DOSSIER FORZA NUOVA E DINTORNI
A cura della redazione de "La Nuova Alabarda"
 


NON SOLO HAIDER...


Da quando in Austria è andato al potere il partito di Jörg Haider i “benpensanti” d’Italia (e di tutta Europa) hanno iniziato a gridare al pericolo neonazista, ai “xenofobi”, ai “razzisti”.
Ma il nazismo ed il fascismo non sono solo xenofobia e razzismo, odio per gli immigrati ed i “diversi”, è riduttivo per le sinistre limitarsi a considerarli esclusivamente come tali. Scriveva Gabriele Ranzato: “non c’è vera ed efficace lotta antifascista che non sia insieme lotta per il socialismo, una lotta, cioè, che del fascismo cancelli la matrice di classe”. E’ questa matrice di classe che purtroppo ultimamente la sinistra si è dimenticata di evidenziare nella propria lotta antifascista ed è proprio questa “dimenticanza” che rende poco costruttivo l’antifascismo degli ultimi anni. Così, quando sentiamo i rappresentanti di Forza Nuova o della Fiamma Tricolore sostenere di essere loro i veri “antagonisti alla globalizzazione capitalistica” non possiamo continuare ad accusarli solo di “xenofobia”, dobbiamo riprendere la “matrice di classe” che ha fatto del fascismo null’altro che il braccio armato del capitale, nell’Italia di Mussolini come nella Germania di Hitler, come nel Cile di Pinochet. Se non teniamo presente questo, cadiamo come pere cotte nella trappola di certi “antifascisti” del tipo del sindaco di Trieste Riccardo Illy che metterebbe volentieri fuorilegge sia i movimenti neonazisti che i partiti comunisti.

Scrive Michael Schmidt nel suo interessante testo “Neonazisti” [1]: < il neonazismo 'non' è un problema tedesco. Certo, in Germania ci sono “radici” molto profonde ma sarebbe una follia liquidare sbrigativamente l’avanzata dell’estremismo di destra negli altri paesi come fenomeno passeggero. Ormai si è creata una rete di estremisti che operano su scala internazionale: non hanno una struttura gerarchica nè si muovono su un unico piano. Ogni gruppo, ogni individuo, stabilisce collegamenti con i paesi vicini e mantiene il contatto con elementi della destra “estrema” e “moderata”. E per diverse ragioni: per esempio per “aiutarsi” a fare propaganda o per garantire un rifugio ai terroristi >.

A Trieste dovrebbe svolgersi a novembre un raduno dell’internazionale nera promosso da Forza Nuova, e subito si sono levate voci di protesta contro questo movimento e contro le simpatie che esso ha per il leader del FPÖ Haider. Ma quasi nessuno ha battuto ciglio negli ultimi anni perché altre forze politiche di destra o “centrodestra” (come Alleanza Nazionale e Forza Italia) hanno tutto sommato portato avanti più o meno gli stessi contenuti eversivi di Forza Nuova.
In questo dossier intendiamo ricostruire un po’ la storia di Forza Nuova (ma non solo di essa), analizzare le sue radici storiche e quanto da loro pubblicato (sia nel loro sito Internet che su carta) e le loro attività correnti. Ma assieme a ciò che dice Forza Nuova vi presenteremo anche ciò che dicono le altre organizzazioni, neo o vetero nazifasciste, con particolare riguardo a ciò che avviene a Trieste, città peculiare per molti aspetti e che non a torto il poeta Umberto Saba definì “la più fascista d’Italia”.

 

COMINCIAMO CON IL PARLARE DI TERZA POSIZIONE...

In una lettera apparsa sul quotidiano triestino “Il Piccolo” (25.2.2000) il responsabile provinciale della sezione triestina di Forza Nuova, Fabio Bellani, definì “evidente mistificazione” quanto scritto dallo stesso quotidiano in occasione della manifestazione di contestazione della trasmissione “Circus” di Michele Santoro (presente a Trieste, ricordiamo, per dibattere del “caso Haider”), ossia l’avere rilevato la presenza di “Terza posizione”. Che “non esiste più da 20 anni”, scrive Bellani, il che è anche vero, però se Forza Nuova non desidera essere confusa con Terza posizione dovrebbe evitare di scrivere, come invece fa in certi suoi bollettini e documenti “Forza Nuova per la Terza posizione”. Ma cos’era Terza Posizione?
Scrive Gianni Flamini [2] < ... Francesco Mangiameli, Roberto Fiore, Gabriele Adinolfi (...) stavano fondando una nuova organizzazione e dando alle stampe un giornale. Si sarebbero chiamati entrambi “Terza posizione” >. Era il 1979, e Flamini cita un brano dei loro scritti: < “Terza posizione rimuove le stagnanti acque della rassegnazione e si manifesta come polo per tutti coloro che vogliono disegnare con noi il futuro del nostro sistema. Dobbiamo considerarci naturali alleati dell’Islam, a cui non può non andare la nostra stima” >. Il 14.12.1979, in una sede romana del movimento vengono arrestati tre esponenti di Terza posizione, colti nel bel mezzo del trasporto di una cassa piena di bombe a mano. Nella perquisizione successiva la DIGOS troverà divise da carabiniere e guardia di finanza, documenti rubati e falsi, fucili ed esplosivi vari. Su possibili legami tra Terza posizione ed i terroristi dei NAR indagò all’epoca il giudice Mario Amato, che fu assassinato da Gilberto Cavallini, dei NAR, il 23.6.1980.
Ancora Flamini [3] a proposito di questo omicidio: < Da qualche settimana (si parla dell’aprile del 1980, n.d.r.) viene dipanandosi nel carcere di Regina Coeli una tetra storia di denunce, ritrattazioni e ricatti che ha come protagonista un detenuto marchigiano, Marco Mario Massimi, arrivato alla soglia dei quarant’anni provvisto di un solido passaporto di avventuriero e falsario, oltre che di attivismo neofascista. A metà aprile il detenuto Massimi ha mandato un circospetto messaggio al giudice Mario Amato (...) per avvertirlo che è disposto a raccontargli qualche storia sepolta nell’archivio delle imprese criminali dei NAR (...) Massimi ha parlato di vari misfatti e anche di un omicidio (...) di Antonio Leandri (...) ucciso per sbaglio perché scambiato per l’avvocato missino Giorgio Arcangeli, odiato come spia dagli affiliati ai famosi Nuclei >. Secondo Massimi < ... quel delitto (...) era stato deciso durante un incontro al quale erano presenti anche due professori >. Che sarebbero stati il criminologo Aldo Semerari (psichiatra forense, massone, diplomatico del Sovrano Ordine di Malta e “da sempre agente dei servizi d’informazione militare”) e Paolo Signorelli (detto il “professore”, era “noto anche per l’abitudine di arricchire le sue lezioni di storia e filosofia con discorsi sul fascismo, sul nazismo, sulla purezza della razza e sulle prospettive di un nuovo fascismo in Italia”; fu tra i fondatori di “Lotta popolare” nel 1976 e poi della rivista “Costruiamo l’azione” nel 1978; arrestato nel ‘79, divise per un mese la propria cella con il leader dei NAR Valerio Fioravanti). Dalla ricostruzione di Flamini appare che le rivelazioni di Massimi, invece di rimanere riservate, si propalarono e < Massimi aveva fatto presto ad accorgersene, se non altro per via dell’agitato valzer di avvocati di destra che si era subito ritrovato intorno. Tutti interessati a difenderlo >. Tra essi Nicola Madia, Francesco Caroleo Grimaldi e Antonio De Nardellis, i quali si sarebbero ritrovati, assieme a Semerari e Signorelli, la sera del 13 aprile 1980, perché c’era “un grave stato di pericolo” per il professor Semerari, almeno stando a quanto risulterebbe dalle intercettazioni delle telefonate fatte da Madia. In seguito, a richiesta degli inquirenti sul perché di quel raduno, dopo negazioni e tergiversamenti, < qualcuno dei convocati ammetterà che la riunione (...) serviva soltanto per studiare eventuali misure perfettamente legali contro il giudice Amato, per esempio presentando una querela contro di lui >. Querela che non verrà mai presentata, ma nel frattempo Massimi aveva ritrattato le sue dichiarazioni ed aveva anche denunciato il giudice Amato per abuso di potere.
Quaranta giorni dopo il giudice Amato cadrà ucciso nell’agguato tesogli dai NAR. Semerari invece verrà ritrovato cadavere a Napoli il 1° aprile 1982 ed il suo omicidio verrà attribuito alla camorra.

Torniamo a Terza Posizione. Dopo le perquisizioni del ‘79 Fiore e Adinolfi lasciano l’organizzazione in mano a Giorgio Vale, ed in questo modo < avviene il salto di qualità: l’attività deliquenziale non è più sporadica (...) Vale (...) perfettamente a suo agio nel ruolo di capo legionario organizza campi paramilitari dove allena gli altri terroristi... > [4]. Gli “ideologi” Fiore e Adinolfi invece fuggono nel settembre del 1980 < secondo le accuse di Valerio Fioravanti, all’estero, con la “cassa” del movimento... .>. Dopo quasi vent’anni di “esilio” a Londra Fiore ricomincerà a costruire un altro gruppo di estrema destra, Forza Nuova appunto, che si avvarrà di contatti con molti altri movimenti simili che stanno nascendo un po’ qua e un po’ là in Europa. Altra sorte avrà Mangiameli, che sarà ritrovato cadavere a Roma l’11.9.1980, ucciso dai fratelli Valerio e Cristiano Fioravanti e Giorgio Vale dei NAR, perché avrebbe tenuto per sè il denaro che questi gli avevano affidato con l’incarico di organizzare l’evasione del terrorista Concutelli. Ancora Cingolani: < nel corso degli anni, delle ricostruzioni, delle confessioni di alcuni pentiti, l’omicido di Francesco Mangiameli assume tuttavia altri significati; secondo alcuni testi e secondo i giudici di Bologna (...) il vero movente dell’omicidio (...) andrebbe ricercato nel fatto che Mangiameli era venuto a conoscenza di particolare inconfessabili e di oscuri rapporti tra Valerio Fioravanti e la P2; del connubio cioè che secondo la sentenza di primo grado dei giudici di Bologna è responsabile dell’ideazione e dell’esecuzione della strage del 2 agosto (...) Valerio Fioravanti aveva conosciuto Mangiameli (...) agli inizi del 1980 ed era stato proprio Roberto Fiore a presentarglielo. In quel periodo vi era una sorta di “corteggiamento” di Terza Posizione nei confronti del capo militare dei NAR e del suo gruppo... >. Ed ecco uno stralcio del volantino scritto da Francesca Mambro per la rivendicazione dell’omicidio di Mangiameli: < ... abbiamo giustiziato il demenziale profittatore Francesco Mangiameli degno compare di quel Roberto Fiore e di quel Gabriele Adinolfi, rappresentanti della vigliaccheria cronica... >.
< A proposito di Fiore e Adinolfi affermerà Valerio Fioravanti: “I capi di Terza posizione erano abili perché non dicevano ai giovani militanti occorre fare questa o quella rapina, ma nel corso di una riunione esponevano l’esigenza di avere del denaro per delle iniziative e facevano in modo che i ragazzi volontariamente proponessero un piano di rapina. In questo modo, molti ragazzi erano stati mandati allo sbaraglio e poi arrestati” >.
 


