Italia già se lo aspetta. Vinceremo noi, alla fine. L’Italia pronta a cambiare sarà dalla nostra parte, non dei nostri persecutori. Abbiamo resistito e resistiamo a tutto, perché non rinunciamo a nulla. Fermarci è impossibile!

27 gennaio 2012
Comitato di lotta popolare No Tav – Bussoleno, da notav.info


APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE DEL 18 FEBBRAIO A MILANO
LIBERI TUTTI E TUTTE
Sabato 18 a Milano si svolgerà un corteo cittadino in solidarietà con i 26 attivisti No Tav arrestati il 26 Gennaio. Non vogliamo entrare nello specifico dei reati contestati e non saremo di certo noi a reiterare il meccanismo di condanna preventiva che ci è stato proposto dalla stampa in questi giorni. Crediamo che questa operazione della magistratura sia invece mirata a reprimere la possibilità di esprimere dissenso ed opposizione ai progetti che quotidianamente devastano e saccheggiano i nostri territori.
Come in Val di Susa anche noi da molti anni assistiamo alla cementificazione sistematica del nostro territorio sotto diverse forme e con diverse modalità. In questi momenti difficili crediamo sia importante muoversi uniti e compatti e dimostrare la nostra solidarietà con chi combatte da vent'anni, come noi, per un modello di sviluppo sostenibile e compatibile con il territorio.
In valle vogliono bucare una montagna, da noi vogliono ricoprirci di asfalto e infrastrutture inutili e dannose, il meccanismo è il medesimo: corruzione, speculazione, militarizzazione e sfruttamento del lavoro. Il tutto proposto semplicemente per produrre profitto a vantaggio dei soliti noti, quei grandi costruttori che in Val Susa come a Milano hanno in comune modalità, obiettivi, nomi (fra tutti la CMC e Impregilo), sponsor politici e relazioni con la grande finanza.
Per tutti questi motivi vi invitiamo a dare forza al nostro appello con la vostra adesione e partecipazione. Per uno spezzone unitario che esprima la sua vicinanza ai No Tav arrestati e contemporaneamente affermi con forza che la valle è in ogni città e che lo sviluppo non passa per lo sfruttamento delle risorse, l'espropriazione di territori e la cementificazione degli spazi verdi.
LA VALLE NON SI ARRESTA E I NO TAV NON SONO SOLI… OVUNQUE!
Per adesioni scrivere a: adesioni.corteo18@gmail.com
Sono previste adesioni di comitati territoriali, e anche di collettivi e spazi sociali.

Comitato NO TEM Comazzo, Presidio permanente Martesana, Comitato No Expo, Presidio permanente contro Pedemontana, FOA Boccaccio


CMC COMPLICE DELLA DEVASTAZIONE IN VAL SUSA
Volantino distribuito a Milano davanti agli uffici della CMC
CMC progetta da più di cent'anni la cementificazione del Pianeta con dighe, autostrade, strade, centrali elettriche, impianti petrolchimici, tunnel, tratte ferroviarie ad alta velocità e molto altro.
Queste opere, molte delle quali vengono costruite anche in paesi come l'Africa, l'estremo Oriente e paesi arabi, vengono spacciate dalla CMC come opere vantaggiose per le popolazioni dove si insediano, mentre in realtà queste opere faraoniche vengono imposte senza tenere minimamente conto delle loro esigenze. Tali progetti devastano la terra in modo irreversibile, depredano le risorse, inaridiscono e distruggono intere zone selvagge. Ma ne abbiamo veramente bisogno?
La CMC è interessata unicamente al riconoscimento del suo nome nel mondo e al profitto. Non è un caso che si stiano intensificando sempre di più le lotte contro i mega progetti edilizi che soffocano la terra con colate di cemento e asfalto.
In Italia, oltre alla base militare Dal Molin e all'Expo2015, la CMC porta avanti anche la controversa costruzione della tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione che attraversa la Val Susa. I lavori prevedono un tunnel di 57 chilometri, più vari altri cunicoli esplorativi; il primo di questi vorrebbero realizzarlo a Chiomonte, nell’area della Maddalena sgomberata a giugno dalla polizia e ora trasformata in “fortino” militarizzato per tenere lontana la protesta popolare.
La costruzione della linea alta velocità implicherebbe un cantiere che dovrebbe andare avanti per almeno vent'anni, portando devastazione nei territori, militarizzazione, e un profondo impatto negativo per gli abitanti della Valle.
Oltre alla distruzione delle montagne e delle falde acquifere, il progetto dell'alta velocità è fortemente contrastato dall'intera popolazione valligiana, ma è imposto dal governo che contrasta duramente qualsiasi tipo di opposizione.
La resistenza al progetto dura da più di vent'anni, nei quali gli abitanti sono riusciti più volte a bloccare concretamente l'inizio dei lavori; nel 2005 la CMC dovette abbandonare l'appalto in seguito alle proteste di massa che misero fine al primo tentativo di costruzione di un cantiere. Oggi la ditta CMC ha riottenuto l'appalto.
In quest'ultimo anno la resistenza contro il TAV si è intensificata con forti mobilitazioni e giornate di lotta con manifestaziioni che hanno portato migliaia di persone a conoscere la realtà della Val di Susa. In queste giornate di resistenza lo Stato risponde con la tipica brutalità delle forze dell'ordine arrestando e picchiando alcuni manifestanti, e il 25 gennaio 2012 hanno svolto perquisizioni e arresti in tutta Italia, tra cui Milano.
Solidarietà ai prigionieri della lotta NO TAV.
Solidarietà a Mau, Lollo, Marcelo e Niccolò.
La terra non sta morendo, la stanno uccidendo. I responsabili hanno nome e indirizzo.
CMC complice della devastazione! Fermiamo le grandi opere in Val Susa e nel mondo!

Resistenza NO TAV


No al licenziamento del ferroviere Riccardo Antonini
La notte del 29 giugno 2009, un treno merci che trasportava Gpl (Gas di petrolio liquefatto) è deragliato nella stazione ferroviaria di Viareggio. Un carrello si è rotto, alcune cisterne sono deragliate di cui una cisterna si è forata. E’ fuoriuscito il Gpl e dopo 3-4 minuti l’esplosione e l’incendio che ha provocato la morte di 32 persone, ustioni gravissime per altre ed un’intera zona della città devastata. Non è stata una fatalità, ma una strage annunciata e consumata sull’altare del profitto, del supersfruttamento, del disprezzo della vita umana: UNA STRAGE DEL CAPITALE. Un’impresa capitalistica, infatti, funziona proprio così: valuta i costi e se ritiene economicamente conveniente abbassare i livelli di sicurezza per aumentare i profitti, penalizza fino a cancellare la sicurezza e la salute per i lavoratori e i cittadini. È quello che avviene quotidianamente in mare, nei porti, nei cantieri edili, nelle fabbriche e, appunto, in ferrovia.
Il 9 settembre 2011 slogan e fischi alla Festa del Pd di Genova hanno accolto l'Ad del Gruppo ferrovie dello Stato italiane, Mauro Moretti. L'Associazione dei familiari delle vittime della strage di Viareggio, che continua a chiedere le dimissioni di Moretti e nella sola città di Viareggio ha raccolto 10.000 firme, ha mostrato le foto delle 32 vittime del disastro ferroviario. Altri solidali con la lotta contro la TAV hanno gridato, annullando la voce del moderatore del dibattito. Moretti ha pensato bene di levare le tende ad “alta velocità” scortato da agenti di polizia che lo hanno imbarcato sull’auto di rappresentanza.
Il 7 novembre 2011 il ferroviere Riccardo Antonini, tra i promotori dell’assemblea 29 giugno, costituitasi immediatamente dopo la strage, e consulente nominato da alcuni famigliari delle vittime e dalla Filt-Cgil di Lucca nell’incidente probatorio (ambito che precede il processo nella formazione di prove irripetibili), è stato prima diffidato, poi sospeso 10 giorni ed infine licenziato con motivazioni a dir poco ridicole e provocatorie “per essersi posto in un evidente conflitto d’interessi”. L’indagato Moretti licenzia il ferroviere consulente di familiari e del sindacato! Tra le motivazioni del licenziamento anche la presenza al mancato dibattito a Genova, per la contestazione all’indagato Moretti. Un altro ferroviere, macchinista Rls (Rappresentante per i lavoratori alla sicurezza), a causa della stessa diffida, era stato costretto ad abbandonare l’incarico di consulente di parte nell’incidente probatorio.
Riccardo è stato licenziato perché ha scelto di mettere le sue competenze a disposizione dei familiari delle vittime della strage di Viareggio, per la verità e la giustizia. Il suo licenziamento è una rappresaglia non solo contro l’impegno politico e sociale di un lavoratore, ma contro tutti coloro che si battono per la sicurezza nei luoghi di lavoro e sul territorio. Vogliamo unirci alla mobilitazione per la riassunzione di Riccardo. Assemblee, cortei, occupazione di binari con blocco di un intercity in stazione, sono state le prime risposte al licenziamento.
Il 6 dicembre lo sciopero generale della Versilia ed una manifestazione a cui hanno partecipato oltre mille persone hanno ribadito la solidarietà ed il sostegno a Riccardo. Poi le presa di posizione all’unanimità del Consiglio provinciale di Lucca, del Consiglio comunale di Viareggio e dei Comuni della Versilia. La Cassa di solidarietà tra ferrovieri contribuisce a sostenere anche economicamente i lavoratori delle ferrovie colpiti dalle rappresaglie politico-sindacali come i licenziamenti, le sospensioni ed altri provvedimenti.

