L'inchiesta operaia di Karl Marx

 

Il significato attuale dell'inchiesta a cura di Gianfranco Pala

 

Documenti:

A - Istruzioni per i delegati del Consiglio Centrale Provvisorio dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori

B - Lettera di Marx a Sorge

C - Considerazioni preliminari del programma del Partito operaio francese

D - Programma minimo del Partito operaio francese

E - Inchiesta operaia

 

Il significato dell'inchiesta

 

Premessa

Nel presentare le 100 domande del "questionario" - meglio conosciuto poi come inchie­sta operaia [all.E] - scritte di proprio pugno dal vecchio Marx, due anni e nove mesi prima di morire, per conto dei compagni del partito operaio francese, e pubblicate sulla Revue socialiste di Benoît Malon [nel n.4 del 20 aprile 1880], ci è sembrato, più che opportuno, indispensabile farle precedere da quelle pagine marxiane che, già anni prima, le avevano delineate e preparate, e da quelle altre considerazioni collaterali che ne accompagnavano il contesto politico culturale. [Il solo testo dell'inchiesta fu già pubblicato in italiano dai Quaderni rossi nel 1963, ma appunto al di fuori di quel contesto che ne può spiegare meglio genesi storica e significato politico. I materiali di accompagnamento dell'inchiesta furono pure pubblicati in un volumetto - Karl Marx, Documenti, De Adam, Parma 1969 - rimasto fuori del mercato e quindi praticamente sconosciu­to ai più. Recentemente la presente riproposizione di una compiuta esegesi moderna dell'inchiesta operaia è stata pubblicata dalla rivista Invarianti, n.25, settembre 1994].

Il primo testo di riferimento [all.A] è quello relativo alle Istruzioni per i delegati del consiglio centrale provvisorio dell'associazione internazionale dei lavoratori [il consiglio si riunì a Ginevra nel settembre 1866, due anni dopo la fondazione dell'associazione; gli atti furono pubblicati in The international courier, organo dell'Ail, Londra 20 febbraio 1867]. La proposta originaria di una "inchiesta statistica sulla situazione delle classi lavoratrici" si trova lì formulata per la prima volta da Marx stesso, e articolata in uno schema generale di 11 punti. Abbiamo ritenuto importante pubblicare - unitamente a quella proposta che si trova in un paragrafo iniziale sul "coordinamento internazionale" - anche i successivi paragrafi delle medesime "istruzioni", in quanto riguardanti temi centrali della condizione operaia e delle rivendicazioni minime dei lavoratori della I internazionale. Non è senza significato che codesti temi - strettamente connessi e contestuali alla proposta dell'inchiesta - siano quelli della riduzione del tempo di lavoro, della regolamentazione del lavoro minorile, dell'istruzione di massa, del lavoro cooperativo, del processo di emancipazione dei sindacati, della questione dell'imposizione diretta progressiva, e della non professionalità degli eserciti.

Prima di giungere all'anno della pubblicazione dell'inchiesta, cioè il 1880, è bene notare come le tematiche dell'inchiesta siano presenti e sviluppate da Marx nella sua critica dell'eco­nomia politica, culminata nella pubblicazione del Capitale nello stesso 1867. Per gli altri materiali di riferimento - rammentando che tutti i successivi congressi dell'Internazionale, fino al 1871, rinnovarono senza grande fortuna l'indicazione di promuovere l'inchiesta statistica - passiamo dunque direttamente a quell'anno 1880. Stralci di una lettera di Marx a Friedrich Adolph Sorge, scritta da Londra il 5 novembre 1880, [all.B] spiegano autenticamente le ragioni dell'inchiesta in quella particolare fase di lotta politica in Francia, in cui l'esigenza di un rafforzamen­to dell'internazionalismo si collocava in un momento di ricerca di alleanze interne in vista della ravvicinata scadenza elettorale. È in quel contesto, come si legge nella medesima lettera, che Marx scrisse le considerazioni preliminari [all.C] del programma del partito operaio francese [pubblicato originariamente in L'égalité, organo collettivista rivoluzionario, Parigi, 30 giugno 1880]. Al proposito così si espresse Engels: <di questo programma Marx, in presenza di Lafargue e mia, nella mia stanza, ha dettato a Guesde, che scriveva, le considerazioni preliminari, un capolavoro di ragionamento, convincente come non ne ho quasi mai sentiti, da esporre alle mas­se in poche parole chiare, e che ha stupito anche me per la sua concisione>.

Il documento politico del Pof rientrava in quell'ottica di programma minimo che già Marx, in passato fin da quando stava ancora in Germania, riteneva come criterio d'azione rivo­luzionaria in fasi e circostanze non rivoluzionarie (e le elezioni politiche generali erano appunto una di quelle circostanze). Abbiamo ritenuto significativo, come mera documentazione storica, pubblicare anche il testo (non di Marx) di quel programma minimo del Pof [all.D - qui tradotto da Karl Marx, Oeuvres, Gallimard, Paris 1963, (a cura di Maximilien Rubel), vol.I], apprezzato da Marx proprio per essere costituito da <rivendicazioni nate realmente in modo spontaneo dallo stesso movimento dei lavoratori>, contro tutti gli impostori, i settarî e i borghesi radicali che, imponendosi come capi, ingannavano i lavoratori stessi. Dalla lettera a Sorge - di più di un secolo fa! - si noti, come curiosità a futura memoria, quale fosse la sola critica di Marx al programma: egli rigettava, già allora e non senza derisione e insofferenza, la richiesta intellettualistica (approvata su proposta di Jules Guesde, solo da poco passato al marxismo) di salario minimo garantito, che definiva "lusinga infantile" al punto da vanificare qualsiasi programma!

 

Attualità dell'inchiesta

Oggi è possibile conservare all'inchiesta operaia il suo profondo significato politico purché non si sia catturati dal "mito dell'inchiesta". La storia non si ripete neppure una volta senza rischiare la farsa - avvertiva Hegel - figuriamoci due o più. Nondimeno la storia ritorna, e nel ricorso si rinnova. Il nuovo corso del capitale è il nuovo ordine mondiale della sua forma monopolistica finanziaria transnazionale, in un contesto prepotentemente teso verso un assetto neocorporativo. Vediamo allora che cosa possa essere "richiesto" ai lavoratori (e perché proprio a loro), per quali ragioni e con quali finalità.

Per rispondere a queste domande, cerchiamo di capire quali caratteri assuma una "inchiesta" per essere, come può essere ancora oggi, uno strumento di grande rilievo per la crescita scientifica della coscienza critica emancipata tra le file del proletariato. Diciamo "scientifico" nel senso del socialismo scientifico, l'unica forma possibile di preparazione materiale e sociale del comunismo. Diciamo del "proletariato" nel senso del lavoro salariato, dipendente dal capitale, ossia dell'intero proletariato e non solo dei "comunisti", cioè di chi si ritenga tale o comunque si collochi già, soggettivamente, nel campo socialista o nell'area di sinistra. Ciò proprio perché la costruzione del soggetto storico sociale rivoluzionario - proletari, e non solo, che antepongano il loro essere comunisti a ogni altra qualificazione sociale - implica un processo "lungo e tormentoso", direbbe Marx. Diciamo dunque "coscienza emancipata" poiché la costruzione di una critica di classe non può fermarsi alla coscienza immediata della diversità e dell'antagonismo, direttamente poggiati sull'insopportabilità della vita quotidiana.

<La classe operaia non deve esagerare a se stessa il risultato finale della lotta quotidiana, non deve lasciarsi assorbire esclusivamente da questa inevitabile guerriglia che scaturisce incessantemente dagli attacchi continui del capitale. Essa - disse Marx ai lavoratori della I internazionale - deve comprendere che il sistema attuale, con tutte le miserie che accumula sulla classe operaia, genera nello stesso tempo le condizioni materiali e le forme sociali necessarie per una ricostruzione economica della società>. Questo commento marxiano conclude opportunamente quell'insieme di osservazioni che serve a inquadrare gli elementi qualificanti, e parimenti quelli illusori e fuorvianti, per lo strumento dell'inchiesta.

Il rispetto dell'aspetto critico scientifico dell'inchiesta comporta due determinazioni fon­damentali:

i) l'oggettività delle conoscenze reali sulle quali, soltanto, il soggetto rivoluzionario può crescere - <quello sviluppo intellettuale della classe operaia che scaturisce dall'azione comune e dalla discussione>, come scrisse Engels confermando tanti anni più tardi, dopo la morte di Marx, le concezioni del suo compagno;

ii) la formazione politica e culturale autonomamente organizzata - che comporta, nell'ambito dello studio più generale, la preparazione, lo svolgimento e soprattutto la discussione, anche dell'inchiesta stessa, tra i lavoratori protagonisti e quanti altri vi partecipino.

L'inchiesta come tale, dunque, è concepita per rivestire carattere continuativo e sistematico, non episodico e occasionale, cioè non una inchiesta che cominci e finisca, bensì un metodo complessivo di lavoro politico. Proprio per assicurarle quel suo duplice carattere appena indicato, che le conferisce serietà scientifica e senso politico, segnaliamo anche quei punti che rischiano di degradare l'inchiesta al suo mito. Codesti sono punti che, se lasciati crescere su se stessi, senza arginarli subito entro limiti ristretti di tollerabilità, conducono verso un troppo facile convenzionalismo populista e soggettivista. Diversi richiami recenti, che hanno riproposto o ripropongono l'"inchiesta" come asse portante di intervento politico, scivolano immancabilmente in quella "mitologia" oltre il tollerabile. E ciò va detto anche per le esperienze che presentano insieme pure gli elementi qualificanti di cui abbiamo detto, come la più conosciuta, incompiuta, avviata dai Quaderni Rossi quasi trent'anni or sono.

L'oggettività delle conoscenze ottenibili da un'inchiesta, quale che sia, è la prima condizione della sua opportunità e validità. Naturalmente, la finalità conoscitiva di essa può essere solo mirata e quindi, per definizione, parziale, sia in quanto circoscritta sia in quanto di parte. Se ciò era già vero il secolo scorso, lo è ancor più oggi - diventando semmai ora relativamente preponderante il suo esser di parte. Infatti, la gran parte delle notizie che si traggono dall'inchiesta non possono che riguardare dati oggettivi della condizione operaia. La "parzialità" dunque, nella seconda accezione, consiste principalmente, se non unicamente, nello svelare le "infamie dello sfruttamento capitalistico" - come si legge nella presentazione della famosa "inchiesta operaia" francese sulla Revue socialiste. Si trattava e si tratta, cioè, portare alla luce quei "fatti e misfatti", relativi all'organizzazione del lavoro e al processo di produzione e di vita, che il potere borghese deliberatamente occulta o quanto meno mistifica.

