L’esperienza proletaria ARGENTINA

Contributo dei compagni e compagne di Parma e Bologna all’iniziativa di supporto alla lotta degli operai della Zanon

Lavoro Informazione: lavoroinformazione@yahoo.it

SENZA FRENI: infocrac@virgilio.it

 

intervista al Movimento Teresa Rodriguez (MTR)

racconto del MTD Lanùs x Sebastian Hacher

intervista ad un operaio della Zanon (fabbrica occupata)

  

Sino a poco tempo fa parlare dell’Argentina significava parlare delle generazioni di militanti rivoluzionari uccisi dalla dittatura, significava parlare di uno Stato ed una economia metropolitana; ora essa è lo specchio della crisi dell’attuale sistema di produzione capitalista, che travolge ogni cosa.

In Argentina, sotto i nostri occhi, negli ultimi mesi, si sta verificando una polarizzazione della società (sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi).

 

La nuova struttura dei redditi dopo la svalutazione*

 

Buenos Aires capitale

Sobborghi

Area circorndariale di Buenos Aires

Tipologie di reddito in

dollari Usa

Dec. 2001

Mar. 2002

Dec. 2001

Mar. 2002

Dec. 2001

Mar. 2002

Reddito medio generale

909

364

506

202

626

251

Lavoratori autonomi

881

353

392

157

522

209

Impiegati di banca

1081

432

735

294

848

339

Lavoratori sommersi

643

257

334

134

395

158

Impiegati pubblici

1144

458

624

250

810

324

Impiegati privati

904

362

550

220

648

259

Pensionati

437

175

320

128

361

144

*Arrotondata al valore attuale del dollaro

 

L’alta borghesia argentina ha speculato enormemente sul processo di crisi in corso, facendo pagare le conseguenze dei propri profitti alla classi medie e al proletariato. Tuttavia l’Argentina ha trovato nelle immense manifestazioni spontanee del 19 e 20 dicembre del 2001 (con i suoi relativi 27 morti a Plaza de Mayo), il momento più acuto e visibile di insorgenza proletaria.

Questo meccanismo ha smosso l’intera società Argentina, la crisi ha proletarizzato ampie fette di classe media, e ha liberato nuove energie proletarie.

La crisi ora può divenire paradossalmente un arma in mano al proletariato argentino.

 

Il movimento sociale, nelle sue articolazioni più avanzate, si suddivide in tra tronconi:

 

- le assemblee popolari

Composte da una rete di comitati di quartiere e di paese, che cerca di autorganizzarsi rispetto ai problemi abitativi, scolastici, ecc... La composizione sociale più visibile è quella dei caseroleros (le persone che nelle marce di protesta sbattevano le pentole e le casseruole per far sentire la loro protesta), ossia i settori delle classi medie maggiormente colpiti dalla crisi. Le parti più avanzate di questi organismi chiedono una maggiore integrazione con il movimento dei piqueteros e il movimento operaio.

 

- le organizzazioni piqueteres (disoccupati)

Si tratta di gruppi e movimenti di disoccupati, nati alcuni anni fa, che si sono radicalizzati con l’inasprirsi della crisi. La forma di lotta più nota è quella del picchetto, del blocco del traffico e delle merci. Tuttavia si sono dotati ormai di reti di collegamento e forme di mutuo soccorso, tali da permettere il sostentamento del movimento dei disoccupati sia in termini abitativi, alimentari, e scolastici. Alcuni settori di questi gruppi si sono armati, praticando forme di contropotere proletario.

 

- le fabbriche occupate

Sono fabbriche occupate e autogestite dagli operai, che hanno disconosciuto i sindacati burocratici e hanno dato vita a organizzazioni combattive. Le fabbriche occupate, per la maggior parte erano destinate, grazie alla speculazione, alla chiusura.

Gli operai ora controllano la produzione e sperimentano forme di organizzazione del lavoro alternative a quelle propriamente capitaliste. Si difendono militarmente contro la polizia e cercano di creare reti di solidarietà attiva tra le comunità.