6 Febbraio 2012
Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali


STANCHI DI ESSERE VITTIME, FIERI DI ESSERE COLPEVOLI
Il 15 febbraio a Susa comincerà il processo a quattro attivisti antinucleare accusati di reati inerenti al presidio indetto per la notte del 7 febbraio 2011 presso la stazione di Condove per denunciare e contrastare il passaggio del treno con a bordo le scorie nucleari provenienti da Saluggia e destinate in Francia. All'appuntamento, organizzato solo poche ore prime a causa della segretezza del trasporto, parteciparono diverse decine di persone e attorno alle 4 del mattino ci fu la carica violenta della polizia che sgomberò il presidio per permettere il passaggio del treno.
Invitiamo tutti a partecipare al presidio di solidarietà previsto per le ore 9.00 presso il tribunale di Susa, via palazzo di città 36. A seguire è previsto un pranzo in condivisione al presidio No Tav di Venaus e poi una assemblea per discutere del processo e delle prossime iniziative in merito alla questione dei treni nucleari. Segue il comunicato dei compagni imputati.

Il 15 febbraio a Susa comincia il processo che ci vede accusati di vari reati in merito ai fatti del 7 febbraio 2011. Quella notte, poche settimane prima del disastro nucleare di Fukushima, una quarantina di persone si concentrarono a Condove, in Valsusa, riuscendo a rallentare per qualche ora i treni carichi di scorie nucleari diretti verso La Hague in Francia. Scorie che viaggiano da un Paese all'altro per poi tornare spesso, come nel caso dei viaggi dai depositi di Saluggia o di Trino, al luogo di partenza, dopo aver subito trattamenti che ne limitano sì la radioattività, ma soprattutto forniscono materiale radioattivo per uso bellico e nuovo combustibile per le centrali d'oltralpe (oltre a ricchi compensi per le imprese coinvolte).
Senza ombra di dubbio, c'è da riconoscere che i fatti di quella notte riuscirono a riportare all'attenzione generale gli immani pericoli a cui sono esposte le popolazioni che abitano nei dintorni delle centrali nucleari oppure quelle che vivono lungo i tragitti che questi treni della morte compiono nel silenzio più assoluto. Per questo rifiutiamo ogni accusa specifica nei nostri confronti, la logica perfida e ricattatoria che tende a dividerci in buoni e cattivi, più o meno responsabili di ciò che è successo quella notte. La lotta contro il mostro nucleare, così come quella contro il treno ad alta velocità, e al pari delle lotte contro l' autoritarismo e le disuguaglianze sociali, sono battaglie che portiamo avanti a testa alta, opponendoci fermamente al tentativo di criminalizzare ogni tipo di mobilitazione.
Non possiamo che dare importanza al fatto che la discussione sul nucleare e i suoi rifiuti siano tornati ad essere un tema di interesse, anche se sulla scia di un'immane tragedia come quella recentemente accaduta in Giappone. Non possiamo che rallegrarci del fatto che dopo la mobilitazione contro il passaggio delle scorie a Condove ce ne sia stata un'altra a Avigliana, molto più partecipata, che i treni della morte non passino più, almeno per il momento, dalla Valle di Susa, e che a quanto pare da quella data siano stati sospesi i trasporti di scorie, almeno nella regione piemontese. Convinti dell'assoluto buon senso delle nostre pratiche non ci lasceremo intimidire dalla repressione poliziesca e trasformeremo le date del processo che ci vede imputati, in occasioni in cui rilanciare le nostre accuse ai nucleocrati e a coloro che traggono profitto dall'industria nucleare civile-militare.
In questo assurdo gioco con l'atomo, le vittime e i carnefici finiranno per pagare lo stesso prezzo. Non ci convinceranno mai del contrario, né le loro leggi potranno scalfire mai le ragioni di chi vuole impedire che i signori del nucleare e della guerra giochino con la vita del pianeta. Alcuni di noi, sui giornali di regime asserviti e leccapiedi, sono stati definiti terroristi. Ebbene, se noi siamo terroristi, coloro che hanno costruito sulla testa delle popolazioni quella spada di Damocle che sono le centrali nucleari, sono benefattori; coloro che sganciano sulle popolazioni inermi bombe all'uranio impoverito sono brave persone, rispettose delle leggi e dell'autorità. Non come noi, violenti anarchici e per di più insurrezionalisti.
Nessun tribunale ci potrà giudicare. Quel compito spetta alle generazioni che verranno.

febbraio 2012
Arturo, Guido, Luca, Toshi


KOLOSALA IZAN DA
Comunicato del collettivo delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi
Di seguito il comunicato del collettivo dei prigionieri e delle prigioniere basche in seguito alla manifestazione nazionale di solidarietà coi prigionieri politici dello scorso 7 gennaio a Bilbo.

Oltrepassando ogni previsione, la gigantesca mobilitazione a favore dei diritti dei/delle prigionieri/e avvenuta a Bilbao è stata colossale. Vogliamo fare arrivare il nostro ringraziamento a tutti coloro che vi hanno partecipato e alle persone che hanno lavorato per ottenere questo successo. Siamo molto orgogliosi del nostro popolo. L'appoggio sociale e politico che abbiamo ricevuto ognuno di noi singolarmente e il Collettivo di Prigionieri/e Politici/Politiche Baschi/e è stato enorme.
Nell'ultimo comunicato affermavamo che Madrid e Parigi hanno tutto il popolo contro, e la manifestazione di Bilbao ne è stata una nuova dimostrazione. Non siamo rimasti in attesa di una telefonata o di un quotidiano. Anche noi abbiamo partecipato a questa mobilitazione generale. Quelli che siamo reclusi in Francia, Spagna e altri paesi abbiamo realizzato una settimana di di mobilitazione dal 9 al 13 gennaio. In diversi luoghi insieme al nostro popolo abbiamo realizzato iniziative come: digiuni, scioperi dell'aria, striscioni... Da qui in avanti continueremo a mostrarci organizzati, mobilitandoci uniti/e fino a quando si materializzerà la nostra parola, la parola del popolo, dei diritti.
Coloro che hanno voluto rimanere fuori da questo processo sono rimasti sbiaditi, arretrati e fuori luogo. Questo è stato, ancora una volta, l'atteggiamento del PNV [Partito Nazionalista Basco, ndt] che ha scelto una posizione politica comprensibile a pochi. Posizione vicina all'autismo e allineata coi colonizzatori che fino ad ora non si sono mossi. Il PNV ha perso una nuova opportunità e dovrà pagarne lo scotto.
Il governo spagnolo si sente sotto pressione, e ancora di più adesso che la necessità di cambiamento gli è arrivata nel più profondo, e i nuovi tempi hanno forzato la messa in discussione della politica penitenziaria. Sia al governo spagnolo così come a quello francese e a tutti i responsabili politici rilanciamo la necessità di smetterla con l'inganno. Quando pongono la soluzione sulle singole teste di ognuno di noi si sbagliano; non ci saranno soluzioni individuali senza affrontare/risolvere il problema politico, senza tenere in considerazione una visione generale e collettiva.
Tutte le misure d'eccezione che sono state imposte all’EPPK [Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi, ndt] devono essere derogate. Il Collettivo è disposto, come ha dimostrato con le ultime iniziative, a fare passi in avanti per offrire un contributo positivo al processo democratico avviato in Euskal Herria. In questo percorso l'idea dell'amnistia, concetto aspro per i colonizzatori spagnoli e francesi, è per noi la soluzione democratica integrale.
A prescindere dalle parole e dalle leggi, l'esistenza del conflitto politico e la sua soluzione democratica in nuce ci portano a parlare di un processo democratico che porterà a casa tutti i prigionieri e gli esiliati politici baschi. Impedirlo sarebbe irresponsabile.
Infine vogliamo denunciare con tutta la nostra forza l'atteggiamento delle amministrazioni penitenziarie francese e spagnola che ad oggi si basano ancora sul ricatto e sulle pressioni più crudeli. Allo stesso modo denunciamo le intossicazioni dei mezzi di informazione attuate al fine di reggere il gioco a questo atteggiamento. Adesso è l'ora di cambiare attitudine e di fare passi avanti.
Euskal presoak Euskal Herrira! Amnistia eta autodeterminazioa!
Prigionieri/e Baschi/e al Paese Basco! Amnistia e Autodeterminazione!

13 gennaio 2012
Euskal Preso Politikoen Kolektiboa (Collettivo delle e dei Prigionieri Politici Baschi)
da www.ehlitalia.com

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È in distribuzione l'opuscolo:
CONSIDERAZIONI DI UN PRIGIONIERO DELLE B.R.-P.C.C. SUI PROCESSI DI PACIFICAZIONE DEL FRONTE INTERNO di Franco Galloni, ottobre 2011
Chi fosse interessato può richiederlo a:
Associazione “Ampi Orizzonti” - CP 10241 - 20110 Milano.
Questo interessante scritto, su alcuni processi di pacificazione a livello internazionale, evidenzia come alcune pratiche di "premialità" siano utilizzate ormai in tutto il mondo e come alcuni compromessi, all'apparenza positivi, o per lo meno insignificanti, siano l'inizio di un percorso che porta all'annientamento e svendita delle identità antagoniste.


