Spunti sulla mia esperienza di operaia metalmeccanica alla Verlicchi Nino e Figli S.p.A. con un contratto a termine di sei mesi…

 

A fine Gennaio, dopo alcune ricerche di lavoro sempre fallimentari presso delle agenzie di lavoro interinale, feci personalmente il giro delle fabbriche nella zona industriale di Casalecchio e di Zola Predosa. Arrivai così alla Verlicchi dove riuscii quasi subito a parlare con la signora Verlicchi che si mostrò interessata. “Chiarito” il fatto che la Verlicchi richiedeva ai suoi dipendenti di fare gli straordinari (anche il sabato) e che aveva bisogno da subito di personale: cosa che, dopo settimane di ricerca, mi provocò un leggero senso di strangolamento, ma chiaramente <<per me, non c’è nessun problema>>, mi portarono a fare un giro per vedere lo stabilimento e per conoscere i capo-reparti, dopo di ché, il posto fu mio.

Al lavoro…

Due giorni dopo, fatti i documenti necessari, Iniziai alle 13:00 con il turno pomeridiano. Il caporeparto mi mise a un robot di saldatura, a cui mi insegnò a lavorare un operaio, rivelandomi subito che lui non sapeva mai quando sarebbe andato a casa visto che ogni giorno gli chiedevano di rimanere di più, e lui non sapeva mai dire di no.Io e il robot producevamo telai chiamati “codino” per la BMW in Germania. A me toccava mettere su i pezzi e smontare il telaio bollente e a lui toccò saldare. Ogni tanto qualche saldatura si spostò e bisognava farla correggere, sempre ammesso che il capoturno ne avesse voglia. Feci sui 40 telai al giorno - quasi sempre di meno - mentre il mio collega, con un contratto a termine anche lui (23 contratti a termine su 120 dipendenti) riuscì un giorno a farne 47, probabilmente pensai, aveva trovato il modo per convincere il robot a saldare più in fretta! Dopo la nostra lavorazione, i telai venivano riguardati da dei saldatori in carne ed ossa e poi imballati.

Inizialmente le giornate passarono tranquillamente. Qualche chiacchierata. Certamente molta curiosità da parte degli altri operai/operaie che mi volevano a tutti i costi “inquadrare”: <<sei sposata? Ma perché porti i capelli così corti? Dove vai di sera?>> Ecc.. io rimanevo un po’ sulle mie, sapendo già che in fabbrica le voce corrono come fulmini. Un operaio iniziò a farmi il filo, e così decisi di dirgli come stavano le cose, cioè che sono lesbica. Al ristorante cinese mi dichiarai e lui mi consigliò di non dirlo a nessun altro dentro, un consiglio che ho seguito, visto che la gente poi non tende a prenderti sul serio. Qualche capetto qualche volta si incazzò per la qualità dei telai e si cercò di trovare i colpevoli, spesso dandosi la colpa a vicenda, il risultato finale fu l’obbligo del timbro personale su ogni telaio, ma tutto sommato le giornate passavano calme.

Il rinnovo del contratto e gli scioperi contro la guerra…

Uno sciopero contro la guerra nei Balcani, indetto dal sindacalismo di base (C.C, SLAI, Unicobas, CUB, USI, RDB) e fatto solo da me mi metteva nell’occhio del ciclone, ma le vere cause di scompiglio furono le vicende(assemblee, scioperi e quant’altro) legate al rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Inizialmente gli scioperi furono di due o tre ore, mai nello stesso momento nelle diverse ditte e mai per noi il giorno di consegna della merce. Da noi in più la ditta chiese a più gente del solito di venire di sabato, oppure anche di domenica, per recuperare le ore perse per lo sciopero, anche se nelle discussioni c’era chi non era d’accordo, chi per soldi, chi per la paura di non avere rinnovato il contratto, la gente veniva. Gli stessi membri della RSU venivano un sabato sì e un sabato no a lavorare: “Ma vengono tutti !” argomentavano. Poi ci fu un’assemblea sindacale dove il funzionario della FIOM, un certo Venturelli, chiese a tutti di non lavorare più di sabato: la FIOM aveva indetto il blocco degli straordinari, chiaramente la RSU era stata sempre di questo parere e parlava male degli altri lavoratori “senza coscienza”. L’ l’ingiuria preferita del sindacalista maschio era: <<perché io mi faccio il culo e vado a parlare con la dirigenza mentre a voi non ve ne frega un cazzo, e non avete il fegato di aprire bocca>>. Bene, così ci si trovava tutti d’accordo sul blocco degli straordinari, credendo che poteva servire a qualcosa, io ci credevo veramente.