 

Il quadro in cui operano questi movimenti è quello di una società in cui esiste un vuoto di potere statale, nel quale si assomma una generale situazione di crisi economica. Questa dimensione sta permettendo il rapido sviluppo di questi movimenti.

 

Il panorama politico dell’estrema sinistra,si divide in molti gruppuscoli,  più o meno numerosi, spesso fautori di vecchi schemi (trotskisti, maoisti, anarchici, socialdemocratici di sinistra). Pur non misconoscendo il contributo in termini di militanti, organizzazioni, supporto logistico, non è la componente politica che si può definire avanguardia di questo vasto movimento di lotta, ma le componenti sociali più avanzate (disoccupati organizzati, e gli operai della rete di fabbriche autogestite). E’ nelle strade, nelle fabbriche occupate, nei quartieri, che avvengono le maggiori intuizioni del movimento. E’ nella realizzazione di scuole autogestite nei quartieri popolari, è nella capacità di concepire il lavoro in modo diverso, è nell’aver avuto la capacità di costruire un movimento che ci si batte giorno per giorno, è nell’aver coniugato la necessaria violenza proletaria con la comunicazione e partecipazione collettiva. E’ nell’essere divenuti programma e azione di classe, per rappresentando una parte del proletariato argentino, di una comunità proletaria più estesa e generale.

 

Dentro un processo rivoluzionario nulla è definito e immutabile, tutto è in trasformazione. Molti militanti politici hanno modificato le loro posizioni e molti proletari si sono dovuti confrontare con aspetti della propria vita mai presi in considerazione. Questo movimento potrà far storcere il naso a parecchi, chi pontifica di illuminate avanguardie, chi parla di fine della classe operaia, chi si ricopre di bandiere pacifiste e interclassite. Il proletariato argentino, nella suo complesso corpo sociale, è vivo, e ha avuto la capacità di organizzarsi e proseguire la lotta. Al di la della retorica delle bandiere rosse, dei simboli, questo movimento sta dimostrando che qui e ora è possibile un mondo senza padroni. La riuscita di un simile movimento non dipende unicamente dalla forza soggettiva del movimento stesso, e neppure dal grado di realizzazione di nuovi rapporti sociali, ma a condizione che si mantenga una situazione di rottura del compromesso sociale derivante dalla crisi.

Il nostro aiuto, come compagni che vivono in Italia, può essere prima di tutto far conoscere questa incredibile esperienza proletaria, e partecipare al più generale scontro tra capitale e proletariato, intervenendo al processo di liberazione del proletariato, qui dove si vive.

 

Riportiamo alcuni materiali inerenti a gruppi e movimenti in argentina.

 

 

Disoccupata del Movimento Tersa Rodriguez (MTR)

 

Il Movimento teresa Rodriguez è parte integrante del movimento “piquetero”, non crede nei partiti politici, né alle proposte elettorali transitorie, bensì alla costruzione di un progetto politico-sociale che si trasformi in un’alternativa reale al sistema capitalista.

Il movimento prende il nome da una “Piquetera” assassinata durante una manifestazione nel sud del Paese in cui l’esercito, come tante altre volte, ha represso utilizzando armi da fuoco. Era il 95.

La lista è lunghissima poco tempo fa nella Stazione di Avellaneda in un azione congiunta del blocco Piquetero, in un scontro con la polizia e la gendarmeria, altre due compagni sono caduti.

Il nostro movimento non dimentica i compagni caduti noi raccogliamo la loro bandiera e continuiamo con la lotta. Siamo disoccupati quindi non possiamo scioperare perché solo un lavoratore può fare sciopero; non ci restano che le strade, le autostrade, i ponti: questo è il nostro modo di protestare, uscendo per strada tutti insieme, reclamiamo “pane, pace e lavoro” queste sono le nostre richieste fondamentali. In questi giorni stiamo manifestando perchè “se ne vadano tutti”, non esiste un solo politico che sia rappresentativo delle necessità del popolo argentino anzi tutti hanno fortemente contribuito a questo disastro.