Rovereto: SIAMO ACCUSATI DI RESISTENZA, EBBENE SI!
Il 13 febbraio 2010 una quarantina di nemici del fascismo scesero in piazza a Rovereto per impedire lo svolgimento di un corteo di Fiamma Tricolore dedicato alla commemorazione dei “martiri” delle foibe.
Quel giorno il silenzio democratico fu spezzato dalla voce di chi disse che il fascismo non doveva passare, e agì di conseguenza. La manifestazione fascista ebbe luogo solo grazie all’ intervento della Celere di Laives, Padova e Mestre, che caricò chi manifestava la propria rabbia contro i nipoti di Mussolini, con dodici compagni finiti all'ospedale. I compagni furono portati al commissariato di Rovereto per le identificazioni, e tre di essi furono immediatamente arrestati. In seguito saranno condannati per resistenza a pene dagli 8 ai 14 mesi. Il 15 febbraio prossimo a Trento si svolgerà il processo di appello. Vari storici come Pupo, Spazzali, Oliva e Pansa da anni cercano di riscrivere la storia sulle foibe (e non solo), facendo opera di revisionismo storico in chiave nazionalista e fascista. In parlamento la mistificazione sulle foibe viene portata avanti da partiti di destra come da quelli di sinistra, mentre l’esplicita riabilitazione del fascismo viene delegata a personaggi come il senatore trentino Cristiano De Eccher (un presente nel PDL, un passato da picchiatore e stragista), che il 29 marzo 2011 presentò un Disegno di Legge per abrogare la norma costituzionale che vieta l'apologia di fascismo e la ricostruzione di partiti e movimenti che si rifanno a tale ideologia. Con la legge del 30 marzo 2004 (instaurazione della “Giornata del Ricordo”) è emerso una volta di più che democrazia e fascismo sono le due facce della stessa medaglia. Già nell’immediato dopoguerra i padroni di sempre per recuperare il potere politico che si stava sgretolando grazie alla lotta di classe partigiana dovettero mettere a tacere la resistenza: 10.000 partigiani furono imprigionati nel dopoguerra, mentre l'amnistia Togliatti liberò i fascisti. Il momento in cui ci troviamo deve far riflettere tutti su chi sono e cosa fanno i fascisti oggi. I fatti di Firenze e Torino (due senegalesi uccisi e tre feriti da un militante di CasaPound, un pogrom contro un campo nomadi) sono emblematici come azioni reazionarie. I governanti (per governanti non intendiamo solo il governo tecnico di Monti ma anche tutta quella sinistra che fa finta di essere dalla parte degli sfruttati ed intanto collabora alla gestione del potere) alimentano la guerra tra poveri nel tentativo di scongiurare il rischio che gli sfruttati dirigano la propria rabbia contro chi ormai ha da offrire solo “lacrime e sangue”. Una vecchia canzone di lotta al fascismo invitava ad individuare quali sono le radici delle malepiante da estirpare. Nell'ultimo anno in varie parti del mondo la gente ha tentato più volte tramite rivolte ed insurrezioni di riprendersi quello che da sempre le spetta, cioè la libertà da chi sfrutta. I padroni ancora oggi utilizzano strumenti come il fascismo per far sì che i loro privilegi rimangano intatti. La crisi di cui ogni giorno siamo “informati” infonde la paura e l'ostilità tra gli sfruttati: chi occupa una casa, chi è senza documenti, chi si riprende ciò che gli spetta viene additato come una persona da cacciare o rinchiudere.
Gli Arditi del Popolo negli anni 20 e poi i partigiani ci hanno dato un insegnamento che da allora riecheggia: il modo migliore per opporsi alle forze reazionarie e a chi ci opprime è l'agire in prima persona e l'autorganizzazione, è rifiutare di mettere le nostre sorti nelle mani di sindacati e politicanti.
Il ricordo della resistenza non può rimanere nei libri di storia. Quei sentimenti, quei desideri e quindi quelle pratiche debbano manifestarsi anche oggi contro chi da sempre alimenta la guerra fra poveri in difesa dei potenti, e contro il misero esistente che ci impongono. Quel giorno di febbraio abbiamo deciso di riprendere questi suggerimenti. Dopo due anni da quei fatti rivendichiamo le nostre azioni, perché i motivi che ci hanno spinto a scendere in piazza rimangono inalterati: i fascisti uccidono, inneggiano all'odio razziale, continuano a svolgere la loro funzione di servi dello Stato e del capitale.
SOLIDARIETÁ CON IVAN, JEPPO E POZA!
PER L'AZIONE DIRETTA CONTRO IL FASCISMO E CHI LO SOSTIENE!
Trento, mercoledì 15 febbraio ore 10.30: presidio davanti al tribunale.

febbraio 2012
nemici e nemiche del fascismo


COMUNICATO PROCESSO AGLI ANTIFASCISTI A VERONA
Il 23 Gennaio alle 10:00, al tribunale di Verona si metterà in scena l'ennesimo processo farsa contro l'antifascismo. Saranno processati alcuni compagni e compagne, amici, parenti, "colpevoli" di aver portato la solidarietà attiva in tribunale, oltre due anni fa, a due compagni antifascisti che furono arrestati, in seguito alle infami accuse di un noto fascista veronese. Il giorno della convalida degli arresti il tribunale era blindato e né amici, né i familiari dei due compagni, poterono entrare e vedere in che condizioni fossero, dato che per 3 giorni furono sequestrati dallo stato, senza poter bere e per uno di essi senza poter assumere medicinali vitali per la sua salute. Tre giorni scomparsi nel nulla delle galere della questura veronese senza poter avere alcuna notizia.
Invece in tribunale poterono entrare e avere carta bianca, una schiera di giornalisti, pennivendoli e servi vari dei media, alle dirette dipendenze del Pm e della digos, per poter compiere il loro spregevole lavoro di diffamazione e di demolizione della figura dei due arrestati. Ma contrariamente a ciò che sperava la digos e il giudice, quel giorno, sorelle, fratelli, genitori, amici, compagne e compagni dei due antifascisti, decisero di entrare con determinazione e vedere i due compagni, portare tutto l'ardore e la forza per sostenerli in quel difficile momento. La sbirraglia, giudice e pm, rimasero "sconvolti" nel vedere che tante persone non accettarono i loro ordini e le loro leggi. Gli rodeva il culo che anche a Verona l'antifascismo avesse tale forza e determinazione, da non riuscire a isolare e spezzare la solidarietà e l'appoggio a chi, da sempre, combatte il fascismo e il razzismo in questa orribile società capitalista, colpo su colpo, con la lotta e la militanza.
Non ci stupiamo che per colpire l'antifascismo lo stato si accanisca vigliaccamente anche con i parenti dei militanti antifascisti e con i/le compagni/e che quotidianamente lottano per una società senza più classi, ne padroni, ne sfruttatori, ne fascisti loro servi. Non ci stupiamo che ciò accada in una italietta divorata dal pescecanismo bancario e dalle caste istituzionalizzate, dove i fascisti di casapound assassinano per strada africani, compagni e chiunque non sia "gradito" all'ordine sociale. Non ci stupiamo che la repressione dello stato borghese sia più attiva in una città come Verona dove i nazisti di Forza Nuova codardamente aggrediscono e tentano di ammazzare un ragazzino "colpevole" di essere straniero, mentre carabinieri, giornalisti e istituzioni tentano di coprire, minimizzare, e far passare il tutto per una "banale bravata isolata", come quando questi camerati assassinarono Nicola Tommasoli. Niente di nuovo nel constatare che il sindaco leghista Tosi sia sempre solidale e attivo per i nazisti dello stadio, che vengono accusati di accoltellamenti a compagni, di aggressioni e pestaggi vari per la città. Se la "colpa" dei nostri familiari, amici e compagni/e è quella di essere avversi alle leggi dei tribunali assassini e razzisti che ammazzano nelle galere e nei c.i.e. esseri umani e chiunque minacci il loro ordine, SIAMO LORO COMPLICI!! SIAMO ORGOGLIOSI E FIERI di portare tutta la nostra solidarietà attiva a coloro che sono stati quel giorno di 2 anni fa, avversi e intolleranti alla sbirraglia codarda e assassina e ai giornalisti di regime, braccio mediatico della questura e della procura.
Invitiamo tutte le realtà e individualità antifasciste a sostenere e solidarizzare il 23 Gennaio al tribunale di Verona, coloro che con generosità, audacia e ardita determinazione, hanno saputo tenere viva la fiamma della solidarietà con i compagni in catene. Coloro che hanno saputo tener vivo il fuoco che ci arde dentro per la libertà, contro ogni ingiustizia, oltre le sbarre delle galere, le armi dei vigliacchi in divisa, oltre le leggi e le aule dei tribunali assassini. Non sarà tollerata alcuna presenza di giornalisti e infami affini, né alcuna provocazione sbirresca.
Sempre dalla parte di chi, schiacciato sotto un cielo plumbeo di dolore e ingiustizia, decide di ribellarsi e dar tempesta. Non un passo indietro, antifascismo militante.

