Una lotta autonoma

l’esperienza dei lavoratori delle pulizie ferroviarie

 

Dall’11 al 16 febbraio i lavoratori delle pulizie ferroviarie hanno espresso autonomamente dai sindacati confederali e dai partiti istituzionali il loro dissenso rispetto alle manovre di taglio del personale da attuare nell’immediato (su 8500 pulitori, 3500 licenziamenti). La mobilitazione si è estesa a macchia d’olio nelle più importanti stazioni ferroviarie d’Italia.

I lavoratori di questo settore sono un segmento di classe fortemente precarizzato, con soggetti che oscillano tra il “sottoproletariato” al “vecchio e giovane operaio immigrato” fino al giovane precario (con minimo almeno una quindicina di lavori già fatti). Non ci si aspettava, quindi, una simile mobilitazione e capacità di classe di aggredire l’organizzazione del lavoro. Troppo spesso i termini precarietà-flessibilità, oltre ad essere materialmente un abbassamento del tenore di vita dei proletari, sono sinonimi di impossibilità d’azione politica della classe. Questa lotta ha rotto questo paradigma. Si sono susseguiti scioperi, blocchi dei binari, infischiandosene delle norme antisciopero, dei paletti legali. Nell’estrema semplicità della lotta, questi lavoratori hanno colpito una delle arterie portanti dell’organizzazione del lavoro, lo spostamento delle merci e delle persone.

L’obiettivo delle lotta rispondeva a determinati interessi materiali minimi, ma dentro questo obiettivo è scaturita una lotta che a preso i contenuti di una mobilitazione autonoma. Dentro i picchetti, nelle assemblee non si respirava la rassegnazione, la passività sindacale, vi era una rinnovata comunità di lotta, si materializzava l’autonomia proletaria.

Questa lotta ha dimostrato anche la capacità di analisi dei lavoratori mobilitati. Un settore così periferico rendeva inefficace forme di sciopero dentro “l’azienda”, era quindi importante rilanciare la mobilitazione a un livello superiore.

Il sindacato ha rincorso e in alcuni casi apertamente osteggiato questa vertenza, spaventato dalla rabbia dei lavoratori, che scesi in mobilitazione, non accettavano volentieri la rassegnazione dei dirigenti sindacali rispetto all’azienda.

Il sindacato di base è stato in alcune situazione una struttura di supporto di questa lotta, tuttavia ha faticato a cogliere le istanze di allargamento del conflitto in altri settori attigui a quello delle pulizie ferroviarie, rimanendo imbrigliato in una “vetero” logica sindacale.

Questa lotta di per sé non ha coinvolto milioni di persone e neppure partiva da un settore centrale nell’organizzazione del lavoro tuttavia pur nella sua estrema brevità è stata intensa e ha permesso una ripresa del dibattito sul conflitto e le lotte autonome, più delle mobilitazioni sindacali dei metalmeccanici in questi ultimi mesi.

Rimangono quindi due questioni che possono essere stimolo per la ripresa del dibattito tra la classe nate dalla vertenza dei lavoratori delle pulizie:

- la capacità del cosiddetto -precarito sociale- di essere vettore e avanguardia di lotte autonome, avendo la capacità di andare oltre al perimetro aziendale e infischiandosene dei paletti normativi per lo sciopero.

- la necessità della forza e di una comunità di lotta tra i lavoratori capace di sviluppare collegamento orizzontale.

 

Noi di Zona Industriale esprimiamo solidarietà a questi lavoratori , cercando anche di valorizzare il più possibile la loro esperienza di lotta.

 

Zona industriale 2002