Il cambio di rotta del sindacato…

Neanche due settimane dopo, Alle 11 il microfono strillò: “tutti sono pregati di venire in mensa”, una assemblea di “emergenza”, quasi fuorilegge perché devono avvertire due giorni prima. Stranamente le persone “scomode” del turno pomeridiano, non sono state avvertite. Io sono stata una di quelle che dopo si dovevano fare raccontare tutto, cosa difficile, perché tanti hanno smesso anche di ascoltare. Lo stesso Venturelli, chiese una votazione blitz sullo “sblocco” del blocco degli straordinari, di più, chiese a tutti noi di non scioperare più per il rinnovo del contratto nazionale: <<perché la ditta ha bisogno>>. In cambio, solo un aumento minimo del salario, per non parlare degli altri punti del contratto, chiamando tutta questa fregatura un “accordo aziendale”. Tre persone votarono contro (c’ho messo due settimane a capire chi fossero). Certamente né a me, né a questi tre e ad alcuni altri, andava giù che la nostra RSU insieme al signor Venturelli, volesse tener fuori dalla contrattazione nazionale l’intera ditta Verlicchi.

Contrordine…Si sciopera!

Dopo il primo maggio, davo quindi il primo volantino in mensa, fatto da me, con l’aiuto di altre persone, però al di fuori della ditta. Fu molto discusso ed in tanti mi davano ragione, la signora Verlicchi si vide addirittura costretta a rispondere con una lettera minacciosa in ogni busta paga. Nello stesso tempo, avevo chiamato un segretario della FIOM, che non fu contento della politica intrapresa dai sindacalisti responsabili per la Verlicchi: dopo un richiamo all’ordine ed una multa salata per la Verlicchi per la mancata sicurezza sul lavoro(a noi tutti furono date le scarpe di sicurezza) la RSU non osò più dire che lo sciopero nazionale, che ci sarebbe stato da lì a pochi giorni, non si potesse fare. Dopo, ho parlato con un delegato della FLMU-CUB, che sosteneva che bisognava boicottare gli scioperi indetti dalla FIOM, in quanto nient’altro che manovre. La FLMU contava sugli scioperi contro la guerra, da noi fatti solo da me un po’ per mancanza di comunicazione e perché gli altri non si fidavano della legalità di uno sciopero indetto non dal “loro” sindacato. Lo sciopero generale da noi in fine fu fatto da tutti e ‘sta volta per la Verlicchi cadeva in un giorno di consegna, certo, si continuava a lavorare di sabato…La flessibilità alla Verlicchi non è cosa da raggiungere, ma cosa in gran parte già raggiunta. Prendono la gente con la paura di perdere il lavoro e così cambiano l’orario di lavoro come pare e piace a loro. Un settimana il turno e la prossima l’orario normale, così come il lavoro di sabato e domenica, dopo Venturelli ha il coraggio di dire che la gente viene volentieri di sabato, e che allora si può tranquillamente accettare la proposta dei padroni di lavorare sei ore per turno, lavorando così obbligatoriamente due sabati al mese, “dimenticandosi” di dire che non sarà più pagato il 55% in più come prima.