gennaio 2012
Antifascisti veronesi
firenze: processo agli antifascisti
Al via il processo per i fatti di via della scala del 2009, fatti che portarono a 11 perquisizioni in casa di altrettanti compagni e all'arresto di uno di essi.
I fatti: dopo un'iniziativa elettorale organizzata da FN, dalla Destra, e Fiamma tricolore un gruppo di fascisti gira indisturbato per il centro di Firenze, compiendo aggressioni e intimidazioni ai danni di immigrati e di un gruppo di ragazzi che si recavano al concerto della Banda Bassotti alla Fortezza; seguono e aspettano fuori da un pub una compagna che telefona per chiedere aiuto. Quella sera a Firenze erano molti gli appuntamenti: solo il concerto della Banda Bassotti e la tre giorni di musica popolare al CPA Fi-Sud coinvolgevano centinaia di compagni e antifascisti. Normale che le scorribande dei camerati non sarebbero state tollerate a lungo in una città che ancora esprime un radicato antifascismo. E' così che un gruppo di compagni che si era recato in centro per verificare le continue voci di aggressioni è stato fermato e identificato dalla polizia.
Questi undici compagni, perquisiti poi il 6 Novembre con esito negativo, sono imputati di tentate lesioni aggravate dalla premeditazione e dalla finalità di terrorismo, accusa evidentemente pretestuosa che vuole giudicarli per il solo fatto di essere antifascisti.
Questo processo cade in un momento sicuramente molto particolare, a quasi due mesi dall’omicidio di Samb Modou e Diop Mor per mano di un neofascista appartenente a Casa Pound, ma più in generale durante una fase in cui sempre più chiaramente emergono le coperture e gli appoggi che hanno consentito lo sdoganamento di gruppi come Casa Pound, appunto, Forza Nuova e affini. Emergono però anche contatti e relazioni che si muovono su livelli differenti: ciò che in questi mesi sta accadendo a Roma rende l’idea di quanto sia grave la situazione che abbiamo davanti. Si tratta di un intreccio tra istituzioni, ambienti malavitosi ed estrema destra che ha visto diversi ex-Nar esser chiamati ad occupare cariche pubbliche dalla Giunta Alemanno e l’innalzamento del livello dello scontro per il controllo del territorio che vede protagonisti diversi neofascisti che tra l’altro stanno dimostrando una certa facilità nel reperire armi. Inquietante e preoccupante allo stesso tempo è la gambizzazione del neofascista Bianco ad opera di Giannotta, altro noto esponente neofascista e responsabile della sede ex-MSI di Acca Larentia dove, poche settimane fa ha presenziato tra gli altri, l’ex Ministro PdL Meloni. A fronte di questa situazione, crediamo che chiunque si riconosca nei valori dell’antifascismo debba necessariamente farsi carico di pratiche quotidiane che si esprimano giorno per giorno, strada per strada, sostenendo poi attraverso la solidarietà tutti quei compagni che per il loro impegno antifascista hanno subito e continuano a subire processi e repressione.
Invitiamo quindi tutte le realtà politiche, sociali e sindacali, a dare la propria adesione a questo testo sottoscrivendolo e facendosi carico di divulgarlo il più possibile. Invitiamo poi tutti a partecipare al presidio di solidarietà con gli undici antifascisti sotto processo in occasione dell'apertura del processo, giovedì 9 febbraio 2012 alle ore 11.00 di fronte al Tribunale di Firenze in viale Guidoni a Novoli.
L'antifascismo non si processa! Ora e sempre Resistenza!
Per adesioni: processoantifa.fi@libero.it

8 Febbraio 2012
Firenze Antifascista



GIORNO DEL RICORDO: NEOFASCISTI ALL’OPERA FUORI DAL BOCCACCIO
Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio sono stati imbrattati con svastiche, croci celtiche e scritte ingiuriose i murales dedicati al deportato Enrico Bracesco (ucciso dai nazifascisti nei campi di concentramento nel dicembre 1944) e alla partigiana Salvatrice Benincasa (uccisa a Monza dopo notte di torture il 17 dicembre 1944). Oltre a questo sono state tagliate le gomme a tutte le autovetture presenti fuori dallo spazio di via Rosmini, autovetture di proprietà sia degli occupanti che degli abitanti del palazzo antistante.
E’ stata rinvenuta in prossimità dell’ingresso del centro sociale una bottiglia incendiaria che per fortuna, usata maldestramente, non ha provocato danni. Dettagliato reportage fotografico di tutto questo è disponibile su boccaccio.noblogs.org
La coincidenza di questo atto con il Giorno del Ricordo non è assolutamente casuale: da anni a Monza la celebrazione dei martiri delle Foibe e degli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia è una delle poche occasioni in cui rigurgiti neofascisti trovano modo e legittimazione istituzionale nel palesarsi in città. Ricordiamo in particolare la parata nazifascista del 10 febbraio 2007 e diverse altre iniziative messe in campo da fantomatiche associazioni culturali che strumentalizzano la ricorrenza per legittimare la diffusione di un pensiero revisionista. La coincidenza non è dunque casuale e l’episodio si somma ad altri avvenuti in questi giorni, come ad esempio l’aggressione da parte di Forza Nuova nell’ambito della mostra sulle Foibe organizzata dal Consiglio di Zona 6 a Milano.
L’episodio di stanotte è frutto di una pesante frustrazione politica, infamia umana e codardia, elementi che accomunano da dieci anni a questa parte i gruppuscoli di neofascisti che si sono formati, sciolti, rinominati, rimpastati, ricollocati nel panorama politico monzese alla disperata ricerca di un’agibilità che non sono riusciti a ritagliarsi neanche con i significativi appoggi politici (presidenza della provincia su tutti). In dieci anni ne abbiamo visti passare tanti: Progetto Zero, Compagnia Militante, Ass. Lorien, Forza Nuova, oggi Lealtà Azione, Leone Crociato, etc…una galassia di sigle che hanno fatto della xenofobia e del revisionismo storico i propri valori fondanti e della nostalgia del Fascismo la “musa” ispiratrice del proprio operato.
E’ chiaro che tali soggetti identifichino nel Boccaccio una realtà nemica e ostile, non soltanto per il costante lavoro di inchiesta sulla strumentalizzazione della ricorrenza (vedi dossier del febbraio 2008, Quando il Giorno del Ricordo si trasforma nel Giorno dell’orgoglio fascista): la nostra esperienza si costruisce in dieci anni di attività politica e sociale che fa dell’antifascismo e dell’antirazzismo due capisaldi; lo spazio di via Rosmini 11 è oggi più che mai operativo nel recupero della memoria storica cittadina, uno spazio che vive ed è punto di riferimento per migliaia di giovani del territorio. Il successo e il radicamento di questa esperienza, dovuto alla crescente collaborazione con il quartiere e con tanti altri soggetti cittadini (studenti, comitati, comunità migranti, lavoratori), alimenta la frustrazione citata precedentemente.
Senza alcun vittimismo denunciamo quanto avvenuto stanotte perché sia evidente a tutti la matrice dell’atto e lo stretto collegamento con la strumentalizzazione che l’estrema destra mette costantemente in atto sul Giorno del Ricordo. Non sono tuttavia queste operazioni in grado di intimidirci, anzi, alimentano la determinazione con cui quotidianamente combattiamo contro ogni rigurgito fascista. Già da lunedì 13, ore 17, in piazza Citterio, saremo di nuovo in piazza insieme all’A.N.P.I. in un’iniziativa pubblica per commemorare il partigiano Gianni Citterio (medaglia d’oro al valor militare), morto in combattimento a Megolo il 13 febbraio 1944: l’iniziativa prevede l’inaugurazione di un pannello informativo sull’esperienza di una delle figure centrali della Resistenza monzese. Questa provocazione trova quindi una risposta immediata nel naturale operato quotidiano del collettivo, ma in futuro altri atti simili potranno generare risposte differenti, mirate a sottolineare direttamente le responsabilità politiche degli esecutori materiali o dei loro mandanti. Un’ultima cosa importante: i murales dedicati a Bracesco e Benincasa sono stati immediatamente ripristinati e chiudiamo questo comunicato con le parole che gli artisti hanno voluto dedicare alla giornata di oggi: FASCI INFAMI, I NOSTRI COLORI CONTRO IL VOSTRO CUORE NERO.