DAL LIBANO A LONDRA E DI NUOVO IN ITALIA

Scrive Silvio Maranzana [5]: < Due terroristi dei NAR stanno orchestrando da Londra lo sbarco in Italia di un nuovo movimento fascista >. L’articolo ricostruisce l’attività di Fiore e del suo camerata, il cantautore Massimo Morsello (conosciuto nel’ambiente come il “De Gregori di destra”) latitanti nella compiacente Londra, dove sono diventati “imprenditori di successo”, titolari della “Meeting point”, un’azienda che organizza concerti e turismo scolastico, soggiorni e prevendite di biglietti per partite. Così pure, scrive Maranzana, secondo la polizia inglese i Nostri avrebbero organizzato attraverso la società “Trust of St. Michael the Archangel” delle vendite di beneficienza per raccogliere fondi “destinati a fondare in Spagna un villaggio fascista”. Un progetto per un villaggio spagnolo “dove i nazionalisti di tutta Europa possano vivere nel nuovo ordine” appare anche, prosegue Maranzana, nel bollettino interno dell’organizzazione “neonazista” “Third position international”, tanto per riprendere le solite sigle. All’idea di questo “villaggio” < Morsello se la ride. “Una città nera? Magari si potesse costruire, me ne andrei là di corsa. Purtroppo però sono tutte invenzioni di un giornalista” >. Però nel novembre 1999 il quotidiano “Liberazione” riprenderà un articolo dello spagnolo “El paìs” nel quale si legge che “il gruppo neonazista britannico Terza posizione internazionale” (toh! coincidenza? n.d.r.) “si appresta a ricostruire un villaggio abbandonato che ha comprato interamente due anni fa (...) nella regione di Valencia”.
Quanto alla permanenza a Londra dei due condannati per associazione sovversiva in Italia, troviamo che il quotidiano “Il Manifesto” del 5.11.1998 riprende un articolo dell’inglese “Guardian”, il quale avrebbe sostenuto “sulla base di nuove informazioni di un’ex agente della CIA in Europa” che Fiore e Morsello sarebbero stati “reclutati” in Libano nei primi anni ‘80 (si erano lì rifugiati subito dopo essere scappati dall’Italia) dal servizio segreto inglese MI6 e che per questo motivo la Gran Bretagna non concesse mai la loro estradizione all’Italia. Michael Schmidt [6] riferisce che la rivista inglese “Searchlight” (giugno e luglio 1989) sostenne più precisamente che il MI6 riteneva < sufficientemente importante quello che Fiore sa sui campi di addestramento di Al Fatah in Libano, per permettergli di gestire anche tre ditte a Londra >.
Il Libano coi suoi campi paramilitari è un leit-motiv anche per alcuni triestini che furono coinvolti nei primi anni ‘80 nel corso delle inchieste sui NAR: i fratelli Livio e Ciro Lai, Gilberto Paris Lippi, Fausto Biloslavo ed Antonio Azzano. Questi ultimi tre il 1° luglio 1981 < vengono arrestati per ordine della magistratura di Bologna per reticenza e falsa testimonianza in merito a loro soggiorni nel Libano, in campeggi paramilitari dei falangisti. Due giorni dopo viene precisato che l’inchiesta si colloca nel quadro delle indagini sulla strage del 2 agosto alla stazione ferroriaria > [7].
Gilberto Paris Lippi, negli anni ‘70 militante del Fronte della Gioventù, diventerà negli anni ‘90 esponente di spicco di A.N. arrivando a ricoprire la carica di vicepresidente della Provincia di Trieste e poi di consigliere regionale.
Biloslavo (sulla cui figura ci dilunghiamo un po’ perché lo ritroveremo anche più avanti in altre occasioni pubbliche) diventerà poi reporter di guerra per conto dell’agenzia Albatross, fondata assieme a Giovanni Micalessin ed Almerigo Grilz (questi, che fu negli anni ‘70 dirigente del Fronte della Gioventù e poi del M.S.I., rimase ucciso in Mozambico nel 1987 mentre seguiva i guerriglieri anticomunisti della Renamo, finanziati dal governo razzista sudafricano); negli anni ‘80 andò più volte in Afghanistan; nel 1987 fu arrestato ed imprigionato per alcuni mesi dalle autorità afghane perché sospettato di contatti coi guerriglieri; ritornò ancora una volta a Kabul e fu investito da un camion, restando vivo per miracolo. Si recò anche diverse volte nella ex Jugoslavia: nel 1993, durante un reportage nell’entroterra dalmata, rivelò [8] < l’esistenza di un’esplosiva missiva di un generale italiano (...) da poco in pensione (che) consigliava i serbi su come conquistare Zara... >, ed anche che < in Krajina un ex mercenario serbo stava addestrando la “brigata Garibaldi” composta da uno sparuto gruppo di italiani >. Questa notizia fu “smentita” sulle pagine del “Piccolo” dove il giornalista Paolo Rumiz scrisse < di “bombe”, complotti e disinformazione per “tirare l’Italia nella trappola balcanica” accusando direttamente ed indirettamente il sottoscritto, l’Indipendente, altri giornalisti oltre a politici vari, dall’ex senatore Arduino Agnelli all’ex sindaco di Trieste Giulio Staffieri >. La polemica innescata sfociò in una querela da parte di Biloslavo che la ritirò tre anni dopo a fronte della pubblicazione sul “Piccolo” del testo dal quale abbiamo tratto i brani sopra evidenziati. Biloslavo è inoltre uno dei giornalisti “specializzati” sull’argomento “foibe”, ha pubblicato diversi articoli (sul “Borghese”, su “Epoca”, “Il Giornale Nuovo” ed altri) sugli “infoibatori titini” che ancora si troverebbero in Slovenia e Croazia. Fu lui a lanciare la campagna contro gli “infoibatori” che percepiscono le pensioni italiane, raccolta poi dal P.M. romano Pititto. Ha anche scritto degli articoli in cui riprendeva le (sbagliate) ricostruzioni storiche di Marco Pirina, dando ad esse una patente di legittimità. Pubblicò nel 1985 un’intervista che sostenne di avere fatto telefonicamente al partigiano fiumano Oskar Piskulic, indagato per l’uccisione di tre persone nel corso dell’insurrezione di Fiume, e rese testimonianza al P.M. Pititto, che conduceva l’inchiesta, in merito a questo suo colloquio con Piskulic. Però in altra sede Piskulic ha negato di avere concesso interviste a Biloslavo, telefoniche o di persona che fossero.
Biloslavo in seguito fece le seguenti dichiarazioni (pubblicate sul “Piccolo” del 27.11.97) in merito alla comparsa del suo nome tra quelli degli otto triestini che sarebbero stati frequentatori di una campo falangista libanese secondo quanto scritto da Giuseppe De Lutiis [9]: < E’ non solo falso, ma ridicolo e difatti nessun organo inquirente mi ha mai chiesto informazioni. Io a Beirut ci sono stato per alcune settimane tra il ‘78 ed il ‘79, ospite a casa di alcuni amici cristiano-maroniti. (...) non ho mai saputo della partecipazione di estremisti di destra triestini a campi di addestramento... >. Ma questa affermazione è in netta contraddizione con quanto scritto dalla stampa dell’epoca e poi riportato da Tonel: sul “Piccolo” [10] infatti leggiamo che < sono stati interrogati ieri nel carcere di San Giovanni in Monte a Bologna i tre triestini arrestati il 2 luglio scorso... >. Quindi non corrisponderebbe al vero che “nessun organo inquirente” abbia chiesto “informazioni” a Biloslavo. Ricordiamo anche che l’avvocato dei tre era quel Marcantonio Bezicheri che fu a suo tempo difensore di Freda e che ritroveremo anche più avanti.

Torniamo ai fondatori di Forza Nuova. Massimo Morsello che, secondo Gianni Barbacetto [11] si autodefinisce “fascista, cattolico, latitante e cantautore politicamente scorretto” è rientrato in Italia nella primavera del ‘99 grazie alla legge Simeone perché gravemente ammalato (si parlò di cancro in fase terminale). Ma dopo qualche mese Morsello pare avere riacquistato la salute, difatti va in giro a fare concerti e comizi ed è intervenuto pure ad una manifestazione a Trieste nel maggio scorso.

Nello stesso articolo Barbacetto ricostruisce così la “genesi” di Forza Nuova, nata all’inizio come una sorta di movimento d’opinione all’interno della Fiamma tricolore, dove coagulava i militanti attorno al proprio bollettino, il “Foglio di lotta” (che esce tuttora).
Nel 1997 lo stesso Rauti decise di mettere fine a questa fronda impedendo la diffusione del “Foglio” e “richiamando i camerati alla disciplina”. Ma a quel punto ci fu la scissione vera e propria e < Fiore e Morsello, da Londra, indicarono la data - il 29 settembre, San Michele Arcangelo, protettore della Guardia di Ferro di Codreanu, il leader del fascismo romeno - in cui, gettate alle ortiche le vecchie prudenze rautiane, sarebbe finalmente nata una forza nuova >. In contemporanea si formò, attorno ad un gruppo di giornalisti di estrema destra (Mario Consoli, Piero Sella, Sergio Gozzoli, fondatori del giornale “Uomo Nuovo”) un gruppo che, avendo un rapporto privilegiato con Le Pen, cercava di costruire un “Fronte nazionale” anche in Italia.
Parte del nucleo dirigente di Forza Nuova è stato coinvolto nell’inchiesta sugli Hammerskin italiani, facenti parte di quella rete neonazista internazionale fondata una decina d’anni fa in Texas e poi diffusasi in Europa, presentantesi come “l’elite dell’elite” degli skinheads. Il loro simbolo sono due martelli in marcia (quelli che appaiono nel film “The wall” dei Pink Floyd), e si ritengono < nuovi cavalieri di un medioevo postmoderno, crociati schierati in difesa dell’Europa bianca >.
Anche Fiore fu coinvolto nell’inchiesta sugli “Hammerskin”, accusato di esserne il finanziatore e fu per questo motivo che dovette rinviare di un anno il suo rientro in Italia. Sia il leader milanese degli Hammerskin, Duilio Canu, che quello di Padova, Alessandro Ambrosino, diventarono poi dirigenti locali di Forza Nuova.
Altro dirigente di Forza Nuova è quel Maurizio Boccacci che fu per anni leader del “Movimento Politico”, associazione dell’estrema destra che alla fine degli anni ‘80 costituì [12] < il punto di riferimento e di organizzazione di centinaia di estremisti di destra > a Roma < ... nata nel 1985 sulle ceneri di Terza Posizione >. (Toh! chi si rivede). < Anche il simbolo è simile. E la struttura semiclandestina è composta di giovani disposti a colpire comunque. Frequentano le palestre, conoscono il karatè ed il full-contact. (...) Il leader si chiama Maurizio Boccacci, 35 anni, che è passato dalle file di Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie, al FUAN di via Siena, la scuola di Paolo Signorelli (ve lo ricordate? n.d.r.) dove sono cresciuti anche il giovane Alibrandi, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Le sedi (...) sono piene di materiale di propaganda neonazista, stendardi e gagliardetti, magliette con le riproduzioni di Hitler, anfibi con le punte di metallo e, naturalmente, le armi per la battaglia contro i negri e gli ebrei >. L’articolo prosegue con un elenco dei pestaggi compiuti dai naziskin del Movimento Politico. Nel 1992 fece scalpore la notizia che una sede del Movimento Politico fu presa d’assalto da un gruppo di giovani ebrei stanchi delle continue aggressioni dei neonazisti.
 


COSTRUIRE UNA 'FORZA NUOVA'


Viste queste premesse e vista la presenza assidua che Forza Nuova ha a Trieste da due anni in qua (precisiamo subito che quanto a presenza numerica alle manifestazioni contano dalle cinque alle trenta persone al massimo) siamo andati a cercare notizie su di loro, ed ecco quanto abbiamo tratto dal materiale da essi stessi fornito (sia su volantini e riviste che sul sito Internet www. forzanuova.org).
Cos’è dunque Forza Nuova?
I loro “punti fermi” (come essi stessi li definiscono nei loro documenti) sono otto, e precisamente:
1: abrogazione delle leggi abortiste;
2: famiglia e crescita demografica al centro della politica di rinascita nazionale;
3: blocco dell’immigrazione e avvio di un umano rimpatrio;
4: messa al bando di massoneria e sette segrete;
5: sradicamento dell’usura e azzeramento del debito pubblico;
6: ripristino del concordato Stato-Chiesa del 1929;
7: abrogazione delle leggi liberticide Mancino e Scelba;
8: formazione di Corporazioni per la difesa dei lavoratori e della comunità nazionale.
Sono di conseguenza fascisti, palesemente fascisti, non quelle cose addomesticate come A.N. di oggi. Sono corporativisti, cattolici integralisti, antiabortisti, odiano gli immigrati e i “non europei” (dove tra questi includono pure, non si capisce a quale titolo, tutti gli ebrei); sono contrari al divorzio e favorevoli “alla famiglia”; propugnano uno stile di vita “legionario”, cantano le lodi della Decima Mas di Borghese come della Falange spagnola di de Rivera, come della legione romena Arcangelo Michele (toh! chi si rivede) di Codreanu.
Così esprimono i loro ideali di lotta nel n° 17 del loro bollettino: < Oggi, a dispetto di tutto, esistono ancora parti sane del popolo che aspettano solo di incontrare una Guida militante per risvegliarsi, per liberarsi dalle strutture di menzogna che la opprimono e la avvelenano, per sostituirle con gerarchie naturali espresse dal popolo stesso. Ma questa guida militante potrà forgiarsi, ergersi su tutto e farsi riconoscere dal popolo solo per mezzo dello spirito di Sacrificio. La Storia insegna che senza sudore, lacrime e sangue non si arriva alla Vittoria finale >. (Già, ma di chi sarebbero il sangue, il sudore e le lacrime? non della Guida, di solito...).
Il punto di forza sul quale si fondano è “la sopravvivenza del nostro popolo” (quello italiano, s’intende) minacciata da tre fattori “pericolosissimi”: l’aborto (“ogni anno si uccidono”, dicono “200.000 futuri italiani”), l’immigrazione ed il crollo demografico. Per risolvere quest’ultimo problema suggeriscono di fare delle leggi che svolgano “un ruolo di incentivo alla procreazione” sotto forma di “aiuti” che vadano a “premiare le famiglie che arrivano al terzo figlio o vanno oltre”. (Pare che Roberto Fiore abbia sette figli). Contro l’immigrazione che mina “l’identità del popolo italiano” propongono due soluzioni: innanzitutto bloccare l’immigrazione e “qualora vi siano richieste di mano d’opera dal nord si deve attingere al meridione italiano o ai paesi di cultura europea o favorire il ritorno di quei numerosissimi italiani emigrati e disposti a tornare temporaneamente o definitivamente nella terra d’origine; poi “l’inizio di un umano rimpatrio degli immigrati” che dovrà avvalersi, di “centri di sviluppo italiani nei paesi del terzo mondo che grazie alla tecnologia europea favoriscano il progresso dei paesi in difficoltà creando al tempo stesso occasione di lavoro per gli italiani”.
Dunque sono contrari all’immigrazione dei “non europei” in Italia, ma sono favorevoli al colonialismo che favorisca l’emigrazione degli italiani nel mondo. Del resto, se l’Italia accetta il loro discorso di boom demografico, da qualche parte gli italiani dovranno pure andare a lavorare, dopo che l’Italia sarà satura.

Sono contrari al “bilinguismo” (dove per esso intendono ogni forma di tutela di qualsivoglia minoranza etnica) e nell’ipernazionalista Trieste trovano consenso tra tutti coloro che negano alla comunità etnica slovena il diritto di esprimersi nella propria lingua; così pure sono contrari alla legge Mancino dato che essa proibisce di dire “s’ciavo” (epiteto dispregiativo che i razzisti triestini usano per gli sloveni) ed altri insulti di marchio razzista e considerano questa legge “un’arma puntata contro chi vuole esprimere le proprie opinioni”, stando a quanto asserito più volte da Fabio Bellani.
Sono contrari alla massoneria ed alle organizzazioni internazionali come la Trilateral ed il Bilderberg, quali esponenti del mondialismo capitalista, ma che certe frange del terrorismo nero siano state usate in passato da certa massoneria (P2) non sembra creare loro problemi di coscienza. O forse è anche a cose come queste che si riferiscono quando parlano di “esempi di machiavellismo negativi” quali “collusioni ambigue in funzioni di golpe (vero o presunto)” in un articolo sul nuovo ruolo di A.N. (vedasi il n° 20 del loro bollettino “Foglio di lotta”, che appare anche nel sito Internet).

Sono populisti, e lo dimostrano con tre delle loro più importanti attività: la campagna “compra italiano”, la “Befana tricolore” e l’associazione “Italica” che organizza campeggi estivi per “bambini provenienti da famiglie bisognose”.
Nel Bollettino n° 13 vediamo come si strutturano queste attività.
< Dal popolo per il popolo: la Befana tricolore.
Viene scelta la zona adatta ... un quartiere proletario o povero ... si contattano con una lettera le famiglie dove il capofamiglia è senza lavoro o sottoccupato... vengono poi coinvolti tutti i militanti ed i simpatizzanti del movimento in raccolta di fondi, vestiario, giocattoli ... viene annunciata la Befana Tricolore con volantini e manifesti ... si diramano poi comunicati ... le manifestazioni vanno tenute preferibilmente nelle sedi di Forza Nuova. Il tutto deve essere poi concluso con un’appello alla popolazione ... per la ricostruzione del Patrimonio tradizionale e del tessuto sociale della città o del quartiere >.
A parte la strumentalizzazione politica che traspare da questo modo di fare “carità pelosa” svolgendo le iniziative di beneficienza (?) nelle sedi del movimento, c’è anche altro che dà da pensare. L’individuazione delle famiglie che vanno contattate a questo modo richiede una forte presenza di controllo sul territorio da parte dei forzanovisti, che del resto strutturano le proprie sedi in maniera molto “funzionale”, quasi militarista, a leggere le loro indicazioni per i militanti. Ma fino a che punto si spinge la loro attività? Fino ad una sorta di “schedatura” della popolazione dei quartieri? E cosa può accadere ad una famiglia, che pure “bisognosa”, magari decida per convinzione antifascista di rifiutare la “Befana tricolore”? In quale “schedatura” potrà incorrere?