Tuttavia, occorre considerare la questione in una prospettiva storica. La mera attenzione conoscitiva rivolta ai problemi del lavoro cominciava appena a farsi strada alla metà del secolo scorso in Inghilterra. Essa era mossa anzitutto dalle esigenze immediate del capitale, ma non per questo perdeva di rilevanza oggettiva. Così, come già aveva fatto Engels per la sua magistrale "inchiesta" sulla situazione della classe operaia in Inghilterra, anche Marx basò gran parte delle sue considerazioni sul sistema di fabbrica per la sua critica dell'economia politica proprio a partire dai libri blu che raccoglievano le indagini parlamentari sul tema. Allorché egli propose nel 1866 alla I internazionale di dar seguito a una "inchiesta", intese precisamente indicare la necessità di completare le informazioni ufficiali per le loro manchevolezze, che erano soprattutto dovute alla volontà di parte borghese di ignorare certi "fatti e misfatti". Ciononostante, l'"inchiesta ufficiale del governo inglese" all'epoca fu considerata sufficientemente "imparziale e sistematica", tanto da essere capace di produrre "conseguenze legali" per le "rivelazioni" fatte.

Non a caso quell'indagine ufficiale era presa a esempio per cercare di imporla ai governi degli altri paesi capitalistici. Questo fu anche il caso della ricordata inchiesta francese del 1880. E il "coordinamento internazionale degli sforzi" per portare le conoscenze oggettive sulla condizione operaia nei vari paesi almeno al livello inglese, data l'arretratezza delle indagini altrove, fu proprio il senso dell'indicazione marxiana del 1866. Costretti perciò a contare sulle proprie forze, i lavoratori dell'internazionale furono sollecitati da Marx a compiere quel grande sforzo attraverso <un'inchiesta statistica sulla situazione delle classi lavoratrici di tutti i paesi da istituirsi da parte delle classi lavoratrici stesse>. Non è forse inopportuno rammentare che nella stessa situazione di carenza di conoscenze si mosse, tanti anni dopo, anche l'"inchiesta maoista". Sottolineiamo il carattere "statistico" dell'iniziativa proposta da Marx, proprio perché egli era consapevole dell'insufficienza delle informazioni fornite dalla quasi totalità dei governi borghesi (con la limitata eccezione inglese): l'oggettività statistica allora cercata è dimostrata e confer­mata dal significato stesso della maggior parte delle cento domande indicate.

Più dei tre quarti di esse hanno carattere meramente informativo. Solo il restante quarto presenta elementi che, se pur sempre conoscitivi e oggettivi, implicano per il proletariato elementi più spiccatamente rivolti a suscitare un'identità di classe. E proprio per tale ragione, codesta parte dei quesiti è forse la più interessante, non reperibile facilmente nelle statistiche borghesi e - per il suo significato in qualche modo precursore dei tempi - anche quella capace di rendere l'inchiesta maggiormente di attualità. Basti qui segnalarne alcune (indicandone tra parentesi il numero di riferimento), su temi particolarmente significativi: lavoro a domicilio, funzionale alla grande fabbrica (29), compiti di manutenzione del macchinario (43), rilevanza del cottimo e dei "fuori busta" (53), subordinazione alla "qualità" del salario a cottimo (54), salari pagati da appal­tatori di manodopera (60), connessione tra produttività delle macchine e intensità del lavoro (72), abuso della polizia contro i lavoratori (93), mancata applicazione delle leggi sul lavoro (94), gestione padronale dei fondi contributivi dei lavoratori (97), lavoro salariato presso presunte cooperative (98), pretesa partecipazione dei lavoratori al profitto d'impresa (in relazione anche a limitazioni del diritto di sciopero) (99).

Tuttavia, prescindiamo per ora da quest'ultimi importantissimi aspetti, di cui discutere­mo più avanti la specificità. Per la maggior parte delle informazioni, statistiche o meno, oggi le cose stanno ben diversamente, in tutto il mondo capitalistico, perché così serve al capitale medesimo su scala mondiale. La conoscenza della realtà produttiva e lavorativa da parte degli agenti pratici del capitale è oggi vasta e approfondita. Non parliamo qui affatto dei sicofanti accademici, tanto raffinati quanto vuoti, ma dei "rozzi" tecnici della concreta gestione operativa d'impresa, ben più consapevoli della realtà concreta. Può sembrare strano ad alcuni, ma sono proprio quei "tecnici" - molto più dei sedicenti critici di sinistra - che sanno bene che il profitto dei loro padroni deriva dallo sfruttamento del lavoro, e che quindi l'analisi dettagliata dell'organizzazione del lavoro è alla base di una teoria del valore molto più corretta presso di loro che in quei superficiali critici. Senza conoscere prioritariamente codesta analisi capitalistica del processo di lavoro, non si fa alcun passo avanti.

Questa oggi è la prima, per così dire, "inchiesta" da fare da parte del proletariato e dei suoi intellettuali organici! Studiare la gran mole di informazioni e dati, qualitativi e quantitativi, di statistiche ufficiali con cui l'ideologia borghese inonda la stampa e le biblioteche, anche per confondere i non addetti ai lavori: questo è un programma preliminare per i comunisti al fine di orientarsi - e orientare - nell'eccesso di informazione che caratterizza la realtà contemporanea. Proprio di un "eccesso" ormai si tratta, infatti, e non già di una carenza; e solo una forza collettiva ben organizzata è in grado di affrontare l'immane compito. Soltanto partendo di lì si può assumere tutto ciò che è conoscibile oggettivamente - come fecero i nostri maestri, Engels e Marx sull'industria inglese, Lenin e Gramsci sul taylorismo americano, ecc. - per criticarlo nella sua inevitabile ottica di parte, per svelarne gli imbrogli e tapparne i buchi. L'attualità di un'inchiesta sta proprio in ciò, ossia anzitutto nel completare l'oggettività delle conoscenze sul rapporto di lavoro. Partire dalla prassi per rovesciare le conoscenze di nuovo nella prassi. Se non si segue un processo di tal genere, lo scivolamento lento ma continuo nella "mitologia" dell'inchiesta-panacea è inevitabile.

La presa di contatto che si pretenda invece di stabilire con i lavoratori si presenta quindi come uno dei più pericolosi alibi per sviare la serietà dell'inchiesta: una pretesa panacea, appunto. Abbiamo già rammentato quali siano gli aspetti positivi, per la formazione della coscienza di classe, rappresentati dalla riflessione e discussione collettiva che un'inchiesta comporta. Non occorre ripeterlo. Ma al di là di quel punto è in agguato il mito volontaristico e soggettivistico. Lo svolgimento di un'inchiesta richiede la presenza di condizioni ben precise. Sul piano statisti­co ufficiale, la realtà da esaminare deve poter essere "campionabile" e il campione scelto deve essere rappresentativo, sia per la sua composizione sia per la sua estensione. Già questa è una condizione banale quasi sempre assente nelle cosiddette inchieste operaie; c'è poco da conten­tarsi se, su decine di migliaia di questionari, si ricevono appena qualche centinaio di risposte, e quasi tutte da parte di "compagni".

Ma quel che più è grave, nel campo proletario, è la mancata verifica dell'esistenza di condizioni di classe sufficientemente coordinate per avviare l'inchiesta. Marx, sia nella proposta del 1866 sia nel progetto del 1880, la collocò all'interno di un'organizzazione già esistente e consolidata ("il nostro partito rivoluzionario continentale"), che fosse la prima internazionale o il partito operaio francese coordinato con le altre organizzazioni proletarie europee. Insomma, il "contatto" ricercato con i lavoratori non può essere determinato dalle interviste, ma, al contrario, queste ultime si possono fare bene solo se c'è già una qualche organizzazione. Il vizio di invertire la causa con l'effetto è caratteristico di chi pone la volontà soggettiva davanti alle condizioni oggettive, tra le quali rientra anche, ovviamente, la "soggettività organizzata".

È così che il criterio dell'"inchiesta" è stato caricato di una impropria funzione surrogatoria per stabilire "contatti" che non ci sono e costruire una parvenza di organizzazione quando non c'è: il classico carro davanti ai buoi. L'esperienza dei comunisti torinesi di Quaderni rossi, in questo senso, è stata esemplare. La circostanza esterna che sbilanciò soggettivamente il loro stesso intento va ricercata nel fatto che essi furono estromessi pesantemente dalle esistenti strut­ture partitiche e sindacali, ormai avviate in una deriva precorporativa [può essere istruttivo rileggere il dibattito dell'epoca cui partecipò quella rivista, con nomi ben noti anche oggi]. Ma quella circostanza, purtroppo assai spesso ripetuta anche in tempi più recenti, non era e non è ragione sufficiente per utilizzare l'inchiesta in tale modo capovolto.

Il rilancio attuale di un'inchiesta operaia, perciò, sta proprio in questo: nella possibilità e nella necessità che la conoscenza scientifica della condizione proletaria si arricchisca di quelle informazioni che le abbondanti statistiche borghesi volutamente trascurano. Laddove forme di organizzazione comunista si vadano già ricostruendo, quella conoscenza diviene elemento indispensabile per quella ricostruzione stessa. La formazione della coscienza e il contatto con masse crescenti di lavoratori si mostra esserne la giusta conseguenza. Ossia, quella non può costituirne in alcun modo la premessa; né ciò consente, a chi è solito non saper dare un ordine alle cose, rifugiarsi nella comoda giustificazione che tutto dipende da tutto, in anodine interdipendenze.

In questo stesso senso è corretto considerare l'opportunità della cosiddetta inchiesta "a caldo" - di cui parlava Panzieri - svolta nel corso delle lotte; ma appunto per tenere "calda" una lotta, comprendendone in tempo reale le ragioni e le prospettive, e non per attribuirle un'improbabile funzione maieutica di guida alla spiegazione dello sfruttamento capitalistico. Viceversa, la tendenza "mitologica" vede in simili iniziative l'antagonismo operaio fondato su "valori" proletari presupposti come alternativi, anziché posti dalle contraddizioni reali, materiali e sociali, del modo di produzione capitalistico nel suo divenire. Siffatta mera contrapposizione soffre di assoluta mancanza di oggettività, per l'incapacità intrinseca di seguire lo sviluppo dialettico di entrambi i poli del rapporto antagonistico di capitale, attraverso tutti i necessari termini medi, le loro mediazioni.