Quando l’azienda chiama, il sindacato…

Cosa successe in una altra assemblea “urgente” però ‘sta volta (guarda, guarda) annunciato due giorni prima. Questa volta la Verlicchi aveva bisogno di instaurare il 4° turno(da mezzanotte alle sei), per il reparto robot. Nel clima creatosi dopo le discussioni dei giorni precedenti e dopo alcuni interventi contrari, il povero Venturelli, non osò avvallare la proposta, anche se prima ci aveva detto che tanto non avevamo scelta, che questa era solo una riunione per metterci la corrente. In quei giorni c’era un bel clima in ditta avendo tolto anche il terzo turno. Ad esempio, un giorno i capiturno misero ad imballare la sindacalista che odiava fare questo lavoro (e rivestendo un ruolo di potere non lo fece quasi mai), mentre io avevo il privilegio di lavorare al robot. E comunque si parlava, sempre nella dovuta clandestinità, ma molto più di prima. Poi presi delle ferie e mentre ero via, fu messa a casa e poi licenziata, con un pretesto assurdo una operaia capo-turno che era intervenuta in assemblea contro l’introduzione del quarto turno. La ditta fu nel torto più totale davanti alla legge, però fu un colpo grosso che zittì quasi tutti, non si riusciva neanche a parlare, io stessa mi deprimevo un bel po’, dopo due settimane c’era ancora chi credeva che si fosse licenziata lei di sua volontà, figuriamoci a fare uno scioperi di solidarietà. Il caporeparto "buono", perse le simpatie della padrona e prese delle ferie per sgomberare il campo per il nuovo preferito della padrona un certo Gamberini, nuovo capo dell’organizzazione del lavoro, prima evitato da tutti e adesso all’improvviso corteggiato da molti. Questo personaggio nei giorni seguenti avvertì due donne del fatto che il loro contratto a tempo determinato non sarebbe stato rinnovato, essendo donne non avrebbero potuto fare il corso di saldatura (ma quando mai?!) e per mancanza di lavoro (mentre poco prima la Verlicchi aveva aperto un nuovo stabilimento), fece una serie di richiami scritti: instaurò un clima di controllo elevato. Io aveva già preso due richiami assurdi: una volta avrei risposto al capoturno in questo modo: <<a me non me ne frega niente io qui faccio quel cazzo che mi pare!>>. Ebbi il terzo richiamo perché un giorno ero venuta secondo loro nell’orario sbagliato, non avendo tenuto conto di un loro nuovo regolamento interno, che a me non era mai stato comunicato ufficialmente. Quel giorno decisi di non fargliela passare liscia al Sig. Gamberini. Diede la disponibilità di finire le sette ore e infine, siccome mi voleva mandare via per forza (per potermi fare il terzo richiamo), mi rifiutai di lasciare la fabbrica costringendolo a chiamare i carabinieri per mandarmi a casa. Fu divertente in quanto misi in chiaro per tutti il grado di stronzaggine del nuovo personaggio della dirigenza e perché nemmeno il carabiniere seppure mi consigliò di andarmene, non fu dalla parte di Gamberini (purtroppo però non ha scritto un verbale). Un altro momento divertente l’abbiamo avuto durante l’ultima assemblea sul contratto nazionale, ormai il contratto, peggiorativo in tutto e per tutto, era passato da tempo ed i sindacati avevano messo in scena un falso referendum tra i lavoratori solo a cose fatte. L’esito della votazione alla Verlicchi, scrutinato solo dalla RSU, fu più di un terzo contrario meno i due terzi a favore. In quell’occasione il nostro sindacalista uscì dalla mensa offeso, tra gli applausi degli operai, perché nessuno l’aveva cagato pari quando domandò a tutti come mai c’era così tanta sfiducia tra i colleghi nei suoi confronti. Le sue parole uscendo, rispettose come al solito, furono:<<non me ne frega più un cazzo, allora arrangiatevi!>>, sembrava un bambino di quattro anni. Chiaramente era una manovra perché essendo uscito dall’assemblea il suo ritiro dalla carica non si poteva ufficializzare, e né lui, né la sua collega volevano rinunciare ai privilegi del loro ruolo di controllori sindacali: lavoro facile e stipendio elevato. Feci un altro volantino sugli ultimi eventi in ditta inquadrati in un contesto più ampio che fu volantinato dai Precari-Nati, una rete di lavoratori/trici molto in gamba, che avevo iniziato a frequentare. Addirittura la signora Verlicchi con il volantino in mano si era recata stupefatta e adirata ai cancelli, rimanendo di stucco nel non vedere più nessuno, mentre gli autori del volantinaggio blitz le passavano di fronte in macchina.