Il progetto “Compra italiano” (del quale sarebbe tra i maggiori organizzatori l’ex Hammerskin padovano Ambrosino) invece funziona così: < è ... una campagna lanciata recentemente dalla Corporazione Lucana ... i contadini riuniti sotto la Corporazione Lucana spediscono il loro camion carico di arance verso le varie città d’Italia dove vengono gestite in modo autonomo da individui o gruppi legati alle sezioni di Forza Nuova ... le arance passano di mano una volta sola e vengono distribuite direttamente dai piccoli distributori sparsi nelle varie città > (logicamente tutti membri di Forza Nuova).
E cosa fa invece l’associazione “Italica”? Organizza i “pionieri d’Italia” la cui “struttura è attualmente suddivisa in reparti, composti da quattro o sei squadriglie con bambini da 6 a 14 anni, suddivisi in maschili e femminili; a capo di questi reparti vi è un consiglio-capi composto prevalentemente da ex appartenenti ad associazioni scoutistiche preesistenti. Attualmente si sta pensando di creare anche un reparto di ragazzi più adulti, quale scuola di preparazione per la formazione dei consigli capi di tutta Italia >.
Segue (Bollettino n° 17 del settembre ‘98) una descrizione delle “uscite” di questi “reparti” e di queste “squadriglie”, < in preparazione del campo estivo che si svolgerà in Francia ... il progetto ... è stato perfezionato durante le colonie estive Evita Peron 1998 con le quali si è potuto sperimentare il metodo che verrà utilizzato nelle attività pionieristiche >. Colonie queste che Forza Nuova avrebbe organizzato per venire incontro alle “famiglie bisognose” (anche qui vediamo una ricerca selettiva delle famiglie cui proporre un soggiorno estivo per i figli). Iniziativa lodevolissima? Ma la giornalista Cristiana Mangani del “Messaggero” ha raccolto alcune testimonianze che sono state pubblicate in un articolo nel giugno ‘98. I ragazzini da lei sentiti sarebbero stati “reclutati” nelle case ex Bastogi dalla sezione di Forza Nuova di Cave dei Tirreni, per un soggiorno gratuito a Gressoney. I genitori, dopo avere inviato i figli in montagna, allarmati dal tono di una delle telefonate a casa fatta da un bambino, < hanno preteso che il gruppo tornasse a Roma e si sono trovati davanti dei ragazzini spaventati, arrabbiati, pieni di graffi e lividi. Ieri hanno chiamato la polizia e denunciato l’associazione Forza Nuova ... >. Raccontano i ragazzini: < una volta due di noi sono stati portati nel bosco perché non volevano dormire ... siamo dei bambini piuttosto vivaci, ma loro ci hanno trattato come rifiuti. Dovete imparare a vivere, ci dicevano. Vi mettiamo a posto noi >. E un altro: < Uno di noi ha reagito per la pasta che faceva schifo, lo hanno preso e sbattuto contro il muro. Se non ti sta bene, gli hanno detto, te ne puoi anche andare. E hanno aggiunto: vai a fare del bene a persone come queste >. E via di seguito con racconti simili. Così conclude la giornalista: < nessuno pensava di trovare piccoli lord sulle montagne di Gressoney. Tantomeno però di imbattersi in una scuola di addestramento per marines >.
Un altro dei cavalli di battaglia di Forza Nuova è “l’opposizione all’anticultura” (in effetti il loro linguaggio è molto “contro”, si dichiarano ripetutamente “antagonisti”, ricalcando sia vecchie parole d’ordine di certa sinistra che di altri “vecchi” fascisti alla Freda e Ventura). Sostengono ad esempio (e purtroppo non hanno tutti i torti...) che l’insegnamento umanistico nelle scuole, oltre a fare schifo, viene pure ridimensionato dalle riforme scolastiche per lasciare più spazio ad altre materie “scientifiche”. Si preoccupano molto dell’insegnamento della storia, sostenendo che lo studio di essa è subordinato alle logiche del potere e che essendo questo in mano alla sinistra vengono insegnati dei falsi storici funzionali a chi sta al potere (tenendo presente che i libri di storia sono più o meno sempre quelli da trent’anni a questa parte e che la “sinistra” è al potere da solo quattro, tutto il discorso ci pare un po’ forzato...).
Ad ogni modo la loro risposta è di organizzare < corsi di Storia da tenere nei propri locali ... tenuti da professori del movimento o d’area, che ricalchino la struttura dei normali corsi scolastici e che quindi si rivelino utili agli studenti nei loro studi. Al termine di questi corsi ... verranno stilate e distribuite dispense del corso >.
 


PROGETTO CONTROPOTERE

Ci troviamo quindi di fronte ad un movimento politico che è organizzato in maniera quasi militarista, che ha comunque una discreta disponibilità di fondi finanziari (loro sostengono che si tratta di “autotassazione”, ma ricordiamo che l’attività londinese della Meeting Point aveva fruttato un bel po’ di soldi ai suoi titolari) e che si “autogestisce” (o quantomeno ha in programma di fare) un mucchio di cose: dalla scuola alle colonie estive (che sembrano piuttosto campi paramilitari), dalla distribuzione diretta di generi alimentari al controllo nei quartieri. Sotto questa luce assume un aspetto particolare anche il nome del loro “progetto Contropotere”: cosa intendono per “contropotere”? La creazione di uno stato all’interno dello Stato?
Se ci limitiamo a leggere sui giornali e sui loro bollettini ufficiali, vediamo che il “progetto Contropotere” appare sostanzialmente come la creazione di una sorta di centri sociali ideologicamente schierati all’estrema destra. Uno spazio per iniziative culturali (secondo il concetto che di “cultura” ha quel tipo di persone, ovviamente), di socializzazione, per dibattiti, per i loro progetti “compraitaliano” eccetera.
Nel sito Internet, invece, il progetto Contropotere viene descritto in ben altro modo.
< L’esperienza degli ultimi anni ci insegna che se pur necessario, concentrarsi su tematiche politiche del momento può non essere sufficiente; va compiuto uno sforzo continuo per creare strutture durature che garantiscano la continuità del movimento in caso di attacchi, tradimenti e atti repressivi ... alcuni movimenti europei si sono adoperati negli ultimi anni nel gettare semi di contropotere ... abbiamo visto il progetto villaggio in Spagna, progetto che potrebbe essere seguito presto da nuove iniziative simili in altri paesi... >. Domanda: ma se qui Forza Nuova “rivendica” il “progetto villaggio in Spagna” come mai Morsello s’era tanto preoccupato di negare che esistessero dei progetti simili, se questi “villaggi” sono iniziative del tutto innocenti?
Vengono poi descritti tre esempi di queste “nuove iniziative” in Inghilterra, Normandia ed Irlanda, dove < vi sono tre proprietà aventi in comunte le seguenti caratteristiche:
1) la presenza di vasti appezzamenti di terra;
2) l’appartenenza delle proprietà a militanti o associazioni non lucrative gestite da militanti;
3) la presenza di attività economiche, di strutture politico-culturali, di piccole Cappelle >.
In queste proprietà (quella inglese comprende 10 ettari di terreno ed una “casa di notevoli dimensioni” che oltre al resto comprende anche 5 stanze “per i residenti e gli ospiti”) le “strutture economiche” consisterebbero in “uno studio per la produzione di video” e di “edizione, produzione e distribuzione di libri”.
Dulcis in fundo questa considerazione sull’importanza dell’acquisto di tali proprietà: < anche nei casi più estremi di repressione le strutture sono lì a disposizione di chi continuerà la lotta politica. A questo proposito è di particolare importanza la fisionomia giuridica delle associazioni non a scopo di lucro che garantiscono l’uso delle proprietà per fini prestabiliti stabiliti negli statuti e che proteggono il tutto da possibili atti persecutori >.
Il “progetto Contropotere” così come descritto somiglia più alla creazione di una serie di basi logistiche che non ad un < laboratorio di idee dove poter coniugare pensiero ed azione al di fuori degli schemi imposti dai burattinai del sistema >, come dichiarato da Fabio Bellani al “Piccolo” del 26.5.1999.

Vediamo adesso come è diffusa sul territorio nazionale Forza Nuova. Nel febbraio 1999 era presente in 10 regioni (Sicilia, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), a settembre 2000 le regioni erano diventate 17, con in più Marche, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Calabria, Liguria e Molise.
Ecco la situazione regione per regione. In Piemonte c’era una sezione a Torino nel ‘99 ed è rimasta nel 2000; in Lombardia nel febbraio 1999 erano aperte le sezioni di Milano, Brescia, Bergamo e Gallarate; nel 2000 risultano in più una a Campione d’Italia ed una a Lodi, mentre non c’è più quella di Brescia; Veneto: nel 1999 Vicenza, Padova e Schio, nel 2000 Padova e Verona; Toscana: nel 1999 Lucca, Casteldelpiano e Grosseto, quest’ultima non risulta nel 2000; Abruzzo nel 1999 una sede a Pescara e nel 2000 una a Vasto ed una a Lanciano; Lazio: nel 1999 Roma, Cave, Viterbo, Santa Marinella, Sora e Latina, nel 2000 non appaiono queste ultime tre mentre abbiamo in più Gaeta e Montelanico; Campania: nel 1999 Napoli, Salerno e Fratta Maggiore, quest’ultima non c’è nel 2000 ma ci sono in più Pianura e Caserta; Basilicata: nel 1999 Bernalda e nel 2000 Metaponto; Puglia: nel 1999 Bari, Fasano, Brindisi e Taranto, la quale non risulterà nel 2000, però abbiamo in più le seguenti sezioni: San Michele Salentino, S. Vito dei Normanni, Lecce, Carmiano, Martina Franca e Santeramo in colle; Sicilia: Palermo nel 1999 come nel 2000; infine nel 2000 abbiamo in più le seguenti sedi: Falconara e Macerata nelle Marche; Trieste e Udine nel Friuli Venezia Giulia, Bologna in Emilia Romagna; Perugia in Umbria; Termoli nel Molise.
Come si può vedere il massimo dello sviluppo l’organizzazione l’ha visto nelle Puglie, regione che negli ultimi anni ha assunto due peculiarità, collegate tra di loro dai traffici degli “scafisti”: l’ingresso di “clandestini” in Italia e l’attività di contrabbando che si è trasformata in una e vera propria guerra contro lo Stato.
 


ANALOGIE ED AFFINITA’

Andando indietro nel tempo possiamo trovare delle interessanti analogie tra Forza Nuova (che è stata fondata ufficialmente, lo ricordiamo, nel settembre 1997) ed altri raggruppamenti od organizzazioni di vario tipo.
Così il culto che professano per Codreanu, al punto da intitolare a suo nome un sottosito internet ci ricorda che negli anni ‘70 Ordine Nero aveva fondato a Trieste una “sezione Codreanu”, sigla con la quale venne firmato un volantino di minacce inviato al giudice istruttore Coassin che indagava su una bomba piazzata presso la scuola slovena sita nel rione triestino di San Giovanni nell’aprile del ‘74. Nel gennaio del 1990 invece troviamo un’intervista fatta da una giornalista del “Meridiano” di Trieste alla romena Maria Popa, stabilitasi a Trieste nel 1972 in seguito al matrimonio con il triestino Claudio Bressan. Maria Popa parla della situazione creatasi in Romania dopo l’abbattimento del regime di Ceasescu e del “Comitato di solidarietà italo-romena”, da lei fondato assieme al marito ed altre persone, tra le quali c’era pure Francesco Neami, che ha in comune con Bressan la passata militanza in Ordine Nuovo. Nel 1997 Bressan accuserà il suo ex camerata Manlio Portolan (ora dirigente della Fiamma Tricolore) di avere collaborato coi servizi segreti fornendo loro informazioni sull’ambiente dell’estrema sinistra triestina, accusa immediatamente smentita da Portolan. Sulla cui appartenenza alla struttura Gladio si vociferò a suo tempo (ne parla Giuseppe De Lutiis nel suo “Il lato oscuro del potere” [13] ); nell’elenco dei “gladiatori” fu segnalato (21.1.87) tale “Mario” Portolan che, secondo alcune ricostruzioni del giudice Felice Casson di Venezia, andrebbe invece identificato come “Manlio”. Non si è giunti tuttavia ad alcuna conclusione ufficiale e definitiva.
Tornando al “Comitato di solidarietà italo-romena”, che inviò diversi “convogli” contenenti aiuti materiali nella Romania della rivoluzione del’89/90, va ancora ricordato il curioso “feeling” che si verificò nell’occasione tra Neami, Bressan ed i loro amici ed il senatore del PSI Arduino Agnelli, noto a Trieste per le sue posizioni nazionaliste e neoirredentiste nei confronti dell’Istria e della Dalmazia, il senatore che abbiamo già trovato nella polemica tra i giornalisti Biloslavo e Rumiz su questioni croate.