Ci riconosciamo nella lotta di altri movimenti sia in Argentina che fuori, come in quello dei Sem terra e senza tetto del Brasile.

 

Che tipo di lavoro svolge il MTR e come è organizzato?

Noi siamo organizzati per assemblee democratiche di base. Cerchiamo di essere più efficaci possibile per strappare con la lotta tutto quello che il governo ci toglie. Il sussidio di disoccupazione è insufficiente per vivere, è di 250 Lecop, una moneta, quasi falsa ossia inventata dal governo in questa crisi, che vale meno del peso e che non può essere usata per una serie di pagamenti. Ad esempio non viene accettata per fare il biglietto della metropolitana. Per questo abbiamo organizzato delle forme di vero lavoro. Il nostro movimento ha avviato delle attività per darci un lavoro reale. Sappiamo bene che questa non è la soluzione del problema. Finora abbiamo avviato la produzione del pane (forniamo il pane a 7 mense comunitarie così 450 ragazzi possono avere il pane quotidiano), produciamo poi materiale edile, e fabbrichiamo pannolini. Stiamo adesso impiantando un laboratorio per la produzione di articoli per la pulizia ed un altro per la fabbricazione di vestiti. Al memento funziona un laboratorio di riciclaggio per l’abbigliamento. Ci stiamo anche attivando per formare anche altri compagni.

Tutti i progetti che portiamo avanti hanno come pilastri fondamentali la solidarietà e l’aiuto reciproco, senza i quali le nostre micro-imprese non potrebbero assolutamente funzionare. Tutto ciò non è facile, però stiamo dimostrando che siamo capaci attraverso il lavoro di appropriarci di quella dignità, che comunque, mai abbiamo perduto.

 

Qual è la vostra prospettiva?

L’imperialismo come sistema entra in tutti i lati della vita, non solo ci nega la possibilità di lavorare, ma anche l’educazione, l’accesso alla salute, alla cultura, alla casa; per questo sappiamo che per uscire veramente da questo disastro dobbiamo necessariamente ribaltare la situazione.

Sappiamo che la storia dei popoli è storia della lotta di classe. Solo un progetto a lungo raggio, cambierà radicalmente le cose.

 

 

Che fará il barrio senza di voi?


Questo articolo é stato scritto nel barrio di Dario. Anche se lui non lo ha letto, quello che scriviamo é frutto del suo lavoro. Lo riproponiamo ora come omaggio a un compagno che non dimenticheremo mai. Domani tutti in strada!

Alcune parole su come vivono e lottano quotidianamente i disoccupati del MTD Lanús x Sebastian Hacher.


Un giorno nella vita di un movimento di disoccupati.

 

1
Non so cosa sia, come se fosse triste, é sempre cosi.

Parlavamo della ragazza che non sorrideva nonostante lo sforzo che avevamo fatto per cercare di attirare la sua attenzione. Io ero seduto in una panchina che ondulava piantata come era sul terreno scosceso, lui era su una montagnetta di sabbia, vicino a dove i bambini giocavano su un’ altalena di ferro. Faceva freddo e anche mentre ci dividevamo una sigaretta ogni due boccate le mani tornavano nelle tasche calde.

Non so esattamente quando se ne andò; io stavo giocando con i bambini che mentre bevevano latte e riso con pane o senza niente, si agitavano per via della novità quasi magica di poter attardarsi nella mia stanza.

Qualcuno disse che erano spari, noi invece pensammo si trattasse di petardi, come quelli che si usano allo stadio. Solo più tardi, di notte sapemmo che erano proiettili, e che il ragazzo che stava parlando e fumando con noi solo cinque minuti prima, adesso era steso per terra con due proiettili di itaka nella gamba.

Fu per via di una donna, una situazione stupida; l’ex marito l’ha vista parlare tranquillamente con qualcuno. L’emarginazione, la gelosia patologica e la mancanza di valori hanno fatto il resto. Qui le cose sono così, piene di dettagli esasperanti che a volte sembrano distruggere la vita di fronte ai nostri occhi.