12 febbraio 2012
F.O.A. Boccaccio 003, Via Rosmini 11 - Monza
boccaccio.noblogs.org


AGGRESSIONE FASCISTA A FOGGIA
Nella notte del 5 febbraio due compagni e una compagna del Collettivo Politico Studentesco sono stati aggrediti da sei fascisti appartenenti a Casapound, Forza Nuova e Apulia skinheads. Tutto si è verificato verso mezzanotte, quando Piazza Puglia era ormai deserta. È un atteggiamento tipico dei fascisti quello di nascondere le proprie azioni nell’ombra per colpire da squadristi, sapendo di non avere l'appoggio della piazza.
Infatti è chiaro che questi squadristi sono solo una piccola setta all’interno di Piazza Puglia, che sperano di fare proseliti con atteggiamenti da amici di sbronze. Si infiltrano travestendosi da tutto e niente: ultras, membri di dubbie associazioni culturali, candidati fantocci nelle elezioni locali, quarantenni pedofili, oppure studenti “né rossi né neri”.
Sono ormai anni che la principale strategia dei neofascisti è quella di infiltrarsi soprattutto nelle lotte studentesche come persone alla mano, apartitiche, che si coprono dietro il diritto democratico che garantisce la parola anche a chi è fascista.
Fra le ragioni dichiarate dai fascisti durante l’aggressione, c’è quella di appropriarsi di questa piazza, ritrovo di molti studenti universitari e medi foggiani, e vietarne la frequentazione ai giovani di sinistra.
I compagni e la compagna sono stati attaccati, quindi, perché il Collettivo Politico Studentesco da mesi promuove assemblee a piazza Puglia, sostenendo diverse mobilitazioni a livello studentesco cittadino, e respingendo con determinazione i tentativi di infiltrazioni fasciste all’interno delle scuole.
Macchè guerra tra bande! Macchè bullismo! Questo è fascismo! Questi servi hanno il compito di combattere tutte le lotte, da quella degli studenti a quelle dei lavoratori!
Non è la prima volta che i fascisti aggrediscono gli studenti, e in tutta Italia sono molteplici gli esempi di escalation della violenza fascista. Ultima prova è il duplice omicidio di Firenze, dove due ragazzi senegalesi sono stati sparati da un militante di Casapound.
Contro questa brutalità è urgente rispondere con un antifascismo militante nelle scuole, nei quartieri, nelle nostre piazze! Non dobbiamo permettere che vili azioni di questo genere si ripetano! Bisogna rispondere colpo su colpo all’avanzare del fascismo chiudendogli ogni spazio di agibilità, sia politica che sociale!
FUORI I FASCI DA PIAZZA PUGLIA E DA TUTTE LE PIAZZE!!!
ASSEMBLEA ANTIFASCISTA, ORE 19,30 AL FILOROSSO - Via Miracoli 11 Foggia

7 febbraio 2012
Collettivo Politico Studentesco, Compagni del C. Doc. Filorosso - Foggia

***
[...] Come se non bastasse, mercoledì 8 si è aggiunto l’”invito” a presentarsi in Questura ad uno dei 3 studenti, per generici “motivi di giustizia”, consegnato in mattinata al suo domicilio dalla Digos, con la minaccia dell’art 650c.p. se il compagno non si fosse presentato il giorno seguente.
Il compagno è stato interrogato da ufficiali della Digos senza la possibilità di essere assistito dal legale (benché non venisse considerato “persona informata sui fatti”) con la scusa di prendere informazioni su ciò che era avvenuto nella notte di sabato. Ma, le domande sono state poche o assolutamente non pertinenti all’accaduto: richiesta di nomi e cognomi di altri compagni del Collettivo, informazioni su compagni di tutta Italia, sulle ultime manifestazioni a cui avrebbe preso parte e se fossero avvenuti scontri con le forze dell’“ordine”, se avesse precedenti penali, se si dichiarava comunista, minacciandolo di essere arrestato se avesse dichiarato il falso. Alla sorpresa nel ricevere la raffica di domande, il compagno ha preteso di avere al fianco il suo legale e, solo con la presenza dell’avvocato, le domande si sono un po’ smorzate nei toni. Infine, il “biglietto di invito” è stato ritirato dalla Digos e al compagno non è stata lasciata alcuna copia del verbale di interrogazione.
Mercoledì 8 febbraio si è tenuta al Filorosso di Foggia un’assemblea antifascista riunita per esprimere solidarietà ai compagni aggrediti. Partendo dal racconto dell’accaduto, si è discusso cercando di capire le motivazioni politiche dell’attacco. I presenti si sono trovati d’accordo sull’analisi del ruolo che i fascisti hanno contro le lotte. Infatti, il luogo dell’aggressione, Piazza Puglia, è ritrovo dell’assemblea studentesca indetta dal Collettivo Politico Studentesco che affronta questioni relative ai problemi delle scuole, dell’aumento delle tasse, delle batoste della Riforma Gelmini e dell’inagibilità strutturale delle scuole. Proprio nell’ultimo mese si sono verificati diversi crolli della controsoffittatura all’interno del Palazzo degli Studi, una struttura fatiscente e in pieno centro che accoglie 4 istituti. In tutte le lotte sostenute dal Collettivo è presente l’antifascismo, per evitare l’infiltrazione fascista nelle scuole.
Quindi l’aggressione ai 3 compagni è un attacco a tutte queste lotte, per cercare di intimorire gli studenti e fermare lo sviluppo dell’aggregazione politica a Piazza Puglia. Sono stati fatti diversi esempi di come, con le solite pratiche violente, i fascisti aggrediscano chi lotta., come a CasalBertone, nella notte tra l'11 e il 12 luglio 2007, dove una squadraccia assaltava armata l’occupazione del Coordinamento di Lotta per la casa, con l’obiettivo dello sgombero; e ancora ai cortei contro la Riforma Gelmini a Roma dove squadracce sono comparse con catene e manganelli a caricare gli studenti medi; o proprio a Foggia, il 7 ottobre 2011, quando al concentramento della manifestazione studentesca un gruppo di fascisti ha impedito ai compagni di unirsi al corteo che era stato deviato per richiesta delle associazioni Link e Uds.
Si è infine fatto un giro di proposte sulla necessaria e immediata mobilitazione per impedire un’escalation di violenza fascista. L’assemblea considera necessario denunciare alla cittadinanza l’accaduto per raccogliere la solidarietà, isolare e smascherare una volta per tutte il ruolo antipopolare che queste merde svolgono in ogni città e il legame di complicità con le forze del loro “ordine”.
Per questo, oltre a un continuo lavoro di informazione antifascista, si è deciso di indire un presidio di lotta il 18 febbraio prossimo a Foggia.
Chiediamo il massimo impegno. Orario e luogo verranno comunicati il prima possibile.
FUORI I FASCISTI DA TUTTE LE PIAZZE!!!
Foggia, 9 febbraio 2012
Assemblea antifascista
lodi: Comunicato sciopero in AF Logistics
Ieri alla AF Logistics di Massalengo dalle ore 20.30 è partito uno sciopero con fermo totale dell'attività lavorativa, che si è allargato successivamente alla AF logistics di Soresina. La causa scatenante è l'ultima provocazione verso alcuni operai (nostri iscritti), consistita nell'inventato addebito disciplinare comminato a Zakarias, che ha ricevuto a mano, ad inizio del suo turno di lavoro "3 giorni di sospensione senza retribuzione" per fatti (mai!) avvenuti il giorno prima e senza produrre la benchè minima prova.
Un altro modo di mandarti a casa, con tanti saluti sghignazzanti del caporale di turno; poi eventualmente il lavoratore provvederà a difendersi entro i cinque giorni stabiliti, intanto lorsignori gli alleggeriscono lo stipendio già misero.
Sono giorni che continuano a stressare i lavoratori con la media di "200 colli l'ora", se non riesci vai sempre a casa.
Alla AF Logistics persistono continuamente cambi di cooperative nel giro di mesi o qualche anno, tutte totalmente spurie, rientranti nel controllo della committente attraverso il sedicente consorzio AF. Inoltre lo sciopero era contro il continuo rimandare nel tempo, la messa in regola dell'attività lavorativa di questi sedicenti fittizi soci di cooperativa, dalle persistenti erronee buste paga, alle insufficienti e gravi inadempienze in merito alle norme di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, al continuo disturbo dei lavoratori e all'attività antisindacale per costringerli a desistere dalla loro affiliazione al SI Cobas.
All'inizio dello sciopero una quarantina di lavoratori si sono radunati davanti i magazzino sul piazzale. Il tutto si svolge inizialmente con "tranquillità", la prima richiesta è il reintegro immediato al lavoro di Zakarias.
Abbiamo denunciato ai cancelli l'impiego di personale irregolare, della nuova cooperativa Stella, che veniva portato direttamente in macchina e con furgone forzando lo sciopero con l'intenzione di investire i lavoratori fermi.
Ieri sera abbiamo visto cose che non dovevano succedere e che addebitiamo totalmente ai "cani da guardia" dei padroni. Verso le 23.00 i vari capi e capetti avendo raggiunto un numero sufficiente portando fuori anche alcuni lavoratori che si sono prestati impropriamente a forzare lo sciopero, con in mano oggetti atti ad offendere, hanno prima iniziato a provocare, poi spintonando e lanciando oggetti, fino ad arrivare ad impugnare qualche manico di scopa, ad aggredire fisicamente i nostri lavoratori con calci e pugni, concentrandosi su Fulvio Di Giorgio, dirigente del S.I.Cobas che, é stato circondato da più di 6 persone, spintonato a terra e preso a calci ...
Alcuni feriti sono stati portati al pronto soccorso, decidendo di sciogliere il picchetto e riprendere a tempo debito l'iniziativa sindacale in maniera più sostenuta, per ottenere il rispetto dei nostri diritti, contro la mafia delle cooperative, e il loro caporalato, che si avvale di loro servi che quotidianamente usano minacce e violenza nei confronti di tutti i lavoratori al fine di tenerli sempre domati.
Venerdì pomeriggio era già stato fissato un incontro sindacale il AF Logistics a Massalengo e valuteremo la situazione coscienti che anche qui, come all'Esselunga di Pioltello, si è raggiunto il punto di non ritorno.