Altre affinità di Forza Nuova le troviamo con la meno nota associazione denominata “Nuova Acropoli”, della quale ha parlato la rivista “Cuore” nel numero del 3.12.1994.
Nuova Acropoli fu fondata in Argentina nel 1957 e si diffuse in Italia all’inizio degli anni ‘80; così viene descritta nell’articolo sopra citato.
< ... 5mila membri nel 1989 (500 solo in Italia) ed un patrimonio dichiarato di oltre 8 milioni di dollari, Nuova Acropoli è “esteriormente un’organizzazione culturale e umanistica, ma nasconde (...) una struttura piramidale molto rigida ed occulta ai propri adepti di base” (dal Manuale del Dirigente riservato ai livelli superiori del gruppo). Al vertice della piramide c’è un Comandante Mondiale, dal potere assoluto, che governa per “decreti” >.
(E’ interessante a questo punto rilevare come il termine “comandante” sia d’uso ricorrente in certi ambienti: “comandante” era, per i suoi adepti, Junio Valerio Borghese, il “principe nero” della Decima Mas; Marco Pirina, lo pseudostorico revisionista di Pordenone che si dedica da anni a stampare libri pieni di falsità storiche allo scopo di infangare la Resistenza ed il movimento partigiano sostenne, una volta, di essere stato inquisito per il fallito golpe Borghese solo perché il suo nome si trovava nell’agendina del “comandante” Sandro Saccucci; Giorgio Rustia, il leader triestino di Contropotere, ha una volta definito Roberto Fiore, in una conferenza pubblica “comandante fondatore”).
Continuiamo con l’articolo di “Cuore”.
< Il gruppo dirigente della setta è formato dall’ elite degli “asciati”, gli unici a poter vantare un contatto diretto con il comandante mondiale. Vengono quindi i semplici membri, suddivisi in tre strutture dai toni tipicamente hitleriani. C’è innanzitutto il “Corpo di sicurezza”. Indossa divise nere che si richiamano alle SS, simbolo della folgore compreso e svolge una funzione più o meno mascherata (...) di vigilanza e di pronto intervento. In Italia ha preso da qualche anno - subito dopo la “svolta ambientalista” avvenuta nei primi anni ‘80 - il nome di “Dipartimento di protezione civile”. ... si affiancano le “Brigate Maschili” (...) e le “Brigate Femminili” (...) >.
Vediamo ora se quanto segue ricorda qualcosa di cui abbiamo parlato prima.
< Nuova Acropoli nel proprio sistema educativo prevede strutture anche per i più piccoli: l’edificazione dell’Uomo Nuovo (“uomo nuovo”? come la testata a cui collabora Gozzoli? n.d.r.) ha inizio sin dalla prima infanzia attraverso (...) una sorta di asilo nido in cui tra l’altro si insegna la tecnica per riuscire a vedere “Gnomi, elfi e fate”; quindi, dai 7 ai 14 anni, i bambini vengono divisi tra la struttura maschile dei “Cavalieri della tavola rotonda” e quella femminile della “Tavola di Iside”. (...) Nuova Acropoli insegna una dottrinaccia filosofeggiante in cui l’umanità si divide in razze superiori ed inferiori (...) si associa una malsana etica dell’“uomo forte”, che comporta l’obbligo di “evitare l’iperprotezione dei più deboli a danno delle persone più importanti...” > eccetera eccetera.
Nuova Acropoli, spiega ancora l’articolo, negli anni Ottanta, al seguito della “moda” ecologista, si diffuse come associazione ambientalista che organizzava incontri, seminari, corsi ed attività varie, spesso con il patrocinio delle istituzioni (nel 1989 a Genova, ad esempio, le Ferrovie affidarono alla locale sezione di Nuova Acropoli la gestione di un corso per annunciatori nelle stazioni). Ma anche gite per anziani a Venezia col patrocinio del Comune e la partecipazione del sindaco; un campo di addestramento “per l’ecologia attiva” nel parco d’Abruzzo, sotto l’egida dell’Ente parco, dell’aeroclub dell’Aquila, del Corpo forestale dello Stato e della Regione Abruzzo e via di seguito.
Infine, nell’ottobre del 1989 un “campo” di Nuova Acropoli (una cascina acquistata qualche anno prima: ricorda niente?) fu perquisito dai carabinieri della stazione di Montefiascone che vi trovarono “gagliardetti, labari, coltelli, una radio ricetrasmittente priva di licenza e numerosi bossoli di pistola” e vi arrestarono un giovane del “Corpo di sicurezza”. Armi da fuoco furono invece trovate in altre sezioni non italiane: a Madrid e ad Atene (dove la responsabile fu condannata a 12 anni di carcere).
Ed ecco i referenti internazionali di questi “militanti”.
< Il fondatore, Livraga Rizzi, ha rivendicato negli anni ‘70 i propri rapporti con i circoli golpisti argentini ed uruguagi, con i cileni di “Patria y libertad”, con la Falange spagnola. Ed anche la sezione italiana, almeno agli inizi, sfoggia stretti rapporti di amicizia con quest’area: fondata a Roma nel 1975 (tra il 1976 ed il 1979 aprirà filiali in quindici città) viene inzialmente aiutata da Serafino Di Luia, fondatore della nazi-maoista Lotta di Popolo, mentre Gabriele Adinolfi (toh! chi si rivede, n.d.r.) uno dei padri di Terza Posizione incoraggia i propri camerati a frequentare l’organizzazione >.
Ma come mai ad un certo punto è stata “scoperta” questa associazione? Grazie al memoriale di Miguel Martinez, un italo-messicano che, dopo essere stato tra i dirigenti dell’organizzazione se ne è staccato spiegando quali sono le effettive finalità di essa. Dall’intervista pubblicata su “Cuore” stralciamo alcuni passaggi particolarmente interessanti su come venivano “reclutati” gli adepti.
< Si inizia con un corso, all’interno del quale l’adepto viene seguito individualmente. Lo si sonda, se ne capiscono gli interessi, lo si indirizza verso un lavoro all’interno dell’organizzazione. All’inizio in maniera subdola, fintamente assembleare. ... attraverso l’introduzione di argomenti militari, abituandolo a eseguire gli ordini. (...) Si comincia con l’utilizzo di piccoli codici (segnali particolari, gergalità, giochi di ruolo) e ci si ritrova inquadrati, stretti in divise similnaziste, a fare il saluto romano. O a sparare >.
A questo punto vengono in mente quelle associazioni (per lo più collegate al circuito della “New age”) che stanno sempre più diffondendosi sul territorio e che si occupano di esoterismo e di medievalismo, che organizzano campionati di giochi di ruolo e magari anche le uscite di 'soft air', cioè i “giochi di guerra” in cui ci si spara con armi vere anche se rese inoffensive (per il momento). A Trieste si è svolto l’anno scorso un festival della “new age”, interessante da visitare per conoscere certe realtà misticheggianti ed esoteriche che non abbiamo però trovato nel festival svoltosi nel 2000.
Altro punto interessante dell’intervista di Martinez è l’accenno all’“uso dei mass media che anno dopo anno si è affinato”, e cioè, dato che negli anni ‘80 l’argomento ecologia “tirava sui giornali” Nuova Acropoli ha iniziato “a pulire parchi su parchi. Previa allerta dei cronisti, ovviamente”.
 


FORZA NUOVA A TRIESTE

La prima uscita “ufficiale” di Forza Nuova a Trieste ha avuto luogo il 28.3.1998, quando una dozzina circa di militanti, circondati da una notevole quantità di forze dell’ordine in tenuta antisommossa, ha manifestato contro i SERT e contro la droga. Si sono poi “presentati” il 9 maggio successivo, con una conferenza alla quale ha presenziato pure Sergio Gozzoli.
Hanno poi proseguito con una conferenza contro l’immigrazione (novembre ‘98); una contro il “bilinguismo” (dicembre ‘98), alla quale ha preso la parola anche Giorgio Rustia (persona della quale parleremo più approfonditamente in altra parte di questo dossier); diversi presidi contro il bilinguismo, contro l’immigrazione e a sostegno del cosiddetto processo “contro gli infoibatori”. Nell’aprile del ‘99 una loro delegazione (Paolo Karatossidis e Riccardo Baggio, di Padova e Luciano Fragasso di Vasto) avrebbe dovuto partire da Trieste per incontrarsi con Seselj a Belgrado, in piena aggressione NATO contro la Jugoslavia, ma furono fermati al confine serbo.
Nel maggio del ‘99 hanno invece inaugurato la loro sede nelle case popolari di Valmaura, quartiere dormitorio ad alto rischio teppistico (i due stadi ed il palazzetto dello sport si trovano in quella zona, il che la rende appetibile agli ultras); nel corso dell’estate hanno indetto varie conferenze anche con la sigla di “Contropotere”. A settembre hanno indetto una “festa di contropotere” con chioschi, musica, cabaret e le solite conferenze di Rustia sui “revisionismi storici”.
Ad ottobre un’altra conferenza sui “revisionismi storici”, con Giorgio Rustia. Era prevista pure la presenza di Marco Pirina, che però ha dato forfait, deludendo i suoi innumerevoli fans. Il dottor Rustia, in compenso, ha presentato un proprio “studio” teso a dimostrare le “falsità” scritte nei testi dell’Istituto Regionale per la storia del Movimento di Liberazione ed il fatto che in realtà le “foibe” non servirono tanto all’eliminazione degli italiani in quanto tali, ma degli anticomunisti in generale, non importa di quale nazionalità.
A novembre altra conferenza, questa volta sul tema “quando a Trieste si moriva per l’italianità”. Relazioni dell’immancabile Rustia e di Sergio Gozzoli, che ha dissertato per più di un’ora sui temi dell’europeismo visto come contraltare alla colonizzazione nordamericana e sulla necessità di costruire una forza politica organica in grado di coagulare i popoli europei in un’Europa delle etnie e delle identità locali autonome piuttosto che delle nazioni. Ha poi definito gli stili di vita dei militanti di questa forza politica: detentori di una cultura che esalti il senso della virilità e della femminilità, dell’audacia e della forza di carattere nei giovani; una cultura che protegga la famiglia e sostenga la religione (ma “non ha importanza che ci si creda o meno”, secondo Gozzoli, il che potrebbe anche apparire blasfemo); una cultura che insegni il rigore, l’autodisciplina, l’orgoglio per la virtù; ed infine un paio di consigli pratici ai militanti: “il vostro tempo sia sempre tempo di milizia”, “cercate donne che vi diano tanti figli”, cosicché in questa battaglia tra un po’ di tempo si potrà essere in molti.
Va detto che ad ascoltare questo discorso di Gozzoli alla fine erano rimaste poco meno di dieci persone, oltre ad un paio di giornalisti ed alcuni poliziotti.
Nello stesso periodo Forza Nuova ha inaugurato una nuova sede, abbandonando le case popolari della periferia per stabilirsi in un ex negozio nella centralissima zona di Barriera.


CAMERATI DI VIAGGIO

Il 2000 è stato l’anno in cui Forza Nuova è salita prepotentemente alla ribalta dopo avere promosso manifestazioni di solidarietà con Haider ed il suo partito, e visto che in Italia si tende ad essere più antinazisti che antifascisti, dato che agli italiani si perdona di più che non ai tedeschi, anche gli antifascisti più tiepidi si sono accorti che esiste un “pericolo” Forza Nuova. Ma non c’è solo Forza Nuova...
Il 25 aprile del 2000 a Trieste ha visto, oltre alla solita commemorazione alla Risiera di S. Sabba, anche una serie di iniziative dell’estrema destra. La Fiamma tricolore ha compiuto il consueto “pellegrinaggio” alla foiba di Basovizza (con corteo di macchine schiamazzante attraverso il paese, che è abitato prevalentemente da sloveni) e poi ha convocato in mattinata un convegno dal titolo “I crimini dei vincitori”, con il segretario Portolan e l’avvocato Bezicheri, il noto difensore di estremisti di destra più o meno eversivi nonché avvocato di parte civile al processo romano cosiddetto “per le foibe” (in realtà c’è un unico imputato accusato dell’omicidio di tre persone a Fiume nel maggio ‘45) per conto di una non meglio nota associazione di “Amici e discendenti di esuli”.
Altro convegno indetto da Fascismo e Libertà sul tema: “L’Italia dei grandi processi ingiusti: severa e crudele con Priebke, assolutoria con gli assassini delle Foibe”. Relatori: don Curzio Nitoglia (direttore della rivista “Sodalitium”), Mario Spataro (giornalista e revisionista storico), l’avvocato Sinagra ed il presidente nazionale del movimento Giuseppe Martorana. Chi si fosse aspettato da un sacerdote un discorso di pace, amore e perdono, è rimasto deluso, dato che da don Nitoglia abbiamo invece appreso che: “la guerra non si fa con le caramelle”; che il comandamento dice “non uccidere gli innocenti” (noi sapevamo che dice di “non uccidere” tout court, salvo i casi di legittima difesa) e che in guerra si deve uccidere per non essere uccisi; che i fucilati alle Ardeatine non erano “innocenti” perché tutti detenuti o politici o comuni, quindi Priebke non ha commesso alcun peccato mortale; che le rappresaglie in guerra sono lecite, dopo via Rasella la rappresaglia: “si doveva fare”, ha sostenuto il prete, altrimenti “quante altre bombe sarebbero scoppiate il giorno dopo”? Oltretutto la rappresaglia delle Ardeatine non è stata neanche la peggiore della storia, basti pensare che Graziani (il governatore della Libia) fece uccidere per rappresaglia 3000 africani. Ancora secondo Nitoglia i tedeschi in questo caso furono “più che corretti” perché “altri” avrebbero ucciso molto di più: difatti “proprio qui a Trieste sono stati buttati nelle foibe circa 10.000 italiani solo perché italiani”. Che non vi siano “proprio qui a Trieste” foibe sufficienti a contenere diecimila corpi, non pare creare alcun problema a don Nitoglia (per conoscenza storica diciamo che nella provincia di Trieste furono recuperati circa una quarantina di corpi di persone gettate nelle foibe per vendette personali nel maggio del ‘45).
Ancora: Priebke fu condannato per un “crimine fra virgolette” da lui commesso per eseguire degli ordini; inoltre il battaglione Bolzano, bersaglio dell’attentato di via Rasella non era delle S.S. ma della “polizia italiana che doveva mantenere l’ordine pubblico a Roma sotto l’ordine dei tedeschi”; ed i partigiani avevano commesso quell’attentato per attirare una rappresaglia tedesca contro l’Italia e l’odio dei cittadini romani nei confronti dei tedeschi, dato che fino a quel momento l’occupazione tedesca era stata “pacifica” ed i romani simpatizzavano coi tedeschi.
Non vale la pena di riferire nei particolari l’intervento del giornalista Spataro (autore di libri di revisionismo storico), ne citiamo solo un paio di battute, tanto per far capire il livello intellettuale, giuridico e politico del soggetto: su Pinochet ha detto che nessuno si preoccupa invece di dire ciò che aveva combinato Allende, e cioè “stava per portare il Cile a livello di Cuba” (cosa che, vista la bassa mortalità infantile di Cuba rispetto a quella degli altri stati dell’America latina ma anche degli USA, non avrebbe dovuto spaventare più che tanto i cileni); e poi se l’è presa con i “cervelli cloroformizzati dalle televisioni” e dai vari Lilli Gruber e Mentana. Quanto alle torture per cui fu accusato Priebke: “dato che il terrorista non parla la tortura è necessaria”, posizione questa che farebbe rivoltare nella tomba persino il non-comunista Cesare Beccaria.
Infine l’avvocato Sinagra (asserito ed orgoglioso affiliato alla loggia P2, noto per essere stato il difensore di fiducia di Gelli come pure del governo turco all’epoca dell’'affaire' Ocalan, come dell’ex ufficiale Olivera, torturatore agli ordini del dittatore argentino Videla, nonché per essere stato il “promotore” del cosiddetto “processo per le foibe”, per cui, come dice egli stesso, il suo nome è collegato “al genocidio degli italiani” delle regioni che lui considera “italianissime” d’Istria, Dalmazia e Carnaro), che dopo avere rivolto un caloroso saluto ai “camerati” Cauter e Martorana, ha più o meno ripetuto le stesse cose da lui dette in altre occasioni (di cui abbiamo riferiremo più avanti), ed ha infine esposto un’interessante teoria. Il fascismo in Italia, dice, era nato dall’esigenza di saldare assieme la soluzione di due problemi: la giustizia sociale e l’unità nazionale, ed è in seguito cessato per sconfitta militare e non per verifica economica, come invece è successo col comunismo (che rimane per Sinagra la “tragedia di questo secolo”), ed il problema del fascismo in Italia è che è durato troppo poco. Che è sì un’esperienza passata, ma da quel simbolo (cioè il fascio littorio) escono due filoni che rappresentano i due problemi che devono essere risolti ancora oggi (la giustizia sociale e l’unità nazionale) “gli spunti per non dimenticare che ciascuno di noi è parte di un tutto”, e sarebbe questo il significato profondo del concetto del “fare la guardia al bidone di benzina”: il fascismo era una esperienza che accomunava tutti in un’unico fascio.
Ancora nella medesima occasione il “commissario federale” di Fascismo e Libertà per il Veneto, Foti, ha dichiarato che “questo regime ci ha dato poco o niente se non la possibilità di combattere” e che ora “è il momento di alzare il livello dello scontro”. Senza precisare di quale tipo di “scontro” intenda parlare, se politico o di altro tipo.
Curiosamente ritroveremo Nitoglia e Spataro come oratori pure in una conferenza indetta da Forza nuova, svoltasi nella serata (dopo avere “reso omaggio” alla foiba di Basovizza ed alla targa in onore di tale Ennio Beltramini), “Quale liberazione?”, assieme ai soliti Bellani e Rustia e certo Franco Damiani.

