Gli internazionalisti del terzo fronte

P.Lanneret

 

 

Nel 1914 l’Union sacrée – espressione che significava abbandono della lotta di classe e partecipazione delle organizzazioni socialiste allo sforzo bellico – apparve all’inizio della Prima Guerra mondiale. Dopo il luglio 1935 caddero le ultime maschere e l’Union Sacrée divenne realtà quattro anni prima della Seconda Guerra mondiale. Nel 1914 si espresse la necessità di combattere il militarismo prussiano. Nel 1935 si utilizzò l’antifascismo per condurre la classe operaia a nuovi massacri. Cos’era successo alle organizzazioni della classe operaia che dal 1918 avevano giurato di opporsi a un altro conflitto?

 

Il Partito Socialista sfio

Section Française de l’Internationale Ouvrière

 

Partito d’insegnanti, di funzionari e di piccoli artigiani più che partito di proletari, il ps poteva comunque rivendicare un elettorato operaio in alcune regioni. Al congresso di Tours (1921), dove la maggioranza si era costituita in Partito Comunista, questi socialdemocratici detenevano un terzo dei mandati. Aiutati dalla crisi permanente all’interno del pc avrebbero presto recuperato il terreno perduto e ripreso il sopravvento sui partigiani di Mosca. Grazie all’anzianità delle loro tradizioni e all’alleanza col Partito radicale[1], avevano una rappresentanza parlamentare significativa. A Tours, sotto la pressione dei militanti di base radicalizzati dalla Guerra e dalla Rivoluzione russa, i socialisti trovarono delle scuse per spiegare il passato e fecero delle promesse per il futuro. Infatti essi non impararono né dimenticarono nulla. Il partito era l’ala sinistra del radicalismo borghese: libero da qualsiasi impegno in un programma e in una strategia per la rivoluzione e libero anche da ogni responsabilità nello Stato borghese, il ps[2] manovrava su una linea centrista accordando o rifiutando il suo sostegno ad effimere coalizioni di governo. Souvarine descrisse il partito come diviso tra riformisti senza riforme e rivoluzionari senza rivoluzione. L’apparato del partito era abbastanza forte per tollerare un’ala sinistra scalpitante che apportava vita e una vernice radicale – il giusto necessario – alla vecchia organizzazione. La maggior parte del tempo, il ps votò contro i crediti militari[3] ma nessuno dubitava dello zelo di questo partito ad adempiere, come nel 1914, ai suoi obblighi patriottici quando glielo si domanderà.

 

Il Partito Comunista sfic

Section Française de l’Internationale Communiste

 

Dalla sua nascita, nel 1921, il pc[4] era una formazione eterogenea dove piccoli borghesi pacifisti poterono affiancare sindacalisti rivoluzionari. Erano numerosi coloro che non comprendevano pienamente le implicazioni della loro adesione al Comintern che, nello spazio di qualche anno, modellò il partito per farne uno strumento docile di Mosca. Il segretario generale Frossard lasciò il partito nel gennaio 1923, nel momento in cui veniva espulsa l’ala destra. Il partito aveva già perso la metà dei suoi aderenti, ma la bolscevizzazione procedeva. Nel 1924 amici e partigiani di Trotsky furono esclusi o si dimisero. In seguito, le ultime vestigia dell’antica organizzazione socialista sparirono: la priorità fu data alla formazione di cellule nelle fabbriche a tal punto che il numero dei delegati crebbe allo stesso tempo della loro autorità. Il partito si batteva con veemenza contro l’occupazione della Ruhr e più tardi[5] contro la guerra nelle Rif. La repressione contribuì a reinsaldare i ranghi, ma non la direzione. Nel 1926, il bolscevizzatore Treint, sospettato di zinovievismo[6], venne eliminato, così il “terzo periodo” ebbe inizio: fu il momento della “classe contro classe” e dei violenti attacchi contro il ps. Avvventurismo e settarismo portarono a un secondo catastrofico declino del pc che contava appena trentamila membri all’inizio del 1934, ma deteneva sempre delle roccaforti nella cintura rossa di Parigi. Nel 1931 cominciò la scalata di Maurice Thorez, affiancato, tramite il Comintern, da un collegio occulto di sorveglianza diretto dal cecoslovacco Fried (Clément), che non lascerà Thorez fino alla Guerra. Thorez regnerà sul pc francese fino alla sua morte nel 1964. Sotto la sua direzione, il pc opererà il grande rinvigorimento preconizzato dal Comintern e passerà da una vigorosa propaganda antimilitarista a una politica di difesa nazionale. Alla fine del 1934 questo partito registrò un modesto aumento dei suoi aderenti, che divenne vertiginoso tra il 1936 e il 1938.

 

Le opposizioni comuniste

 

Al momemto della fondazione del pc, in Francia, il prestigio di Trotsky era grande quasi come quello di Lenin. Trotsky conosceva il Paese e aveva conosciuto durante la Guerra i primi internazionalisti: Rosmer, Monatte ecc. Nel momento in cui la campagna contro di lui si estese alla Francia grazie all’intermediazione del comintern, trovò persone a sostenerlo. Ma il partito francese aveva solo una visione deformata di ciò che accadeva in Russia e Trotsky stesso non incoraggiava i suoi amici ad organizzare chiaramente e nettamente la lotta contro l’Internazionale. Imbavagliati dall’apparato del partito, già abbastanza potente, gli amici di Trotsky non poterono formare un’opposizione coerente, quindi, o lasciarono il partito o ne erano esclusi. Monatte, Rosmer, Souvarine, Paz[7] e altri trovarono un sostegno presso piccoli gruppi di militanti. Ma, anche se solidali a Trotsky per opporsi agli attacchi di Mosca, non ne condividevano tutte le opinioni sulla crisi russa, la rigenerazione del comintern o l’eterno valore dell’esperienza bolscevica. Nel 1929, “il Vecchio” potè appoggiarsi infine a un gruppo di discepoli fedeli che pubblicava «La Vérité» e che fondò la Ligue communiste. Nonostante la frenetica attività, non riescirono a raggruppare i numerosi comunisti che prima o poi, rompevano con il pc e continuarono ad essere un piccolo gruppo in preda a conflitti personali e politici. Si assistè infatti a una proliferazione di gruppi d’opposizione. Spesso questi gruppi contavano delle personalità eccezionali, ma messe a margine del partito, che era anch’esso formato da una minima parte della classe operaia, inoltre essi erano isolati. Le divergenze latenti andarono precisandosi: verso il 1930 nacquero gruppi che denunciarono l’urss come capitalismo di Stato e Trotsky come un burocrate in esilio.

 

Dal 1934 alla Guerra

 

Descritto come arretrato, malthusiano, speculativo fino all’usura, il capitalismo francese fu colpito duramente dalla depressione mondiale e la classe operaia subì riduzioni di salario e disoccupazione. Il movimento sindacale era debole, diviso, inefficace e ferocemente combattuto dai burocrati. Scandali finanziari scossero il Paese a tal punto che gli uomini politici finirono per scaldare le poltrone nell’effimere formazioni ministeriali. Un partito della borghesia sostenne i gruppi di destra che reclamavano a gran voce «un governo forte e proprio». Il fascismo l’aveva già instaurato in Italia e in Germania. Quale sarebbe stato il prossimo Paese? I partiti operai e i loro sindacati erano ai ferri corti e deludevano i militanti che reclamavano un «riavvicinamento». La crisi politica raggiunse il suo apice il 6 febbraio 1934 quando le leghe di destra erano a un passo dal prendere d’assalto la Camera dei deputati[8]. Reale o meno la minaccia fascista scosse la sinistra. Un appello allo sciopero generale venne lanciato e manifestazioni di socialisti e comunisti si ricongiunsero e fraternizzarono. Ma le direzioni rimasero ferme sulle loro posizioni. Il segnale decisivo di cambiamento sarebbe arrivato da Mosca. Malgrado le rodomontate del comintern, la potenza di Hitler crebbe e Stalin si rese conto del pericolo che rappresentava per l’urss. Ritornò la vecchia strategia zarista: un’alleanza con la Francia suscettibile di obbligare la Germania a combattere su due fronti contemporaneamente. Il comintern abbandonò la sua tattica “classe contro classe” e lanciò un vigoroso movimento antifascista[9]. Ma prima il pc francese dovette rompere il suo isolamento. Nel maggio 1934, la <<Pravda>> evocò in termini favorevoli un’alleanza socialcomunista contro il fascismo. Il pc capì al volo e difese questa idea. A giugno ps e pc firmarono un patto d’unità d’azione e il pc fece anche allusione alla possibilità di una fusione. «Socialtraditore» solo ieri, il näif Leon Blum fu stupefatto da questo voltafaccia e da questo sfoggio di buone intenzioni, ma non avrebbe finito di stupirsi. In ottobre gli stalinisti cercarono di sedurre il Partito Radicale e Thorez preparò il terreno del futuro Fronte Popolare. Fu un’altra spinta di Mosca per accellerare il processo. Nel maggio 1935 la Francia e la Russia firmarono un trattato di alleanza difensivo. Non portò a una collaborazione militare e fu sempre più attaccato dalla classe dirigente francese che avrebbe preferito un accordo con Hitler o Mussolini. Affinchè questo trattato abbia significato per i due partiti era necessario che la classe operaia desse la sua adesione a una politica di difesa nazionale e Stalin s’incaricò di ottenerla. Apparve un comunicato: «Stalin comprende e approva pienamente la politica di difesa nazionale della Francia per mantenere le sue forze armate a livello richiesto dalla sicurezza». Il pc si conformò immediatamente a questa nuova posizione e la nuova rivelazione del suo patriottismo suggellò l’alleanza con il Partito Radicale. Il Fronte Popolare (ps, pc, Partito Radicale e sindacati) era nato. Grazie all’instancabile volontà degli stalinisti, il programma aveva un sapore radicale, poiché comportava una buona parte di banalità che essi avevano proposto poco per volta da decenni in cambio di poche rivendicazioni precise. Prometterono di abbreviare la durata settimanale di lavoro senza diminuzione di salario, come diverse altre misure che facevano sperare alla classe operaia in un ristabilimento del suo potere di acquisto. L’industria di guerra sarebbe stata nazionalizzata e la Banca di Francia riformata, l’economia stimolata e resa più equa da una fiscalizzaione adattata. Naturalmente il Fronte Popolare voleva «la pace con la sicurezza». I bisogni delle minoranze (donne e popoli coloniali) furono dimenticati. Questo New deal alla Francese non mise in pericolo il diritto di proprietà, non più di quanto sia di riguardo al funzionamento del capitalismo, ma la destra francese, nella sua stupidaggine, saboterà quest’ultimo tentativo di modernizzare il capitalismo francese. L’elezioni del maggio 1936 davano una maggioranza impressionante (378 deputati contro 220) al Fronte Popolare. Il ps divenne il più forte partito francese, ma il pc lo seguiva da vicino nel voto popolare. Troppo a lungo compromesso dalla destra, il Partito Radicale fu il grande perdente di queste elezioni, comunque con 116 deputati poteva (e non se ne sarebbe privato) sottomettere a un ricatto i suoi partner del Fronte Popolare. Blum, che sarebbe diventato il capo del nuovo governo aspettò a prendere le nuove funzioni tanto che i capitalisti organizzarono l’evasioni dei loro capitali. I sindacati si fusero e la classe operaia era impaziente. Gli scioperi cominciarono spontaneamente alla metà di maggio a Parigi, si estendorono rapidamente e diventarono uno sconvolgimento gigantesco che coinvolse milioni di lavoratori, di cui la maggior parte non era ancora sindacalizzata. In provincia i padroni erano in preda all’orrore quando, i propri operai, obbedienti da sempre, piantarono la bandiera rossa in cima alle loro fabbriche e per la maggior parte del tempo le occuparono. Anche grandi tenute furono occupate da operai agricoli, risvegliando presso i grandi proprietari la paura del vecchio spaventapasseri: la confisca della terra. Insensibili a ogni appello al buonsenso, gli scioperanti minacciarono alla fine dei conti la fragile alleanza sulla quale riposava il Fronte Popolare. La destra previse la sovietizzazione della Francia quando Blum, finalmente al comando, convocò in fretta i rappresentanti dei lavoratori e del padronato. Si pervenne a un accordo generale sui salari, anche se numerose fabbriche proseguirono lo sciopero per ottenere di più. Febbrilmente (e l’opposizione era puramente simbolica) l’Assemblea votò una serie di leggi sociali: diritto alle negoziazioni collettive, settimana di quaranta ore senza perdita di salario, ferie pagate e legalizzazione dei delegati del personale, tutte misure subordinate all’evacuazione delle fabbriche occupate e alla ripresa del lavoro. Il governo, i partiti e i sindacati unirono i loro sforzi con successo, malgrado qualche scioperante avrebbe persistito fino a luglio[10].