Lanús, il distretto governato da ben 24 anni dall’ottantenne Manuel Quindimil che secondo PJ é "identico a Perón", ha quasi tutte le strade asfaltate. Quasi, perché in questa benedizione di cemento non sono inclusi alcuni settori del Barrio la Fe, dove siamo adesso e dove nei giorni di pioggia le strade dei nuovi insediamenti si trasformano in crateri e le casette di lamina e legno diventano parte del letto di un fiume che nessuno vuole navigare.

A qualche isolato dalla strada che delimita il confine con il barrio Urquiza, c’é l’insediamento più recente, un caos di macchine di "botelleros" e cani rachitici completano questo paesaggio irregolare al quale il visitatore si abitua subito. Barriere improvvisate, muretti non finiti e svariate altre cose delimitano i terreni e le case, di questo paesaggio che sembra essere in costante mutamento. Giovani donne con i bebè tra le braccia ascoltano la radio, e la musica si mischia con i suoni provenienti dalla radio del nonno che seduto nella veranda é intento a sintonizzare un canale di suo gusto.

Il barrio é cosi: umano; così é il luogo dove i disoccupati si organizzano e lottano giorno dopo giorno.

 

2
Eravamo nella spazio comunitario del barrio La Fe, un magazzino costruito con lamine e mattoni che funge da sede del ‘Movimiento de Trabajadores Desocupados’ del barrio, dove ogni giorno centinaia di disoccupati realizzano le loro attività, si organizzano e lottano per "lavoro, dignità e cambio sociale", le tre parole chiave, bandiera del movimento pitturate all’entrata della sede.

La mattina, dopo che i galli cantano e dopo che il freddo ti é entrato nell’anima arriviamo al magazzino. In un lato ci sono due forni, uno preso in prestito ed uno che appartiene al movimento, ci sono anche una bilancia e un frigorifero che fanno parte del prezioso tesoro della panetteria, che é ancora in fase di sperimentazione. Questi "mezzi di produzione", dal magazzino ai macchinari, sono proprietà sociale del movimento. Questi concetti, quello di proprietà e quello di benefici sociali sono al centro del dibattito politico. Se le cose sono di tutti, frutto della lotta di tutto il movimento, perché qualcuno potrebbe pensare di avere più diritti di altri compagni?

Si beve mate al mattino, mentre arrivano i compagni e le cose che mancano: il grasso auto-prodotto, 50 kg di farina, lievito, sale e molte braccia disposte a impastare.

La pasta e fatta da tante mani, una forma di lavoro basata sulla collettività e lo scambio di saperi.

Si ride e si fa a gara a chi lavora più velocemente. Il compagno ex-panettiere é escluso dalla competizione. Lui muove le braccia come se stesso suonando un tamburo e affonda le dita nel miscuglio di acqua e farina che in pochi minuti sarà pronta per lievitare.

Mentre si aspetta che la pasta cresca, si fanno dei calcoli. Calcoliamo che se vogliamo vendere quasi a prezzo di costo, senza speculare, il prezzo sarà di 1,20 pesos. Con il guadagno compreremo dei lucchetti per la libreria.

Alle 11:00 l’odore di pane riempie tutto il magazzino e distrae chi sta partecipando a un corso di formazione in una sala adiacente. Noi ci ammassiamo alla porta della panetteria per assaggiare il pane caldo appena uscito dal forno. Non mi posso lamentare, per 30 centesimi compro il mio primo quarto di pane prodotto dai lavoratori disoccupati.

Con il sole di mezzogiorno e un po’ di pane caldo nello stomaco, adesso il freddo ed io andiamo molto più d’accordo.

Il pane viene prodotto secondo ricette tradizionali, é buono, e si sta pensando di aumentare la produzione a 200 kg, per poter soddisfare ai bisogni di tutte le famiglie del movimento. Per far ciò, bisognerà finire il forno e trovare un motore per l’impastatrice.