Il concetto di Sinagra in merito ai due significati del fascismo potrebbe ricordare vagamente quel “fas e jus” che un altro curioso personaggio, Pietro Molinari, usa come simbologia per il proprio movimento, l’Alleanza Dio e Popolo, da lui definito “partito etico politico onniconfessionale ed ambidestro”. Da qualche anno Molinari si presenta sulle piazze di Trieste con questo suo movimento che trae spunto (egli sostiene) innanzitutto da Mazzini, ma anche da Gesù Cristo, e che “Marx, Lenin, Stalin, Mussolini e Hitler operarono con intuizioni unidirezionate, ma tradotte in pratica con modi diversi”. Molinari, che distribuisce sia opuscoli patinati che ciclostilati apparentemente scritti con un’anacronistica testina rotante, si pone come obiettivo “l’arresto” dei politici che, secondo lui, avrebbero tradito i dettami costituzionali. Hanno con lui contatti gli esponenti locali del comitato contro l’uranio impoverito che fanno riferimento al sito Internet gestito da Marco Saba.
 


SUL REVISIONISMO STORICO E LE “FOIBE”

Abbiamo visto che le “iniziative” di Forza Nuova sono spesso incentrate su temi storici o pseudo tali, e dato l’accenno ai “corsi di storia” che l’associazione organizza, è a questo punto necessario fare una (non molto breve...) digressione per affrontare il tema del revisionismo storico come è stato portato avanti negli ultimi anni, e non solo da “estremisti” di destra, ma dagli stessi rappresentanti della storiografia “democratica”.
Il revisionismo storico italiano è diverso da quello spiccatamente europeo, soprattutto inglese e tedesco, che si pone lo scopo di riabilitare il nazismo negandone le parti peggiori, ad esempio sostenendo che le camere a gas di Auschwitz non sono mai esistite, che non vi fu un genocidio del popolo ebraico, che i documenti esistenti in merito sono dei falsi storici, come ad esempio lo stesso diario di Anna Frank.
In Italia più che di riabilitazione del fascismo ci troviamo di fronte ad una denigrazione del movimento partigiano, forse perché, essendo già passata nella coscienza popolare l’idea che il fascismo di Mussolini fu una dittatura “all’acqua di rose” (cosa che è più difficile da sostenere per Hitler), è necessario “alzare il tiro” e quindi capovolgere le parti. Trasformare gli antifascisti da oppressi che si erano ribellati ai propri oppressori in “terroristi”, “eversori”, “fuorilegge”, dando per assodato dunque che la legge fascista fosse giusta e da rispettare. “Dimenticando” che il fascismo non era andato al potere con libere elezioni ma mediante un colpo di stato, e che i suoi metodi di governo non erano propriamente democratici.
Significativa è da questo punto di vista l’esistenza di una “Consulta per revisione storica” della quale farebbero parte, secondo l’ANSA del 5.1.1999, i “nazisti Merlino e Signorelli” e l’avvocato Sinagra. Di quest’ultimo abbiamo già parlato e parleremo ancora; Signorelli l’abbiamo precedentemente incontrato e “Merlino” è forse quel Mario Merlino di Avanguardia Nazionale che fece l’infiltrato nei gruppi anarchici romani alla fine degli anni ‘60? Ed è lo stesso Mario Merlino che l’avvocato Sinagra ha citato come teste di parte civile nel cosiddetto “processo per le foibe” del quale parleremo più avanti?

Trieste, essendo stata dopo l’8.9.1943, direttamente annessa al Terzo Reich (sotto la denominazione di Adriatisches Küstenland, Litorale Adriatico), ha avuto sul proprio territorio un forno crematorio annesso ad un campo di concentramento e sterminio: la Risiera di San Sabba. I revisionisti sostengono che tale campo non fu di sterminio ma di smistamento (come se da un punto di vista morale le cose fossero diverse!), il che corrisponde solo parzialmente al vero, perché, se è esatto che gli Ebrei rastrellati e portati in Risiera furono poi per la maggior parte deportati nei lager tedeschi (dove del resto trovarono quasi tutti la morte), d’altra parte nella Risiera furono assassinate, si calcola, circa cinquemila persone, per lo più partigiani sloveni e croati ed italiani.
Nel 1992 il Movimento Fascismo e Libertà diffuse un volantino nel quale affermava che nella Risiera < non è mai esistito un campo di sterminio, non è mai esistita una camera a gas, non è mai esistito un forno crematorio > fu < solo parzialmente campo di transito per prigionieri politici. Durante tutto quel periodo, nella ex risiera, morirono per mano nazista e per cause naturali, una decina di persone. (...) La verità è che il “campo di sterminio” è stato inventato negli anni sessanta per contrastare la tremenda realtà delle foibe nelle quali i comunisti slavi, con la complicità di quelli italiani. avevano massacrato oltre diecimila triestini, istriani e goriziani... >. Per la diffusione di questo volantino il Movimento fu assolto dall’accusa di apologia del fascismo: difatti non si riesce a capire perché furono denunciati per quel reato e non per quello di diffusione di notizie false ed incitamento all’odio etnico. Ma è purtroppo così che si muovono le cose in Italia.

Le “foibe”, dunque, cioè il grosso cavallo di battaglia della storiografia nazionalista sul confine orientale. Con questo termine si intendono le pretese esecuzioni sommarie che sarebbero state operate dai partigiani jugoslavi dopo la liberazione di Trieste e Gorizia e della regione istriana. La propaganda nazionalfascista, dal 1945 in poi, ha sostenuto che “migliaia di persone” sarebbero state “infoibate” (cioè gettate nelle “foibe”, le cavità naturali presenti nel Carso triestino ed istriano) “sol perché italiane”. Col passare degli anni la storiografia “progressista”, invece di fare chiarezza sulle menzogne di marca fascista e neoirredentista, si è invece appiattita su di esse, e troviamo oggidì sindaci “progressisti”, storici “democratici” ed esponenti del centrosinistra sostenere le stesse tesi che fino a dieci-quindici anni fa erano patrimonio esclusivo degli ambienti della destra più retriva, con l’unica differenza che dalla “causale etnica” (“infoibati sol perché italiani”) si è passati a quella “politica” (“infoibati perché contrari al comunismo titoista”). Tutto ciò ovviamente è strumentale alla nuova demonizzazione del comunismo, quella in atto da una decina d’anni a questa parte, dopo la “caduta del muro di Berlino”: mentre prima l’anticomunismo viscerale era patrimonio esclusivo dalle destre, da una decina d’anni in qua abbiamo assistito ad una “conversione” su questi temi da parte di certi settori che potremmo definire i “pentiti” della sinistra, proprio per questo ancora più fanaticamente anticomunisti. In questa trasformazione della storiografia “democratica” in funzione anticomunista abbiamo assistito addirittura a delle rivalutazioni dell’operato di Stalin in chiave antititoista.
Per quanto concerne le foibe va detto che in realtà di esecuzioni sommarie alla fine del conflitto nella cosiddetta “Venezia Giulia” ve ne furono, ma in misura molto inferiore a quanto accadde nelle altre città d’Italia, come a Milano o nel famoso “triangolo rosso”. Lo storico Mario Pacor così descrisse il “malcontento operaio” nel maggio del ‘45, quando Trieste era sotto amministrazione partigiana jugoslava:
< Fu così che agli operai insorti non fu permesso di procedere a quelle liquidazioni di fascisti responsabili di persecuzioni e violenze, a quegli atti di “giustizia sommaria” che invece si ebbero a migliaia a Milano, Torino, in Emilia e in tutta l’Alta Italia nelle giornate della liberazione e poi ancora per più giorni. “Non ce lo permettono” mi dissero ancora alcuni operai “pretendono che arrestiamo e denunciamo regolarmente codesti fascisti, ma spesso, dopo che li abbiamo arrestati e denunciati, essi li liberano, non procedono. E allora?” ne erano indignati... > [14].
Basiamoci sulle fonti della stessa destra, Luigi Papo, ad esempio, figura carismatica del negazionismo storico nazionalista e neoirredentista. Oggi sedicente ricercatore storico, fu comandante del presidio della Guardia Nazionale Repubblicana di Montona, in Istria, che si rese responsabile di rastrellamenti ed azioni contro partigiani e contro civili, combattendo sotto comando tedesco (ricordiamo che dopo l’8 settembre del ‘43 le provincie di Trieste, Udine e Gorizia, l’Istria e Fiume erano state annesse al Reich tedesco sotto la denominazione di “Litorale adriatico”); fu arrestato dai partigiani a Trieste dopo la liberazione ma venne rilasciato dopo due mesi di campo di prigionia, perché, presentatosi sotto falso nome, non era stato riconosciuto. Indicato tra i criminali di guerra per i quali la Jugoslavia aveva chiesto l’estradizione, così descrive il modo in cui riuscì a cavarsela:
< L’on. Mario Scelba, allora ministro degli Interni, sollecitato dall’on. Nino de Totto (uno dei fondatori del M.S.I. triestino, n.d.r.) e dall’A. (cioè lo stesso Papo, n.d.r.), si adoperò per l’archiviazione della richiesta di estradizione presentata dalla Jugoslavia. La Magistratura aveva, peraltro, già dato corso alla procedura, ma fu soltanto il prof. Bruno Artusi (...) ad essere estradato (...) fu rimesso in libertà alcuni mesi dopo...> [15].
Papo ha compilato un ponderoso “Albo d’Oro” con ventimila nomi di “giuliano-dalmati” morti durante la seconda guerra mondiale. Nonostante la copertina riporti il disegno dello spaccato di una foiba, i ventimila nomi non sono tutti di “infoibati”, anzi lo sono in minima parte. Papo ha preso in considerazione tutta l’area che comprende le vecchie provincie di Trieste e Gorizia (che allora avevano un vasto retroterra oggi compreso nella repubblica di Slovenia), l’Istria, Fiume, la Dalmazia, ed ha elencato tutti i nomi dei militari originari di queste zone morti in combattimento sui vari fronti (Africa, Russia...) oltre che tutti i militari caduti in combattimento nella zona, i caduti civili sotto i bombardamenti, una buona parte dei deportati dai nazisti nei lager tedeschi, molti partigiani, ed infine anche coloro che, dopo la Liberazione, furono arrestati dalle autorità jugoslave, processati e fucilati, oppure morirono nei campi di prigionia per militari, oppure ancora furono vittime di giustizie sommarie e regolamenti di conti. Il numero degli scomparsi appartenenti a queste tre ultime categorie ammonta, per la provincia di Trieste, a circa 500 persone.
Ciononostante sia la propaganda nazionalista che i rappresentanti “democratici” istituzionali continuano a parlare di “migliaia di infoibati”.
E tutta questa mistificazione propagandistica contro gli “infoibatori” viene usata in maniera strumentale dalle destre per avallare sia i propri discorsi neoirredentisti che quelli razzisti di rifiuto di riconoscere alla comunità slovena il diritto ad una legge di tutela.
Altro epigono del negazionismo storico, e più famoso di Papo, è il pordenonese Marco Pirina, che, dopo aver fondato con la moglie Annamaria D’Antonio un centro studi denominato “Silentes loquimur”, ha dato alle stampe diversi libri (stracolmi di errori marchiani, ma che importa, tutto fa brodo, e come diceva quel proverbio, diffama, diffama, tanto qualcosa resta) tesi a dimostrare la barbarie partigiana (non solo slava). Pirina fu dirigente del FUAN a Roma negli anni ‘60 e come dirigente del Fronte Delta fu inquisito (poi prosciolto in istruttoria) per il tentato golpe Borghese; per un periodo militò nella Lega Nord e fu pure assessore alla cultura a Pordenone. In seguito passò a Forza Italia, ma non è dato sapere oggi a quale partito faccia riferimento. Nella sua carta intestata sostiene di essere “dep. Parlamento Mondiale per la Sicurezza e la Pace”, una strana organizzazione che pare abbia sede in Sicilia ed il cui nome trovammo sui giornali nell’estate del 1999 come coinvolta in un traffico di barre d’uranio: la notizia scomparve subito dai “media” e non se ne seppe più nulla.
 