In effetti, il richiamo a cosiddetti "valori" proletari è puramente ideologico, basato su un movimentismo privo di strutturazione, che si oppone al capitale, non realmente come a un rap­porto sociale, ma come a qualcosa di "altro", del tutto esterno. Insomma, così facendo non si rappresenta questo rapporto (per dirla con Marx) come costituito da "forme antitetiche dell'unità sociale", della medesima unità sociale. Non è certo un caso che, contro gli scivolamenti "mitologici", la lezione marxiana tratti di quelle forme antitetiche quali basi oggettive dell'antagoni­smo sociale, e non le consideri mai sotto la categoria e la dicitura "anticapitalismo". Quest'ultima è una indeterminazione, affatto generica e comportamentale, assolutamente priva di concet­to. Ed è proprio in tal senso che il rabbassamento della contraddizione a opposizione di "valori" non può che ricorrere al fare appello alla soggettività cosciente e alla volontà di lotta. Ma è pure inevitabile che tale appello - se privo di basi materiali reali pratiche - preluda al "soggettivismo" e al "volontarismo". Quest'ultima attitudine rimanda piuttosto alla tradizione anarcosindacalista, i cui mille rivoli di provenienza piccolo-borghese possono assumere le forme apparentemente più improbabili.

Il rapporto sociale di capitale che l'inchiesta è chiamata a dissezionare, dunque, pone i suoi promotori di fronte a due possibili criteri di impostazione: i) quello della sua conoscenza oggettiva, in cui la soggettività stessa si presenta come espressione intrinseca e immanente a tale oggettività stessa; oppure, ii) quello dell'opposizione soggettiva, in cui l'oggettività del dato vie­ne assunta solo estrinsecamente come una base empirica inessenziale. Di fatto, la più diffusa tra­dizione dell'inchiesta si è radicata in questa seconda linea, fino al suo esito mitizzante. Cerchia­mo di capirne le motivazioni, anche senza poter ripercorre qui le tappe che hanno disperso le fila del marxismo in mille interpretazioni. Talché, nella fuga senza limiti del volontarismo rivoluzionario, l'infinità enumerabile dei marxismi annulli la portata del marxismo - quasi come in un rapporto matematico, per il numeratore, infinitamente suddiviso, per quanto grande esso sia.

Abbiamo considerato poc'anzi come Marx, al di là della precipua occasionalità dell'inchiesta, abbia sviluppato le determinazioni della sua analisi attraverso categorie e concetti posti dalle contraddizioni reali racchiuse nella critica dell'economia politica. La storia, la struttura sociale, la cultura, la riflessione filosofica e ideologica, non sono estranee a quella critica ma as­solutamente incluse in essa, in quanto sue articolazioni. Per Marx ed Engels l'economia politica costituiva giustamente, in quanto rappresentazione ideologica, l'apogeo dell'organizzazione bor­ghese fondata sul modo capitalistico della produzione sociale. Quell'economia politica andava innanzitutto compresa compiutamente. Ma poteva esserlo unicamente attraverso determinazioni del tutto proprie, e non invece mutuate in "negativo", per opposizione, da quelle borghesi, magari ridotte a "valori" avversi. Allora, dopo, solo dopo, la critica di essa avrebbe potuto esprime­re interamente la scienza del comunismo.

Viceversa, pare molto più agevole accettare, per negare con un semplice cambiamento di segno, la concezione borghese dell'"economia" come "tecnica unilaterale". Cosicché la totalità sociale di riferimento si frammenti in un pluralismo disciplinare - appunto economia, filosofia, storia e via specializzando - incapace di ricostruire nel pensiero riflessivo quella totalità. La marxiana critica dell'economia politica era già, ed è ancora, quel criterio conoscitivo totalizzante della relazionalità causale della società - purché lo si capisca. Ma essa implica un fondamento inaccettabile per il pensiero borghese: l'analisi dei rapporti di proprietà, entro la determinazione storica del modo di produzione, costituito da classi sociali tra loro antagoniste.

Ecco allora che la risposta "progressiva" della borghesia tentò di annullare codesto fondamento "inventando" un'ulteriore disciplina. Proprio in risposta al marxismo - provando a scimmiottarne alcuni aspetti "tecnici" e mutuandone termini e definizioni rese sterili e frammen­tate - nacque la cosiddetta sociologia. La "proprietà" venne sostituita dal "possesso" e dalla "gestione", la "produzione" dalla "distribuzione" cosicché il "modo" sociale storico della sua esistenza potesse lasciare il posto a interrelazioni astoriche di "sistema", dove quindi le "classi" furono rabbassate a meri riscontri statistici, in una generica differenzione indifferente di "ceti" e "gruppi": senza l'immanenza del loro antagonismo, la lotta di classe divenne indicibile.

La fortuna di tale disciplina era destinata a divenire nel tempo tanto grande ed espansiva, quanto però immediata e scoperta fu la sua intenzione mistificatoria. Bastava avere occhi per vedere. Se qualcuno dubitasse di quest'ultimo aspetto potrebbe utilmente riguardare le tempestive critiche di Marx ed Engels a Comte e Dühring, come pure le più generali argomentazioni di Lenin contro l'empiriocriticismo. Nondimeno, è prevalsa una tendenza (soprattutto italiana) di pessima lettura dell'opera di Engels, troppo spesso inopinatamente e senza alcun riscontro testuale, un po' per ignoranza e un po' per ossequienza alle lezioni di Rodolfo Morandi e Galvano Della Volpe, definita "poco fedele" al pensiero di Marx! A tale atteggiamento si è poi aggiunto da più parti molto livore nei confronti della figura teorica e politica di Lenin (da alcuni quasi considerato colpevolmente come "padre" di Stalin). La dialettica è sempre più ignorata, non solo presso il marxismo, ma già nei suoi fondamenti in Hegel. Quest'ultimo, infatti, è stata vilmen­te consegnato a Croce se non a Heidegger, mentre la sua logica della contraddizione venne insistentemente liquidata come "metafisica" e ristretta all'opposizione per "differenze".

È in un simile clima culturale e ideologico che la sociologia, e soprattutto il "sociologi­smo", riuscirono a iniziare la corrosione del marxismo in un certo tipo di pensiero di "sinistra". Da Weber e Veblen, Durkheim, Berle e Means, fino a Parsons, fu aperto un solco che invadeva il medesimo terreno di indagine che Marx assunse, e che però egli prese come base per le lotte di classe del proletariato mondiale. E lo invadeva non già per svilupparne l'attualità. Bensì, col solito pretesto del completamento e dell'"approfondimento" del marxismo, da tempo denunciato da Lenin, proprio per annullare quelle lotte. Lotte che poterono essere sostituite con conflittualità più generiche e non generali, in quanto allo stesso tempo circoscritte e occasionali, anziché immanenti alla struttura sociale. L'operazione di mistificazione della modernità borghese era avviata; le prospettive della post-modernità erano aperte.

Non a caso, minata la diga, fu facile cooptare, a fianco della sociologia, una variopinta congerie di teoresi. Da psicologia e Freud, comportamentismo e Dewey, antropologia e Levi-Strauss, strutturalismo e Piaget, istituzionalismo e Kelsen, e - perché no - "benessere" e Keynes, economismo e Sraffa, termodinamica e Prigogine, caos e Thom, sistemica e Luhmann, storico­mondismo e Braudel, fino a "debordare" - se ci capite - nella decostruzione epistemologica delle accomodanti riletture di vitalismo e Bergson, nihilismo e Nietzsche, differenzialismo e Heideg­ger, e via irrazionalizzando, coinvolgendo nei "marxismi", Fromm e Arendt, Popper e Heller, Althusser e Gorz, e via pluralizzando. Non è che molte di tali congetture teoretiche non vadano conosciute, soprattutto quando rispecchino la realtà che le ha generate. Tuttavia, dal punto di vista della critica marxista, non si può ignorarne la radicale antiteticità e l'incompatibilità filosofica ed epistemologica. Dal punto di vista di classe, marxista, codeste formulazioni possono solo essere "criticate", in quanto siano ricomprese elementarmente, e non come concezioni comples­sive, nel corpo storico della dialettica materialistica della critica dell'economia politica.

Sfortunatamente, come abbiamo osservato, proprio quella critica marxiana è troppo poco conosciuta, almeno come critica scientifica. Essa è perlopiù ridotta all'infimo rango di fideismo, ultimo approdo dell'ideologismo. E così, per quanti cerchino "novità" - vecchie come il cucco - è facile restare volgarmente affascinati dal teorismo borghese, credendo di aver scoperto chissà che. Non solo, ma presso cospicui eruditi e accademici, tra cui peraltro non mancano opportuni­sti ciarlatani, quel fascino si fa indiscreto e suadente: fino a trasformarsi in strumento di cattura da parte delle posizioni che inizialmente si presumeva di criticare. Si sa che a forza di dar udienza alle preponderanti sirene avversarie, senza premunirsi sapientemente di essere ben legati all'albero del marxismo, i deboli o fatui, e sono i più, attraversano facili mutazioni di convincimento. È qualcosa di peggio del "pentimento", di più perverso: è l'attrazione che lega la vittima al suo boia.

Questo pur breve allungamento del filo del discorso, attraverso considerazioni sui "principî", non sembri una divagazione eccessiva rispetto al tema dell'inchiesta. In effetti, abbiamo voluto riprendere la riflessione proprio alla radice del possibile rischio di deviazione mitizzante dell'inchiesta medesima. Alla base di tale mitologismo, infatti, vi è proprio la scelta della "sociologia" weberiana, restaurata negli Usa, come interlocutore privilegiato. Riconoscendole il rango di dottrina prìncipe, così come i suoi stessi fondatori volevano, può non bastare "criticarla" per evitare il rischio di introiettare nella sua critica tutto quello statuto epistemologico disciplinare contro il quale abbiamo cercato qui sopra di mettere in guardia. Il critico interno all'apparato metodologico della sociologia borghese rischia di venire conquistato, insieme ai suoi imprudenti seguaci, alla mitologia di quella stessa disciplina. Non altrimenti si spiega la tendenza, spesso assillante, a modificare il marxismo in "critica della sociologia", sulla scorta dell'osservazione secondo cui la marxiana "critica dell'economia politica" si limiterebbe ad aspetti troppo tecnici ed unilaterali.