3
Nel frattempo sempre nel magazzino procede il corso di formazione. Mentre il pane si cucina nel forno, loro stanno facendo un esercizio di una cosa che loro chiamano dinamica, secondo i principi dell’Educazione Popolare. Il compagno che coordina il corso ha disegnato un quadrato per terra e a turno ogni componente dei due gruppi deve entrarci dentro. I gruppi sono formati da uomini, donne e giovani, però uno ha un leader ipotetico e l’atro no. Si dibatte, si ride, fino alla fine quando tutti sono entrati nel quadrato. Poi inizia la seconda fase, ed il coordinatore disegna altri quadrati sempre più piccoli. Alla fine del gioco nel quadrato rimarrà solo una persona, il delegato del gruppo con il leader, mentre quelli del secondo gruppo decidono di mettersi tutti insieme attorno al quadrato. A questo punto inizia una discussione degna di un film di Ken Loach, concetti semplici come solidarietà, collaborazione tra compagni, rispetto, compromessi, vengono discussi da tutte le circa venti persone che fanno parte del corso, e piano piano si arriva a delle elaborazioni e conclusioni collettive. Verso la fine, lo stesso ragazzo che solo due ore più tardi sarà all’ospedale con due proiettili nella gamba dice che "inizialmente pensavo che l’esercizio fosse una cosa stupida, ma adesso mi rendo conto che comunicare con gli altri é importante e credo che tutti dovrebbero partecipare".

4
E gli altri dove sono?

Questa mattina, mentre noi facevamo il pane circa cento compagni sono andati a piedi alla stazione di Lanús a una ventina di isolati dal barrio. Da li, in treno, sono andati a Glew, dove si sono coordinati con altri compagni per andare a Guernica, località degna del nome che porta. A Guernica si sono uniti ad altri gruppi di disoccupati di altre zone.

Una delle caratteristiche fondamentali della CTD Anibal Verón, che comprende vari CTD di varie zone, e che se toccano un compagno toccano tutto il movimento; quando un barrio fa delle rivendicazioni, queste diventano di tutto il movimento.

Oggi siamo venuti tutti senza bambini perché l’aria é pesante.

L’uomo di potere della provincia é il capetto di transito, una persona con un passato di torturatore nella ESMA e con vari trascorsi repressivi nella zona. Lui controlla la polizia, i funzionari e anche i giudici. Si é rifugiato qui in questa provincia, dopo anni al servizio della patria assassinando e torturando la gente. Ultimamente, preoccupato per le mobilitazioni dei piqueteros non si fa più vedere in faccia e al suo posto dialoga un funzionario di terza o quarta categoria, parte del consiglio locale. Si negozia per la strada; i piqueteros non vogliono entrare in questo municipio che sembra fatto apposta per tendere una trappola mortale. Mentre parlano di fronte alle telecamere si forma un cordone di sicurezza per proteggere le migliaia di persone che si sono assemblate per dare solidarietà. La situazione é molto tesa, però non esce dalla rutine degli ultimi mesi di proteste. Non si sa mai quello che può succedere, ci si aspetta di tutto, spari, provocazioni…

Al ritorno rientriamo in treno, tutti insieme, Nessuno compra il biglietto, e ad ogni stazione appaino striscioni, bandiere, bastoni. I passeggeri e il bigliettaio non si scompongono visto che da mesi ormai, é normale che i piqueteros viaggino in treno gratuitamente per spostarsi da una parte all’altra.


5
Juan corre dietro ad un tamburo.

Juan Arredondo, una persona robusta di 40 anni, tre figli, di professione falegname, carpentiere, meccanico e piquetero per necessità e convinzione. Le idee di Juan hanno superato una prova di fuco; letteralmente. Circa due mesi fa durante una manifestazione di fronte al municipio di Lanús un poliziotto in abiti civili gli ha sparato addosso.

Quando cadde a terra, con un proiettile di 9mm che gli aveva attraversato un polmone, Juan decise che non voleva morire e da solo si presto i primi soccorsi. Con tutte le sue forze, aspettando che la polizia smettesse di reprimere, riuscì ad appoggiare la spalla ferita contro l’asfalto per evitare di morire dissanguato. Solo parecchio tempo dopo una compagna riesce ad avvicinarsi a lui e a fargli una fasciatura d’emergenza.