ANCHE NEOIRREDENTISMO

Forza Nuova ha, com’è logico, molti collegamenti internazionali. Fa capo, come gli stessi suoi dirigenti affermano, ad “Euronat”, la rete europea di quella destra radicale che dovrebbe convergere a Trieste in novembre e che si è ritrovata in Umbria nell’agosto scorso in un convegno organizzato dalla rivista Orion edita da Maurizio Murelli. Ad Euronat fa riferimento, oltre al Partito Nazionalista Slovacco, il Fronte Ellenico, Democracia Nacional (gli “eredi” della Falange spagnola), il Movimento Patriottico Popolare finlandese, il Partito della Grande Romania, il Partito Svedese Democratico, Alianca Nacional portoghese, la Deutsche Volksunion ed il Partito Nazionalista serbo, anche il più famoso Fronte Nazionale francese di Jean-Marie Le Pen.
Nel novembre del ‘98 si è tenuto a Trieste, organizzato dal “Fronte Unitario degli Italiani” (associazione neoirredentista diretta dal triestino Mario Ivancich), un convegno (il cui ospite d’onore era proprio Le Pen) dal ponderoso titolo: “Crimini contro l’umanità in tempo di pace e mancata applicazione del diritto internazionale nella questione ancora aperta della Venezia Giulia a 50 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale”. Temi questi ricorrenti in tutta la galassia della destra locale, dagli “estremisti” di Forza Nuova e Fiamma tricolore ai “democratici” di Alleanza Nazionale e delle varie associazioni degli esuli istriani.

Giova a questo punto aprire una parentesi sul neoirredentismo, riportando alcune delle posizioni espresse sull’argomento negli ultimi anni, non solo da quella che viene comunemente ritenuta la “destra radicale”.
Iniziamo con l’intervento fatto dal giornalista Fausto Biloslavo (ve lo ricordate?) nel corso di un convegno organizzato da Azione Giovani per presentare un libro di revisionismo storico dal titolo “Il rumore del silenzio” (10.9.1997). Dopo essersi presentato come “nipote di infoibato e figlio di esule” s’è chiesto perché non sia mai esistita un’organizzazione per la liberazione dell’Istria come invece è esistita una organizzazione per la liberazione della Palestina ed ha poi concluso auspicando che “il mare Adriatico diventi pacificamente, culturalmente quello che è sempre stato: un lago italiano”.
Il discorso dell’organizzazione per la liberazione dell’Istria ci rimanda ad uno scritto di Forza Nuova diffuso nel dicembre ‘98, dal titolo “La questione del confine orientale”, che inizia così: < l’Italia a differenza di molti altri paesi nel mondo si trova circondata da confini ben delineati non da situazioni politiche contingenti posti non dall’uomo, ma dalla natura stessa >. (Ci scusiamo per la sintassi, ma gli elaboratori politici di Forza Nuova sono quello che sono). < I mari da una parte, le Alpi dall’altra le danno infatti la sua conformazione. vi è soltanto una eccezione: quella che riguarda il cosiddetto “confine orientale”. (...) E’ forse chiedere troppo il rispetto dei confini NATURALI? Sono forse pretese di genti guerrafondai (sic) quelle di abitare le terre dei loro padri? (...) in questi ultimi anni si è parlato molto di autodeterminazione dei popoli (spesso a sproposito). (...) sono vivi i propositi di rivalse di popoli e genti che spesso lottano per la loro sopravvivenza etnica, tradizionale, linguistica, culturale ecc... Spesso queste lotte sanguinosissime sono oggetto di articoli giornalistici, servizi televisivi, films ed altro. Per quanto riguarda le genti della Venezia Giulia il discorso si fa diverso o meglio non si fa. Il silenzio regna sovrano, soprattutto da parte delle autorità italiane che “teoricamente” dovrebbero tutelare le nostre genti. Ciò fa venire il sospetto che senza un po’ di bombe e gente che salta per aria (es. Irlanda o Palestina) l’opinione pubblica e le autorità italiane non si sentono particolarmente stimolate (...) >.
Invece l’avvocato Augusto Sinagra, sempre nel corso della conferenza del 10.9.1997 indetta da Azione Giovani, ha sostenuto che “lo stato italiano rivendica un diritto storico su regioni che sono italiane anche se provvisoriamente non lo sono”; poi è partito per la tangente con affermazioni del tipo “il presidente Pertini, a cui sono grato solo per il fatto di essere morto”, e “dovrà tornare un governo duce nel senso di guidare”. Ha anche detto che le foibe sono il prodotto di “una barbarie antica che viene da lontano” perché i popoli “slavi” sono privi di civiltà, come s’è visto poi anche con le vicende della Bosnia.
Successivamente (in una conferenza tenutasi a Gorizia il 6.4.2000, di cui riferiremo più ampiamente dopo) Sinagra ha ripreso gli stessi concetti specificando che il senso del suo lavoro (cioè della costruzione di quel processo, dove, ricordiamo, non si parla più di “foibe”) è del tutto politico. Perchè, egli dice, si sta ricostruendo una “coscienza nazionale”, lo dimostra il fatto che dappertutto in Italia si stanno intitolando vie e piazze ai “martiri delle foibe” e che lo stesso senatore Pellegrino (presidente della commissione parlamentare stragi) gli aveva chiesto in quei giorni una richiesta formale per potersi occupare anche della “strage” delle foibe. Tale fatto però assume una valenza particolare se ricordiamo che nell’estate del ‘97 Pellegrino aveva rilasciato al periodico d’estrema destra “Area” queste dichiarazioni: < una volta chiarite le foibe si riuscirà a capire la storia interna del Paese: perché uomini della destra radicale e partigiani bianchi si sono uniti in gruppi clandestini anticomunisti”. Ovvero “giustificare” la Gladio mediante le “foibe”? Certo allora che è un bel pericolo dimostrare che le “foibe” non sono state quello la destra radicale ha ribadito per decenni: quali giustificazioni avrebbe a questo punto la Gladio?
Tornando a Sinagra, vi sono altre sue dichiarazioni degne di nota: ha dichiarato “traditori” perché ignorano “cosa sia la dignità nazionale”, tutti i governi passati, tranne quello di Berlusconi (membro della P2 come Sinagra) perché il ministro Martino era stato l’unico a ribadire i “diritti storici” dell’Italia sull’Istria, ed ha poi concluso che “piaccia o non piaccia a qualcuno, in futuro quelle regioni torneranno alla madre patria italiana”.

Riprendiamo in mano le dichiarazioni del geometra Ivancich al convegno con Le Pen. Ivancich che ha un passato di militanza nella Lega Nord triestina, all’interno della quale aveva fondato, nel 1991, una “Lega Venezia Giulia” la cui “proposta politica del 2000” era (citiamo dal “Meridiano”) “una regione unica da Trieste a Fiume, secondo i confini della Venezia Giulia prebellica”. Teniamo presente questa proposta, perché qualcosa di simile lo ritroveremo anche successivamente.
Ecco ora il succo dell’intervento di Ivancich al convegno con Le Pen: dato che, secondo lui, gli “infoibati” per mano del “regime comunista jugoslavo” furono ventimila, allora Slovenia e Croazia devono “pagare i danni”, visto che come stati si ritengono eredi della Jugoslavia; e, come “Al Capone è stato preso perché non pagava le tasse”, così “noi vogliamo il nostro, vogliamo l’Istria, Fiume e la Dalmazia”; e, bontà sua, Ivancich si premura di aggiungere che si augura che “le cose si risolvano pacificamente”. Come se Slovenia e Croazia non aspettassero altro che ritoccare i propri confini per “restituire” all’Italia l’Istria, Fiume e la Dalmazia.
Del resto il giorno prima lo stesso Le Pen, nel corso della sua conferenza stampa, aveva dichiarato di sentirsi onorato di essere a Trieste, punto di arrivo dell’unità d’Italia e per l’avvenire punto di partenza... ma l’Italia non dovrebbe essere “unita” a tutt’oggi?
Infine riportiamo come nota di colore parte dell’intervento che tale Mariantoni (non sappiamo se si tratti dello stesso Alberto Mariantoni che fu rinviato a giudizio per il tentato golpe Borghese) fece nel corso del dibattito con Le Pen. Secondo lui la nostra (cioè “loro”, di quelli come lui) contrarietà alla cultura proveniente dall’America deve essere motivata dal fatto che “i popoli europei diedero la civiltà al mondo”, mentre gli Stati Uniti hanno basato la loro potenza dapprima sul genocidio delle popolazioni native, dopo sullo sfruttamento degli schiavi importati dall’Africa. Mariantoni s’è però “dimenticato” che la cultura americana che ha prodotto quei crimini è la stessa cultura che è stata esportata nel mondo dai “popoli europei” che andavano in giro a “civilizzare” gli altri popoli.
 


BILINGUISMO, MAI!

Tornando alla situazione specificatamente locale, a Trieste Forza Nuova ha un cavallo di battaglia in più da portare avanti: la lotta contro il cosiddetto “bilinguismo” (più correttamente la legge di tutela per la comunità etnica slovena che è presente, ricordiamo, nelle provincie di Trieste e Gorizia e nel Friuli orientale storicamente da diversi secoli). Nel corso di questa “battaglia” Forza Nuova ha trovato l’adesione di uno strano personaggio, tale Giorgio Rustia, triestino vissuto per trent’anni a Milano prima di rientrare nella città natale agli inizi degli anni ‘90. Rustia, che si è avvicinato a Forza Nuova dopo avere fondato un “Comitato spontaneo di triestini che non parlano lo sloveno” è diventato il referente locale di “Contropotere” per il quale tiene regolarmente conferenze pseudo-storiche dove tratta della storia recente di Trieste. In realtà egli non è uno storico, è laureato in scienze biologiche, ma sulle pagine dei giornali locali appaiono spesso sue lettere in merito alla questione delle foibe e ai rapporti tra italiani e sloveni in queste terre. Il modo che ha Rustia di fare “controinformazione” su questi argomenti è quello di estrapolare frasi e spezzoni da vari documenti per darne poi un’interpretazione di parte (come si suol dire, prendendo una frase di qua ed una di là si può riuscire a dimostrare che il Papa ha celebrato anche una messa nera...). Il tutto teso a dimostrare una presunta “cattiveria” del popolo sloveno che da decenni non ha pensato ad altro che cercare di eliminare “l’italianità” di queste terre; che Rustia faccia ciò in perfetta malafede è dimostrato dal fatto che, più di una volta, sulle pagine dei giornali sono apparse chiarificazioni e smentite delle interpretazioni da lui date a frasi stralciate di qua e di là, ciononostante Rustia insiste nel riscrivere sempre gli stessi concetti.
Questo personaggio a Trieste rappresenta anche il Centro di studi storici della Guardia Civica (la Guardia Civica fu un gruppo militare creato dai nazisti a Trieste dopo l’8 settembre ‘43, riconosciuto dagli storici come corpo collaborazionista), pur non avendo militato nel suddetto Corpo ed è anche segretario dell’Associazione Congiunti Deportati in Jugoslavia, pur non essendo, a quanto è dato sapere, imparentato con alcun “deportato” (a Trieste si usa questo termine impropriamente per definire i prigionieri di guerra che furono condotti in Jugoslavia subito dopo la liberazione della città nel maggio ‘45); ha inoltre stretti contatti con le varie associazioni combattentistiche comprese quelle dei reduci della Repubblica di Salò, unite nell’Associazione Grigioverde.
Tanto per inquadrare il personaggio, vediamo come ha presentato, il 6 aprile 2000 a Gorizia, il suo libro di “risposta” ad “Operazione foibe a Trieste” [16], testo che ha tentato di ridimensionare un po’ le mistificazioni storiche sulle foibe. Con Rustia c’erano Angelo Lippi (fratello di Paris) rappresentante dell’associazione “Novecento”, il quale ha ricordato di averlo conosciuto un paio d’anni prima ad un raduno di veterani della Decima Mas “presso una foiba” (nè Rustia nè Lippi hanno l’età per essere “veterani” della Decima, il che può far pensare che vi si fossero recati per “comunanza ideologica”), certo Apollonio (rappresentante dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia di Gorizia) e l’avvocato Sinagra. Rustia, dicevamo, non è uno storico e neppure un ricercatore “al di sopra delle parti”. Essendo animato da potente livore antislavo ed anticomunista, ha raccolto per questo suo libro (intitolato “Controperazione foibe”) un’enorme quantità di informazioni sul movimento di liberazione, sulle formazioni collaborazioniste, sui fascisti e sui comunisti. Questo sarebbe in teoria un lavoro encomiabile, ma bisogna tenere conto innanzitutto che egli si basa per lo più su notizie tratte dalla stampa dell’epoca (e già qui andrebbe detto che non si può “fare storia” basandosi unicamente su articoli di giornale che magari vengono smentiti il giorno dopo essere stati pubblicati, ma non pare che di questo Rustia abbia tenuto conto) e che tutto il suo lavoro pare finalizzato a dimostrare che il movimento partigiano, soprattutto quello “slavocomunista” non era null’altro che un’associazione criminale che odiava tutto quanto c’era di italiano. Mentre i fascisti, poveretti, forse avranno anche fatto qualcosa di male, ma non ci sono paragoni fra la cattiveria dei due.
Nella presentazione della conferenza abbiamo sentito innanzitutto Lippi sostenere che ultimamente sono usciti alla ribalta degli “storici da strapazzo”, poi Apollonio ha aggiunto che questi storici “con la complicità dei mass-media” cercano di dimostrare che “le foibe non sono esistite o quantomeno è stato fatto bene a buttarvi dentro la gente”. Rustia ha poi proseguito dicendo che “questi storici non sono che l’avanguardia dello slavocomunismo che si sta ripresentando” e che hanno dietro di sè “persone ben più importanti” che portano avanti da anni un “piano concertato di mistificazione della storia”, ma qui lo “studioso” non è entrato nei particolari, a parte lanciare i soliti attacchi all’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione..
Si può qui notare l’abilità mistificatoria di questi sedicenti storici dell’estrema destra che, dopo avere per decenni imperversato con le loro menzogne sulla Resistenza e sul nazifascismo, oggi accusano gli altri studiosi, quelli che hanno semplicemente cercato di ripristinare un minimo di verità storica, a partire dalla reale entità delle esecuzioni sommarie avvenute dopo la Liberazione, di essere loro i “mistificatori”, gli “storici da strapazzo”. Dove per storici “seri” evidentemente intendono i Pirina, i Rocchi ed i Laperna che danno per “infoibati” dai partigiani anche i martiri della Resistenza ed i deportati nei lager tedeschi; in compenso insistono nel negare i crimini nazifascisti, al punto da affermare, come ha fatto Rustia, che il campo di sterminio di Gonars (dove, ricordiamo, furono internati dal fascismo nel corso di un anno e mezzo circa seimila civili, donne vecchi e bambini, 410 dei quali morirono di stenti) “è una bufala ancora più clamorosa della Risiera di Trieste”.