Il 9 giugno 1936 Trotsky scrisse: «La rivoluzione francese è cominciata». In luglio constatò che «i lavoratori hanno esercitato una magnifica pressione sulla classe dirigente, ma si sono fermati in strada» e previse una seconda ondata. Non si sarebbe verificato[11].

Nel 1937 la classe operaia aveva già perso i vantaggi economici ottenuti nel giugno 1936. In seguito ad una svalutazione l’economia si era deteriorata e la destra fu raggiunta dal Partito Radicale per fare dell’ostruzionismo ai progetti finanziari di Blum, che dimessosi, vide succedergli governi sempre più conservatori. Il Fronte Popolare finì di esistere[12]. I sindacati riflettevano le divergenze che crebbero tra socialisti e comunisti sulla Guerra di Spagna prima, sulla politica straniera in seguito nella misura in cui la destra e una parte dei socialisti erano per un’intesa con Hitler. La guerra si profilò all’orizzonte. Gli scioperi del 1938 furono uno scacco. Il pc si attaccò alla sua politica di collaborazione di classe, nella speranza di salvare l’alleanza con la Russia. Nel momento in cui, controvoglia, la Francia entrò in guerra nel 1939, la classe operaia divenne ancor più disorientata da un’altra capriola stalinista, nel momento in cui il pc (dopo il patto germano-sovietico) scoprì che la Guerra era una guerra imperialista fu messo fuorilegge dal governo.

È interessante rimarcare che la stessa assemblea che nel giugno 1936 votò le nuove leggi sociali (con il fiato dei lavoratori al collo) nel luglio 1940 consacrò Pétain e sotterrò la Terza Repubblica. I comunisti messi fuorilegge non avranno nelle due camere che ottanta oppositori. Nel giugno 1936 l’azione dei lavoratori costrinse la borghesia a concedere nello spazio di qualche giorno più che in tutto l’ultimo mezzo secolo. Come Blum ha riconosciuto, deplorandolo, le occupazioni di fabbriche erano un’infrazione della legalità, ma i lavoratori non andarono più lontano e restarono nei limiti definiti insieme da partiti e sindacati ai quali avevano aderito in massa senza mettere in questione le loro direzioni.

I comitati locali dei Fronti Popolari si comporranno solo di delegati di diverse organizzazioni e non erano embrioni di un contropotere.

I lavoratori apparentemente credevano di poter vincere il fascismo abbandonando la lotta di classe, alleandosi agli elementi illuminati della classe dirigente. Si era facilmente tentati d’incriminare «i dirigenti corrotti e traditori» dei partiti operai e di perpetuare la finzione seducente di una classe operaia rivoluzionaria investita di una missione storica, ma costantemente imbrogliata e tradita dai dirigenti che si erano liberamente scelti. A dire il vero il pc era abituato a seguire la stessa linea di Mosca, capace di lasciarsi andare a orge di propaganda patriottica senza vergogna (che imbarazzavano anche i socialdemocratici) senza che nessuno, all’interno dell’apparato ammettesse obiezioni. Ma la classe operaia aveva abbandonato il pc durante il “terzo periodo”, desertificandolo dopo il patto Hitler-Stalin. Nel 1935, e nel corso degli anni seguenti, il pc si sarebbe rafforzato con una rapidità estrema[13]. Le masse risposero con entusiasmo alla riesumazione da parte del pc dei vecchi resti della tradizione giacobina. La triste verità Ë che l’internazionalismo e la coscienza di classe erano solamente superficiali all’interno della classe lavoratrice, salvo per ciò che concerneva una piccola minoranza che andiamo adesso ad esaminare.

 

I rivoluzionari dal 1934 alla fine della Guerra

 

L’allineamento degli stalinisti alla difesa nazionale e alla collaborazione di classe del Fronte Nazionale provocò delle reazioni di collera e di condanna nei gruppi o tendenze alla sinistra dei partiti operai tradizionali. Per via di profonde differenze, arrivarono a volte a partecipare ad azioni comuni che erano ben lontane dall’essere soddisfacenti (gruppi per la lotta di classe nei sindacati, raggruppamenti contro la guerra, contro i Processi di Mosca, contro la repressione nella Spagna repubblicana ecc.) ma un intento più spinto fu impensabile tra marxisti e anarchici, per esempio, senza parlare dell’eterno problema della difesa dell’urss si differenziavano anche per l’analisi della situazione: era già il Fronte Popolare dal principio una disfatta per la classe operaia o si trattava di un movimento rivoluzionario tradito dai partiti operai?

Qualsiasi cosa rappresentavano individualmente negli scioperi, i gauchistes non l’ispiravano, non più di come erano capaci di spingere il movimento verso prospettive pi˘ ampie.

Dal momento in cui gli operai non avevano più dato fiducia ai partiti operai, restavano passivi o seguivano la destra e non ascoltando i gauchistes[14].

Robaut[15] stima che durante la durata del Fronte Popolare i gauchistes erano meno di diecimila, cifra che sembra ragionevole. Erano troppo poco numerosi, troppo divisi per influenzare il corso degli avvenimenti e quando la Guerra scoppiò nel 1939 saranno ancor meno e il loro disorientamento sarà ancora più grande che nel 1936.

Si poteva dividere i gauchistes in tre categorie:

1. Anarchici

2. Organizzazioni derivanti dalla corrente comunista, i trotskysti (di cui parleremo brevemente), la Sinistra comunista internazionale (bordighisti) e l’Union Communiste.

3. La sinistra socialista (psop)

L’Union communiste e il psop spariranno dopo l’inizio della Guerra. I bordighisti con due nuovi gruppi, il grp-uci e il rkd-cr, preservarono le tradizioni internazionaliste di lotta contro tutti gli imperialismi durante la Guerra.

 

Gli anarchici

 

Malgrado la loro diffidenza nei confronti di un movimento marxista, molti anarchici si erano sentiti attratti dalla Rivoluzione russa. I bolscevichi avevano denunciato la guerra imperialista e la loro parola d’ordine «tutto il potere ai soviet» era compatibile con le convinzioni degli anarchici. In più, durante la Guerra, si verificavano alcuni contatti tra questi anarchici e militanti socialisti opposti al conflitto. Senza aspettare “l’evoluzione” dei grossi battaglioni del Partito socialista o della cgt, un Partito comunista effimero (con qualche soviet)[16] fu fondato a Parigi nel 1919 con una partecipazione anarchica. Ma i buoni propositi degli anarchici si dissiparono rapidamente a contatto con la realtà russa, con il comintern e con gli anarchici russi. Dopo Kronstadt, la rottura fu totale e gli anarchici iniziarono a considerare la Russia comunista come il sistema per eccellenza di sfruttamento e di dominazione dello “Stato”. Tra le due guerre, il movimento anarchico francese, conobbe più tentativi di unificazione seguiti da nuove scissioni. Si potevano distinguere due grandi correnti: da un lato i “piattaformisti”  – nome derivato dalla piattaforma[17] elaborata da Makno e Arsinov – che prospettavano una chiara definizione degli scopi, della strategia e della tattica degli anarchici ed erano inclini a creare un’organizzazione strutturata, con una disciplina rigida e dall’altra i “sintetisti”, che accettavano solo una federazione di gruppi autonomi etorogeneamente composta . Il conflitto non venne mai risolto (anche se le divisioni passate e presenti fra gli anarchici non riflettono necessariamente questi problemi). Nel 1937, l’organizzazione più importante era l’Union anarchiste, con il suo settimanale «Le libertaire» (fondato nel 1895). Molto più piccola era la faf (Federazione anarchica di lingua francese), la sua pubblicazione «Terre libre» adottava una posizione molto critica rispetto al comportamento della direzione cnt-fai in Spagna, considerato un tradimento dei principi anarchici. Qualche anarcosindacalista scelse l’isolamento in una minuscola federazione sindacale la cgt-sr[18] (Confederazione Generale del Lavoro - Sindacalista Rivoluzionaria) affiliata alla ait. Altri anarchici militavano nel movimento pacifista e altri in gruppi monotematici (controllo delle nascite, amore libero ecc.).

Data la fluidità dei gruppi anarchici e le loro multiple affiliazioni era impossibile fare una distinzione tra militanti e i semplici simpatizzanti. Gli anarchici di tutte le tendenze avevano avuto un’audience territorialmente dispersa, ma abbastanza grande in tutta la Francia. Il movimento anarchico si esprimeva a più voci - sulla questione della Guerra troviamo divergenze tra “pacifisti integrali” (la pace a qualunque prezzo) e pacifisti rivoluzionari -, ma aventi in comune il rifiuto di partecipare alla Guerra che si avvicinava. Nel 1939, il movimento provò a definire il suo comportamento. La Guerra era imminente e le forze rivoluzionarie erano troppo deboli per ostacolarlo, fermarlo, trasformarlo in guerra civile contro le classi dirigenti. Un militante molto conosciuto, Frémont, crede che gli anarchici dovrebbero provare a sopravvivere e a restare in contatto, anche se una propaganda coerente sarebbe risultata impossibile. Così avrebbero potuto riprendere successivamente la loro attività. Un altro militante molto conosciuto, Prudhommeaux[19], constatò che lo stallo generale dal 1936 non lasciò agli anarchici nessuna possibilità di combattere efficacemente per la loro causa. «In quanto a morire per i capitalisti […] troppi dei nostri sono morti in Spagna o altrove». Non fu adottata nessuna misura concreta per assicurare la continuazione del movimento[20].

Quando la Guerra scoppiò, «Le libertaire» non fu bandita, ma cessò d’uscire, poco desiderosa di sottostare a una censura rigorosa. I militanti seguirono le proprie inclinazioni personali: alcuni lasciarono la Francia, altri risposero alla chiamata alle armi e altri ancora rifiutarono di ottemperarvi passando anni in celle militari. La Francia «in  guerra per la democrazia» operò una vasta repressione che Vichy e i nazisti avrebbero ereditato e perfezionato, a causa di ciò qualche anarchico finì con stalinisti e antifascisti di altre nazionalità nei campi di concentramento. Dopo l’armistizio franco-tedesco, la Francia venne divisa in due zone e la comunicazione resa difficile fino all’occupazione dei nazisti nel novembre 1942 di tutta il territorio nazionale. Nel 1941-’42, ebbero luogo discussioni tra alcuni militanti a Parigi e, verso la metà del 1943, sotto la copertura di un picnic, una trentina di anarchici s’incontrarono per formare un gruppo; gli eventi progredirono molto lentamente. Solo dopo il 1944 si avrà un bollettino interno, «Le lien», e alcuni volantini stampati. Nel periodo dal 1942 al 1943, un militante instancabile, Sanlieres (Arru), tentò di dare corpo a un gruppo anarchico nel sud della Francia, dove risiedevano molti anarchici spagnoli; si stabilirono contatti con Volin e i suoi compagni marsigliesi e con altre persone della regione tra Tolosa e Marsiglia. Si tenne un mini-congresso a Tolosa nel 1943 con una dozzina di partecipanti. Arru fece uscire un numero di una rivista, «La raison», un opuscolo e vari volantini. Non dimentichiamo un manifesto in un stile crudo in centocinquanta esemplari dal titolo Mort aux vaches, che invitava la popolazione a dare «calci in culo» a tutti i belligeranti sia quelli portatori di svastica, sia quelli della stella rossa, sia quelli della giarrettiera, sia quelli della croce di Lorena o della francisque[21].