Il nuovo ordine mondiale del lavoro costituisce il campo attuale su cui verte l'inchiesta operaia o, meglio, proletaria. Ma questo è il campo precipuo e generalissimo della critica dell'economia politica, come Marx con Engels l'intesero originariamente. È l'economia politica del grande capitale monopolistico finanziario transnazionale, nella fase di universalizzazione del neocorporativismo, per conoscere la quale solo forze collettivamente organizzate e teoricamente molto attrezzate possono ritenersi capaci. L'inchiesta può essere solo un compimento continuo di entrambe le condizioni poste da tale processo, dianzi indicate: la conoscenza oggettiva e la cultura autonoma, da parte del soggetto storico rivoluzionario. Nulla di più può essere fatto, e soprattutto niente può surrogare tali condizioni.

Conoscere il capitalismo contemporaneo significa analizzare una serie non semplice di questioni [e qui siamo costretti a rimandare alle diverse analisi svolte altrove]. L'unificazione del mercato mondiale è il termine di riferimento pratico e concettuale di maggior momento. Non per caso già Marx lo pose come conditio sine qua non per la transizione a un modo di produzio­ne socialmente superiore, e al comunismo. Partire di lì è peculiarità della critica dell'economia politica, e non tanto della sociologia. Ciò impone di comprendere, per spiegarli, i processi di integrazione transnazionale del capitale, senza nazione, e sovranazionale degli stati nazionali, che ancora contraddittoriamente li rappresentano. Ma codesta integrazione richiede di indagare, tra le fila del proletariato mondiale, come si manifestino le differenti rappresentazioni locali di quella medesima totalità: giacché alla coscienza immediata che coglie la differenza quotidiana può sfuggire proprio l'identità globale.

Le più recenti forme del capitale finanziario forniscono il materiale di indagine sul potere borghese contemporaneo. Si muove dall'analisi conoscitiva del modo di operare dei grandi gruppi di controllo transnazionale (ormai non più nazionali come all'inizio del secolo, ma ancora a base nazionale) nati dalla fusione tra industria e banca, all'esame delle nuove disposizioni legislative (varate infine anche in Italia) su quella che è chiamata "banca universale"; dall'indagine sui nuovi strumenti dell'intermediazione finanziaria, che favoriscono la cosiddetta "interpenetrazione" azionaria, alla considerazione delle operazioni degli investitori istituzionali anche nel campo della speculazione, per comprendere con lo studio che quest'ultimo è altrettanto ne­cessario per il capitale quanto quello della produzione e circolazione propriamente dette.

Tutti gli elementi concernenti codeste forme del grande capitale monopolistico finanziario transnazionale sono noti, o quanto meno conoscibili, attraverso la gran mole di documenta­zione ufficiale esistente [valgano, come esempi probanti, gli studi e i materiali del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale, dell'Onu, o anche, nel piccolo dell'Italia, quelli pubblicati e riproposti dal Sole-24ore]. Ma è anche vero che proprio dietro tali forme si occultino le più oscure manovre del grande capitale su scala mondiale. La costante e non sporadica verifica degli assetti proprietari, e quindi dell'interconnessione con gli apparati pubblici subordinati agli interessi privati, è tema che rende attuale l'inchiesta. Quell'inchiesta che, per ripeterlo marxianamente, ha come prima finalità proprio il disvelamento di quei "fatti e misfatti dello sfruttamento capitalistico" che l'apparato ideologico della borghesia occulta sistematicamente. Dunque, precisamente quelle conoscenze che non è possibile ottenere direttamente da statistiche e documenti ufficiali.

Insomma, condizione preliminare è studiare e conoscere scientificamente, come intellettuale collettivo, il modus operandi del grande capitale contemporaneo, nella sua oggettività economica, come rapporto sociale di classe: prima dell'inchiesta. Allora, l'inchiesta si porrà poi come complemento critico dell'economia politica, essenziale per cogliere nella prassi della si­tuazione concreta i caratteri di permanenza e riproduzione della conflittualità intercapitalistica. Difatti, una peculiarità che pertiene proprio all'indagine di parte proletaria è di far derivare, dalla conoscenza oggettiva della totalità del capitale e del suo rapporto, l'intrinseca contraddittorietà della totalità medesima. E se l'analisi delle contraddizioni ha il suo nucleo imprescindibile nella riflessione teorica, attraverso l'inchiesta essa può ricevere conferma nel suo corpo reale. Una siffatta peculiarità è capace di evidenziare proprio l'oggettività immanente della lotta di concorrenza tra i capitali, dovuta alla loro ineliminabile molteplicità. Il capitale appare qual è, non unico, perciò impossibilitato a darsi un "piano", e tanto meno a diffonderlo come regola "sociale". È di tutta evidenza come un simile risultato si ponga in netto contrasto con la mitizzazione soggettivistica e, in fondo, romantica dell'inchiesta sociologica e movimentistica.

I trent'anni trascorsi dalla coraggiosa inchiesta promossa dai Quaderni rossi hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, il fallimento del capitale internazionale proprio sul terreno della sua "pianificazione". All'illimitatezza della sua pervasività sul mercato mondiale unificato ha fatto ogni anno di più riscontro la vacuità di un'ipotesi regolatoria dell'intera relazionalità sociale. Quell'ipotesi si è fatta vieppiù sfuggente a seguito dell'acuirsi dello scontro tra "fratelli nemici", per dirla con Marx. Chi pensava altrimenti, non aveva fatto i conti - neppure, e forse soprattutto, teorici - con la crisi, centro dell'ineliminabile dialettica del capitale, con il suo approfondimento e la sua irresolubilità. La realtà ha rimesso le speculazioni teoretiche con i piedi per terra. Anche qui l'inchiesta può servire molto.

Per quanto può interessare più direttamente un intervento politico su livelli locali parziali, l'inchiesta favorisce anche la verifica delle vie attraverso cui passa la risposta imperialistica alla lunga ultima crisi irrisolta. Ci riferiamo allo studio preliminare, e alla successiva indagine sul campo, riguardante i caratteri di grande omogeneità internazionale portati dalla nuova organizzazione del lavoro. In ogni fabbrica o ufficio, oggetto di indagine diviene oggi la cosiddetta "qualità totale", presto estesa e trasformata, potremmo dire, in "quantità totale" presso qualsiasi settore lavorativo, non necessariamente produttivo e tecnologicamente avanzato. Qui non pos­siamo dilungarci neppure su questo tema. Ma è facile ipotizzare alcune domande specifiche sulle sue forme d'attuazione, come "elevazione" del taylorismo e del lavoro a "catena", in fabbrica e in ufficio, conservazione e superamento non eliminazione di esso. E anche su tutta la serie di questioni poste dalla flessibilità dell'erogazione del lavoro e della corresponsione del salario (precariato e cottimo), spesso di non facile interpretazione pratica [si pensi in particolare al caso italiano dopo il 3 luglio 1993].

Per tali ragioni quasi all'inizio ricordammo quel gruppetto di domande formulate da Marx, già come segno di anticipazione dei tempi, inerenti proprio molte delle questioni ora qui riprese. Ecco allora chiarito quale possa essere la grandissima funzione affidata all'inchiesta, come momento complementare, nel disvelamento dei criteri di comando occultati dal potere borghese. Soprattutto ciò vale nel momento storico in cui tale occultamento si avvale, oltre che dei mezzi di comunicazione di massa, direttamente della collaborazione degli apparati sindacali istituzionalizzati per estorcere il consenso coatto al proletariato, disarmato anche intellettualmente. È la lotta contro il neocorporativismo, la bestia trionfante. Forse non è male rammentare il criterio maoista dell'inchiesta, strettamente legato alle fasi di lotta - critica - trasformazione.

In questo senso, possiamo recuperare ancora oggi il significato profondo della proposta marxiana, avvalendoci anche degli insegnamenti tratti dall'esperienza panzieriana. Purché la priorità sia sull'oggettività del modo di produzione capitalistico nelle sue forme contemporanee, parzialmente nuove, poste dall'imperialismo transnazionale. Solo muovendo da codesta oggettività è lecito arrivare alla soggettività organizzata, cosciente e critica, e non già partire da essa, nella sua sola autonoma spontaneità immediata. Un partito o un sindacato non si costruiscono a partire da un'"inchiesta operaia". Ma un partito o un sindacato, che si vanno costruendo nella prassi sociale e politica, hanno l'inderogabile compito di conoscere scientificamente la realtà. Dopo aver studiato la teoria di classe e esaminato tutti i documenti di analisi e informazione borghese per criticarli, per assolvere tale compito contribuisce assai il seguire costantemente il metodo dell'inchiesta.

 

         Gianfranco Pala

 

DOCUMENTI

 

 

ISTRUZIONI PER I DELEGATI del Consiglio Centrale Provvisoriodell'Associazione Internazionale dei Lavoratori (20.2.1867)

 

Coordinamento internazionale degli sforzi tramite l'ufficio di collegamento dell'associazione nella lotta tra lavoro e capitale

a) Da un punto di vista generale tale questione abbraccia l'intera attività dell'Associazione Internazionale che tende a coordinare e generalizzare gli sforzi, finora scollegati, diretti all'emancipazione delle classi lavoratrici nei diversi paesi.

b) Reagire agli intrighi dei capitalisti sempre pronti, in caso di scioperi e serrate, all'uso perverso dei lavoratori stranieri come strumento contro quelli locali, è una delle funzioni particolari che la nostra associazione ha finora praticato con successo. Uno dei grandi propositi dell'Associazione è non solo far sentire ma far agire come fratelli e compagni i lavoratori di diversi paesi nell'esercito dell'emancipazione.

c) Un grande "coordinamento internazionale di sforzi" che in particolare suggeriamo è un'inchiesta statistica sulla situazione delle classi lavoratrici di tutti paesi, condotta da parte dei lavoratori stessi. Per agire con un qualche successo, è necessario che si conosca la materia su cui agire. Iniziando un lavoro così importante, i lavoratori dimostreranno la capacità di prendere nelle loro mani il proprio destino. Proponiamo perciò che:

- in ogni località in cui esistano diramazioni della nostra Associazione abbia immediatamente inizio il lavoro, e si raccolgano le prove sui diversi punti specificati nel seguente schema di inchiesta;

- il Congresso inviti tutti i lavoratori d'Europa e Stati Uniti d'America a collaborare raccogliendo le informazioni statistiche sulla classe operaia, spedendo i rapporti e le prove al Consiglio Centrale;

- quest'ultimo li elabori in un rapporto generale aggiungendo le prove in appendice;

- questo rapporto unitamente alla sua appendice sia fornito prima del prossimo congresso annuale e, dopo aver ricevuto la sua approvazione, sia stampato a spese dell'Associazione.