Sulla questione slovena non possiamo però sostenere che solo gli “estremisti” di Forza Nuova hanno delle posizioni di una certa gravità. Facciamo ora un rapido excursus delle affermazioni dette nel corso degli ultimi due anni da esponenti sia della destra più radicale che del cosiddetto “centrodestra” (ovvero Forza Italia ed Alleanza Nazionale).
Volantino diffuso dal “Comitato spontaneo di cittadini che non parlano sloveno” (novembre 1998):
< Fra poche settimane, dopo l’imminente approvazione della LEGGE DI TUTELA GLOBALE DEGLI SLOVENI, tutti gli uffici pubblici e molte attività private dovranno mettersi in grado di dare immediata risposta (...) in lingua slovena, anche a chi capisce l’italiano. Tutte le nuove assunzioni saranno riservate esclusivamente a migliaia di nostri concittadini di MADRELINGUA SLOVENA e, probabilmente, anche a sloveni d’oltre confine. Non di TUTELA si tratta, bensì di inaccettabili privilegi. Che cosa rimarrà per te, cittadino che non parli sloveno e per i tuoi figli? SOLO LA DISOCCUPAZIONE O L’EMIGRAZIONE! (...) Triestino che non parli sloveno, tra pochi giorni il governo dell’Ulivo approverà la legge dei privilegi ai cittadini italiani di madrelingua slovena. A loro saranno riservate tutte le future assunzioni negli uffici pubblici (Comune, Provincia, Regione, Finanza, Polizia, Carabinieri, Scuole, Ferrovie, Telefoni, Nettezza Urbana, Ospedali, Trasporti ecc. ) perchè essi pur parlando tutti l’italiano, avranno il diritto di ricevere negli uffici e servizi pubblici, risposta verbale immediata in sloveno. Questo perchè ai pochi mestatori di professione della minoranza slovena, la lingua che tu parli ed anch’essi parlano, fa schifo! L’articolo 8 di questa legge, condanna te ed i tuoi figli alla disoccupazione, così come tanti italiani, tra cui i nostri padri ed i nostri nonni sono stati condannati alle foibe! > Ed infine la parte migliore: < ... il “Piccolo” (...) ed il sindaco Illy insieme a tutti i cattocomunisti servi degli sloveni, vogliono di nuovo pugnalarti di sorpresa e a tradimento!!! Essi (...) si preoccupano perché ci sono pochi treni per andare oltre l’Isonzo! (...) vogliono che tu ed i tuoi figli, quando sarete obbligati ad emigrare per fare posto a carsolini e lubianesi, possiate viaggiare belli comodi!>.
Ancora da un intervento del dottor Rustia (12.12.1998), il quale ha rilevato che la legge di tutela sarebbe “un cappio al collo” per la gioventù italiana. Con questa legge, ha sostenuto, gli sloveni riusciranno ad ottenere per mano legale ciò che non riuscì loro “manu militari” nel ‘45 con i carri armati: cioè occupare i “nostri” territori. E come? Semplice, spiega Rustia: con questa legge di tutela a Trieste ci sarà bisogno di circa 250/300 interpreti che dovranno giocoforza venire qui da oltre confine perché “a Trieste non ci sono sloveni disoccupati”; questi interpreti si porteranno dietro la propria famiglia (“moglie, due figli, genitori, fratelli”), cosicché in men che non si dica a Trieste ci saranno un migliaio di sloveni in più, dal che nascerà un ulteriore bisogno di interpreti, che dovranno nuovamente venire “importati” da oltre confine e via di seguito, si svilupperà una “catena di Sant’Antonio” per cui Trieste si riempirà di sloveni e gli italiani saranno costretti ad emigrare.
In un volantino di Forza Nuova diffuso nello stesso periodo troviamo più o meno gli stessi concetti: < ... una legge di tutela è inutile, anzi dannosa per Trieste e per i triestini (...) si parla di posti di lavoro che spetterebbero di diritto ad appartenenti della minoranza (...) una legge discriminatoria per gli italiani ecco l’ultimo regalo del governo catto-comunista per Trieste... >.
Ancora da riportare le affermazioni di Bellani (12.12.1998) in merito al loro modo di scendere in piazza contro il “bilinguismo”: “lo faremo nella totale legalità e compostezza come è nostra abitudine” (ma quali sono le “abitudini” di Forza Nuova?); affermazioni che, se collegate a quanto detto da Rustia nella medesima occasione “in città vi saranno dei torbidi quando i triestini si accorgeranno della pericolosità della legge sul bilinguismo”, pongono quantomeno degli interrogativi in materia di ordine pubblico. Fatti questi di stretta attualità nel momento in cui stendiamo queste righe e vediamo come a Trieste stia montando la canea “antibilinguismo”, travestita da malintesi sentimenti di “amor di patria” e “italianità”.

Sull’ argomento della legge di tutela abbiamo sentito anche un intervento del generale Riccardo Basile, presidente dell’Associazione Grigioverde, fatto nel gennaio del ‘99 durante un convegno organizzato da Alleanza Nazionale (e qui siamo nel sedicente “polo delle libertà”, non nell’ambiente “estremista”). Così Basile < ... questa proposta grida vendetta al cielo (...) l’Italia non ha mai operato pulizia etnica nei confronti degli sloveni... > (“dimenticandosi” delle migliaia di cognomi e toponimi sloveni e croati “ridotti in forma italiana” dal fascismo, delle scuole slovene e croate chiuse d’imperio dopo il 1918, della proibizione di parlare sloveno e croato in pubblico, chiese comprese, n.d.r.), ed ha concluso, in un profluvio di applausi < ... ci batteremo fino all’ultimo perché si finisca di ammainare il tricolore >, come se riconoscere ad una parte di cittadini italiani i propri diritti civili significhi essere meno italiani.
Sempre nell’ambito del “polo delle libertà” vale la pena di ricordare cosa sostiene il deputato di A.N. Roberto Menia. Nel febbraio ‘98, proprio pochi giorni prima del convegno “pacificatore” tra Violante e Fini svoltosi a Trieste, Alleanza Nazionale aveva indetto una conferenza con Menia e con l’avvocato Augusto Sinagra. In quell’occasione abbiamo sentito Menia affermare che, se passa questa legge per “minoranze inventate”, < ... noi italiani saremo costretti all’esodo >, mentre Sinagra, tra applausi scroscianti, ha ribadito il proprio orgoglio di essere nazionalista ed irredentista perché è necessario < recuperare regioni e terre che sono state italianissime > (riferendosi all’Istria ed alla Dalmazia), ed ha concluso con discorsi dai contenuti eversivi: < ... questo parlamento va chiuso (...) bisogna nutrire il più profondo disprezzo per questo stato (...) bisogna avvertire vergogna di appartenervi >. Concetti questi che, esposti da un asserito membro della P2, hanno una valenza particolarmente inquietante.
Ancora il 3 luglio 2000 nel corso di un’altro convegno sul “bilinguismo” convocato da Alleanza Nazionale, che ha visto la partecipazione di molti rappresentanti del “polo”, anche istituzionali, abbiamo sentito ribadire i medesimi contenuti. Paris Lippi (ve lo ricordate?) ha ribadito la voglia comune di AN e del Polo di “combattere l’ultima battaglia” per la difesa dell’identità italiana di Trieste; Menia ha ripetuto più volte che “un doloroso futuro, un futuro denso di nubi” si sta preparando per le giovani generazioni “e questo ci fa paura”, perché, con la legge di tutela “domani se tu non conosci la lingua slovena non trovi lavoro (...) si condannano alla disoccupazione” coloro che nelle provincie di Trieste e Gorizia non parlano sloveno, cioè tutti coloro che, sentendosi italiani, si rifiutano di imparare la lingua slovena dato che nella “grande Europa” che si sta preparando sarebbe “più intelligente che i bambini studino altre lingue (...) l’inglese, il francese, il tedesco, lo spagnolo, pure il finlandese prima dello sloveno”.
Altro intervento degno di nota è stato quello del presidente della Provincia Renzo Codarin, eletto nelle fila della Lista per Trieste (presentatasi alle elezioni assieme a Forza Italia). Codarin ha esordito dicendo che “è tremendo (...) che un parlamento in agonia” debba fare delle leggi per “pagare delle marchette elettorali”. Ha inoltre asserito di avere detto al neoinsediato Prefetto che Trieste non è una città multietnica e che non c’è mai stato “odio di maggioranza sulla minoranza”, perché Trieste si è sempre “difesa in modo civile”. Difesa da che? E sarebbero “civili” i modi di quella serata, con la gente del pubblico che di tanto in tanto si metteva ad inveire gridando “maledetti” e “disgraziati” nei confronti degli sloveni, senza parlare della corpulenta signora sulla sessantina che ad un certo punto s’era messa a scandire in triestino “bombe, bombe, xe ora de finirla”? E’ fondamentale poi la conclusione di Codarin riguardo alla “pericolosità” di certe leggi che, secondo lui “ricreano instabilità” come in Jugoslavia, dove s’è visto com’è finita dato che c’erano tutte quelle tutele nei confronti delle minoranze etniche.
Ancora nel corso della stessa serata da riportare le posizioni del senatore Camber (Lista per Trieste, già eletto nelle file del PSI di Craxi ed ora in Forza Italia) il quale ha proposto agli sloveni di chiedere che sia il Polo a fare la legge di tutela visto che “noi sapremmo farla senza iniquità (...) dato che questa è uno sconcio pernacchio al buon senso”.
Viste le posizioni del “centrodestra” nei confronti della questione slovena, non possiamo aspettarci che la “destra radicale” abbia altro linguaggio ed altri contenuti da quelli che ha.
 


EUROREGIONI E MITTELEUROPE

E’ poi interessante (e si può forse ricollegare a quanto detto da Camber) che Forza Nuova abbia rilevato (ancora in merito alla questione slovena) che < all’interno della stessa minoranza ci sono delle divisioni: infatti, PDS e RC mantengono il monopolio come interlocutori per la minoranza, mentre vengono sistematicamente fatti da parte quelli che fanno parte ad altre organizzazioni>. Sorvolando sul fatto che gli “italianissimi” forzanovisti non sanno scrivere in italiano, vediamo che nella primavera del 2000 il consiglio regionale ha stanziato 11 miliardi di finanziamenti ad un “Istituto per gli sloveni del Friuli Venezia Giulia”, iniziativa che ha visto il plauso di un’unica associazione slovena, la Comunità economico culturale slovena che fa capo a tale Boris Gombac (il quale si richiama politicamente alla Lega Nord ed alcuni anni fa aveva sostenuto che gli sloveni potevano aspettarsi la legge di tutela solo da Forza Italia); Gombac e la sua associazione a loro volta starebbero prendendo contatti con un altro “istituto” per le minoranze etniche, analogamente promosso dalla Regione Carinzia, ed alla cui presentazione hanno partecipato uno stretto collaboratore di Haider, Karl Anderwald, vicedirettore dell’ufficio di presidenza della Regione Carinzia e lo stesso Gombac.

E, tanto per verificare come certe cose non sono nate oggi, ripeschiamo un articolo apparso sul “Meridiano” di Trieste il 29.8.1985, firmato dal rappresentante del Movimento Trieste (il referente politico dell’associazione “Civiltà Mitteleuropea”) Paolo Parovel. In questo articolo vengono riportate le analisi del Ministero degli interni austriaco sul Kärtner Heimatdienst (“servizio patriottico carinziano”) apparse nel 1981 in una pubblicazione dal titolo “Rechtextremismus in Österreich nach 1945” (“L’estremismo di destra in Austria dopo il 1945”).
Questo dossier fu pubblicato in seguito ad una polemica sorta tra Parovel e gli esponenti della Lista per Trieste, la cui organizzazione femminile, il Movimento Donne Trieste, aveva invitato il presidente del KHD Josef Feldner ad un incontro pubblico (avvenuto il 25 maggio 1985) con l’avvocato Giorgio Bevilacqua del Comitato Difesa dell’italianità di Trieste.
Ecco come viene descritto il KHD nel volume: < si tratta di una delle grandi e consolidate organizzazioni dell’estrema destra austriaca (...). Le sue proposizioni centrali sono il “mantenere tedesca la Carinzia” e la lotta contro la minoranza slovena che pretende “privilegiata”, e precisamente contro i suoi diritti riconosciuti dal Trattato di Stato. Manipola la maggioranza di lingua tedesca contro la minoranza slovena alimentando la cosiddetta “Urangst” (timore ancestrale della slovenizzazione). Denuncia gli Sloveni carniziani come “stranieri” e “comunisti di Tito. Nelle sue pubblicazioni il KHD tenta di strumentalizzare, monopolizzandoli per i propri scopi, concetti come “patria”, “patriottismo” e “carinziani”. Nel 1972 (...) si oppose più volte duramente all’apposizione di tabelle bilingui di località che furono poi rimosse illegalmente (...). Il censimento delle minoranze era stato continuamente preteso (...) >. Questa descrizione, come fa notare Parovel, mostra un “perfetto parallelismo, strutturale e concettuale del modello KHD con l’operazione Comitato Italianità a Trieste e Gorizia”. I contenuti sono sempre gli stessi, i metodi... si assomigliano. Parovel denuncia inoltre che Feldner già nel 1978 aveva tentato di “sbarcare” in Italia cercando collegamenti con l’associazione “Civiltà mitteleuropea” ed alcuni “autonomisti” triestini, operazione al tempo smascherata come di estrema destra e quindi fallita. Sette anni dopo evidentemente con la Lista per Trieste la cosa era riuscita meglio. Ancora al ‘78, sostiene Parovel, risale il “contatto diretto con neofascisti veneti dell’area di Ordine Nuovo, tramite questi con i neofascisti del Fronte della gioventù a Trieste”.
Teniamo presente che buona parte della base elettorale del partito di Haider si basa oggi su associazioni come il KHD.