Dopo la dipartita dei nazisti, un altro mini congresso si tenne a Gens nell’ottobre 1944, preludio al primo congresso 1945 della Federazione Anarchica ricostituita. «Le libertaire» riprese nel dicembre 1944.

I testi provenienti da Arru e dalla sua fantomatica Federazione Internazionale Sindacalista Rivoluzionaria, anche se molto differenti per stile e contenuto tra i testi pubblicati dai gruppi internazionalisti, si collocavano tuttavia in opposizione totale a tutti i belligeranti e invitavano la classe operaia a contare solo sulla propria azione. Invano si potranno cercare nei testi anarchici, disponibili prima di quest’ultimo periodo della Guerra, analisi della situazione, delle prospettive ed una definizione precisa dell’atteggiamento del movimento,.

Le contraddizioni abbondavano: un volantino proclamò «abbasso la guerra!» mentre il primo numero di «Le libertaire» sosteneva che «la lotta contro l’hitlerismo non è terminata e dev’essere proseguita». F˘ un militante di un gruppo clandestino che fornì, forse, la spiegazione delle difficoltà incontrate dagli anarchici per capirsi sui problemi concreti: «Gli anarchici si son sempre sentiti più a proprio agio nella vaghezza di una sociatà futura e lontana che ad attardarsi nella banale realtà del presente>>[22].

Pare difficile valutare oggettivamente il ruolo degli anarchici. Il primo numero di «Le libertaire» si compiaceva di sÈ stesso: «Il giornale e il movimento non si sono mai compromessi […]. Abbiamo pubblicato «Le lien» […]. I nostri militanti hanno condotto una lotta eroica contro il nazismo ma, come movimento, non possiamo giungere a patti con la Resistenza ufficiale».

Molto più tardi, quando apparentemente tutti i dettagli sull’azione di Arru erano noti,  il tono di «Le libertaire» divenne lirico replicando a coloro che ritenevano   il movimento non pronto, nÈ tanto meno atto, a compiere un’attività clandestina, che Arru portava una netta smentita[23].

D’altro canto, Craipeau, uno degli animatori della Resistenza trotskysta per cinque anni, commentò severamente il modo in cui gli anarchici si autogiustificarono nel primo numero di «Le libertaire»: «come i reazionari e i fascisti volevano imbavagliare «La voix de la raison», gli anarchici hanno trovato naturale tacere e limitarsi a far circolare tra loro un bollettino interno. Il loro movimento si guarda bene da ogni compromesso con la Resistenza borghese, ma quando i suoi militanti “come individui” voglio combattere il fascismo, lo fanno individualmente nei ranghi di questa Resistenza. È un movimento rivoluzionario per tempi calmi»[24].

Tra i clamori trionfali di «Le libertaire» e la condanna senza appello di Craipeau (che probabilmente non era a conoscenza delle gesta di Arru) è necessaria una valutazione più prudente.

Testimonianze e informazioni su centinaia di anarchici durante la Guerra sono disponibili[25]

Riassumendo, alcuni anarchici, volontariamente o meno, rimasero inattivi e attesero tempi migliori senza sporcarsi le mani, altri si comportarono come militanti isolati di altre correnti senza integrarsi alla Resistenza ufficiale, senza trarne vantaggi personali. Evidentemente numerosi anarchici erano pronti e atti ad affrontare i rischi di una lotta illegale, ma pochissimi s’impegnarono in un’attività che poteva essere considerata anarchica. La stimabile attività di Arru e di qualche suo amico non nascondono l’affossamento del movimento. F˘ la sua eterogeneità, la sua mancanza di coesione e di organizzazione (deplorata ad nauseam da molti anarchici), la sua assenza di prospettive che gli impedì di giocare un ruolo durante la Guerra.

 

I trotskysti

 

Nel 1933 sotto l’impatto del disastro tedesco, Trotsky considerò che fosse impossibile coabitare ancora a lungo con il comintern: «Abbiamo bisogno di una bandiera senza macchie, di una nuova internazionale». Malgrado ciò, i trotskysti sostennero sempre la difesa dello Stato operaio russo, ma con nuove argomentazioni.

Per Lenin, era l’esistenza dei soviet, del partito bolscevico e del comintern che conferivano un carattere socialista all’economia nazionalizzata. Successivamente fu l’economia nazionalizzata a conferire un carattere socialista (anche se degenerato) allo Stato russo. Nel 1934, il rinnovarsi della combattività operaia, il fronte unico e la possibilità di un’unificazione tra Partito Socialista e Partito Comunista, verranno considerate da Trotsky come possibilità di apertura verso nuove prospettive rivoluzionarie. Potranno giocare questo ruolo nel Partto Socialista. Questa fu la prima «svolta francese». Con qualche reticenza e al prezzo di qualche defezione la Ligue communiste obbedì e «La vérité» sempre ornata da falce e martello divenne l’organo del Gruppo bolscevico-leninista del Partito Socialista.

I bolscevico-leninisti non potendo rimanere isolati e volendo prendere la testa degli operai rivoluzionari, proveranno ad  adempiere a questa missione nel ps.

Queste prospettive non si realizzarono. Il riavvicinamento del ps e del pc portarono al Fronte Popolare e ad un compromesso con la borghesia. I bolscevico-leninisti furono espulsi dal ps nel 1935. Reclutarono nuovi membri tra i giovani socialisti ma restarono sempre divisi. Vegetarono durante  Fronte Popolare e  una seconda “svolta francese” fu decisa. Nel 1939, sempre divisi, entrarono nel psop (Partito Socialista operaio e contadino), nato l’anno precedente. Riscoprirono la loro autonomia quando il psop si sciolse all’inizio della Guerra.

 

L’Union communiste

 

Nel 1939, una conferenza di unificazione (non fu la prima) riunì i delegati di una dozzina di gruppi dell’opposizione comunista e alcuni militanti isolati. Erano trotskysti e bordighisti. Fu un’ulteriore scacco, ma in seguito un piccolo gruppo diede vita all’Union communiste che vivrà fino alla Guerra con il suo organo «L’internationale». Chazé spiega l’importanza dei compiti teorici sui quali l’organizzazione nascente si confrontò: «Per ciò che concerne la natura e il ruolo controrivoluzionario dell’urss, avevamo almeno dieci anni di ritardo sui nostri compagni olandesi (comunisti dei consigli) e su quelli della Sinistra tedesca. Eravamo anche in ritardo sull’istituzionalizzazione e sull’integrazione dei sindacati. Lo stesso per il ruolo del partito rivoluzionario. Noi non affrontavamo i problemi[26]».

L’uc denunciò le manovre burocratiche dei trotskysti e ciò che considerava come confusione politica: il passaggio da un atteggiamento demagogico all’entrata nella socialdemocrazia, la sovraestimazione delle possibilità rivoluzionarie, la propaganda d’illusione nella classe operaia sul potenziale ruolo rivoluzionario del ps e del pc ecc. L’uc denunciò il Fronte Popolare considerato l’equivalente del Fronte Nazionale. Nel 1935, l’uc era opposta a ogni difesa dell’urss.

La guerra, con la mobilizzazione, l’arresto o la fuga dei militanti stranieri che ne seguì, portò allo scioglimento del gruppo che, al suo apogeo, non contava certamente più di quaranta membri. Davoust (Chazé) verrà arrestato, poi deportato, sopravviverà a Sachsenhausen e riprenderà la sua attività nell’avanguardia, ma l’uc non sarà ricostituita[27].

  

La sinistra socialista e il psop

 

Nel 1935, l’ala sinistra del ps si raccolse attorno a Marceau Pivert. Prendendo in contropiede il programma del Fronte Popolare, proponendo un programma di nazionalizzazione di massa, di milizie popolari, di gestione del settore pubblico da parte dei sindacati e dei comitati popolari, libertà per le colonie ecc.

Il Fronte Popolare deveva servire solamente come preludio a una trasformazione socialista della società e dopo la vittoria elettorale, Pivert sostenne che «tutto è possibile». Blum e Thorez risposero di no. Blum spiegò che era stato eletto per esercitare il potere, non per conquistarlo.

I pivertisti organizzarono la loro tendenza, La gauche revolutionnaire, come un mini partito all’interno del ps

Condannarono la collaborazione di classe, attaccarono la difesa nazionale (che Blum stava rinforzando), sostennero il poum, denunciarono i processi di Mosca e in alcuni casi si unirono ad anarchici e trotskysti per azioni specifiche.

Le relazioni tra Pivert e i trotskysti variavano, ma, insensibile alle retromarcie come alle ingiurie Pivert continuò ad essere fedele  al ps e al Fronte Popolare. Nel 1937, al culmine della sua influenza, controllava solo il 16% dei mandati al congresso socialista e di conseguenza non riusciva ad influenzare il corso degli avvenimenti. I pivertisti risultarono presto anomali nel partito e malgrado le loro formali concessioni alla disciplina, le sanzioni caddero sui gruppi giovanili, poi sulla federazione della Seine, Pivert e i suoi amici. I pivertisti si ribellarono e lasciarono il partito al congresso di Royan nel 1938. Formarono il Partito socialista operaio e contadino (psop). La formazione del partito arrivò in un momento sbagliato. La guerra incombeva e la classe operaia era in pieno arretramento. Il psop non recuperò tutti i militanti della sinistra rivoluzionaria e al meglio contava, forse, diecimila membri. Questo numero andava diminuendo, ma era ancora impressionante per i piccoli gruppi trotskysti, i quali, accolti senza entusiasmo, entrarono nel partito nel 1939. Nel psop coesistevano pacifisti integralisti, socialdemocratici impenitenti, trotskysti e militanti che provavano ad avanzare tra riformismo e bolscevismo. La discussione era comunque libera e si instaurò un lungo dibattito sull’atteggiamento da seguire rispetto alla Guerra che sopraggiungeva. Molti militanti sentivano confusamente che la Guerra che stava per scoppiare rischiava di essere differente dalla precedente e di non permettere la ripetizione della stessa tattica e degli stessi atteggiamenti. Finalmente si raggiunse un accordo sulla riaffermazione delle posizioni tradizionali ereditate dalla socialdemocrazia prima del 1914.

Pivert era in America quando scoppiò la Guerra.

I trotskysti reclamarono immediatamente la formazione di una organizzazione clandestina e messi in minoranza ripresero la loro indipendenza, anche se divisi. Qualche militante tentò per un certo periodo di conservare al psop una facciata legale ma ci rinunciarono presto. Il partito si disintegrò e i militanti si dispersero.

Durante la Guerra si potevano trovare alcuni ex-membri del psop (e anche qualche ex-anarchico e sindacalista) in gruppi e pubblicazioni che si possono considerare come l’ala sinistra della Resistenza: a Parigi Notre revolution che divenne in seguito Nos combats e finalmente Libertés, nel Mezzogiorno L’insurgé e Libérer et fédérer che si unirono più tardi. Malgrado il disaccordo queste pubblicazioni avevano molti punti in comune: evitavano il linguaggio sciovinista degli stalinisti e dei gaullisti, adottavano uno stile populista e affermavano di battersi per un avvenire socialista. La Guerra era certamente imperialista ma il nemico numero uno era il fascismo e deveva essere vinto prioritariamente dalla classe operaia nel quadro della lotta condotta dagli alleati. La vittoria sul fascismo avrebbe portato alla fine del “capitalismo moribondo”. Libérer e fédérer si impegnò a obbedire a De Gaulle come capo militare, ma si augurava di mantenere la propria indipendenza. Infatti, volenti o nolenti, questi gruppi avevano un piede nella Resistenza ufficiale e non andranno più lontano della definizione del loro orientamento politico. L’insurgé dissolse il suo movimento con la Liberazione. Marceau Pivert ritornò al ps dopo la Guerra.