Massalengo, 1 febbraio 2012
S.I. Cobas - AF Massalengo e Soresina


dalla lotta ai magazzini Essulunga di pioltello (mi)
Frutto diretto dell'assemblea dell'8 gennaio, preparato attraverso un tam-tam discreto durato un'intera settimana, domenica 15 si è svolto l'ennesimo sciopero nei magazzini Esselunga di Pioltello che è riuscito nell'intento di bloccare completamente tutta l'attività nei capannoni del reparto drogheria. Avvisati per tempo dell'anticipazione alle ore 18 del normale turno di lavoro previsto per le 24, decine e decine di militanti operai provenienti da altre cooperative e di compagni che fanno riferimento alle forze che ormai da tre mesi sostengono questa battaglia, si sono concentrati davanti ai cancelli fin dalle 16,30. Ben presto la situazione si ingrossa fino a raggiungere oltre 250 persone, comprendendo fra questi le decine di operai chiamati in turno di lavoro che si fermavano davanti al picchetto senza nessuna intenzione di forzarlo per entrare al lavoro (salvo un risicato pugno di crumiri; in tutto non più di 5).
L'azienda è paralizzata e da quel momento comincia un frenetico giro di telefonate orchestrato dai caporali delle cooperative e dal capo del servizio di sicurezza dell'Esselunga (l'odiato Cupillo, ex-consigliere dell'Italia dei Valori, di Pioltello ndR) che porta ad un tardivo arrivo delle truppe di polizia dirottate a Pioltello direttamente dallo stadio di S.Siro dove si sta per svolgere il derby calcistico milanese. Tra gli operai ci sono valutazioni diverse sul che fare ma nessuno ha voglia di entrare e tantomeno di arrivare ad uno scontro col picchetto; qualcuno aspetta una sorta di fantomatico via libera da parte dei loro reponsabili (questi gli effetti concreti e diretti del caporalato che da mesi viene denunciato). Su questa contraddizione cerca di far leva colui che si improvvisa commissario unico della situazione (leggi: il responsabile di piazza della questura): dopo aver minacciato gli scioperanti si fa diretto difensore dell'Esselunga e delle cooperative allorchè esce dalle fila degli sbirri in antisommossa e va a cercare di farsi garante dei presunti interessi e diritti degli operai di Alma e di Rad, proponendogli di entrare "liberamente" al lavoro, naturalmente sotto scorta degli agenti.
Una mossa piuttosto azzardata che sortisce solo l'effetto di radicalizzare ulteriormente gli scioperanti, che riescono così a convincere l'insieme degli operai, anche quelli più titubanti, prima ad arretrare di una trentina di metri, ormai lontani dai cancelli.
Risultato finale: dopo due ore e mezza di fronteggiamento, assemblee comizi e capannelli, tutti gli operai decidono di andarsene a casa. Uno sciopero nato con l'obiettivo di tenere alta la pressione sull'azienda, e contestare gli ultimi recentissimi allontanamenti coatti (che portano a circa 30 il numero degli esclusi in un ciclo repressivo che non sembra trovar fine e rende sempre più esplicita l'intenzione dell'Esselunga di cancellare il sindacato SI.Cobas dall'azienda) riesce al 100% e si trasforma in un blocco totale dell'attività con la cancellazione dell'intero turno serale dal programma aziendale, e lo spostamento alle 24 dell'inizio dei lavori settimanali.
All'inizio di febbraio lo scenario, all'avvicinarsi dell'inzio del procedimento giuridico contro i 25 licenziamenti politici operati dalle cooperative del consorzio Safra, è caratterizzato dalla montatura politico-mediatica orchestrata da Esselunga, con l'appoggio del sindaco di Pioltello, che chiedono lo sgombero del presidio sulla base di una truffaldina e forzata raccolta di firme tra gli operai del consorzio stesso. Era lecito aspettarselo, prima o poi. Ed ecco che dopo 4 mesi di braccio di ferro tra operai ed Esselunga, si scatena anche la campagna mediatica, prendendo a pretesto una raccolta firme tra gli operai Safra che invocherebbe un intervento contro il presidio stesso; il fatto che molti di loro dicano di aver dovuto firmare sotto minaccia di licenziamento, o di non aver neanche avuto modo di leggere il testo, poco importa. Senza giustificarli possiamo capire i perchè ma, ripetiamo, non sta lì il nocciolo in questo momento. Il fatto è che in seguito a questa petizione filo-aziendale, i detrattori del presidio che l'altro ieri piangevano lacrime di coccodrillo per i licenziamenti e le famiglie in difficoltà, che ieri si lamentavano per gli episodi che hanno motivato l'intervento delle forze dell'ordine, oggi si rivolgono alla prefettura per sostenere l'idea dello sgombero del presidio permanente. Da Caprotti alle istituzioni locali, passando per le forze dell'ordine, la magistratura, e buona parte dei media e, per non dimenticare nessuno, i vertici dei Confederali con il loro complice silenzio assoluto: tutti fanno quadrato intorno al magnate locale di Pioltello o, per meglio dire... contro l'autorganizzazione dei lavoratori, aldilà della sigla sindacale che si sono scelti per condurre questa lotta.
Giovedì 9 febbraio alla sera si è svolta un'iniziativa di protesta degli operai di Safra e del presidio permanente di Pioltello per denunciare le condizioni di lavoro imposte dalle cooperative di Esselunga e le prese di posizione a favore dello sgombero del presidio stesso da parte del sindaco di Pioltello. I lavori del consiglio comunale sono stati interrotti per oltre un'ora ed il tutto ha trovato spazio su "piazza pulita" trasmissione di La7 dedicata alle questioni del lavoro con dirette da varie piazze italiane. Aldilà degli effetti mediatici più o meno ben riusciti gli operai licenziati hanno pensato che era importante rispondere alle provocazioni delle istituzioni locali (che ricordiamolo si sono fatte promotrici di una richiesta di sgombero del presidio permanente) e chiarire per l'ennesima volta che non si accetteranno proposte di mediazione che non prevedano esplicitamente il ritiro di tutti e 25 i licenziamenti politici.

Milano, febbraio 2012


morire per andare al lavoro
Lettera di un pendolare di Salerno
Questa mattina dopo due giorni di chiusura della scuola causa neve mi sono rimesso in macchina per percorrere i miei 110 chilometri giornalieri, dopo l'uscita di Eboli vedo due agenti della stradale al centro dell'autostrada, fanno rallentare le auto e le incolonnano nella corsia centrale, percorro poche centinaia di metri a passo d'uomo, sulla destra in corsia di sorpasso vedo un rottame che era un'auto, dal lato opposto in corsia d'emergenza un camion e poco dopo qualcosa d'indistinto ma la cosa che mi fa mettere a fuoco quel qualcosa è un telo dorato che lo copre, il vento lo agita, lo sposta, lo gonfia, sotto intravedo il corpo di una persona, passo oltre scosso. Come un flash, per un attimo, penso a un collega, a quell'ora sono migliaia i docenti, i bidelli, gli amministrativi, precari e non che percorrono le strade della provincia per raggiungere le Scuole, 50 100 200 anche 300 chilometri al giorno. Nel pomeriggio sono a casa, mi raggiunge una telefonata di Giuseppe, compagno di lotta in questi anni, insegnante precario, mi dice che nell'incidente della mattina è morto un collega, Fedele De Luca di 35 anni docente dell'Istituto Alberghiero di Contursi Terme, lascia la moglie un bambino ed un altro in arrivo, domani.
Mi metto al suo posto, penso a mia moglie alla bimba all'altro in arrivo, al caso, al destino, a quante volte il caso mi è stato amico. La tristezza mi assale, ma dura poco, è la rabbia a prevalere, carne da macello, questo siamo, in questi anni ci hanno delegittimati, tagliati, resi tutti più precari, sovrannumerari sempre, buttati su una macchina verso l'agognata scuola, ogni anno diversa, Castelnuovo, Sapri, Buccino, Sala Consilina, Amalfi, Positano, Scafati, Sarno, Montesano..... mezzi pubblici neanche a parlarne, la mannaia arriva anche lì, sempre meno treni, sempre meno autobus ed allora tutti sulla grande roulette rappresentata dalle nostre strade comunali provinciali nazionali a scorrimento veloce autostradali, una roulette al contrario dove 1.000 volte vinci ma in una perdi e spesso per sempre. Perchè non reagiamo? Perchè ci nascondiamo nel fatalismo? Quando percorri tanti chilometri è la legge della probabilità che governa tutto.
Quella di Fedele è una morte bianca, un altro assassinio del quale conosciamo mandante ed esecutore che come altre migliaia di volte resteranno impuniti e liberi di commetterne ancora. Stonano ancor di più le parole che in questi giorni, sono state vomitate su di noi, sulla nostra generazione di sfigati amanti del posto fisso e del lavoro vicino a mamma, un merito ha questo Governo, quello di mostrare il volto vero, bestiale, del sistema in cui viviamo.
Ma Loro possono perchè Noi glielo permettiamo, senza la nostra passività, il nostro individualismo, il nostro fatalismo, il "fino ad oggi tutto bene", Loro sarebbero poca cosa. Ridiventiamo protagonisti della nostra vita, ridiamogli dignità, cominciando a dare il giusto peso alle cose più importanti, la quotidianità, gli affetti, le cose che ci piace fare, ripartiamo dalle piccole cose, dalla lotta quotidiana per ridisegnare un sistema che ad esempio faccia diventare un'eccezione morire di lavoro e non la normalità com'è oggi.