Dopo un mese, Juan, era nuovamente per strada a protestare. Durante la prima mobilitazione dopo il ferimento non poteva ancora camminare bene ed era molto debole, però spiegava che doveva stare la per dare l’esempio ai più giovani.

Juan é entrato nel movimento circa un anno fa, dopo un anno di vita da disoccupato. Come la maggior parte dei piqueteros, lo ha fatto per necessità, e come molti ha continuato per convinzione, "é necessario continuare a lottare perché tutti possano migliorare le proprie condizioni".

Adesso Juan fa i miracoli per far andare un camion degli anni sessanta, comprato con la cassa comune e che serve per trasportare macchinari e persone, per fare provviste collettive per distribuire materiale e chissà, forse anche per distribuire 100 kg di pane.

Fa fatica, ma magicamente crede in se stesso, e anche noi crediamo in lui.


6
Il camion riposa all’entrata del cantiere dove fabbricano mattoni e dove stanno costruendo degli spazi per la falegnameria, il tornio e una sala per cucito. Oggi al cantiere lavorano quattro persone, due anziani e due giovanissimi. Parlano poco, sono abituati ai rigori del lavoro di cantiere, si scambiano commenti sporadici in completa tranquillità.

Lavorano con tranquillità quasi accarezzando i mattoni. I più giovani imparano e aiutano. Non esistono più gerarchie e la figura del capo e stato completamente e felicemente soppressa, rimane solo il rispetto per l’esperienza accumulata in anni di lavoro.

Alcuni ci avevano avvisato che i vecchi non parlano molto, Comunque noi decidiamo di provare lo stesso e chiediamo se possiamo fare un intervista che ci viene subito concessa.

Abbiamo costruito tutto le pareti, il tetto, abbiamo fatto l’impianto elettrico. Siamo contenti perché adesso la gente ha un posto dove andare. Stiamo costruendo alcuni appartamenti, "avanziamo lentamente, però avanziamo".


7
Quelli che se ne sono andati sono coloro che per paura o ignoranza "sono passati dalla parte delle autorità municipali". Con il piano "Plan Jefes y Jefas de Hogar" il governo ha lanciato un offensiva contro il movimento dei disoccupati che é stata particolarmente feroce nel barrio la Fe. I funzionari del governo sono andati in tutte le case distribuendo carte che convocavano i disoccupati a lavorare per il municipio promettendo una possibile riforma della legge che dovrebbe universalizzare gli aiuti sociali. Se non vieni con noi rimani senza mangiare.

Questa é la minaccia più usata dai funzionari del governo che si aggirano per il barrio cercando di cooptare i disoccupati. Visto però che questo non funziona usano anche altri metodi come le minacce, l’ostentazione di armi, i furti etc…

Il governo agisce in maniera illegale e non solo per via delle armi usate a scopo di convincimento; non vogliono ricordare che in tutti i barrios é in vigore un compromesso formale conquistato con le mobilitazioni, secondo il quale il governo deve rispettare l’autonomia delle organizzazioni di disoccupati e deve favorire i progetti comunitari.

Il loro "vieni con noi" implica due cose: pulire le strade della provincia e infoltire le statistiche del governo. In entrambe i casi il significato é lo stesso: la perdita definitiva della dignità. Si dice che quel che non uccide ingrassa, e qui é successo esattamente questo: le minacce e le manovre del governo hanno rafforzato il movimento.

Per noi autonomia significa conflitto con il governo, dice un militante del MTD, un conflitto che é ormai una realtà quotidiana.


8
Sono le 5:00pm e i bambini che escono da scuola bevano il latte. Non c’é più pane fino a domani e i disoccupati dell’ultimo turno di guardia si dividono in due gruppi, uno pulisce l’atro si occupa della ferramenta. Mentre scende la notte, tutti tornano verso le proprie case. Le figurine di uomini, donne e giovani si perdono per le strade e poi dentro le casette di legno, lamiera e mattoni e con le braci accese passerà un’altra freddissima notte.