 

La Sinistra comunista internazionale

 

Si conosce maggiormente questa corrente politica sotto il nome di “bordighista”, dal nome del principale teorico Amadeo Bordiga[28]. Già militante nella gioventù socialista italiana nel 1914, Bordiga divenne l’editore di «Avanguardia» nel 1917. Apportò il proprio contributo alle conferenze di Zimmerwald e di Kienthal prima di prendere le difese, da subito, della Rivoluzione russa. Nel 1918 difese l’esclusione dei riformisti dal psi, i quali appartenenti a qualsiasi tendenza, aderirono alla Terza Internazionale nel 1919. Lanciò «Il Soviet» nel 1920 e organizzò una campagna contro la partecipazione alle elezioni, posizione che difese senza successo al secondo congresso del comintern (luglio 1920). Nel gennaio 1921 al congresso di Livorno il centro, diretto da Serrati, rifiutò di eliminare l’ala riformista cosÏ si verificò la scissione. La tendenza Bordiga alleata all’«Ordine nuovo» di Torino diretto da Gramsci[29], fondò il Partito Comunista d’Italia con Bordiga come segretario. Nel marzo 1922, il secondo congresso del pcd’i adottò le celebri Tesi di Roma che definirono il ruolo e la natura del partito e sono ancora considerate come un documento fondamentale dalle correnti bordighiste. Ma il comintern aveva già adottato la strategia del Fronte Unito nel suo terzo congresso nel 1921 e, contro Bordiga, diede il suo appoggio al gruppo di Gramsci di cui Togliatti era la seconda personalità di spicco e ottenne la direzione del partito nel 1923. I bordighisti vennero schiacciati nel terzo congresso che si tenne, in esilio, a Lione nel 1926. Facendo la figura del dissidente solitario, Bordiga assistette a una riunione allargata dell’esecutivo del comintern nel febbraio 1926. Fu escluso dal partito nel 1930. La posizione bordighista sul partito spiega le divergenze e, più tardi, la rottura con il comintern. Senza alcun dubbio la vittoria dei bolscevichi rinforzò il feticismo dei bordighisti per il partito, ma la loro concezione era originale e poco debitrice al “leninismo” che rimase  praticamente sconosciuto in America e in Europa occidentale fino agli anni Venti. L’analisi che segue è ben lontana dal rendere conto della complessità di una teoria la cui apparente rigidità lascia mal supporre.

Prima, durante e dopo la rivoluzione, la missione storica del proletariato è incarnata dal partito il cui programma è solidamente ancorato alla teoria marxista. «La visione di un’azione collettiva diretta verso gli scopi generali che rigardano la classe intera e implicano il rovesciamento totale del sistema sociale, non potrà essere chiara che a una minoranza di avanguardia.» (Partito e classe 1921). La classe esiste nella misura in cui l’esistenza del partito è possibile, anche sotto forma di piccola minoranza, concezione riassunta nella formula «il partito è la classe e la classe è il partito». Solo il trionfo del comunismo integrale, con la sparizione delle classi, renderà caduco il partito che potrà allora fondersi nella classe operaia divenuta comunista. È reazionario e sbagliato pensare che i soviet potranno sostituirsi al partito. In ultima analisi la dittatura del proletariato non può essere che la dittatura del partito. Il programma comunista è caratterizzato dalla sua invarianza[30], la sua irriducibile opposizione a tutte le forme di dominio del capitale. La difesa del programma è il primo compito del partito. Non correrà appresso ad una popolarità artificiale costruendo i suoi principi. Si aderisce al partito in quanto individui, poiché si è d’accordo con le idee del partito. Non può esserci che una sola organizzazione per difendere il programma della rivoluzione. Il partito rifiuta d’infiltrarsi in altre organizzazioni, condanna la formazione di blocchi o di coalizioni con esse. In Italia i bordighisti rifiutarono il Fronte Unito con i socialisti, al massimo accettarono questo Fronte sul piano sindacale[31]. Più tardi, si opposerò alla fusione con i socialisti (auspicata dal comintern ma rifiutata dai socialisti) e anche con i terzini, l’ala sinistra del Partito Socialista separatasi da quest’ultimo[32].

L’avvento del fascismo non modificò l’atteggiamento dei bordighisti poiché fascismo e democrazia non sono che differenti maschere del potere borghese, al quale si può solo opporre la dittatura del proletariato[33].

La Sinistra italiana combattè con ostinazione all’interno del comintern (sotto controllo russo), criticò i suoi interventi nella vita dei partiti e soprattutto propose che i problemi dello Stato russo fossero discussi dall’Internazionale.

Dopo la disfatta del 1926, i bordighisti si costituirono ufficialmente in Frazione di sinistra del pci a Pantin. In seguito nel 1935 questa organizzazione, prendendo una nuova forma, divenne la Frazione italiana della Sinistra comunista internazionale, ciò significava – un po’ tardi secondo alcuni – la rottura con la Terza Internazionale.

Durante un breve periodo si ebbe un riavvicinamento con Trotsky e la sua Opposizione internazionale al quale seguirà una rottura totale nel 1933. I bordighisti accettavano solo le tesi dei due primi congressi della Terza Internazionale – non senza riserve – mentre i trotskysti consideravano le tesi dei primi quattro congressi come documenti fondamentali[34].

Nel 1933 la Frazione cominciò a pubblicare in francese «Bilan» e più tardi «Octobre»[35].

All’inizio della Guerra civile spagnola la Frazione definì la sua posizione: il proletariato spagnolo era stato incapace di formare il suo partito di classe, non aveva istituito la sua dittatura e nel nome della lotta antifascista aveva lasciato il potere borghese intatto. La Guerra era imperialista e le frazioni della Sinistra comunista internazionale chiamavano tutti i lavoratori a disertare, a fraternizzare e a trasformare la Guerra in guerra civile contro il capitale.

L’Union Communiste, La Révolution Proletarienne[36] e qualche anarchico ebbero coscienza del ruolo controrivoluzionario degli stalinisti, che culminò nella persecuzione dei rivoluzionari e negli attacchi contro le collettivizzazioni. Criticarono – a volte severamente – ciò che considerarono come la capitolazione del poum e della cnt-fai, ma non seguirono i bordighisti che, secondo loro, applicavano meccanicamente alla Spagna parole d’ordine ereditate dalla Prima Guerra mondiale. I bordighisti non furono unanimi su questo punto: si ebbe una scissione nella Frazione italiana e in un piccolo gruppo belga vicino ai bordighisti[37].

I bordighisti si opposero alla difesa dello Stato russo, che desiderava far parte del consortium imperialista. I loro criteri erano essenzialmente politici: visto che il Partito russo e il comintern avevano abbandonato il programma rivoluzionario, la Russia non poteva essere socialista. Mancò dolorosamente un’analisi della società russa: la burocrazia era fermamente considerata come un semplice strumento del capitalismo internazionale tanto quanto sballottata tra il proletariato e misteriose classi sociali d’altri tempi.

Questo spiega forse l’appellattivo arcaico di centrismo che era applicato allo stalinismo, anche dopo la Spagna.

Intransigenti durante la Guerra di Spagna, i bordighisti non ebbero alcuna esitazione quando scoppiò la Seconda Guerra mondiale[38]: si trattava di un’altra guerra imperialista, che doveva essere trasformata in guerra civile contro tutte le borghesie. La Frazione deveva continuare a operare per la formazione di un partito rivoluzionario. La scissione, causata dalla questione spagnola (un gruppo si formò ufficialmente) e la Guerra dispersero i militanti. Un piccolo nocciolo si raccolse attorno a Ottorino Perrone (Vercesi), uno dei teorici della Frazione che sopravvisse in questi tempi di guerra isolato a Bruxelles. A Marsiglia, un piccolo gruppo di bordighisti italiani e di giovani francesi reclutati si riunì intorno a Marc (Chyryk)[39], veterano delle opposizioni comuniste che formavano le frazioni francesi della Sinistra comunista internazionale  redigendo alcuni testi.

Finalmente la frazione si trasferì a Parigi e allacciò contatti con gli italiani che non erano rientrati in Italia dopo la caduta di Mussolini. Vennero pubblicati alcuni numeri de «L’etincelle» quando la Guerra stava per finire. Nel 1945 fu dall’Italia che venne l’onda. I bordighisti, che avevano costruito la loro organizzazione durante il periodo di clandestinità, tennero un congresso a Torino[40].

Il loro Partito comunista internazionalista era la sola organizzazione al mondo che aveva un’audience, ristretta, ma seria (diverse migliaia di membri), un settimanale («Battaglia Comunista»), una rivista teorica («Prometeo») e qualche pubblicazione in provincia[41].

Anche se gli italiani non potevano fornirgli alcun aiuto sostanziale, la Frazione francese acquistò un certo prestigio e una nuova vitalità.

Fra i suoi aderenti si trovavano fra gli altri veterani dell’antica Union Communiste come Davoust (Chazé) e Lestérade, e il piccolo gruppo Contre le courant, nato da una scissione all’interno della rkd-cr.

La Frazione francese pubblicava «Internationaliste», e si erano stabiliti contatti con più fabbriche, in particolare la Renault[42] dove alcuni membri della frazione giocarono un ruolo nello sciopero del 1947. Questi sforzi diedero pochi risultati e i problemi teorici riaffiorarono: nel 1950 la maggioranza dei membri francesi riteneva che il bordighismo fosse affetto da sclerosi e raggiunsero il gruppo di Socialisme ou Barbarie[43].

Fortemente decimata, la frazione francese cominciò allora una nuova traversata del deserto, ma è un’altra storia.

Nel 1944 più membri fondatori della Frazione – Chyryk-Marc e Salama-Mousso – la lasciarono per formare la Sinistra comunista di Francia, che pubblicava «Internationalisme», organo di ricerca e di discussione.

Ritenevano che la formazione  del Partito comunista internazionalista in Italia fosse prematura e opportunista[44]. L’attività della Frazione francese era giudicata senza princìpî e falsa.

Il gruppo fu all’origine della Corrente Comunista internazionale che esiste ancor oggi.

 

I comunisti rivoluzionari tedeschi e francesi (rkd e cr)[45]

 

Il gruppo conosciuto durante la Guerra sotto il nome di Revolutionären  Kommunisten Deutchlands, faceva parte in origine del movimento austriaco trotskysta ed era riconosciuto nel 1938 come Sezione austriaca della Quarta Internazionale (rko).

Costretto all’esilio dalla repressione, l’rko entrò rapidamente in conflitto con il movimento trotskysta e i suoi delegati votarono contro la proclamazione ufficiale della Quarta internazionale nel settembre 1938.

Nonostante fossero in accordo con l’analisi trotskysta dell’urss come Stato operaio degenerato, divergevano da Trotsky sull’atteggiamento in caso di guerra nei Paesi che avrebbero potuto dare il loro aiuto alla Russia.

Previdero una disfatta rivoluzionaria in tutti quei Paesi che si avvicinavano alle posizioni dell’American Reolutionary Workers League (il gruppo Œhler) che nel settembre 1939 pubblicò i suoi 14 punti come un tentativo preliminare per la formazione di un nuovo gruppo internazionale[46].

Nel 1941 l’rko divenne rkd e si separò dal trotskysmo. L’rkd definì l’urss un Paese capitalista e si oppose categoricamente alla sua difesa. Attaccò il trotskysmo come una corrente congenitamente centrista che rifiutava il bolscevismo puro dell’epoca di Lenin.

Dopo la sconfitta della Francia, l’rkd si installò nel Mezzogiorno della Francia e svolse un’attività notevole, pubblicando regolarmente «R. K. Bulletin» (17 numeri fino al 1943), poi «Spartakus», il cui primo numero (maggio 1943) conteneva un’appello ai lavoratori del mondo a rompere le loro catene e a fondare la repubblica internazionale dei consigli degli operai e dei soldati: «Non siamo né socialdemocratici, né stalinisti, né trotskysti. La questione del prestigio non ci interessa. Siamo comunisti rivoluzionari, spartakisti».