 

Schema generale dell'inchiesta

(che naturalmente può essere modificato per ogni località)

1. Industria, denominazione.

2. Età e sesso del lavoratore occupato.

3. Numero degli occupati.

4. Stipendi e salari: a) apprendisti b) salari a giornata o a cottimo; forme di pagamento da parte degli intermediari. Media settimanale, annuale.

5. a) Ore di lavoro nelle fabbriche; b) ore di lavoro presso i piccoli imprenditori e a do­micilio, qualora l'attività sia svolta in quei diversi modi; c) lavoro diurno e notturno.

6. Orario dei pasti e di riposo.

7. Condizioni dell'ambiente e del lavoro: superaffollamento, ventilazione insufficiente, mancanza di luce solare, uso di luce a gas; pulizia, ecc.

8. Tipo di attività.

9. Effetti del lavoro sulla condizione fisica.

10. Condizione morale. Istruzione.

11. Caratteristiche del tipo di lavoro: se lavoro stagionale, o più o meno distribuito uni­formemente durante l'anno; se molto fluttuante, se esposto a concorrenza straniera, se principalmente destinato al mercato interno o estero, ecc.

 

Limitazione della giornata di lavoro

La limitazione della giornata di lavoro è una condizione preliminare, senza la quale ogni ulteriore tentativo per il miglioramento e l'emancipazione deve considerarsi infruttuoso.

È necessario ristabilire la salute e le energie fisiche della classe lavoratrice, cioè la gran maggioranza di ogni nazione, come pure assicurarle la possibilità di uno sviluppo intellettuale, di relazioni pubbliche, di azione politica e sociale.

Noi proponiamo otto ore quale limite legale della giornata di lavoro. Dato che tale limi­tazione è stata unanimemente richiesta dai lavoratori degli Stati Uniti d'America, il voto del Congresso la eleverà a piattaforma comune delle classi lavoratrici in tutto il mondo.

Per informazione dei membri continentali, la cui esperienza sulla legislazione di fabbrica è relativamente di breve data, aggiungiamo che tutte le restrizioni legali cadranno e saranno eliminate dal capitale se non sarà fissato il periodo della giornata in cui si devono considerare le otto ore di lavoro. La lunghezza di tale periodo dovrebbe essere determinata dalle 8 ore di lavoro più le pause per i pasti. A esempio, se le diverse interruzioni per i pasti assommano a un'ora, il periodo legale della giornata dovrebbe includere 9 ore, cioè dalle 7 alle 16, o dalle 8 alle 17. Il lavoro notturno dev'essere permesso in via eccezionale, in attività o rami di attività stabilite per legge. In prospettiva si tenderà a sopprimere ogni genere di lavoro notturno.

Questo paragrafo si riferisce soltanto agli adulti, uomini e donne: queste ultime tuttavia debbono essere rigorosamente escluse da qualsiasi tipo di lavoro notturno, e da ogni sorta di lavoro in contrasto con la delicatezza propria del sesso, o dall'esporre il proprio corpo ad agenti velenosi o altrimenti nocivi. Per adulti intendiamo tutti coloro che hanno raggiunto o superato i 18 anni.

 

Lavoro giovanile o infantile (di entrambi i sessi)

Riteniamo che la tendenza dell'industria moderna sia quella di far cooperare i fanciulli e i giovani di entrambi i sessi nel vasto processo produttivo, come una tendenza progressiva, valida e legittima, sebbene sotto il capitale venga distorta in un abominio.

In una condizione razionale della società qualsiasi ragazzo dall'età di 9 anni dovrebbe diventare un lavoratore produttivo, nello stesso modo in cui nessun adulto valido dovrebbe essere esentato dalla legge generale di natura: cioè lavorare per essere in grado di mangiare, e lavorare non solo con la mente ma anche con le mani.

Per il momento tuttavia abbiamo a che fare soltanto con i fanciulli e i giovani di ambo i sessi appartenenti alla popolazione lavoratrice. Essi dovrebbero dividersi in tre classi da trattare in maniera differente; la prima classe riguarda l'età compresa tra i 9 e i 12 anni; la seconda tra i 13 e i 15; la terza tra i 16 e i 17. Proponiamo che l'occupazione della prima classe in qualsiasi laboratorio o lavoro domestico debba essere legalmente ridotta a due ore; quella della seconda a quattro e quella della terza a sei. Per la terza classe deve esserci un'interruzione di almeno un'ora per i pasti e per il riposo.

Può essere desiderabile iniziare l'istruzione alla scuola elementare prima dei nove anni; ma ora trattiamo solo degli antidoti assolutamente indispensabili contro le tendenze di un sistema sociale che degrada l'uomo che lavora a mero strumento dell'accumulazione di capitale, e che trasforma i genitori spinti dalle necessità in mercanti di schiavi o in venditori dei propri figli. Il diritto dei fanciulli e dei giovani dev'essere rivendicato. Essi sono nell'impossibilità di difendersi. È perciò dovere della società agire a loro favore. Se le classi medie e alte trascurano i loro doveri verso i propri discendenti, è colpa loro. Usufruendo dei privilegi di queste classi, i fanciulli sono condannati a essere danneggiati dai loro pregiudizi.

Il caso della classe lavoratrice si presenta in maniera del tutto diversa. Il lavoratore non agisce affatto liberamente. Molto spesso è anche troppo ignorante per capire il vero bene di suo figlio, o le condizioni normali di sviluppo umano. Tuttavia il settore più avanzato della classe lavoratrice comprende esattamente che il futuro della sua classe, e perciò del genere umano, dipende totalmente dalla formazione di una generazione di lavoratori che cresce. Essi sanno che prima di qualunque altra cosa i fanciulli e i giovani lavoratori devono essere preservati dagli effetti deleteri del sistema attuale. Si può ottenere ciò soltanto trasformando lo spirito sociale in forza sociale e, in date circostanze, non esiste altro metodo per far ciò se non attraverso leggi generali, imposte dal potere dello stato. Rivendicando tali leggi, la classe lavoratrice non rafforza il potere del governo. Al contrario, trasforma quel potere ora usato contro di essa in mezzo a suo favore. Essa ottiene con un atto generale ciò che vanamente avrebbe tentato con una gran quantità di sforzi individuali isolati.

Procedendo da questo punto di vista, affermiamo che nessun genitore e nessun datore di lavoro dovrebbero avere la possibilità di utilizzare il lavoro giovanile, salvo nel caso in cui fosse collegato all'istruzione.

Per istruzione intendiamo tre cose.

Primo: educazione mentale.

Secondo: educazione fisica, così come viene data nelle scuole di ginnastica, e con eserci­zi militari.

Terzo: addestramento tecnologico, che impartisce i principi generali di ogni processo di produzione, e contemporaneamente inizia il fanciullo e il giovane all'uso pratico e manuale de­gli strumenti elementari di ogni tipo di lavoro.

Un corso graduale e progressivo di addestramento mentale, ginnico e tecnologico do­vrebbe corrispondere alla classificazione dei giovani lavoratori. I costi delle scuole tecnologiche dovrebbero essere coperti in parte dalla vendita dei loro prodotti.

La combinazione di lavoro produttivo pagato, educazione mentale, esercizio fisico e ad­destramento politecnico, solleverà la classe lavoratrice a un livello ben più elevato di quello del­le classi medie ed alte.

È sottinteso che l'occupazione di tutte le persone tra i 9 e i 17 anni (inclusi) nel lavoro not­turno e in ogni attività nociva alla salute dev'essere tassativamente proibita per legge.

 

Lavoro cooperativo

È compito dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori coordinare e generalizzare i movimenti spontanei delle classi lavoratrici, ma non ordinare o imporre un qualsiasi sistema dottrinario. Il Congresso perciò non dovrebbe proclamare nessun sistema speciale di cooperazione, ma limitarsi all'enunciazione di pochi principî generali.

a) Riconosciamo il movimento cooperativo come una delle forze trasformatrici della società attuale basata sull'antagonismo di classe. Il suo grande merito consiste nel mostrare praticamente che l'attuale sistema pauperizzante e dispotico della subordinazione del lavoro al capitale può essere soppiantato dal sistema vantaggioso di tipo pubblico dell'associazione di produttori liberi e uguali.

b) Ristretto tuttavia alle forme insignificanti in cui i singoli schiavi salariati possono elaborarlo con i loro sforzi individuali, il sistema cooperativo non trasformerà mai la società capitalistica. Per modificare la produzione sociale in un unico sistema vasto e armonioso di lavoro libero e cooperativo, si richiedono cambiamenti sociali generali - cambiamenti delle condizioni generali della società che non saranno mai realizzati se non con il trasferimento delle forze organizzate della società, cioè il potere dello stato, dai capitalisti e dai proprietari fondiari ai produttori stessi.

c) Raccomandiamo ai lavoratori di incoraggiare le cooperative di produzione piuttosto che le cooperative di consumo. Mentre queste ultime non sfiorano che la superficie del sistema economico attuale, le altre attaccano la sua base.

d) Raccomandiamo a tutte le società cooperative di destinare una parte del loro reddito comune a un fondo per propagare i loro principi sia con l'esempio sia con la preparazione, in altri termini, sia con il promuovere la costituzione di nuove cooperative sia con l'insegnamento e con i discorsi.

e) Al fine di prevenire la degenerazione delle società cooperative in semplici società per azioni della classe media, tutti i lavoratori occupati, associati o meno, devono parteciparvi nella stessa misura. Come espediente puramente temporaneo, siamo disposti a concedere agli associati un basso tasso di interesse.

