Ristrutturazione e violenza operaia

spunti per gestire la crisi contro i padroni

Recentemente in Italia la vicenda della Goodyear di Latina ha portato alla ribalta il problema delle ristrutturazioni, delle chiusura drastiche e della relativa risposta operaia alla crisi. Gli operai della Goodyear pur avendo avuto un vasto movimento di solidarietà hanno subito una sonora sconfitta (una parte di loro sono stati assunti al nord con contratti interinali..). Le aree della sinistra di classe come gli operai della Goodyear pur promuovendo momenti di contro-informazione hanno subito la politica attendista dei sindacati e dei partiti della sinistra istituzionale, mettendo al primo posto il lavoro e la produttività. In altre fabbriche si è vista la stessa evoluzione. (note una nutrita quantità di materiali sulle vertenze delle fabbriche in chiusura lo offre la rivista Operai Contro)

La vicenda della Cellatex in Francia ha ribaltato la questione e ha permesso agli operai di vincere una battaglia riportando come metodo l’azione diretta.

La lotta di classe riprende dai colori durante l’estate

Givet, Valenciennes, Schiltigheim, Nogent-sur-Seine, sono quattro città venute alla ribalta questa estate: non per un festival, non per le loro spiagge dove ci si stende per abbronzarsi da idioti ma per il manifestarsi della lotta di classe con dei conflitti esplosivi.

“Se si producessero dei dolci, non saremmo in grado di discutere. I prodotti chimici sono il nostro solo mezzo di scambio”

La lotta della Cellatex prende piede in un momento in cui i conflitti sociali nel settore privato in Francia sono al livello più basso. Il ministero del lavoro ne ha recensiti 1119 nel 1999, sebbene sia aumentati del 5% rispetto all’anno precedente si è comunque lontani dai 4500 del 1975. Su 1119 conflitti, solo il 13% hanno dato luogo a delle occupazioni del luogo del lavoro. Delle lotte molto dure ce ne sono state, soprattutto a causa della chiusura di una azienda: Longwy, Denain, Vireux alla fine degli anni 70 e all’inizio degli anni 80 per la siderurgia, Chausson à Creil nel 90, Hoover a Longic nel 93, la Renault a Vivvorde nel 1996, il Credit Foncier di francia nel 1997. Ma a parte la Vireux, gli operai si sono sentiti responsabili dei loro licenziamenti: l’azienda era ben avviata perciò non doveva chiudere. E’ stato perciò la propria capacità professionale a essere messa in discussione, facendolo percepire come uno scacco personale.

Alcune note sulla Cellatex

Quando vi recate a “la pointe” sulle Ardenne, voi sentirete parlare della CELLATEX rispetto alla -seta-. Questa vecchia azienda tessile che contava fino a 1000 lavoratori lavorava inizialmente le fibre naturali-la seta-, poi si indirizzo verso le fibre sintetiche, il rayon.

Questa azienda era composta ancora da 600 lavoratori all’inizio degli anni 60. Nel 1991, il suo proprietario dal 1960, Rhone Poulenc se ne è sbarazzato. Dopo una prima ondata di licenziamenti, tre quadri dell’azienda la riacquistano. Nel 1995 la CELLATEX è vittima dell’inondazione della Mosa. I lavoratori sistemano i mezzi di lavoro, ma nel 1998 l’azienda è sottoposta a un piano di ristrutturazione. Il distretto di Chooz riacquista i locali e modernizza una parte dei macchinari. Un’impresa austriaca rileva gli stabilimenti sotto forma di -location gérance-, ma questa getta la spugna qualche mese più tardi; dopo, l’impresa era in liquidazione.

Dopo una ventina di anni, sullo slancio della decisione di costruire una seconda centrale nucleare a Chooz, -la pointe- divenne un deserto industriale.

Nel 1999, contava ancora circa il 20% della forza lavoro disoccupata, e anche se questa cifra è ridiscesa al di sotto del 14% alla fine di maggio, Givet ne contava più del 22% (in un raggio di una decina di chilometri, restano circa 1600 lavoratori dell’industria, ripartiti tra gli operai della Chier Vireux, la Cellatex Givet all’inizio degli anni 80, e i restanti alla centrale di Chooz).

La valle della Mosa, come quella della Semoy, ha una vecchia tradizione di lotta e un forte sentimento di appartenenza al territorio. Questa zona fu un bastione del sindacalismo rivoluzionario a inizio del secolo. All’inizio degli anni 80 -la pointe- ha conosciuto una importante lotta antinucleare legata ad una lotta operaia quella della Cheir Viro. Contrariamente a Longwy e a Denain gli operai non si sono battuti per la conservazione dello stabilimento, ma per un piano sociale, certamente il migliore mai ottenuto: gli operai hanno potuto conservare il loro salario per 8 anni senza dover rimettere piede in una aziende. Questi operai avevano bruciato il castello dei padroni della fonderia e fatto degli attentati contro le linee dell’alta tensione.

CELLATEX Givet: la cronaca giorno per giorno

- Mercoledì 5 luglio: 14 mesi dopo la consegna dei bilanci, il tribunale del commercio di Charleville Mézières annuncia la liquidazione della CELLATEX. Immediatamente la produzione si ferma a Givet e il personale colloca i fusti di gas di solfuro di carbonio all’entrata della fabbrica. Arrivano lo stesso giorno le squadre anti-sommossa CRS (l’equivalente della celere in Francia) a Givet.