Oltre a questa impressionante produzione si doveva aggiungere «Fraternisation prolétarienne», organo dei comunisti rivoluzionari di Francia (di cui non esisteva ancora l’organizzazione) e un certo numero di opuscoli e testi teorici.

Le basi per il contatto con i soldati tedeschi vennero gettate e si stabilirono relazioni con i rivoluzionari francesi in clandestinit‡.

Anche se ben agguerriti in attività clandestine, l’rkd non fu al riparo dalla repressione. Nel 1942 tre donne vennero fermate e condannate rispettivamente a 14 mesi, 3 anni e 15 anni. Una di loro, deportata in Germania, sopravviverà. Un’altra riprenderà le sue attività clandestine dopo aver scontato la pena. La terza, Melanie Berger, venne liberata dall’rkd, che utilizzò per questa evasione falsi documenti tedeschi. Altri due membri dell’rkd, Ignaz Duhl e Arthur Streicher, vennero arrestati e assassinati dalla Gestapo. Karl Fischer (Emile), arrestato nel 1944, uscì vivo da Buchenwald, ma fu in seguito rapito in Austria dalla polizia russa nel 1947, e passò 8 anni in Siberia. Questi esempi non sono esaustivi.

Ucciso, ma non distrutto, l’rkd si trasferì frequentemente: Mountauban, Marsiglia, Grenoble, Lione. Nella primavera 1944 l’organizzazione trasferì la sua attività a Parigi.

Anche le persone che avevano partecipato alle attività dell’rkd non possono essere considerate  fonti autorizzate a giudicare l’importanza numerica del loro reclutamento che valutarono senza alcuna certezza in una dozzina di militanti (fra i quali alcuni francesi) al momento della Liberazione di Parigi.

L’organizzazione era diretta da un austriaco, Scheuer (Armand), che senza alcun dubbio conosceva a fondo il lavoro clandestino. Il gruppo mantenne una forte chiusura verso l’esterno. I membri non furono sempre ben informati sull’influenza esatta di un’organizzazione che non cedeva sulla propaganda. L’rkd era esperta nell’arte di stabilire e sfruttare contatti, portando di tanto in tanto lusinghe o denunce virulente. Nell’ottobre 1942 fece un appello per la formazione di una nuova e autentica internazionale, inviò una lettera al gruppo trotskysta de «La Seule Voie» dichiarando che la repressione antitrotskysta aveva evitato uno degli ostacoli che impedivano di avanzare in questo progetto. Questa apertura, piuttosto infelice, provocò una risposta indignata de «La Seule Voie»: «Avete sbagliato indirizzo, compagni!».

Contatti individuali si rivelarono più fruttuosi e l’rkd esercitò una certa influenza sui giovani trotskysti di Tolosa, Lione e Parigi.

Nell’aprile 1944, tre organizzazioni trotskyste francesi il poi, la cci e il gruppo Octobre si unirono per formare il Partito comunista internazionalista. La piccola Union Communiste di Korner (Barta), editrice di «Lutte de classe», rifiutò di allearsi. L’rkd denunciò violentemente la proclamazione comune dei tre gruppi: «Questo appello invece di denunciare le deviazioni anglofile profasciste e staliniste che abbondano in articoli e bollettini del poi e della cci (<<La Seule Voie>>) ingannano coscentemente la classe operaia pretendendo che i detti gruppi non abbiano mai smesso di denunciare questa Guerra come imperialista». Comunque un’organizzazione più ampia significò una possibilità di un maggiore lavoro politico e le nuove reclute francesi dell’rkd si costituirono in frazione all’interno del nuovo partito. Nell’agosto del 1944, durante la Liberazione di Parigi, l’rkd e il cr francese, per la prima e ultima volta, ebbero un ruolo in un vero movimento operaio: i militanti di cr presero la testa del comitato di sciopero della Renault. L’euforia regnava: nella caffetteria, i cr, alcuni trotskysti ortodossi – che entrarono in scena con un po’ di ritardo – e due tipografi del grp-uci (che dovevano comporre il manifesto del comitato) fraternizzarono, tanto che uno stalinista, appollaiato su un tavolo, fece allusione a «elementi irresponsabili». La reazione degli stalinisti non si fece attendere. Un militante di cr venne picchiato. La Renault ricadde sotto il controllo degli stalinisti, ma i gauchistes restando presenti giocheranno un ruolo nello sciopero del 1947, cominciato con il disprezzo delle direttive della cgt stalinista.

Nell’ottobre 1944, la tendenza cr fece una dichiarazione al congresso del pci [francese] e abbandonò il partito. Il gruppo francese, Organisation communiste révolutionaire contava all’epoca circa quaranta membri e pubblicava un’abbondante letteratura o autonomamente o con l’rkd: «Rassemblement communiste révolutionaire», «Pouvoir Ouvrier» per i cr, «Vierte Kommunistische Internationale» per l’rkd e «l’Internationale», organo della commissione internazionale creata da cr e da rkd.

Ma prima che si dissipasse per tutti l’illusione che un’onda rivoluzionaria avrebbe sommerso l’Europa, il bisogno di tracciare prospettive a lungo termine si fece sentire; era necessario discutere le basi teoriche. Si interrogarono su Kronstadt, la nep, Brest-Litovsk e sul leninismo stesso.

Il ruolo di guida della vecchia direzione dell’rkd venne contestato. La tensione crebbe e le defezioni si moltiplicarono. Qualche militante si unì alla Sinistra comunista internazionale (bordighista), mentre altri crearono una nuova organizzazione che durò poco, cr-Countre le courant («Pouvoir Ouvriere») e presto si unirono, anch’essi, ai bordighisti. Il leader dell’rkd si avvicinò agli anarchici. Il resto dell’organizzazione si disperse poi nel 1946.

Indipendentemente da tutte le valutazioni politiche il lavoro stupefacente compiuto in circostanze difficili e pericolose da questo pugno di militanti austriaci e tedeschi dell’rkd ispira rispetto.

 

Gruppo rivoluzionario proletario - Unione dei comunisti internazionalisti (grp-uci)[47]

 

Alla fine del 1941 alcuni militanti isolati di diversa provenienza s’incontrarono per rinnovare vecchi contatti e prendere una decisione. Bisogna notare che in questo periodo bordighisti ed rkd si trovavano nel sud della Francia. Si giunse a un accordo generale sulla natura imperialista della Guerra e sulla definizione della Russia come capitalismo di Stato.

I membri provenivano da gruppi trotskysti, anarchici e da diversi gruppi dell’opposizione tedesca, rappresentanti più nazionalità. Infatti alcuni dibattiti si svolsero in tedesco essendo i francesi in minoranza.

Nel 1943, il grp fece apparire un manifesto che affermava che la guerra imperialista avrebbe dovuto essere trasformata in guerra civile contro tutti i governi capitalisti, essendo lo scopo finale la repubblica internazionale dei consigli operai. Come primo passaggio il manifesto invitò alla propaganda e alla fraternizzazione con i soldati e con gli operai tedeschi, alla denuncia degli scopi imperialisti, al sostegno delle rivendicazioni economiche dei lavoratori, alla lotta contro la deportazione dei lavoratori in Germania - organizzata dal governo di Vichy e dai nazisti -, alla formazione di gruppi rivoluzionari nelle fabbriche, primo passo verso la costituzione di milizie operaie e di comitati di fabbrica. Dopo aver reso omaggio a Trotsky, il manifesto dichiara che la Quarta Internazionale non era stata in grado di unificare i trotskysti e lo fu di conseguenza ancor meno nel tentativo di raggruppare tutti i rivoluzionari. I loro metodi burocratici l’avevano svuotata della vita reale e l’attaccamento dogmatico all’esperienza russa costituì un ostacolo a ogni progresso teorico. Era necessario edificare una vera internazionale. A causa della sua composizione sociale e nazionale, il gruppo risultava vulnerabile e particolarmente privo di mezzi materiali. A causa di ciò, si stabilirono contatti solo con alcuni giovani trotskysti, poi con l’rkd e con un gruppo anarchico che si era recentemente costituito in vista di un’azione comune. Questi due ultimi contatti non portarono a niente.

Alla Liberazione di Parigi il gruppo provò a procurarsi un po’ di soldi e del materiale, ma non ci riuscì. Vennero distribuiti opuscoli bilingue, più per il desiderio di fare un gesto che nell’illusione di avere un qualsiasi effetto.

Nel 1944 facendo una concessione ai giovani aderenti francesi, che risentivano ancora di un attaccamento sentimentale alla tradizione trotskysta, il grp divenne l’Unione dei comunisti internazionalisti per la Quarta Internazionale. Le pubblicazioni del grp-uci erano ben conosciuti per la mediocrità della qualità della stampa. Fino al gennaio 1945 il gruppo fece uscire sedici numeri del «Réveil prolétarien» e cinque o sei di una rivista teorica «La Flamme». Negli ultimi due numeri (stampati in modo onesto nel 1946) l’evoluzione del gruppo verso le posizioni dei comunisti dei consigli apparve netta.

Dopo la Liberazione di Parigi, un lavoro di penetrazione limitato nelle Jeunesses socialistes portò nuova linfa al gruppo e la possibilità di nuovi contatti. Ma il grp-uci – come altre organizzazioni – era mal preparato ad assimilare questi nuovi simpatizzanti che senza alcun dubbio erano motivati da una sana reazione contro la collaborazione di classe ma erano politicamente inesperti e inclini a scoraggiarsi facilmente a causa dell’atmosfera rarefatta del gruppo e all’assenza della possibilità d’espressione.

Alcuni membri lasciarono il gruppo, altri – gli stranieri – lasciarono la Francia, non fondamentalmente a causa di reali divergenze, ma per il desiderio di esplorare altre possibilità. Il gruppo entrò in declino e cessò l’attività nel 1947. Rivestì un ruolo utile durante la Guerra ed è giusto notare che malgrado evoluzioni differenti i vecchi membri del gruppo sembrano aver mantenuto fra di loro contatti amicali.

 

Conclusioni

 

Questo studio tenta di spiegare il solo background storico e le azioni dei tre gruppi che adottarono un atteggiamento inequivocabile durante la Guerra, l’rkd-cr, il grp-uci e la Sinistra comunista internazionale (bordighisti).

Visto che non erano tormentati come i trotskysti dai problemi di strategia e di tattica causati dalla partecipazione dell’urss al conflitto, differirono poco nella loro analisi della Guerra. Non si tratta di sapere qui se l’rkd o il grp seppero giudicare correttamente la situazione italiana o di riesumare i vecchi argomenti su degli eterni problemi teorici. Abbiamo giudicato necessario menzionare le correnti anarchiche sia per mettere l’accento sull’affondamento del movimento sia per ricordare gli sforzi dei militanti che tentarono almeno di tirare le fila.

Con molte sfumature i tre gruppi sopracitati erano molto ottimisti, proprio come lo erano i trotskysti, sulle possibilità rivoluzionarie del conflitto. Le loro speranze furono impietosamente annientate: i deboli tentativi di azione operaia autonoma, geograficamente frammentati, spariranno velocemente con la restaurazione del potere di Stato sostenuto da stalinisti e riformisti. L’analisi dell’urss dell’ultra-gauche è stata confermata, mentre le analisi troppo elaborate dei trotskysti sono crollate. Né la rivoluzione proletaria, né la pressione capitalista hanno fatto soccombere la burocrazia. Ha protetto ed esteso il suo potere e ha partecipato alla lotta per la dominazione del mondo. Il ruolo controrivoluzionario dello Stato russo e delle sua agenzie all’estero – i partiti comunisti – è di nuovo stato mostrato quando le rivelazioni sulle purghe e sui gulag hanno chiaramente messo in evidenza le barbarie del sistema.