 

I sindacati. Loro passato. presente e futuro

a) Loro passato

Il capitale è concentrato in una forza sociale, mentre il lavoratore deve disporre soltanto della sua forza-lavoro. Il contratto tra capitale e lavoro, pertanto, non può mai essere stabilito in termini equi - equi anche nel senso di una società che pone da una parte la proprietà dei mezzi materiali di sussistenza e il lavoro, e dalla parte opposta le energie produttive vitali. Il solo potere sociale dei lavoratori è la loro numerosità. La forza della numerosità è tuttavia annullata dalla disunione. La disunione dei lavoratori è creata e perpetuata dall'inevitabile concorrenza tra di loro.

Originariamente i sindacati sorsero dai tentativi spontanei dei lavoratori di eliminare o almeno frenare tale concorrenza, al fine di conquistare un tale livello di contrattazione che permettesse loro di sollevarsi almeno al di sopra della condizione di meri schiavi. L'obiettivo im­mediato dei sindacati fu perciò limitato alle necessità quotidiane, a espedienti per impedire l'incessante usurpazione del capitale, in una parola, a questioni di salari e tempo di lavoro. Quest'attività dei sindacati non solo è legittima, ma necessaria. Non può essere eliminata finché dura l'attuale sistema di produzione. Al contrario, dev'essere generalizzata con la formazione e il coordinamento dei sindacati in tutti i paesi. D'altro lato, i sindacati stavano inconsciamente formando centri di organizzazione della classe operaia, così come le municipalità medievali e i comuni fecero per la classe media. Se i sindacati sono necessari per le battaglie di guerriglia tra capitale e lavoro, sono ancora più importanti in quanto organizzazioni per il superamento del sistema stesso di lavoro salariato e capitale.

b) Loro presente

Impegnati in maniera troppo esclusiva nelle lotte locali e immediate contro il capitale, i sindacati non hanno ancora pienamente compreso il loro potere d'azione proprio contro il siste­ma di schiavitù dei salari. Pertanto si sono tenuti troppo in disparte dai generali movimenti so­ciali e politici. Negli ultimi tempi, tuttavia, sembra che si siano risvegliati al senso della loro grande missione storica, come appare, a esempio, dalla loro partecipazione in Inghilterra al re­cente movimento politico, dalla visione più ampia della loro funzione negli Stati Uniti, e dalla seguente risoluzione approvata alla recente grande conferenza dei delegati sindacali a Sheffield:

<Questa conferenza, apprezzando completamente gli sforzi compiuti dall'Associazione Internazionale per unire in un unico vincolo comune di fraternità i lavoratori di tutti i paesi, col più grande fervore raccomanda alle diverse società qui rappresentate l'opportunità di affiliarsi a tale associazione, ritenendo ciò essenziale al progresso e alla prosperità dell'intera comunità dei lavoratori>.

c) Loro futuro

A parte i loro propositi originari, i sindacati debbono ora imparare ad agire cosciente­mente per essere centri organizzati della classe lavoratrice nel generale interesse della sua completa emancipazione. Devono aiutare ogni movimento politico e sociale tendente verso questa direzione. Considerandosi ed agendo come i campioni e i rappresentanti dell'intera classe lavoratrice, essi non possono non inserire nei loro ranghi coloro che ancora non sono associati. Devono fare molta attenzione agli interessi delle categorie di lavoro peggio pagate, come quella dei lavoratori agricoli, rese impotenti e private di ogni resistenza organizzata da circostanze eccezionali. Devono convincere il mondo intero che i loro sforzi, lungi dall'essere ristretti ed egoisti, tendono all'emancipazione di milioni di oppressi.

 

Imposizione diretta e indiretta

a) Nessuna modifica della forma di imposizione può produrre un qualche importante cambiamento nelle relazioni tra lavoro e capitale.

b) Ciononostante, dovendo scegliere tra due sistemi di imposizione, raccomandiamo la totale abolizione delle imposte indirette, e la loro sostituzione generale con le imposte dirette. Ciò perché le imposte indirette aumentano i prezzi delle merci, in quanto i commercianti aggiungono a quei prezzi non solo l'ammontare delle imposte stesse, ma l'interesse e il profitto sul capitale anticipato per pagarle. Ciò perché le imposte indirette nascondono all'individuo quanto egli paga allo stato, mentre invece una imposta diretta non è mascherata né mistificata, e non può essere fraintesa neppure dalle persone meno capaci. L'imposizione diretta permette dunque a ognuno di controllare i poteri dello stato, mentre l'imposizione indiretta distrugge ogni tendenza all'autogoverno.

 

Eserciti

(Eserciti permanenti; loro rapporti con la produzione)

a) L'influenza deleteria di grandi eserciti permanenti sulla produzione, è stata sufficientemente esposta a tutti i tipi di congressi della classe media, ai congressi della pace, ai congressi economici, ai congressi statistici, ai congressi filantropici, ai congressi sociologici. Riteniamo perciò del tutto superfluo dilungarci su questo punto.

b) Proponiamo l'armamento generale del popolo e la sua istruzione generale sull'uso delle armi.

c) Accettiamo come necessità transitoria piccoli eserciti permanenti per formare scuole per gli ufficiali militari; e che ogni cittadino di sesso maschile serva in tali eserciti per un periodo di tempo molto limitato.

 

 

LETTERA DI MARX A SORGE

Stralci - (Londra, 5 novembre 1880)

 

Caro Sorge,

quante cose abbiamo visto divampare e poi sfumare senza tracce durante il nostro esilio di molti anni! Nell'insieme le cose vanno benissimo (parlo di tutto il travaglio della situazione europea), come vanno bene anche entro la cerchia del vero partito rivoluzionario continentale.

Probabilmente hai notato che specialmente L'égalité (grazie in primo luogo al passaggio di Guesde a noi e grazie ai lavori di mio genero Lafargue) ha rappresentato per la prima volta un giornale operaio "francese" nel vero senso della parola. Anche Malon nella Revue socialiste - sebbene con le incongruenze inseparabili dalla sua natura eclettica - si è dovuto dichiarare (era­vamo nemici, perché lui originariamente è stato uno dei fondatori dell'Alleanza) a favore del so­cialismo moderno scientifico, cioè di quello tedesco. Ho scritto per lui il "questionario" - che prima è stato stampato nella Revue socialiste e poi è stato diffuso in un grandissimo numero di copie in tutta la Francia.

Poco dopo è venuto Guesde a Londra per scrivere qui con noi (Engels, Lafargue e me) un programma elettorale per i lavoratori per le prossime elezioni generali. Nonostante la nostra protesta, Guesde ritenne necessario imporre alcune inezie ai lavoratori francesi, come il salario minimo stabilito per legge, ecc. (Gli ho detto: se il proletariato francese è ancora così infantile da aver bisogno di tali lusinghe, non vale neppure la pena di formulare un qualsiasi programma). Salvo ciò, questo brevissimo documento, oltre a poche righe introduttive nelle quali viene definito il fine comunista, è composto nella sua parte economica soltanto di rivendicazioni che sono nate realmente in modo spontaneo dallo stesso movimento dei lavoratori. È stato un colpo, riportare i lavoratori francesi dalle nubi della loro retorica sul terreno della realtà, perciò ha provocato anche molto scandalo tra tutti gli impostori francesi, che vivono delle "vendite di fumo". Il programma è stato approvato, dopo una opposizione fortissima degli anarchici, soprattutto nella regione centrale, cioè Parigi e dintorni, più tardi in molte altre sedi di lavoratori.

La fondazione contemporanea di gruppi operai diversi (salvo gli anarchici che non rappresentano veri lavoratori, ma gente squalificata con alcuni lavoratori ingannati, come loro sol­dati semplici) e il fatto che su altri punti siano state sostenute opinioni diverse dimostrano, secondo me, che questo è il primo vero movimento dei lavoratori in Francia. Finora non c'erano in Francia altro che delle sètte, le quali ricevevano naturalmente la loro parola d'ordine dal fondatore della sètta, mentre la massa del proletariato seguiva i borghesi radicali, o che facevano i radicali, e nel giorno della decisione combatteva per loro, per essere poi massacrata, deportata, ecc. il giorno dopo da quelli che essa aveva fatto giungere al potere.

L'émancipation, distribuita pochi giorni fa a Lyon, sarà l'organo del "partito operaio", nato sulla base del socialismo tedesco. Avevamo e abbiamo anche i nostri combattenti nel campo stesso degli avversari - e cioè nel campo radicale. Theisz ha affrontato la questione operaia nell'Intransigeant, l'organo di Rochefort; è venuto a Londra come proudhonista dopo la sconfit­ta della Comune come tutti i socialisti francesi "intellettuali", dove è cambiato completamente attraverso un contatto personale con me e un intenso studio del Capitale. D'altra parte mio gene­ro ha lasciato il suo posto di professore al King's College, è tornato a Parigi (fortunatamente la sua famiglia sta ancora qua), è diventato uno dei redattori più autorevoli della Justice di Cle­menceau, capo dell'estrema sinistra. Ha lavorato così bene, che Clemenceau, il quale ancora l'a­prile scorso si espresse pubblicamente contro il socialismo e come sostenitore dell'opinione americano-democratico-repubblicana, è passato dalla parte nostra nel suo ultimo discorso tenuto a Marsiglia contro Gambetta, sia nell'orientamento generale sia nei riguardi di singoli punti essenziali, contenuti nel Programma minimo. Ciò non ha alcuna importanza, se lui mantiene ciò che ha promesso. In ogni caso ha introdotto la nostra concezione nel partito radicale, i cui organi comicamente ammirano adesso, dalla bocca di Clemenceau, come qualcosa di meraviglioso ciò che finché era soltanto una parola d'ordine del "partito operaio", era stato da loro ignorato o bef­feggiato.

Non c'è bisogno di dirti - poiché tu conosci lo chauvinismo francese - che i fili segreti, per mezzo dei quali Guesde ha messo in movimento i dirigenti - da Malon fino a Clemenceau - sono nostri. Non bisogna parlarne. Quando si vuole agire per i signori francesi, bisogna farlo anonimamente, per non turbare il sentimento "nazionale". È un fatto che gli anarchici già denunciano i nostri collaboratori come agenti prussiani, sotto la dittatura del "noto" agente prussiano - Karl Marx.