A mo’ di conclusione…

Il 26 luglio fu l’ultimo giorno e fu triste lasciare le persone con la quali mi ero trovata d’accordo sull’andazzo lì dentro e anche altri che si sono arresi (per il momento!) Mi è piaciuto sempre il modo diretto di tutti senza tanti giri di parole. Anche il lavoro stesso per me era “rilassante” in quanto lascia la testa libera, prima lavoravo come educatrice, certo è vero che il tempo spesso passa a fatica.

Comunque esistono ancora delle vie legali per non fare passare lisca l’usa e getta che pratica la maggior parte delle fabbriche, Anche se è logico che l’unico modo per cambiare le condizioni di lavoro sempre più precarie è la lotta. Vediamo se riesco a sputare un altro po’ nel piatto della signora Verlicchi e dei suoi complici: purtroppo la guerra la fanno anche le donne, nonostante ciò che si dice.

Un ex operaia della Verlicchi

 

Volantino diffuso da lavoratori e lavoratrici in Verlicchi, Bologna

 

Riprenderci la vita!

 

Vogliono il silenzio; che noi approviamo tutto quello che hanno intenzione di cambiare nella produzione per soddisfare le richieste del cliente, tutto nell’interesse dell’azienda...

E allora si taglia la testa al toro. Non si esita a licenziare chi, pur rivestendo un ruolo di cordinamento nella produzione, ha criticato l’introduzione del quarto turno, cioè il primo cambiamento in lista.

La posizione della RSU in riguardo è il nulla. L’azienda è nel torto più completo. Ha compiuto un supruso, perchè dopo un solo richiamo scritto non si può licenziare una persona.

Nello stesso momento l’azienda è partita con una serie di richiami e con dei cambiamenti nel reparto imballaggio e robot. Ora ogni lavoratrice e lavoratore ha il proprio stampo cioè più responsabilità senza riscontro salariale. La RSU tace..

ma non sono i capiturno che dovrebbero controllare il lavoro?

Inoltre la ditta non vuole rinnovare i contratti a termine. Spiegazione: mancanza di lavoro. Anche in questo caso le persone colpite sono donne.

Hanno instaurato un clima di controllo e repressione, anche tramite la minaccia continua che la verlicchi perde i clienti. Sembra, a sentir loro, che debba chiudere baracca a momenti. Strano che invece stia per aprire un nuovo stabilimento...

Rendiamoci conto che tutto ciò sono mosse programmate per fare tacere ogni dissenso. E’ in atto una restaurazione generale del lavoro a livello nazionale, sopratutto nel campo della flessibilità ed i padroni della Verlicchi vogliono essere i primi della classe.

All’ulitma assemblea il rappresentante sindacale della Fiom ha detto che l’azienda ci può cambiare l’orario di lavoro quando vuole. Ma: inanzitutto occorre il consenso della RSU (cosa non difficile da ottenere alla Verlicchi....), e sopratutto occorre il NOSTRO consenso!.

Non sottovalutiamoci: se non “funzioniamo” bene va male anche per loro.

Dei contratti a termine o interinali non si parla mai. La RSU fa tutto senza chiedere niente a nessuno, firma di volta in volta su richiesta dell’azienda gli accordi sulle assunzioni a tempo determinato o interinali. Bell’esempio di contrattazione aziendale...!

Noi diciamo che non può andare avanti cosi. Intanto, almeno, parliamone...magari al di fuori dei posti di lavoro. Non faciamo girare le false voci, ed evitiamo la competizione tra di noi. Non regaliamo loro i nostri sorrisi. Riprendiamoci la fabbrica che è diventata invivibile.

La prossima volta che certe persone vogliono ritirarsi dagli impegni sindacali cogliamo al volo l’occasione e se non si presenta forniamogliela noi. Inutile: non si può delegare a costoro le nostre richieste...bisogna organizzarci!!!

 

NO ALLA FLESSIBILITA’!!!

Anche noi vogliamo avere una vita personale

 

Lavoratrici e lavoratori precari