La Guerra e il dopoguerra hanno mostrato che la società burocratica non era un’aberrazione limitata alla Russia. Si trovano società burocratiche in mezzo mondo che forniscono ai trotskysti altrettanti esempi di Stati operai distorti e deformati dalla nascita. Ecco l’avvenimento più importante del secolo, la prova irrefutabile che l’eliminazione del capitalismo privato senza un’organizzazione democratica della società genera nuove forme di dominio e sfruttamento.

Questa breve storia dell’ultra-gauche non è una giustificazione a posteriori, per cui è bene dissipare alcuni malintesi. Malgrado non contestassero il carattere imperialista della Guerra, alcuni hanno accusato gli internazionalisti di fornire un aiuto diretto ai nazisti non subordinando ogni cosa alla necessità della lotta antifascista. Questo è un punto fermo e la complessità del problema è stata rivelata al momento di varie discussioni che ebbero luogo prima della Guerra. Gli internazionalisti trovavano ancora, allora, l’ispirazione nella grande tradizione di Liebknecht, Luxemburg, di Zimmerwald e nelle parole d’ordine ereditate da questo periodo: «Il nemico è nel nostro Paese», è la nostra borghesia e dobbiamo «trasformare la guerra capitalista in guerra civile, al prezzo della disfatta della nostra borghesia» ecc. Ma vi erano dei dubbi. Eccetto la Russia, la Prima Guerra mondiale si abbattuté su Stati i cui sistemi sociali si assomigliavano molto e le cui organizzazioni socialiste erano indebolite e demoralizzate, certo, ma non distrutte. In ogni Paese esisteva un nocciolo rivoluzionario represso solo moderatamente la cui crescita era facilitata dalla stagnazione dei Fronti. Anche se non sfociò nella rivoluzione in Europa occidentale la pace modificò le frontiere e non fece sparire le organizzazioni operaie.

Nel 1939 la situazione era differente. Anche senza prevedere il Blitzkrieg tedesco, chi poteva dire se la Guerra sarebbe durata abbastanza da permettere al proletariato – schiacciato sotto lo stivale fascista e demoralizzato da stalinisti e riformisti – di arrivare alla coscienza rivoluzionaria?

Una rapida vittoria da parte delle potenze dell’Asse poteva precipitare l’Europa nella notte per numerosi anni.

Anche la strategia di Trotsky era lontana dalla semplicità: stabiliva differenze tra Paesi fascisti e democratici e teneva conto dei loro eventuali legami con l’urss.

I trotskysti americani e britannici, i cui Paesi non erano stati invasi, le cui borghesie erano alleate all’urss e che godevano di un minimo di legalità, dovettero seriamente far fronte a questo problema (il modo in cui lo fecero esce dal quadro di questo articolo)[48].

La rapidità della vittoria tedesca in Francia portò una risposta parziale a questi problemi per ciò che concerneva gli internazionalisti.

Nella misura in cui la borghesia francese con ambiguità, seppe salvaguardare il suo avvenire, spalleggiò i nazisti: la lotta contro Vichy e i nazisti divennero la stessa lotta. Ma la Guerra proseguì e lasciò intatto il problema del comportamento da tenere rispetto alla Resistenza.

L’ultra-gauche e i trotskysti mantennero un’indipendenza totale e combatterono Vichy e i nazisti nel quadro delle rispettive prospettive globali.

L’ultra-gauche era solo un granello di sabbia nella tempesta e non poteva fissarsi che alcuni compiti modesti. Nonostante la sua debolezza giudicò necessario mantenere la sua organizzazione per salvaguardare e sviluppare la teoria, raggruppare militanti e denunciare le menzogne e le illusioni diffuse dalle forze imperialiste. L’ultra-gauche prese partito per la difesa degli interessi proletari contro il capitale francese e tedesco, auspicò il sabotaggio dello sforzo bellico nazista e la resistenza alla legge tedesca e di Vichy.

Benché i soldati tedeschi combattessero coraggiosamente, non erano tutti nazisti. Migliaia di disertori furono giustiziati[49]. Il lavoro limitato, ma efficace dei trotskysti fra i soldati tedeschi mostrò che non erano refrattari alla propaganda. Questo era un comportamento antinazista, ma fondato su considerazioni di classe, senza alcuna concessione alla collaborazione di classe né allo sciovinismo degli stalinisti e dei gaullisti.

Un certo numero di persone ben intenzionate hanno lasciato intendere che l’ultra-gauche come i trotskysti, avrebbero dovuto infiltrarsi nella Resistenza per influenzarla dall’interno. La debolezza dell’ultra-gauche escludeva qualsiasi possibilità di una tale azione per i suoi militanti. Più numerosi, i trotskysti scelsero, finalmente, di concentrare i loro militanti nelle fabbriche. Ma l’obiezione di fondo è di ordine politico. Anche con le migliori intenzioni, l’attività clandestina non incita al dibattito di lunga durata, né alla politica democratica, al di là della fase di discussione in piccoli comitati. La Resistenza non era un forum politico. Per farsi conoscere e rispettare all’interno di un circolo forzatamente ristretto, un militante infiltrato sarebbe stato costretto ad obbedire a ordini e a svolgere incarichi che gli sarebbero stati ordinati: in altri termini sarebbe stato perso per la sua organizzazione e per le sue idee. Senza parlare dei sospetti manifestati dagli stalinisti all’interno delle organizzazioni che controllavano.

In un milieu più propizio, verso la fine dell’occupazione tedesca, i trotskysti guadagneranno stima e influenza in un certo numero di fabbriche perché si riconosceva in loro i migliori sindacalisti, i più militanti.

Finché sventoleranno le loro bandiere gli operai non affluiranno alle porte del pci [francese].

Alla fine della Guerra, malgrado qualche nuova adesione, i tre gruppi dell’ultra-gauche esercitavano la loro influenza al massimo su qualche centinaio di persone. Evidentemente le condizioni di sopravvivenza erano state difficili: sulla vita della maggior parte dei militanti pesava a gradi diversi una minaccia (sia che fossero ebrei, stranieri, refrattari allo sto[50], evasi di prigione ecc.) ed erano in un Paese dove anche coloro che vivevano in piena legalità soffrivano di numerose privazioni. Dovevano procurarsi dei soldi, dei falsi documenti, dei buoni pasto e un alloggio sicuro. Il materiale per stampare era difficile da reperire. Nonostante dovessero misurarsi contro ogni corpo delle forze di polizia francesi e tedesche, gli internazionalisti temevano anche gli stalinisti e non si fidavano della Resistenza. Erano terribilmente isolati e vulnerabili. Gli anarchici, anche se inefficaci, avevano almeno radici e tradizioni nella società francese, e i trotskysti, per la loro storia movimentata, si erano costruiti un circolo di contatti e simpatizzanti. L’ultra-gauche non beneficiò neanche di questo ristretto milieu. Ma le condizioni materiali che avevano non spiegano tutto e sono anch’esse, in parte, il riflesso dell’isolamento politico. Gli internazionalisti erano in opposizione totale con le altre ideologie e reclamavano un impegno, sotto le loro insegne, di coloro che tra i francesi non si erano rifugiati nella passività o nell’opportunismo. Gli internazionalisti potevano soltanto sopportare con pazienza, testimoniare e lavorare per l’avvenire.

 

I crimini stalinisti

 

Non esiste ancora un accordo fra gli storici sul numero delle esecuzioni sommarie che hanno avuto luogo in Francia nel 1944 e le cifre avanzate vanno da cinquemila a centomila o più, come pretendono i partigiani di Vichy.

Non vi è alcun dubbio che gli stalinisti abbiano liquidato un buon numero di nemici politici nei settori che controllavano. Dopo avere visto gli stalinisti all’opera in Spagna e altrove, si era in diritto di temere un regno del terrore per i rivoluzionari. Infatti alcuni rivoluzionari sono stati assassinati dagli stalinisti, ma il numero esatto è sconosciuto e nel clima politico dell’epoca un istruzione completa di questi crimini è impossibile.

Nell’ottobre 1943 cinque trotskysti si trovavano tra i novanta detenuti della prigione di Puy. Liberati dall’arrivo dei partigiani quattro di loro, Sadek, Reboul, Salini, e il militante italiano Pietro Tresso (Blasco)[51] sparirono dopo la loro liberazione. A Parigi un giovane militante dell’Union Communiste, Mathieu Bucholz, fu rapito, torturato e ucciso nel settembre 1944. Altri trotskysti furono assasinati a Parigi e nelle provincie, come alcuni anarchici e militanti del poum nel Mezzogiorno, dove operavano gli stalinisti spagnoli[52].

Malgrado tutto, questi crimini non rappresentano un «regno del terrore». Nel clima di disorganizzazione totale della Liberazione la liquidazione dei dirigenti trotskyisti sarebbe stata facile per le squadre di assassini del pc che avevano compiuto altrettante gesta più difficili. Al contrario, uno storico cita la liberazione grazie allo stalinista Marrane di un gruppo di trotskysti arrestati a Parigi[53]. Questo mostra che le esecuzioni erano dovute a iniziative locali e che il pc aveva, all’epoca, altre priorità.


[1] Al momento della fondazione (1901) il Partito Repubblicano Radicale e Radical-Socialista è una coalizione informe, ma può essere considerata la sinistra della democrazia borghese.

Il partito sostiene alcune riforme di struttura (nazionalizazione), si pone come «difensore della Repubblica» ed è all’inizio fortemente anticlericale. La sua base elettorale è in provincia, presso i contadini e le classi medie. Il partito non ha praticamente adesioni individuali. È un partito di notabili, di comitati elettorali, con una disciplina indulgente, sia in parlamento sia nei paesi, ciò che permette ai radicali di spostarsi da destra a sinistra secondo necessità. Il partito ha sofferto del suo ruolo poco brillante durante la Guerra ed è scomparso dalla scena politica francese.

[2]La corrente “massimalista” socialista vede in Italia un laboratorio floridissimo per il proprio sviluppo. Tale corrente pur navigando nella più completa tempesta di idee (rivoluzione-riforme, violenza di classe-pacifismo, dittatura del proletariato-democrazia socialista) rappresenterà una della correnti più significative del biennio rosso (1920-’21). Al suo interno vi era una componente di sinistra detta “terzina” perchè pur non essendo comunista si sentiva vicina alle tesi della Terza Internazionale. Per capire “l’anima” massimalista, cfr. Ezio Riboldi, Vicende socialiste, trent’anni di storia italiana nei ricordi di un deputato massimalista, Azione Comune, Milano 1964. Ne riportiamo un passo: «Discutendo una volta con Lenin dei problemi della rivoluzione in Italia, Lazzari (storico rappresentante del massimalismo di sinistra, n.d.R.), alle sollecitazioni del capo bolscevico di occupare le fabbriche, disse: “e poi che ce ne faremo degli industriali?”, e Lenin: “Liquidateli!”. “Ma scior Lenin – replicò in milanese Lazzari – nun milanes semm brava gent!”. I massimalisti erano in fondo dei democratici punti dalla tarantola rivoluzionaria».

L’ultima propaggine che si richiamava all’esperienza massimalista può essere individuata in Italia nel psiup (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria) di matrice “leninista democratica” senza essere collegato organicamente con il pci. [n.d.R.]

[3] Léon Blum, For all Mankind, Viking press, New York 1946: «È vero che in uno spirito di fedeltà rituale ad un simbolo tradizionale, il Partito socialista parlamentare ebbe la consuetudine di votare contro i crediti militari sapendo bene che ciò non avrebbe impedito che fossero votati e non c’è dubbio che questo comportamento fosse piuttosto ipocrita». Blum più avanti spiega come una volta al potere organizzerà il riarmamento francese.

[4] Cfr. Jean Barrot - Denis Authier, La sinistra comunista in Germania, La Salamandra, Milano 1981, p. 108.

[5] Robert Wohl, “Poincaré sauve le pcf, in French Commission in the Malcing, 1914-1924, Stanford University Press 1966 (pp. 314-316). Bibliografia eccellente.