Tuo Karl Marx

 

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI

del programma del partito operaio francese (30.6.1880)

 

 

Considerando,

che l'emancipazione della classe produttiva è quella di tutti gli esseri umani senza distinzione di sesso e di razza;

che i produttori non potranno essere liberi finché non saranno in possesso dei mezzi di produzione (terra, fabbriche, navi, banche, crediti, ecc.);

che non vi sono che due forme sotto le quali i mezzi di produzione possono appartenere loro:

1. la forma individuale, che non è mai esistita allo stato dei fatti in modo generale e che è diminuita sempre più a causa del progresso industriale;

2. la forma collettiva, i cui elementi materiali e intellettuali sono costituiti dallo sviluppo stesso della classe capitalista;

 

Considerando,

che questa appropriazione collettiva non può provenire che dall'azione rivoluzionaria della classe produttiva - o proletariato - organizzata in un proprio partito politico;

che una simile organizzazione deve essere perseguita con tutti i mezzi di cui dispone il proletariato, compreso il suffragio universale, trasformato così da strumento di inganno quale è stato fin qui, in strumento di emancipazione;

i lavoratori socialisti francesi, dandosi come obiettivo dei loro sforzi rispetto all'ordine economico il ritorno alla collettività di tutti i mezzi di produzione, hanno deciso, come mezzo di organizzazione e di lotta, di partecipare alle elezioni con il seguente programma minimo.

 

PROGRAMMA MINIMO

del partito operaio francese

 

I. Parte politica

1. Abolizione di tutte le leggi sulla stampa, sulle riunioni e sulle associazioni e soprattutto della legge contro l'associazione internazionale dei lavoratori. Soppressione del "libretto", vera schedatura della classe operaia, e di tutti gli articoli del codice che sanciscono l'inferiorità dell'operaio di fronte al padrone e l'inferiorità della donna di fronte all'uomo.

2. Soppressione dei fondi per il culto e restituzione alla nazione "dei beni detti della manomorta, mobili e immobili, appartenenti agli ordini religiosi" (decreto della Comune del 2 aprile 1871), compresi tutti gli annessi industriali e commerciali di tali ordini.

3. Soppressione del debito pubblico.

4. Abolizione degli eserciti permanenti e armamento generale del popolo.

5. Attribuzione ai comuni delle competenze amministrative e di polizia.

 

II. Parte economica

1. Riposo di un giorno a settimana e divieto per i datori di lavoro di far lavorare più di sei giorni su sette. Riduzione legale della giornata lavorativa a otto ore per gli adulti. Divieto di lavoro nelle fabbriche private per i minori di 14 anni; e riduzione della giornata di lavoro a 6 ore per quelli compresi tra i 14 e 18 anni.

2. Sorveglianza e assistenza per gli apprendisti affidata ai sindacati operai.

3. Salario minimo garantito, determinato, ogni anno, sulla base dei prezzi correnti dei generi di prima necessità, da parte di una commissione statistica operaia.

4. Divieto per i padroni di assumere operai stranieri a un salario inferiore rispetto a quello degli operai francesi.

5. Uguale salario a uguale lavoro per i lavoratori dei due sessi.

6. Istruzione scientifica e professionale di tutti i ragazzi, a carico della società, rappresentata dallo stato e dai comuni.

7. Assistenza ai vecchi e agli invalidi del lavoro a carico della società.

8. Abolizione di qualsiasi intromissione dei datori di lavoro nell'amministrazione dei fondi operai di mutuo soccorso, di previdenza, ecc., restituiti alla gestione esclusiva degli operai stessi.

9. Responsabilità dei padroni in materia di incidenti, garantita attraverso il versamento nelle casse dei fondi operai di una cauzione da parte del datore di lavoro, in proporzione del nu­mero di operai occupati e dei rischi inerenti la particolare industria.

10. Intervento degli operai nella definizione dei regolamenti speciali delle diverse fabbriche; soppressione del diritto, usurpato dai padroni, di imporre penalità ai loro operai sotto forma di multe o di trattenute sui salari (decreto della Comune del 27 aprile 1871).

11. Annullamento di tutti i contratti di privatizzazione della proprietà pubblica (banche, ferrovie, miniere, ecc.), e di cessione di quelle fabbriche dello stato affidate alla gestione diretta degli stessi lavoratori.

12. Abolizione di tutte le imposte indirette e trasformazione di tutte le imposte dirette in un'imposta progressiva sui redditi superiori a 3000 franchi. Soppressione della trasmissione ereditaria per linee collaterali e di qualsiasi eredità per linea diretta oltre i 20000 franchi.

 

 

INCHIESTA OPERAIA

 

Nessun governo (monarchico o repubblicano borghese) ha osato intraprendere una inchiesta seria sulla situazione della classe operaia francese. Ma, in cambio quante inchieste sulle crisi agricole, finanziarie, industriali, commerciali, politiche!

Le infamie dello sfruttamento capitalistico rivelate dall'inchiesta ufficiale del governo inglese, e le conseguenze legali che queste rivelazioni hanno prodotto (limitazione della giornata legale di lavoro a dieci ore, legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, ecc.), hanno reso la borghesia francese ancora più timorosa dei pericoli che potrebbe presentare un'inchiesta imparziale e sistematica.

In attesa di poter portare il governo repubblicano a imitare il governo monarchico dell'lnghilterra, ad aprire una vasta inchiesta sui fatti e misfatti dello sfruttamento capitalistico, noi tenteremo, con i deboli mezzi di cui disponiamo, di cominciarne una. Speriamo di essere sostenuti, nella nostra opera, da tutti i lavoratori delle città e delle campagne, i quali comprendono che essi soli possono descrivere con piena cognizione di causa, i mali che li colpiscono; che essi soli, e non dei salvatori provvidenziali, possono applicare energicamente rimedi alle miserie sociali di cui soffrono; contiamo anche sui socialisti di tutte le scuole che, volendo una riforma sociale, devono volere una conoscenza esatta e positiva delle condizioni in cui lavora e si muove la classe operaia, la classe a cui appartiene l'avvenire.

Questi Quaderni del lavoro sono la prima opera che s'impone alla democrazia socialista per preparare il rinnovamento sociale.

Le cento domande che seguono sono le più importanti.

Le risposte devono portare il numero d'ordine della domanda. Non è necessario rispon­dere a tutte le domande, ma raccomandiamo di dare le risposte nel maggior numero e nel modo più dettagliato possibile. Il nome dell'operaia e dell'operaio che risponde non sarà pubblicato, a meno di autorizzazione speciale; ma esso deve essere dato, insieme al proprio indirizzo, perché se necessario si possa comunicare con loro.

 

I

1. Qual'è il suo lavoro?

2. La fabbrica nella quale lavora appartiene a un capitalista o a una società per azioni? Indichi i nomi dei capitalisti datori di lavoro o dei dirigenti della società.

3. Indichi il numero delle persone occupate.

4. Indichi la loro età e il loro sesso.

5. Qual'è l'età minima alla quale sono ammessi i fanciulli (maschi o femmine)?

6. Indichi il numero dei sorveglianti e degli altri impiegati che non sono salariati semplici.

7. Vi sono apprendisti? Quanti?

8. Oltre agli operai occupati normalmente e regolarmente, ve ne sono altri che vengono da fuori e in certe stagioni?

9. L'industria del suo padrone lavora esclusivamente o principalmente per i compratori abituali, per il mercato interno o per l'esportazione?

10. La fabbrica è situata in campagna o in città? Indichi la località.

11. Se la sua fabbrica è situata in campagna, il suo lavoro industriale le è sufficiente per vivere, o deve abbinarlo con un lavoro agricolo?

12. Il suo lavoro è fatto a mano o con l'aiuto di macchine?

13. Fornisca alcuni dettagli sulla divisione del lavoro nella sua industria.

14. Viene impiegato il vapore come forza motrice?

15. Enumeri i locali in cui sono praticate le diverse attività dell'industria. Descriva la specializzazione nella quale lei è occupato; parli non soltanto della parte tecnica ma anche della fatica muscolare e nervosa che essa impone e dei suoi effetti generali sulla salute degli operai.

16. Descriva le condizioni della fabbrica: dimensione dei locali, posto assegnato a ciascun operaio; ventilazione, temperatura, imbiancamento dei muri con la calce, gabinetti, pulizia generale, rumore delle macchine, polveri metalliche, umidità, ecc.

17. Esiste una sorveglianza municipale o governativa sulle condizioni igieniche della fabbrica?

18. Nella sua industria vi sono particolari emanazioni nocive che generano specifiche malattie fra gli operai?

19. La fabbrica è ingombra di macchine?

20. La forza motrice, gli apparecchi di trasmissione e le macchine sono protetti in modo da pre­venire ogni incidente?

21. Enumeri gli incidenti accaduti durante la sua esperienza personale.

22. Se lei lavora in una miniera enumeri le misure preventive prese dal suo datore di lavoro per assicurare la ventilazione e impedire le esplosioni e altri incidenti pericolosi.

23. Se lei lavora in una fabbrica di prodotti chimici, in una officina, in una manifattura di oggetti metallici o in qualsiasi altra industria che presenti particolari pericoli, enumeri le misure di precauzione prese dal suo datore di lavoro.

24. Quali sono i mezzi di illuminazione della sua fabbrica (gas, petrolio, ecc.)?

25. In caso di incendi, i mezzi di fuga sono sufficienti?

26. In caso di incidente, il datore di lavoro è obbligato legalmente a indennizzare l'operaio o la sua famiglia?

27. Se no, egli ha mai indennizzato coloro ai quali è accaduto un infortunio, mentre lavoravano per arricchirlo?

28. Vi è un servizio medico nella sua fabbrica?

29. Se lei lavora al suo domicilio, descriva lo stato del suo locale di lavoro . Si serve soltanto di utensili o di piccole macchine? Si fa aiutare dai suoi figli o da altre persone (adulti o fanciulli, maschi o femmine)? Lavora per clienti particolari o per un imprenditore? Tratta direttamente con lui o attraverso un intermediario?

 

II

30. Enumeri le ore quotidiane di lavoro e i giorni di lavoro durante la settimana.

31. Enumeri i giorni di festa durante l'anno.

32. Quali sono le interruzioni della giornata di lavoro?

33. I pasti sono presi a intervalli determinati o irregolarmente? Sono presi dentro o fuori la fabbrica?

34. Si lavora durante le ore dei pasti?

35. Se si impiega il vapore, quando lo si dà e quando lo si arresta?

36. Vi è lavoro notturno?

37. Enumeri le ore di lavoro dei fanciulli e dei giovani al di sotto dei 16 anni.

38. Vi sono squadre di fanciulli e di giovani che si danno il turno mutuamente durante le ore di lavoro?

39. Le leggi sul lavoro dei fanciulli sono emanate dal governo o dai comuni? I datori di lavoro le rispettano?

40. Esistono scuole per i fanciulli e i giovani occupati nella sua categoria di lavoro? Se vi sono, quali sono le ore di scuola? Chi le dirige? Chi vi insegna?