- Giovedì 6: primi negoziati tra i rappresentanti dei lavoratori, i politici locali e le autorità statali. Le barricate sono mantenute davanti alla fabbrica.

- Venerdì 7: Politici , sindacalisti e il liquidatore, venuti a tenere una riunione all’interno dell’azienda, sono sequestrati dagli operai stessi. E’ richiesto il versamento di un primo indennizzo

- Sabato 8: nel pomeriggio le persone sequestrate vengono liberate, era prevista per lunedì 10 una riunione con i rappresentanti del ministero del lavoro. Gli operai annunciano che sono intenzionati a far saltare la fabbrica.

- Domenica 9: preparazione dell’incontro di lunedì. La strada RN 51, viene bloccata dagli operai nella direzione verso il Belgio. Arrivarono i media nazionali e internazionali.

- Lunedì 10: Riunione “maratona” nella prefettura delle Ardenne. Le contrattazioni portano ad una prima indennità di 150 mila franchi. La prefettura faceva evacuare il quartiere dove si trova la fabbrica per “ragioni di minaccia chimica”.

- Mercoledì 12: nuova riunione che non porta a nulla

- Giovedì 13: dei rappresentanti della Cellatex sono ricevuti a Parigi al ministero del lavoro. Una nuova riunione è prevista per lunedì 17.

- Venerdì 14: in un volantino gli operai fanno sapere che “faranno colare dell’acido solforico nella Mosa, se i negoziati non avranno dato esito a nulla prima delle 18..OO di lunedì”

- Lunedì 17: le discussioni nella prefettura delle Ardenne non portano a nulla, 5000 litri di acido solforico, colorato di rosso, sono versati nella Mosa. La Cellatex è nei titoli di testa di tutti i media.

- Martedì 18: Il segretario generale della federazione tessile della CGT, cerca di calmare le acque. La giornata è dedicata a preparare la prossima negoziazione.

- Mercoledì 19: nuova negoziazione “maratona” nella prefettura delle Ardenne. Viene elaborato un protocollo di intesa.

- Giovedì 20: gli operai si pronunciano in favore di questo protocollo di accordo. Una grande festa è organizzata per tutta la notte all’interno della fabbrica.

Quando la decisione del tribunale del commercio è stata pronunciata, i lavoratori della Cellatex sapevano che sarebbe stato il loro ultimo giorno di lavoro e che a parte il loro salario, non avrebbero avuto diritto a niente altro. Hanno allora utilizzato le armi che gli restavano: i prodotti chimici. Del gas, dell’acido solforico (56 mila litri), della soda e soprattutto il solfuro di carbone (46 tonnellate), prodotto che si incendia all’aria aperta quando la temperatura supera i 27 C°. Giocheranno con questa arma: minaccia di far saltare la fabbrica, e rilasciare i 5000 litri di acido solforico nel ruscello interno alla fabbrica. E’ davanti agli occhi della stampa nazionale e internazionale che moriva di paura agiteranno la bandiera della guerra di classe. Per i lavoratori della Cellatex c’è il ricordo di Vireux: “è vero il ricordo della Chiers è vivo. Ma all’epoca dei premi potevano essere finanziati perché dietro c’erano dei gruppi finanziari. Oggi per Cellatex niente di tutto questo!”. A forza di subire, di accettare le ondate di licenziamenti una dopo l’altra, la disperazione era al massimo, poteva anche giungere fino alla loro autodistruzione. Ma una disperazione velocemente controllata e trasformata in una strategia  di attacco ha permesso la vittoria.

Quando alcuni ecologisti e il partito comunista hanno gridato allo scandalo per la distruzione dell’ambiente i salariati sapevano che il gesto che commettevano non era che una goccia d’acqua nell’inquinamento quotidiano della fabbrica e poca cosa rispetto agli scarichi della centrale di Chooz nella Mosa. (era già inquinante prima e gli operai avevano già denunciato il fatto).

Altre formazioni politiche francesi si sono trovate spiazzate di fronte alla capacità d’azione e d’autonomia della classe operaia. Tra chi lamentava forme di azione “terroristiche e violente” oppure chi la mancanza di “coscienza di classe” come se questa venisse dai libri o nell’ascoltare un buon oratore..., singolare che in questa lotta non ci siano stati leader carismatici. Questi operai hanno avuto l’80% netto del loro salario per 12 mesi, 24 mesi con una maggiorazione da 1500 franchi a 2000 franchi. E 80 mila franchi di premio licenziamento. L’impiego di bonus. e stage per le nuove assunzioni. Non è la rivoluzione ma sicuramente è molto di più di quello che avrebbe dato la direzione e il sindacato.

Conclusioni

La forza degli operai è stata quella di capire il potenziale offensivo che presenta la produzione in mano alla classe nel momento in cui la si rivolge contro al capitale, e l’essersi sbarazzati dei sindacati e fidati delle proprie capacità - sviluppare autonomia operaia vuol dire anche credere nelle capacità politiche della classe operaia in lotta -.

Questa lotta ha avuto temine, non tanto per cause imputabili agli operai, che si muovevano seguendo un programma definito, ma dall’impossibilità di allargare il conflitto sul territorio, essendo una vertenza isolata. Un altro dato importante per valutare questa lotta è l’utilizzo della violenza proletaria e operaia, come strumento di pressione nei confronti del padronato e dello Stato. Troppo spesso in Italia si dimentica come questa condizione sia imprescindibile nella ripresa del conflitto e nel ribaltamento dei rapporti di forza tra le classi.

Alcuni compagni della redazione di Precari Nati