[6] «Compagno di lavoro di Lenin sin dal 1907, teorico, oratore e figura popolare […], Zinov’ev era presidente del soviet di Pietrogrado, città che ha poi ribattezzato Leningrado con decreto, e era presidente dell’Internazionale Comunista fin dalla fondazione. Il dramma della morte di Lenin si sviluppò dentro di lui aveva alla base una convinzione profonda, una certa ambizione e una notevole mediocrità di carattere», in Victor Serge, Da Lenin a Stalin, Savelli, Roma 1973.

Storico dirigente del partito bolscevico Russo, dopo la morte di Lenin partecipò alla guerra di poteri in urss, nemico giurato di Trotsky, in lotta contro Stalin, in seguito codirigente e infine epurato dallo stesso Stalin. Per una breve ma chiara descrizione di quell’epoca, cfr. Boris Souvarine, Lo stalinismo, ecat, Genova 1978. [n.d.R.]

[7] Erano militanti dell’estrema sinistra francese, alcuni come Monatte e Rosmer legati al filone sindacalista rivoluzionario, molto sviluppato a livello teorico in Francia, altri come Souvarine legati a una visione socialista antiautoritaria.

[8] Informazioni preziose su questo periodo sono in William Shirer, The collapses of the Third Republic.Enaudi, Torino ecc.

[9]Nello stesso periodo  Palmiro Togliatti e l’intero gruppo comunista nell’immigrazione pubblicava su Lo stato operiao agosto 1936, anno x n8 un “Appello ai  fascsiti” dove proponeva una alleanza tra comunisti e fascisti della prima ora in nome di un generico antagonismo e interesse nazionale cfr Palmiri Togliatti, Appello ai fascisti, circolo talpa, catania, 1978

[10] Léon Blum, L’Histoire jugera, ed. de l’Arbre, Montreal 1943, pp. 294-297. Blum racconta che gli industriali erano tutti contriti davanti ai riproveri dei leaders sindacali durante i negoziati. In sostanza: «Se nel passato, non aveste sistematicamente licenziato dalle fabbriche i nostri aderenti saremmo in posizione migliore per dare l’ordine di ritornare al lavoro».

[11] Leon Trotsky, Whither France

[12]Per una valutazione della Sinistra italiana sugli sviluppi del Fronte Popolare cfr Dalle tesi sulla situazione in Francia, Octobre, n4 maggio 1938, Bruxelles, Antologia del pensiero socialista, Socialismo e Fascismo, tomo terzo, Laterza 1983, Bari, Alfredo Salsano

[13] Annie Kriegel, Le pain e les roses, 10/18, Paris, 1973.

Kriegel conta alla fondazione del Partito Comunista Francese 109.000 membri. Ne restarono solo 55.000 nel 1923 e 29.000 nel 1933. Nel 1934 vi fu un modesto miglioramneto (42.000), e la crescita continuò fino ai disastrosi scioperi del 1938: 86.000 nel 1935, 280.000 membri alla fine del 1936 e più di 300.000 alla fine del 1937.

[14] Crediamo che una simile valutazione sia dovuta a una visione che enfatizzi il ruolo delle minoranze politiche all’interno dello scontro di classe. Il conflitto sociale in alcuni casi, pur con tutte le contraddizioni, può assumere contenuti  radicali senza che vi sia una minoranza politicizzata; i cicli di  lotte operaie nella Germania Est e in Polonia tra gli anni Cinquanta e Settanta o la rivoluzione Ungherese del 1956 possono inserirsi in questo contesto, cfr. Benno Sarel, “I moti di Berlino 1953 sono stati il risultato di un lungo sforzo di organiozzazione operaia”, in Danilo Montaldi, Bisogna sognare, Colibrì, Milano 1994. Cajo Brendel, “La lotta di classe contro il bolscevismo, L’insurrezione operaia del giugno 1953 nella dtr”, in «Autogestione», n. 6, Milano 1980. ico, Capitalisme et lutte de classe en Pologne 1970-1971, Spartacus, Parigi 1975. Andy Anderson, Ungheria 1956-la comune di Budapest. I consigli operai, Zero in Condotta, Imola 1990. Cornelius Castoriadis, “La sorgente ungherese”, in «Collegamenti per l’organizzazione diretta di classe», n. 6-7, Milano 1979. [n.d.R.]

[15] Rabaut, op. cit., p. 377.

[16] «Il “pc” fondato nel maggio del 1919 si spacca alla fine di quello stesso anno. Esso confonde partito e soviet, definendo “soviet” i suoi gruppi» in Denis Authier - Jean Barrot, La sinistra comunista in Germania, cit.

[17] La piattaforma prende il nome dal titolo del testo: “Piattaforma d’organizzazione dell’Unione generale degli Anarchici”, stilata dal gruppo Dielo truda nel 1926 in Francia. Questo gruppo era composto da esuli russi : Piotr Arsinov (redattore del testo in questione), Nestor Makno, Volevsky, Linsky e Ida Mett. Arsinov aveva partecipato al movimento “maknovista” in Ucraina. La maknovicina, movimento d’ispirazione anarchica era un “esercito” popolare che si oppose e combatté militarmente contro i Generali bianchi e l’Armata rossa. La piattaforma pur essendo salutata da numerosi anarchici – con una maggioranza di bulgari e francesi – sarà immediatamente condannata dalla maggioranza del movimento anarchico. Questo testo voleva proporsi come contributo finalizzato a una nuova sistemazione dei principi e della tattica rivoluzionaria, cercando di trarre una lezione dalla sconfitta della proposta libertaria durante la Rivoluzione russa conferendo maggiore attenzione alla questione organizzativa e proponendo una struttura di tendenza, ossia adottando un programma definito, e una chiara visione di classe. In Francia il gruppo verra contrastato da Volin e da Sebastian Faure che proporrano una visone di sintesi dell’anarchismo (anarcosindacalismo, anarcoindividualismo, comunismo libertario) di modo che queste correnti potessero convivere in una stessa organizzazione. Questa posizione sarà parallelamente anche quella di Enrico Malatesta, militante del movimento anarchico internazionale. La corrente piattaformista esiste tuttora all’interno del movimento anarchico internazionale. Durante le fasi di crescita del movimento anarchico(anni 50 e inizio anni 70), le componenti giovanili libertarie sono state influenzate da queste posizioni, viste molto probabilmente in quei periodi, come “svecchiamento” dell’umanesimo anarchico. Esistono alcune versioni in italiano della piattaforma. Cfr. Piattaforma organizzativa dei comunisti anrchici, ora, Bari 1977, con annesso il dibattito dell’epoca; silla maknovicina cfr. Nestor Makno, La Rivoluzione russa in Ucraina, la Rivolta, Ragusa 1988; Piotr Arsinov, Storia del movimento maknovista, rl, Napoli 1954.

[18] Nata nel 1926 con a capo Pierre Besnard rappresenta la tradizione anarcosindacalista francese. Di minuscola portata, questa organizzazione minoritaria del movimento anarchico era collegata con l’ait (Association International des Travaillers) nata a Berlino nel 1922 dalle componenti anarcosindacaliste e sindacaliste rivoluzionarie internazionali che si rifiutarono di entrare nella moscovita Internazionale dei sindacati rossi. Conta attualmente una ventina di gruppi nel mondo. La componente sindacalista rivoluzionaria è stata definita erroneamente anarcosindacalista (anche se di matrice libertaria) perchè differiva sul concetto di “rappresentanza politica” del sindacato, ritenendo che la struttura economica di classe bastasse per scatenare la rivoluzione sociale rifiutando l’ausilio di ideologie politiche. Attualmente la CNT-francese è divisa in due tronconi: CNT, rue des Vignoles 75020 Parigi (Maggioritaria che conta qualche migliaio di iscritti) CNT B.P.116, 72003 Le Mans Cedex (Minoritaria con qualche centinaio di iscritti, è quella riconosciuta dall’AIT). Cfr. Arthur Lenhing, L’anarcosindacalismo, bfs, Pisa 1994; Pierre Monatte, La lotta sindacale, Jaca Book, Milano 1978 e maurizio Antonioli (a cura), Dibattito sul sindacalismo, atti del Congresso Internazionale anarchico di Amsterdam 1907, Crescita Politica, Firenze 1978.

[19] Militante legato alla Sinistra comunista, successivamente passato a posizione anarchiche. Cfr. André Prodhommeaux, Spartacus et la commune de Berlin 1918, 1919, Spartacus, Paris 1977.

[20] Jean Maetron, Le mouvemant anarchiste en France, Gallimard, tomo ii, p. 37.

[21] La “Francesca” era l’ascia di guerra degli antichi franchi, che fu adottata come simbolo e anche come medaglia dal governo di Vichy.

[22] “Témonignage d’un militan” in Les anarchistes dans la resistance, tomo ii, p. 110. Si tratta di due volumi pubblicati dal cira (Centro internazionale di ricerche sull’anarchismo), Marseille 1984-1985.

[23] «Le Libertaire», n. 51, novembre 1984.

[24] Craipeaut, La liberation confisqée, op. cit., p. 82.

[25] Per esempio Les anarchiste dans la resistence, op cit. Questo album di famiglia menziona militanti che non sono più attivi nel movimento nel 1939 ed evidentemente ne ignora molti altri, ma offre comunque un valida immagine del movimento.

[26] Chazé Davust, Chronique de la revolution espagnole. Union communiste 1934-1939, Spartacus, Paris 1979.

[27] Questa uc di prima della Guerra non deve essere confusa con l’uc fondata dal trotskista Barta (D. Corner). Questo piccolo gruppo era meglio conosciuto con il nome del suo organo «Lutte de Classe». L’organo trotskista attuale francese «Lutte Ouvrière» ha le sue radici nel gruppo di Barta.

[28] Bordiga sarà animatore della Frazione comunista astensionista nel PSI e diverrà il vero animatore della nascita del pcd’i. La storiografia ufficiale lo ha per lungo tempo dimenticato inventando la leggenda di Gramsci fondatore del Partito Comunista. La Frazione capeggiata da Bordiga sarà l’embrione del futuro Partito comunista e ne porterà all’interno le tesi comuniste internazionaliste, rifiutandosi di collaborare con i socialisti riformisti, ma anche con quelli massimalisti. Cfr. Storia della Sinistra comunista 1919-1920, il programma comunista, Milano 1972. Christian Riechers, Gramsci e le ideologie del suo tempo, Graphos, Genova, 1993.

[29]Per avere un quadro del rapporto tra i comunisti di sinistra e Gramsci cfr A.Peregalli, Il comunismo di sinistra e Gramsci, Dedalo, Bari, 1978. D. Montaldi, Korsch e i comunisti italiani. Contro un facile spirito di assimilazione, Samonà Savelli, Roma, 1975

[30]Un punto affermato sempre: «Il punto fondamentale rimane che la teoria marxista è immutabile; questa non può essere discussa né dal partito né dalla classe». «Le proletaire» organo del pcint (Rivista legata a «Programma Comunista»), n. 101, 1971.

[31] Cfr. Relazione del partito comunista d’Italia al IV congresso dell’Internazionale comunista novembre 1922, Iskra, Milano 1976.

[32] vedi nota n∞1

[33] Qualche settimana dopo la marcia fascista su Roma, Bordiga spiegherà al iv Congresso del comintern che il fascismo «non aveva portato nulla di nuovo nella politica borghese» (novembre 1922). Vedi E. H.Karr, Socialism in one country, 1924-1926, parte terza,, vol. i, pp. 82-84.Enaudi in italiano

[34] «Lutte de classe» – troskista – spiega le differenze tra il trotskismo e il bordighismo concludendo che la Sinistra italiana non appartiene veramente all’opposizione di sinistra cfr. «Lutte de Classe», marzo 1932 e gennaio-febbraio 1933. Il problema della natura dello Stato russo non viene esaminato.

[35] Cfr. La sinistra comunista italiana 1927-1952, Corrente Comunista Internazionale, Napoli 1985.