Salerno, 8 febbraio 2012
da bastamortesullavoro.blogspot.com


Perchè non ci spaventano i forconi
I cinque giorni di blocchi annunciati dal movimento dei forconi sono finiti. Ma la lotta contro la crisi e i ricatti del debito sembra ormai aver raggiunto gli animi di chi abita le terre siciliane e ampie parti del movimento hanno annunciato di voler proseguire ad oltranza. Oggi un grande corteo di oltre mille studenti ha siglato a Palermo la vicinanza e la complicità del tessuto metropolitano alla lotta e alle rivendicazioni di chi, con i blocchi di tutta la settimana, ha provocato tanti disagi: dalla penuria di benzina a quella degli alimentari a breve conservazione ai disagi alla mobilità. E questo nonostante i tentativi, cresciuti esponenzialmente man mano proseguiva la protesta e la durezza delle pratiche, di criminalizzare il movimento da parte dei media e di molti intellettuali ed opinionisti.
I punti attaccati da questi politicanti sono stati diversi ma riconducibili sotto tre semplicistiche etichettature da appioppare ai manifestanti: mafiosi, fascisti e strumentalizzati (da Lombardo e Miccichè). A ben vedere tutte critiche provenienti da chi, a soli cinque giorni di mobilitazione, è già tagliato fuori da ogni possibilità di recuperare le forze in campo (Confindustria, il partito di Repubblica & co.), o da chi, più semplicemente, analizza il reale completamente al di fuori da ogni materialismo e si aspetta un tessuto in agitazione pronto per l’uso, pulito e scevro da interferenze esterne.
La protesta popolare che si è diffusa in Sicilia, come tutte le proteste di questo tipo, è complessa, di massa e contraddittoria, ma di sicuro parla il linguaggio della lotta contro la globalizzazione, contro equitalia e lo strozzinaggio legalizzato che mette sotto ricatto larghe fasce della società siciliana, contro la casta politica di destra e di sinistra che sta mettendo in ginocchio i lavoratori e le loro famiglie, contro l’aumento dei prezzi della benzina e il carovita in generale. E a questa analisi che ha individuato i giusti nemici il movimento dei forconi fino ad ora ha affiancato la giusta pratica della lotta. Blocchi stradali, fermo di tutti i tir che entrano ed escono dalla città, e momenti di propaganda contro i governi regionale e nazionale.
Per avere delle risposte chiare alle critiche addotte al movimento circa le strumentalizzazioni da parte di forze politiche reazionarie ci è bastato mescolarci con chi, a Palermo, ha portato avanti i blocchi e le manifestazioni, ci è bastato ascoltare in prima persona le voci dirette o amplificate dai megafoni e leggere le parole urlate sui cartelli e i volantini: può anche darsi che qualcuno abbia (o più plausibilmente abbia avuto) mire su questa mobilitazione, ma chi scende in piazza dimostra quotidianamente di non aver alcuna fiducia in nessun politico o politicante, che sia di destra o di sinistra, dell’Mpa o di Forza del Sud. Ma d’altronde, anche se il tutto fosse partito sotto la spinta di qualche Miccichè di turno, quello che appare è che la sua scintilla ha divampato un incendio che non è più in grado di controllare (e lo dimostrano gli incontri con Lombardo tutti ad esito negativo).
Per quanto riguarda le paure fasciste dentro il movimento nessuna parola ci sembra più adeguata che quelle usate dal comunicato di Anomalia e VikLab: “crediamo sia biologico, nelle origini di questi movimenti, che venga ricercato supporto in chiunque lo conceda; non è forse più significativa la colpa di chi (…) rimanendo distante dalla materialità dei rapporti sociali, lascia spazio di agibilità a costoro che, ovviamente (e dove sta la novità?), cercano di agire questo spazio attraverso il loro sporco populismo? Non è forse il solito esercizio retorico di “sinistre da salotto” in attesa di momenti messianici già pronti e confezionati e mai pronta a “sporcarsi le mani” in dinamiche che vanno irradiate di contenuti, non certo tenute a distanza”.
Per le accusa riguardo le infiltrazioni mafiose ci sembra invece di poter fare un parallelo tra quella che è la criminalizzazione più classica a livello di mobilitazioni nazionali, i black-bloc, e questa che è la più classica per le mobilitazioni da Napoli in giù: impossibile non pensare alle accuse identiche mosse a chi in Campania lottava per non vedere costruito un inceneritore dietro casa (ma di esempi potrebbero farsene tanti altri). La procedura è sempre la stessa: prendi il mostro cattivo (che sia germanofono, nero e col passamontagna, o terrone, basso e con la coppola poco importa), fotografalo tra i manifestanti e dissemina la paura. Non sembra neanche il caso, dunque, di sprecare energie per parlare di questioni del genere.
Quello che sembra centrale è invece che a partire da quella che doveva essere una rivendicazione quasi corporativista di un paio di categorie, stia divampando una protesta realmente estesa e di popolo. Si diceva all’inizio che, come è ovvio che sia a dispetto di quanto si augurano intellettualoidi e politicanti radical-chic, una situazione del genere sia complessa e contraddittoria, ma criminalizzarla sin da principio è un doppio errore.
Intanto perché le contraddizioni in questo modo vengono risolte con la facile assimilazione del movimento da parte di chi offre sponde politiche. In secondo luogo perché non permette di cogliere i reali motivi per cui una massa così numerosa di persone stia scendendo in piazza per urlare la propria rabbia contro un sistema economico ingiusto ed uno politico sordo ai propri bisogni.
Siamo di fronte, senza voler fare facili parallelismi o semplificazioni fuorvianti, a quella stessa eccedenza che da Madrid a New York ha riempito le strade e le piazze per rivendicare un’esistenza più dignitosa e una vita più felice contro il sistema economico-finanziario globale e contro quelli politici-istituzionali che lo innervano, siamo di fronte a quella rabbia che a poche miglia di mare ha provocato la caduta di regimi ventennali…eppure la solidarietà e la simpatia che quegli stessi opinionisti muovevano verso movimenti così ampi ed eterogenei pare perdersi adesso nella paura di doversi confrontare e scontrare con un fascista o un padroncino, o in quella di avere un movimento reale giusto a casa propria. A noi pare di dover salutare con entusiasmo questo movimento siciliano e di augurargli una lunga vita e una rapida espansione.
20 gennaio 2012
Infoaut Palermo, da www.infoaut.org