Domani, al canto del gallo, inizierà un nuovo giorno nel Barrio La Fe, questo giardino di miseria dove fiorisce la lotta per la sopravvivenza e la dignità.

 

 

Intervista a Andrei (ZANON – Neuquen)

 

Il prossimo mese sarà 1 anno di occupazione. Il tutto é cominciato quando iniziarono a svuotare la fabbrica. Nell’ultimo mese prima di chiudere, l’impresa aveva cominciato a portare via i macchinari, a non pagare i buoni salario, non c’era più la mensa, non c’era più l’ambulanza. A quel tempo abbiamo cominciato a renderci conto che l’impresa stava per chiudere. Abbiamo interrotto la produzione e abbiamo deciso per l’occupazione. Di seguito abbiamo reiniziato la produzione sotto controllo operaio e subito hanno cominciato a metterci i bastoni fra le ruote emettendo un ordine di interruzione dell’attività produttiva per inagibilità dell’edificio, la scusa era l' insicurezza dell’impianto del gas. Allora abbiamo cominciato la lotta contro lo sgombero chiesto dalla Zanon. Abbiamo presentato un ricorso alla giustizia penale e un ordine di protezione alla corte di giustizia del Lavoro che si schierò con noi dicendo che era un conflitto lavorativo e non un problema di sicurezza e che era la Zanon in errore, condannandola per abuso di potere. A questo punto, con questa sentenza a nostro favore, la Zanon é stata costretta a fare riprendere la produzione, con tutti gli operai, ed é stata obbligata a sbloccare il 40% dello stock per cominciare a pagare i salari arretrati degli ultimi 2 mesi. Hanno dovuto darci i materiali, e con la ripresa della produzione abbiamo cominciato a pagare il debito. A questo punto abbiamo cominciato a pensare al prossimo passo: lo stock a nostra disposizione sarebbe finito a breve e la Zanon non intendeva permettere alla fabbrica a produrre oltre. In questo momento abbiamo deciso di prendere in mano completamente la fabbrica. Da allora sono 6 mesi che gestiamo la produzione.

 

Domanda: E le vendite come vanno ora?

Risposta: Mica male. Stiamo vendendo circa il 20% della capacità produttiva della nostra fabbrica. Ci stiamo vivendo in 170 famiglie con un salario di 800 pesos mensili, indistintamente per tutti, da quelli che lavorano alle vendite a chi lavora alle macchine. Da qualche mese siamo riusciti ad integrare alcuni disoccupati di vari movimenti piqueteros, che guadagnano esattamente come noi tutti. Raggiunto questo obbiettivo, abbiamo cominciato a fissarci degli standard di vendita che di mese in mese vanno aumentando. Con un piano del genere, nel corso del tempo riusciremo ad integrare altri disoccupati. Il nostro obbiettivo é la statalizzazione a controllo operaio e con un piano di investimento sociale. Abbiamo dimostrato quello che può fare occupando una fabbrica. Siamo riusciti a fare una donazione ad un ospedale della zona, l’ospedale Centenario, fornendogli i nostri materiali gratuitamente per rifare il pavimento ed anche per i “comederos” della zona. Questo é quello che può arrivare a fare un’impresa comunitaria che lavora per la comunità. Questo é il nostro obiettivo, sappiamo che é lontano da raggiungere, perché per ottenere la statalizzazione c’é da fare un tragitto legale e un percorso di lotte molto lungo. Quello che abbiamo fissato é un punto intermedio che é l’amministrazione operaia temporanea, che ci potrebbe dare la legalità e quindi la possibilità di commercializzare tranquillamente. Attualmente stiamo vendendo direttamente al pubblico, va bene, ma vorremmo poter avere qualche sicurezza in più. Stiamo vendendo per coprire i costi, non ci interessa avere un profitto e quindi i prezzi sono accessibili. In un primo momento la gente comprava per solidarietà, ora siamo “concorrenziali”. Abbiamo un coordinamento di lotta regionale. Abbiamo già ricevuto 4 ordini di sgombero!