[36] Era la rivista del gruppo di Monatte e Rosmer che si rifaceva alla tradizione sindacalista rivoluzionaria francese. In Francia esiste attualmente Syndicaliste!  40 rue du stand 95120 Ermont  una rivista che si richiama al filone sindacalista rivoluzionaria monattiano.

[37] Questa organizzazione era la Ligue des communiste internationalistes du Belgique di cui si ricorda Hennaut. Cfr. La sinistra comunista italiana 1927-1952, op. cit. e Jean Barrot, Bilan. Contre-revolution en Espagne. 1936-1939, uge10/18, Parigi 1979. Il libro sta per essere pubblicato in italiano dal Centro di Iniziativa Luca Rossi di Milano.

[38] Una delle più celebri frasi di Bordiga era «Uno dei peggiori prodotti del fascismo è l’antifascismo» vedendo nel campo antifascista il ricompattamento politico democratico a scapito delle posizioni comuniste classiste.

[39] Militante russo che aveva partecipato alla Rivoluzione d’ottobre. Scappato dall’urss nel periodo stalinista, si rifugio in Francia, per passare poi in Venezuela negli anni Cinquanta credendo nell’imminente scoppio della terza guerra mondiale e dell’invasione dell’urss in Europa. Ritornò in Francia nel Sessantotto e fu l’animatore della nascita della Corrente Comunista Internazionale, organizzazione tuttora esistente.

[40] Alcuni hanno rifiutato l’etichetta “bordighista” applicata a diversi gruppi provenienti dalla vecchia Sinistra italiana. Questa affermazione è comprensibile. Il termine “bordighismo” porta in sé un sentore di culto della personalità che sarebbe odioso se questo culto fosse esistito. La verità è che Bordiga non ebbe per lungo tempo alcun contatto con la Frazione. Non gioverà alcun ruolo nella formazione del partito (Partito comunista internazionalista n.d.r.) in Italia e non vi aderirà ufficilamente. Benché reale, la sua influenza nel partito si eserciterà attraverso i suoi articoli e testi teorici. Nel congresso di Firenze del 1948, Vercesi dovette anche motivare l’assenza di Bordiga davanti ai militanti delusi. I militanti italiani non erano assolutamente dei bordighisti; le loro organizzazioni furono attraversate da serie crisi (come la scissione sulla questione spagnola e la scissione condotta da Damen nel 1954). Da parte loro i militanti francesi che raggiungeranno la Sinistra internazionale, non seguiranno ciecamente i testi bordighisti fondamentali. Nelle condizioni che vigevano allora, vedevano delle reali possibilità per una attività rivoluzionaria nel quadro di una tradizione che giudicavano onorabile. Pochi tra loro erano “bordighisti”, questo spiega – che sia giusto o meno – come l’epiteto “bordighista” sia stato impiegato per più di mezzo secolo.

[41] Il pcint verrà fondato senza che Bordiga partecipi attivamente, anzi il teorico napoletano saluterà abbastanza freddamente la nascità di tale partito (pur collaborando alla stampa). Cfr. Resoconti: Convegno di Torino 1945, Congresso di Firenze 1948 in introduzione la nascita del pcint, Prometeo, Milano s.d. A.Peregalli-S. Saggioro, Amedeo Bordiga gli anni oscuri (1926-1945), Quaderni Pietro Tresso-n°3 gennaio 1997, Firenze

[42] Cfr. La greve de Renault, n. speciale di «Internationalisme», Paris 1947, n. 22 riedita da La Vieille Taupe, Paris 1972.

43  Questo gruppo si costituisce nel 1946 come la “tendenza Chaulieu-Montal” nella sezione francese della IV Internazionale(Trotskista). Nel 1948 rompe con la IV sulla base di una critica radicale al trotskismo, del rifiuto della concezione dell’URSS come “stato operaio degenerato”, e di una analisi della società sovietica come società di sfruttamento diretta da una nuova classe dominante: la burocrazia.

Il gruppo, con la rivista dello stesso nome, fu progressivamente raggiunto da militanti provenienti dalla sinistra e dalla estrema sinistra, da un numero ridotto di operai ed impiegati che avevano partecipato a delle lotte, da insegnanti e sopratutto a partire dalla guerra d’Algeria da studenti. Anche se fortemente influenzato da Chaulieu(Castoriadis), il gruppo conteneva, già dalla sua creazione, differenti correnti. Le divergenze finirono con il cristallizarsi due volte, nel 1951 e nel 1958, essenzialmente attorno a due concezioni differenti dell’organizzazione rivoluzionaria da creare, della sua struttura, della necessità o meno di un programma politico d’azione. Un primo conflitto scoppia nel 1951 tra coloro che volevano lavorare per la creazione di un partito rivoluzionario strutturato basato su un insieme teorico e un programma politico (Chaulieu) e coloro che contavano su un raggruppamento spontaneo dell’avanguardia operaia durante un periodo rivoluzionario e vedevano il gruppo SuoB come luogo di discussione e elaborazione, di critica e di orientazione rivoluzionaria (Montal). Questo conflitto sbocca nella partenza (provvisoria) di Montal (Lefort) e di alcuni militanti cfr SuoB n°10. Dal 1954 al 1958 il gruppo (Dove Montal era ritornato) si rinforzerà e approfondira le sue analisi delle lotte operaie, della burocratizzazione del movimento operaio e dei sindacati e delle società a capitalismo burocratico dell’Est, in particolare riguado alla Polonia e alla rivoluzione Ungherese del 1956. Tuttavia dopo il colpo di stato Gollista del 13 maggio 1958, una altra crisi scoppia sempre sul problema della natura e del ruolo dell’organizzazione rivoluzionaria e dunque, più concretamente, in una situazione nuova che aveva visto un aflusso di nuovi membri (come noto studenti), sull’attivita del gruppo e sulle sue prospettive di sviluppo. Da una parte, una tendenza prendeva in sostanza le tesi avanzate del 1951 da Montal e attribuiva a SuoB lo scopo principale di aiutare e informare i gruppi informali d’avanguardia costituitisi spontaneamente dai lavoratori nei posti di lavoro, di metterli in contatto gli uni con gli altri e di aiutarli a costituire poco a poco una rete d’avanguardia. All’interno del gruppo che segue Montal vi sono compagni che inizieranno ad avere un rappoerto stretto con i comunisti dei consigli olandesi e americani, questo gruppo(Chaze, Simon...) assieme a Montal pubblicherà ILO (Infomation Liasion Ouvrier) e successivamente in maniera autonoma ICO (Information Correspondace Ouvrier). Questo gruppo approfondì la critica al partito e si rivolse verso un impostazione che valorizzava l’autonomia proletaria. Da parte loro Chalieu e gli altri militanti, tutti rifiutavano il partito di tipo leninista, si pronunciavano per lo sviluppo di una organizzazione politica specifica, strutturata, basata su un programma di azione in vista di aiutare, nella nuova situazione, l’avanguardia operaia a precisare la sua presa di coscienza politica e la sua capacita di sviluppare delle lotte autonome. La crisi al suo esito con la scissione della tendenza minoritaria con Montal (cfr Socialisme ou Barbarie n°26 27 28) Tuttavia a partire dal 1960 le analisi sviluppate da Cardan (Catoriadis), sboccheranno rapidamente nel rifiuto totale del marxismo e a una nuova visione del mondo estensione ineluttabile dei regimi burocratici, crescita della società capitalista trasformazione, di questa in una “piramide” dove gli “uomini” sottomessi all’alienazione a tutti i livelli, salvo “un piccolo numero all’apice”, potranno essere, allo stesso modo, spinti a combattere il sistema, ma del tutto al di fuori della lotta di classe-la nozione stessa di classe perde il suo senso-in un regime capitalista burocratico capace ormai di eliminare le crisi di assicurare una crescita continua e un aumento regolare del livello di vita. Questo orientamento fu combattuto dalla metà dell’organizzazione ragruppata attorno al mensile Puvoir Ouvrier(P.Guillome, Vega...) pubblicato dal 1959 che, rivendicando il metodo marxista e le posizioni di partenza di SuoB si opponeva alla trasformazione del gruppo in un circolo di intelletuali che elaboravano rinchiusi in una torre d’avorio. Scissione dunque nel 1963: i militanti ragruppati attorno a PO continuano la loro pubblicazione fino al 1969, data di autodissoluzione di questo gruppo. Gli “innovatori” continueranno la rivista fino al 1966, data in cui Castoriadis, cosciente dell’ampiezza del scopo della ricostruzione teorica che gli aspettava personalmente, propose ai propri compagni, che acetteranno, di smettere definitivamentela rivista e di dissolvere il gruppo. Lanneret rimane sempre in contatto continuo o episodico con molti ex membri di SouB: Castoriadis, Chaze, Neron, Simon, Vega.

[44] Cfr. «Internasionalisme», n. 23, giugno 1947, sul Partito italiano: «In una parola, sotto il nome di Partito della Sinistra Comunista internazionale, abbiamo una formazione italiana del tipo trotskista classico eccetto che per la difesa dell’urss».

[45] Il cermtri (Centro di studi e ricerche sui movimenti trotskisti e rivoluzionari internazionali, Via Saint Denis, n. 88, 75001 Parigi) ha pubblicato nei suoi Cahiers n. 10-11 una bibliografia su rkd-cr dal 1936 al 1945.

Il n. 5 dei Cahiers Leon Trotsky (gennaio-marzo 1980) contiene uno studio del Trotskismo in Austria (1934-’35) con alcune biografie e ritratti dei Militanti rkd (Institut Leon Trotstki) via Descartes n. 29, 75005 Parigi.

[46] In «International news», settembre 1939.

[47] Craipeau (op. cit.) nomina il grp- uci come il gruppo La Roche, alias Pavel e Clara Thälmann che furono tra i fondatori e animatori del gruppo. Le loro memorie fanno rivivere alcuni aspetti del periodo della clandestinità, ma non sono una cronaca della vita del gruppo, Revolution für die Freiheit, Verlag association, Amburgo 1975.

[48] Gli scrtti di Trotsky e i documenti della Quarta Internazionale sulla questione della guerra sono facilmente reperibili. Menzioniamo comunque una polemica tra Cannon e il trotskista spagnolo Munis sull’attegiamento del swp (Partito socialista dei lavoratori in Gran Bretagna n.d.r.) durante la Guerra. Fra gli altri testi, cfr. James P. Cannon, Socialism on trial, 1942 e Gruppo spagnolo della Quarta Internazionale del Messico, El Socialist Workers Party y la guerra imperialista, Città del Messico 1945 e un articolo di informazione sul trotskismo britannico durante la Guerra in «Labour review», dicembre 1958, “Marxist in the Second World War”.

[49]Una delle pagine ancora da scrivere sulla Resistenza è quella sulla partecipazione tedesca alla lotta armata contro il nazifascismo, sul disfattismo all’interno delle truppe tedesche e sulla fraternizzazione dei soldati “nazisti” con militanti della sinistra. Cfr Marco Rossi, Ribelli e disertori nell’esercito nazista, Collegamenti Wobbly, n26, primavera 90, Milano e la relativa bibliorafia

[50] STO, servizio di lavoro obligatorio

[51] Militante trotskista italiano, risulta uno dei primi fondatori del Partito Comunista d’Italia nel 1921. Cfr. A. Azzaroni, Blasco. La riabilitazione di un militante rivoluzionario,  Azione Comune, Milano, 1963. Guelfo Zaccaria, 200 comunisti italiani tra le vittime dello stalinismo, Azione Comune, Milano, 1964. Paolo casciola, Pietro teresso militante troskista (1930-1944), 1985 Firenze, Quaderni del centro Studi Pietro Tresso

[52] R. Dazj, Fusilez ces chiens en ragès. Le genocide des troskiste, Dorban, Paris 1981.

[53] H. Denis, Le Comité parisien de Libération, Paris 1963, cit. in P. Novick, De Resistance versus Vichy, 1968. Non vi è alcuna conferma di questo avvenimento né nella stampa trotskista né altrove.