Il governo vara le "liberalizzazioni"
Le banche escono rafforzate. Incassano l'obbligo di apertura dei conti correnti "base" di milioni di pensionati poveri (già varato dal decreto salva Italia) senza alcuna gratuità del servizio: il governo prevede unicamente un possibile "tetto" alle commissioni. Non solo. Le banche ottengono assieme alle imprese il libero ingresso dei capitali privati nel "finanziamento, realizzazione, gestione" delle infrastrutture (project financing), avranno così la possibilità di partecipare agli utili di gestione per rifarsi, con gli interessi, delle spese di finanziamento.
Le banche possono entrare nel nuovo business dei servizi pubblici locali e delle ferrovie. I servizi pubblici locali dovranno essere messi a gara a partire dai 200.000 euro di contratto (non più 900.000). Chi possiede oggi i capitali adeguati per mangiarsi la torta? Le banche innanzitutto che si rifaranno sui prezzi.
Le ferrovie a loro volta diventano libero mercato non solo sull'alta velocità, ma sugli stessi treni pendolari che dovranno essere messi a gara: è facile immaginare che essendo meno "appetibili" per i profitti saranno comprati a prezzi stracciati, e quindi richiederanno costi del lavoro altrettanto stracciati. Soluzione: consentire ai privati acquirenti di calpestare il contratto nazionale ferrovieri. Domanda: chi sono i primi soggetti titolati ad entrare nel nuovo mercato? I capitalisti e i banchieri. Che con Banca Intesa partecipano già a pieno titolo all'impresa di Montezemolo e Della Valle in fatto di treni di lusso. Chi è il ministro che ha varato il decreto? L'ex amministratore delegato di Banca Intesa (Corrado Passera). I conti tornano.
Nel frattempo le banche continueranno a gestire il binomio ricattatorio mutuo/polizza (il "dovere" di esibire altre possibili polizze è ridicolo). Mentre i lavoratori bancari si ritrovano un contratto che allunga l'orario di lavoro, abbatte i salari dei nuovi assunti, accresce i poteri delle banche nella gestione dei rapporti di lavoro. Ecco la "liberalizzazione": la massima libertà dei banchieri contro lavoratori e clienti.
I petrolieri plaudono al decreto. La vendita annunciata delle azioni detenute nella rete di trasporto del gas (Snam) era già stata proposta dalla stessa Eni e può essere un buon affare per la compagnia (v. intervista di Scaroni al Corriere del 22/1). Per il resto, tutto come prima, e meglio di prima per i petrolieri. I petrolieri ottengono la libertà di trivellare nelle stesse "aree protette" (articolo 17 del decreto) per il fatto che le famose agenzie di rating nel valutare la solvibilità di un paese verso le banche, e quindi le sue potenzialità di sviluppo economico, misurano il suo grado di autosufficienza in tema di idrocarburi.
Solo i proprietari degli impianti di distribuzione del carburante potranno scegliere la compagnia da cui servirsi. Ma sono 500 su 25.000. Per gli altri 24.500 le cose peggiorano: i petrolieri potranno fissare le condizioni contrattuali che vogliono con ogni singolo benzinaio, senza nessuna tutela, nessuna contrattazione collettiva.
I costruttori non sono da meno. Il decreto riduce la tassa dell'IMU sui cosiddetti immobili di "magazzino", cioè sugli immobili invenduti. Siccome i tempi delle compravendite di case sono più lunghi in tempi di crisi, si tratta di un bel regalo. Cui si aggiunge la parallela riduzione dell'IVA, e l'abolizione della tassa prevista dal 1949 che imponeva ai costruttori di accantonare il 2% di un opera pubblica per il suo abbellimento (opere d'arte, giardini, e simili). Sommando a tutto questo il libero ingresso nella partita del project financing, in particolare nella costruzione delle nuove carceri, si tratta di un bottino rilevante.
Il decreto da alle assicurazioni la possibilità di riparare direttamente il guasto legato all'incidente con proprie officine convenzionate. Chi non si fidasse dell'assicurazione, chi temesse una riparazione al ribasso per qualità dei pezzi (ed è indubbio che un officina legata alla assicurazione lavorerebbe al massimo ribasso), ha la possibilità di chiedere il contante: ma alla condizione di rinunciare al 30% di ciò che gli è dovuto. In altri termini: per difendere l'assicurazione dal rischio frode da parte del cliente, si espone il cliente alla probabile frode dell'assicurazione.
Gli industriali sono, assieme ai banchieri, i sostenitori più entusiasti del decreto. Dopo aver ottenuto dal governo la riduzione dell'IRAP (a danno della sanità pubblica), la riduzione dell'IRES per gli investimenti di capitalizzazione, 6 miliardi di incentivi ACE, 20 miliardi per il fondo di garanzia dei crediti alle PMI, Confindustria ottiene oggi altre regalie. Innanzitutto l'apertura del mercato delle infrastrutture e dei servizi pubblici locali. E poi l'incasso annunciato di 60/80 miliardi di rimborsi da parte delle pubbliche amministrazioni: 5 miliardi sono subito stanziati come acconto, gli altri si pensa di darli, eventualmente (e su richiesta delle imprese), attraverso BOT e BTP. Le imprese venderebbero a loro volta questi titoli, capitalizzando il ricavato.
Confindustria ottiene la sua "riforma della Giustizia": una magistratura speciale e rapida chiamata a dirimere in tempi record le controversie societarie.

23 Gennaio 2012
Liberamente estratto da www.pclavoratori.it


OSPEDALE OCCUPATO E AUTOGESTITO IN GRECIA
L'ospedale della cittadina di Kilkis in Grecia è stato occupato, così è stato dichiarato il 4 febbraio dall’assemblea generale dei lavoratori dell’Ospedale Generale di Kirkis, di seguito il loro appello.

I lavoratori dell'ospedale di Kilkis: medici, infermieri e il resto del personale che ha partecipato alla Assemblea Generale ha concluso che:
Riconosciamo che i problemi attuali e persistenti del Sistema Sanitario Nazionale e delle anizzazioni correlate non possono essere risolti con richieste specifiche e isolate o richieste che servono i nostri interessi particolari, dal momento che questi problemi sono il prodotto di una più generale e anti-popolare politica di governo e del neoliberismo globale.
Riconosciamo, inoltre, che, insistendo nel sostenere questo tipo di rivendicazioni contribuiamo al gioco spietato dell'autorità. Tale autorità, che, al fine di affrontare il suo nemico - cioè il popolo, indebolito e frammentato, vuole impedire la creazione di un fronte unito dei lavoratori ad un livello nazionale e globale con interessi e rivendicazioni comuni contro l'impoverimento sociale a cui porta la politica.
Per questo motivo, mettiamo i nostri interessi particolari all'interno di un quadro generale delle rivendicazioni politiche ed economiche che vengono poste da una larga parte del popolo greco che oggi è sotto il più brutale attacco capitalista; rivendicazioni che per essere feconde devono essere sostenute fino alla fine, in collaborazione con le classi medie e inferiori della nostra società.
L'unico modo per raggiungere questo obiettivo è mettere in discussione, in azione, non solo la sua legittimità politica, ma anche la legalità dell'arbitrario potere autoritario e anti-popolare e della gerarchia che si sta muovendo verso il totalitarismo a larghi passi.
I lavoratori presso l'ospedale generale di Kilkis rispondono a questo totalitarismo con la democrazia. Occupiamo l'ospedale pubblico e lo mettiamo sotto il nostro controllo diretto e assoluto. L'ospedale di Kilkis, d'ora in poi sarà auto-governato e gli unici mezzi legittimi del processo decisionale amministrativo sarà l'Assemblea Generale dei lavoratori.
Il governo non è sollevato dai suoi obblighi economici sul personale e forniture per l'ospedale, ma se continueranno a ignorare questi obblighi, saremo costretti ad informare il pubblico di questo e chiedere al governo locale, ma soprattutto alla società di sostenerci in ogni modo possibile per:
(a) la sopravvivenza del nostro ospedale;
(b) il sostegno globale del diritto per l'assistenza sanitaria pubblica e gratuita;
(c) il rovesciamento, attraverso una lotta comune popolare, dell'attuale governo e qualsiasi altra politica neoliberista, non importa da dove proviene;
(d) una democratizzazione profonda e sostanziale, vale a dire, una società responsabile (piuttosto che un terzo partito) nel prendere le decisioni per il proprio futuro.
Il sindacato dell'ospedale di Kilkis, comincerà dal 6 febbraio, il blocco del lavoro, fornendo solo il servizio di emergenza, fino al completo pagamento per le ore lavorate, e all'aumento del nostri salari ai livelli a cui era prima dell'arrivo della troika (UE-BCE-FMI). Nel frattempo, ben sapendo qual è la nostra missione sociale e quali sono i nostri obblighi morali, proteggeremo la salute dei cittadini che vengono in ospedale, fornendo assistenza sanitaria gratuita a chi ha bisogno, chiamando il governo ad accettare finalmente le proprie responsabilità.
Decidiamo che una nuova assemblea generale si terrà, il Lunedi 13 febbraio nell'aula magna del nuovo edificio dell'ospedale alle ore 11, per decidere le procedure che sono necessarie per attuare in maniera efficace l'occupazione dei servizi amministrativi e di realizzare con successo l'auto-gestione della struttura ospedaliera, che partirà da quel giorno. Le assemblee generali si svolgeranno tutti i giorni e sarà lo strumento fondamentale per il processo decisionale per quanto riguarda i dipendenti e il funzionamento dell'ospedale.
Chiediamo la solidarietà del popolo e dei lavoratori provenienti da tutti i campi, la collaborazione di tutti i sindacati dei lavoratori e le organizzazioni progressiste, così come il supporto di qualsiasi organizzazione dei media che sceglie di dire la verità. Siamo determinati a continuare fin a quando i traditori che vendono il nostro paese e la nostra gente lasceranno. O loro o noi!
Le decisioni di cui sopra saranno rese pubbliche attraverso una conferenza stampa a cui tutti i mass media (locali e nazionali) saranno invitati Mercoledì 15/2/2012 alle ore 12.30. Le nostre assemblee quotidiane partiranno dal 13 febbraio. Informeremo i cittadini su ogni evento importante che si svolgono nel nostro ospedale per mezzo di comunicati stampa e conferenze. Inoltre, useremo tutti i mezzi disponibili per pubblicizzare questi eventi al fine di rendere questa mobilitazione un successo.
Chiamiamo:
a) i nostri concittadini per mostrare solidarietà al nostro sforzo,
b) ogni cittadino ingiustamente vessato del nostro paese alla contestazione e all'opposizione, con azioni contro i suoi oppressori,
c) i colleghi di altri ospedali di prendere decisioni analoghe,
d) i dipendenti in altri settori del settore pubblico e privato e i partecipanti alle organizzazioni sindacali e progressiste a fare lo stesso, al fine di aiutare la nostra mobilitazione per assumere la forma di una resistenza e una rivolta dei lavoratori popolare e universale, fino alla nostra vittoria finale contro la elite economica e politica che oggi opprime il nostro paese e il mondo intero.

Lunedi 6 febbraio
Tradotto dal sito ContraInfo,
in efimeridadrasi.blogspot.com/2012/02/blog-post_04.html