 

D: Quindi giorno e notte nella fabbrica?

R: Sì, abbiamo formato varie commissioni: vendita, compera, produzione, sicurezza e stampa e diffusione; fondamentali sono la produzione, per continuare a far vivere la fabbrica, e la diffusione, per far conoscere il conflitto..... perché non si pensi che la lotta sia finita. Abbiamo sì ricominciato la produzione e stiamo ricevendo salari, ma il conflitto non é finito, la lotta é ancora lunga. In questo cammino abbiamo avuto contatti con altre realtà di fabbriche che utilizzano altre modalità organizzative come la cooperativa. Ci siamo uniti nella lotta pur avendo diverse metodologie, perché quello che noi vogliamo é che il lavoratore argentino con qualsiasi mezzo possa mantenere il proprio posto di lavoro. Ognuno ha i suoi obbiettivi, ma l’importante é che siamo solidali l’uno con l’altro.

 

D: Come vi organizzate?

R: Ci organizziamo in assemblea, 2 alla settimana sono fisse e se c’é qualcos’altro da discutere ne fissiamo delle altre. Decidiamo tutto in assemblea, tutti i passi che facciamo li discutiamo fra noi: l’incorporazione dei compagni, gli obbiettivi di lotta.

 

D: Che impressione hai avuto del congresso delle fabbriche occupate?

R: Molto positivo. La cosa più importante che é uscita dal congresso, al di là degli obbiettivi che ogni fabbrica si pone, é la necessità di darsi una unità nella lotta: se toccano uno, toccano tutti. Altra cosa importante é il fondo nazionale per lo sciopero, perché ci sono molti lavoratori di molte altre fabbriche che vorrebbero entrare in lotta, occupare le fabbriche e che si confrontano con difficoltà economiche enormi, e non hanno nessun tipo di protezione. E l’ultimo punto fermo é il fatto che qualsiasi fabbrica che chiude, debba essere occupata e rimessa in produzione. C’é stato il consenso sui punti votati, siamo riusciti a lavorare in maniera orizzontale....molto positivo. Adesso però c’é da concretizzare il piano di lotta che abbiamo deciso.

 

D: Che tipo di relazioni avete con l’MTD?

R: É fondamentale. Il rapporto con l’MTD é cominciato prima di occupare la fabbrica e lottando con loro giorno dopo giorno ci siamo resi conto delle difficoltà che vivono. E nonostante questo ci hanno sempre appoggiati, senza che noi potessimo assicurargli nulla per il futuro. Quando ci furono i tentativi di sgombero i compagni erano sempre con noi, il minimo che abbiamo potuto fare e garantirgli i posti di lavoro ora che ne abbiamo avuto la possibilità. La fabbrica ha visto aumentare gli operai da 600 a 870, vogliamo aumentare la produzione semplicemente per migliorare ancora questi risultati, per allargare il piano di lotta. E vogliamo allargarlo non solo all’MTD e ai ceramisti, ma anche ai medici, ai docenti, agli studenti lavorando per la costruzione di scuole e di ospedali. In questo cammino i compagni dell’MTD sono stati un appoggio fondamentale, insieme a quello ottenuto dai compagni dell’universita nel lavoro di produzione. Noi siamo operai, organizzati alla nostra maniera, l’apporto della gente della facolta é utile. E poi chiunque si rapporti disinteressatamente alla nostra lotta é una forza in più.

 

D: E con i sindacati e i partiti politici?

R: Nella commissione di coordinamento dove ho lavorato io ci sono sia i partiti che i sindacati, ma quelli combattivi. Si parla democraticamente e collettivamente e cerchiamo di lavorare sui punti di affinità, sulle convergenze evitando sterili polemiche. Però con la grande centrale sindacale non abbiamo rapporti, sono dei traditori. Tuttavia alcuni settori della stessa burocrazia sindacale si sono distaccati e hanno cominciato a lottare con noi, entrando nel coordinamento