41. Quando il lavoro è notturno e diurno, qual'è il sistema dei turni (il turno si fa in modo che un gruppo di operai dia il cambio a un altro)?

42. Qual'è il prolungamento abituale delle ore di lavoro durante i periodi di grande attività industriale?

43. Le macchine sono pulite da operai assunti specificamente per questo lavoro; o lo sono gratuitamente dagli operai occupati alle macchine durante la loro giornata di lavoro?

44. Quali sono i regolamenti e le multe per i ritardi? Quando comincia la giornata di lavoro e quando ricomincia dopo i pasti?

45. Quanto tempo perde per andare in fabbrica e per tornare a casa?

 

 

III

46. Quale è il contratto che lei ha con il suo datore di lavoro? È assunto a giornata, a settimana, a mese, ecc.?

47. Quali sono le condizioni stipulate per licenziarsi o essere licenziato?

48. In caso di rottura del contratto, quando è in colpa il datore di lavoro, qual'è la sua penalità?

49. E quando è in colpa l'operaio, qual'è la sua penalità?

50. Se vi sono apprendisti, quali sono i termini del loro contratto?

51. Il suo lavoro è regolare o irregolare?

52. Nella sua categoria si lavora soltanto durante certe stagioni, o il lavoro, in tempi normali, è distribuito in modo più o meno uguale durante tutto l'anno? Se lei lavora soltanto in certe stagioni, come vive nell'intervallo?

53. Lei è pagato a tempo o a cottimo?

54. Se è pagato a tempo è pagato a ora o giornata?

55. Vi sono salari extra per lavori extra? Quali sono?

56. Se il suo salario è a cottimo, come è fissato? Se lei è occupato in industrie dove il lavoro eseguito è misurato dalla quantità o dal peso, come è il caso delle miniere, il suo datore di lavoro o i suoi incaricati sono ricorsi a inganni per defraudarla di una parte dei suoi guadagni?

57. Se lei è pagato a cottimo, si prende a pretesto la qualità del prodotto per deduzioni fraudolente dal suo salario?

58. Che lei sia pagato a cottimo o a tempo, quand'è che e pagato, in altre parole quant'è lungo il credito che fa al suo padrone prima di ricevere il prezzo del lavoro eseguito? È pagato dopo una settimana, un mese, ecc.?

59. Ha osservato che il ritardo nel pagamento del suo salario la obblighi a ricorrere frequentemente ai monti di pietà, pagandovi un alto tasso di interesse, privandola di cose di cui ha bisogno; di fare debiti presso i bottegai diventando loro preda in quanto loro debitore? È a conoscenza di casi in cui operai abbiano perduto i loro salari per fallimento o bancarotta dei loro padroni?

60. I salari sono pagati direttamente dal padrone o attraverso intermediari, (appaltatori, ecc.)?

61. Se i salari sono pagati attraverso appaltatori o altri intermediari, quali sono i termini del suo contratto?

62. Quant'è il suo salario in denaro al giorno e alla settimana?

63. Quali sono i salari delle donne e dei fanciulli che cooperano con lei nella stessa fabbrica?

64. Qual'è stato nella sua fabbrica il salario a giornata più elevato durante l'ultimo mese?

65. Qual'è stato il salario a cottimo più elevato durante l'ultimo mese?

66. Qual'è stato il suo salario durante il medesimo periodo e, se ha una famiglia, quali sono i salari di sua moglie e dei suoi figli?

67. I salari sono pagati interamente in denaro o in altro modo?

68. Se è il suo datore di lavoro che le affitta la casa, quali sono le condizioni? Deduce la pigione dal suo salario?

69. Quali sono i prezzi degli oggetti necessari, come:

a) pigione della sua abitazione; condizioni di affitto; numero dei locali che la compongono, delle persone che vi abitano; riparazioni, assicurazioni; acquisto e manutenzione del mobilio, riscaldamento, illuminazione, acqua, ecc.

b) Alimentazione: pane, carne, verdure, patate, ecc. latticini, uova, pesce, burro, olio, strutto, zucchero, sale, spezie, caffè, cicoria, birra, sidro, vino, ecc., tabacco.

c) Abbigliamento per i genitori e per i figli, bucato, pulizie, bagni, saponi, ecc.

d) Spese varie: postali, prestiti e depositi ai monti di pietà, spese di scuola per i figli, di apprendistato, acquisto di giornali, libri, ecc., contributi a società di mutuo soccorso, per gli scioperi, per le leghe, per società di resistenza, ecc.

e) Spese, se ve ne sono, connesse con il suo tipo di lavoro.

f) Imposte.

70. Provi a formulare un bilancio settimanale e annuale dei suoi redditi e di quelli della sua famiglia, delle sue spese settimanali e annuali!

71. Lei ha osservato, nella sua esperienza personale, un aumento maggiore rispetto al salario, del prezzo degli oggetti necessari per vivere, come l'abitazione, l'alimentazione, ecc.?

72. Enunci le variazioni del livello dei salari che le sono note.

73. Menzioni le diminuzioni dei salari in tempi di ristagno e di crisi industriale.

74. Menzioni l'aumento dei salari in tempi di pretesa prosperità.

75. Menzioni le interruzioni del lavoro dovute al cambiamento delle mode e alle crisi particolari e generali. Parli della sua disoccupazione involontaria.

76. Confronti i prezzi degli articoli che lei produce o dei servizi che lei fornisce con il prezzo del suo lavoro.

77. Citi i casi che le sono noti di operai licenziati a causa dell'introduzione di macchine o di altri perfezionamenti.

78. Con lo sviluppo delle macchine e della produttività del lavoro, l'intensità e la durata del la­voro sono aumentate o diminuite?

79. È a conoscenza di qualche aumento di salario come conseguenza dei progressi della produzio­ne?

80. Lei ha mai conosciuto operai semplici che abbiano potuto ritirarsi all'età di 50 anni e vivere con il denaro guadagnato nella loro qualità di salariati?

81. Qual'è nella sua categoria il numero di anni durante il quale può continuare a lavorare un operaio di salute media?

 

IV

82. Esistono società di resistenza nella sua categoria e come sono gestite? Invii i loro statuti e regolamenti.

83. Quanti scioperi della sua categoria sono stati organizzati nel corso della sua esperienza?

84. Quanto tempo sono durati questi scioperi?

85. Erano generali o parziali?

86. Avevano come obiettivo un aumento dei salari o erano fatti per resistere a una riduzione dei salari; o si riferivano alla lunghezza della giornata di lavoro, o erano dovuti ad altri motivi?

87. Quali sono stati i loro risultati?

88. Parli delle azioni del Tribunale del Lavoro.

89. La sua categoria è stata sostenuta dagli scioperi di operai appartenenti ad altre categorie?

90. Parli dei regolamenti e delle penalità stabilite dal suo datore di lavoro per la gestione dei suoi salariati.

91. Vi sono state coalizioni di datori di lavoro per imporre riduzioni di salari, aumenti di lavoro, per impedire gli scioperi e in genere per imporre le loro volontà?

92. Lei è a conoscenza di casi in cui il governo abbia abusato della forza pubblica per metterla al servizio dei datori di lavoro contro i loro dipendenti?

93. Lei è a conoscenza di casi in cui il governo sia intervenuto per proteggere gli operai contro il ricatto dei padroni e le loro coalizioni illegali?

94. Il governo fa applicare contro i padroni le leggi esistenti sul lavoro? E i suoi ispettori fanno il loro dovere?

95. Esistono nella sua fabbrica o nella sua categoria società di mutuo soccorso, in caso di inci­denti, di malattia, di morte, d'incapacità temporanea al lavoro, di vecchiaia, ecc.? Invii i loro statuti e regolamenti.

96. L'iscrizione a queste società è volontaria o obbligatoria? I fondi sono esclusivamente sotto il controllo degli operai?

97. Se i contributi sono obbligatori e sotto il controllo dei padroni, essi li trattengono sui salari? Essi pagano interessi per queste trattenute? Queste sono restituite all'operaio quando si licenzia o è licenziato? Lei è a conoscenza di casi in cui operai abbiano beneficiato dei cosiddetti fondi pensione controllati dai padroni, ma il cui capitale costitutivo è prelevato dai salari degli operai?

98. Vi sono società cooperative nella sua categoria? Come sono dirette? Impiegano operai esterni come fanno i capitalisti? Invii i loro statuti e regolamenti.

99. Esistono nella sua categoria fabbriche in cui le retribuzioni degli operai sono pagate in parte sotto forma di salario e in parte sotto forma di pretesa partecipazione ai profitti? Con­fronti le somme ricevute da questi operai e quelle ricevute da altri operai dove non esiste alcuna pretesa partecipazione ai profitti. Enumeri gli obblighi degli operai sottoposti a questo regime. Possono fare scioperi, ecc., o è permesso loro soltanto di essere gli umili servitori dei loro padroni?

100. Quali sono le condizioni generali, fisiche, intellettuali, morali degli operai e delle operaie occupati nella sua stessa categoria di lavoro?

 

La proposta originaria di una "inchiesta statistica sulla situazione delle classi lavoratrici" fu formulata per la prima volta da Marx nelle Istruzioni per i delegati del consiglio centrale provvisorio dell'associazione internazionale dei lavoratori, nel 1867, poi ripresa nel 1880. L'intento era di portare alla luce quei "fatti e misfatti", relativi all'organizzazione del lavoro e al processo di produzione e di vita, che il potere borghese deliberatamente occulta o quanto meno mistifica. È significativo che i temi dell'inchiesta siano connessi alla riduzione del tempo di lavoro e all'intensità del lavoro, al lavoro a domicilio, al lavoro in appalto e al cottimo, al lavoro minorile e all'istruzione di massa, alla pretesa partecipazione dei lavoratori ai profitti e alla gestione padronale dei fondi contributivi, alla mancata applicazione delle leggi sul lavoro e all'abuso della polizia.