Esistono in Regione diverse associazioni che fanno riferimento alla “Mitteleuropa”. Oltre alla già citata “Civiltà Mitteleuropea”, che si richiama ai valori più positivi del concetto di Mitteleuropa, cioè il rispetto delle etnie e la convivenza tra i popoli, abbiamo anche “Trieste Mitteleuropa”, fondata nel settembre del ‘98 dopo la chiusura della sezione locale dell’associazione “Mitteleuropa” (cioè l’associazione che ha sede a Cervignano e che organizza i festival di Giassico per il “genetliaco” dell’imperatore Francesco Giuseppe, dalla quale si staccò a suo tempo anche “Civiltà Mitteleuropea”), chiusura causata da dissidi interni alla sezione triestina. Tra questi dissidi anche il fatto che ad alcune riunioni “mitteleuropee” in Austria prendevano parte pure associazioni di ex combattenti delle S.S. con i rispettivi labari. “Trieste Mitteleuropa” ha molti contatti con gli indipendentisti sudtirolesi ed ha più volte organizzato assieme a loro manifestazioni e cerimonie con sfilate di “Schützen”.
Come presidente di “Trieste Mitteleuropa” fu nominata Laura Tamburini, esponente di punta (è consigliera comunale) del Fronte Giuliano, già “Nord Libero”, il movimento politico che propugna l’indipendenza del Territorio Libero di Trieste come previsto dal Trattato di pace, poi cancellato da quello di Osimo). Questo movimento, dopo avere fatto parte della Lega Nord, corre ora da solo, proponendo però di tanto in tanto delle alleanze “anomale”. Nel 1997, ad esempio, aveva trovato il consenso di vari esponenti delle associazioni degli esuli istriani sulla proposta di ricreare il Territorio Libero da San Giovanni di Duino a Cittanova in Istria, e non solo: < quanto poi al resto dell’Istria, a Fiume e alla Dalmazia, se diventassero delle Repubbliche indipendenti, gli esuli potrebbero tranquillamete farvi ritorno assumendone anche la rispettiva cittadinanza, finalmente liberi dal giogo colonialista zagabrese > [17].
Nel 2000 risentiamo parlare di “euroregione istriana”, proposta lanciata da settori governativi italiani e di amministratori di alcuni comuni istriani, ma pensiamo anche alle 'avances' di Haider per una “grande Carinzia”, “macroregione” (termine questo caro pure alla Lega Nord) che comprenda anche il Nordest italiano e la Slovenia.
 


E LA LEGA NORD?

Riguardo ora ai rapporti tra Lega Nord e Forza Nuova troviamo un’interessante affermazione apparsa nel n° 20 del “Foglio di lotta” (estate 1999): < ... il fenomeno forse più interessante (delle elezioni europee, n.d.r.) è il crollo verticale della Lega dell’ormai screditato Bossi. Forza Nuova è pronta ad accogliere tra le sue fila la base di quel partito costituita da uomini da sempre anticomunisti, attaccati alle tradizioni e nemici dei poteri forti sovrannazionali >. In seguito, il 16.10.1999 Haider è intervenuto “a sorpresa” al comizio che Bossi stava tenendo a Vicenza; tale notizia è stata data dal periodico “Padania. Lega Nord” (dicembre 1999) con questo titolo < Il pendolo della storia sta andando verso la riscoperta dei valori della famiglia e delle radici. Mitteleuropa: incontro Bossi, Haider. Una lotta comune contro la globalizzazione dell’Unione Europea e a favore dell’Europa dei popoli > . Nell’articolo vengono anche riportate le posizioni del leader austriaco, in sintesi che egli intende lavorare, a livello europeo, solo con la Lega. A queste affermazioni Bossi avrebbe risposto sostenendo il bisogno di costruire una “casa comune mitteleuropea” allo scopo di difendere i popoli dai pericoli della globalizzazione”. Ed ancora dall’articolo citato: < ... la stampa di regime cerca in tutti i modi di demonizzare questo nuovo flusso che porta il pendolo della storia ad oscillare nella direzione dei valori cioè della salvaguardia della famiglia e delle radici dei popoli (....) la Mitteleuropa ha in comune una storia significativa e comuni valori cristiani... >.
Europa dei popoli, famiglia, cristianità: gli stessi “valori” che abbiamo sentito porre come fondamentali anche da Forza Nuova. In una conferenza indetta da Forza Nuova e tenutasi a Trieste il 6.11.1999, il direttore della rivista “Uomo libero”, Gozzoli, ha ribadito la necessità di portare avanti un concetto di Europa quale ordine etnico tra popoli affini per radici di lingua e di sangue, di affinità storiche e di un ordine ideale di Europa come civiltà da contrapporre alla globalizzazione imposta dagli Stati Uniti. Così Forza Nuova e Lega Nord hanno in comune le posizioni in materia di immigrazione e sono da subito scese in piazza assieme in molte città (prime fra tutte Padova e Como) per esprimere il loro sostegno a Haider.
Del resto quel Franco Rocchetta che è stato a lungo esponente di spicco della Liga Veneta a Padova (oltre che sottosegretario della Lega Nord nel governo Berlusconi del 1994) è lo stesso Rocchetta che nel 1968 si recò in Grecia, a spese del governo golpista dei colonnelli, per un viaggio d’istruzione sulle tecniche di infiltrazione. Tra gli altri 51 suoi compagni di viaggio, tutti esponenti dell’estrema destra romana, c’erano pure Stefano Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale e Mario Merlino, l’infiltrato fascista nei gruppi anarchici. Pare anche che Rocchetta si sia recato nell’aprile del ‘99, in piena aggressione NATO, a Belgrado assieme ad una delegazione inviata dal comune di Venezia con un messaggio del sindaco Cacciari. Della delegazione avrebbero fatto parte anche gli esponenti dei centri sociali del Nordest Casarini, Caccia, Bettin e don Vitaliano Della Sala. Rocchetta sarebbe stato inviato in maniera ufficiale per parlare col ministero degli Esteri, mentre gli altri pare abbiano incontrato il sindaco di Belgrado ed un esponente dell’opposizione a Milosevic, facente riferimento al partito di Draskovic, i quali avrebbero loro affidato un documento della “società civile” serba contro Milosevic da portare “in Europa” [18].
 


UN TERZO POLO?

Prendiamo ora in esame il progetto politico proposto del Fronte Giuliano per le prossime elezioni comunali triestine. Leggiamo da “Trieste Oggi” [19].
< Il Fronte Giuliano sta costituendo un Terzo Polo per presentarsi alle prossime elezioni amministrative e propone a Jörg Haider di candidarsi a sindaco di Trieste o, in subordine, a presidente della Provincia. I due punti fondamentali del programma saranno il distacco di Trieste dal Friuli e il rilancio del Porto Franco. Al nuovo soggetto elettorale dovrebbero aderire, oltre agli indipendentisti, anche il Movimento sociale Fiamma Tricolore, Forza Nuova e un gruppo di istriani, mentre sono in corso contatti con gli Amici della Terra e con altre realtà >. Ed ancora < la proposta di candidarsi a Trieste è stata avanzata di persona da Marchesich a Haider nel corso di un incontro ufficiale svoltosi recentemente a Klagenfurt. >. Ed ecco quanto dichiarato dal segretario Marchesich in merito al suo incontro con Haider: < Peraltro la sua proposta di Grande Carinzia comprendente anche Friuli-Venezia Giulia e Veneto si concilia benissimo con la nostra di “Euroregione europea delle piccole patrie”. In quest’ambito Trieste può starci a pieno titolo >.
Un “Terzo Polo”, un concetto che può ricordare una “Terza Posizione” o qualcosa del genere? E prendiamo in esame anche questi possibili “alleati” del Fronte Giuliano: oltre alla Fiamma, a Forza Nuova e al non meglio identificato “gruppo di istriani” (probabilmente gli stessi che già tre anni fa avevano approvato le proposte di Nord Libero per il ripristino del territorio Libero di Trieste) ci sono anche gli “Amici della Terra” che si sono recentemente ricomposti dopo alcuni anni di assenza dalle scene e a Trieste lavorano in collegamento più con l’associazione “ambientalista” di Alleanza Nazionale “Ambiente e/è vita” che non con gli “storici” WWF e Lega Ambiente.
Ogni loro azione di “pulizia” dei boschi o manifestazione è sempre molto ben pubblicizzata (ricordate il “previa allerta dei cronisti” descritto per Nuova Acropoli?); durante una di queste azioni sono persino giunti agli onori della cronaca per avere rinvenuto, in un bosco della provincia di Trieste, una “bomba a frammentazione jugoslava nuova di zecca” [20].
Anche gli Amici della Terra sono entrati nella polemica su un’eventuale presenza di Haider al convegno di Forza Nuova. Chissà perché, dato che un argomento del genere non è proprio ciò di cui di solito si occupa un’organizzazione ambientalista che dovrebbe essere apartitica. La loro proposta è quantomeno singolare: una contromanifestazione senza bandiere o slogan politici aperta da uno striscione “con uno slogan che decideranno i cittadini, magari attraverso un mini-referendum (...). Inviteremo diverse personalità (...) tra le quali anche Haider. Crediamo che Haider debba decidere a quali delle due manifestazioni si sente più legato, se vuole partecipare al raduno dei neonazisti o se invece vuole partecipare al raduno di chi ha come ideale principale l’Europa della civiltà” [21]. (Noi ricordiamo che Europa civiltà era un vecchio slogan dell’estrema destra, ed anche il nome del movimento fondato nel 1967 da Loris Facchinetti, che aveva proclamato guerra “alle istituzioni farisaico-parlamentari e borghesi”).
La maggiore attività degli Amici della Terra (dopo le pulizie dei boschi...) è rivolta alla protesta contro l’elettrosmog e le antenne sistemate dappertutto tra le case. Nel corso di una loro conferenza stampa (18.9.2000) su questo argomento ha preso la parola pure Angelo Cauter, che oltre ad abitare in una casa presso la quale è stata eretta una mega-antenna, è conosciuto anche come esponente locale di Fascismo e Libertà.
 


MARIONETTE E BURATTINAI

Nelle pagine che precedono abbiamo visto come le idee che gli “estremisti” di destra portano avanti non differiscano di molto da quelle del cosiddetto “polo delle libertà”, che molti continuano a definire di “centrodestra” (ed i partiti del Polo, vengono considerati quali possibili interlocutori politici) benpensante, populista, giustizialista, liberista.
Xenofobia, razzismo, disprezzo dei diritti delle minoranze, tutela di interessi particolaristici, difesa della “famiglia tradizionale”, attacco al diritto all’aborto, difesa dei diritti dell’impresa capitalistica, creazione di sindacati di tipo corporativo (e la involuzione dei sindacati tradizionali in fondo non fa che favorire questa linea): ecco le posizioni di fondo che essi hanno in comune. Il recente intervento di Roberto Fiore alla festa di Comunione e Liberazione, che gli è valso il plauso sia di questa organizzazione che dello stesso Berlusconi per le posizioni antiabortiste da lui espresse e comuni agli altri due schieramenti è un chiaro segnale di come possono evolversi politicamente i rapporti tra questo tipo di integralisti reazionari.
Riteniamo che sul piano “politico” difficilmente i gruppi estremistici potranno occupare uno spazio dominante prendendo in prima persona il potere. A questo, ed a realizzare il loro programma, ci penseranno personaggi in doppiopetto, come si diceva una volta, quei personaggi ai quali la “sinistra di governo” ha da tempo offerto una patente di “democrazia” e di credibilità politica e per i quali la gente tipo Forza Nuova potrà costituire qualcosa di simile a quello che erano le S.A. per il partito di Hitler.
Non per questo però bisogna sottovalutare la pericolosità dei gruppi dell’estrema destra, che costituiscono un facile polo di aggregazione per le aree sociali più insoddisfatte e frustrate: giovani disoccupati, precari, dequalificati o anche, semplicemente, prodotto della subcultura dominante oggi, basata sull’assenza di valori, sul culto dell’egoismo (“il migliore avanza e peggio per gli altri”) e via di seguito. In questo polo possono creare un “brodo di coltura” nel quale far crescere e sviluppare persone portate alla violenza, senza alcun rispetto per la vita umana, pronte a tutto per “il trionfo dell’ideale”, “legionari” fanatici e facilmente strumentalizzabili per azioni di varia natura. Già in un passato, non troppo remoto, ci furono organizzazioni di questo tipo: Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, Terza Posizione: e, come abbiamo visto, i personaggi sono più o meno sempre quelli.
In un momento di grande instabilità politico-economica mondiale, quale quello che stiamo vivendo, con un’Europa in formazione e gli Stati Uniti che non intendono perdere il ruolo di predominio mondiale questi “brodi di coltura” possono fornire a personaggi senza scrupoli (di cui sono pieni tutti i servizi segreti) una comoda manovalanza per azioni non “ortodosse”, finalizzate al mantenimento dell’egemonia dell’uno o dell’altro schieramento. Se non si vigila attentamente, se non si toglie loro l’erba sotto i piedi, andiamo a rischiare una nuova stagione delle bombe, come trent’anni fa, Piazza Fontana, Brescia, l’Italicus, Bologna, la strage di Natale.
Ma, come dicevamo all’inizio, il solo e vero modo per essere antifascisti è fare politica di sinistra, anticapitalista, ritrovare i valori di solidarietà, di rinnovamento, di lotta per migliorare le condizioni di vita. Non possiamo lasciare a Forza Nuova le contestazioni ad organismi come la Trilaterale e non denunciare il fatto che al governo in Italia come in Europa ci sono proprio membri di questa organizzazione o delle sue sottobranche: Amato oggi come Prodi ieri, come addirittura quel Nerio Nesi che fa oggi parte dei Comunisti italiani dopo essere stato in Rifondazione e prima ancora nel P.S.I. di Craxi.
Se la “sinistra” non riesce ad uscire da questa spirale di contraddizioni ed incoerenze, sarà sempre più facile per le destre riprendere il potere, e, quel che è peggio, col consenso della gente.

 

NOTE

  1. Rizzoli, 1993.

  2. “L’ombra della piramide”, Teti, 1989.

  3. op. cit.

  4. Questa citazione e le seguenti di questo passo sono tratte da Giorgio Cingolani, “La destra in armi”, Editori Riuniti, 1996

  5. “Il Piccolo” del 27.11.1997.

  6. Op. cit.

  7. Claudio Tonel, “Dossier sul neofascismo a Trieste”, Dedolibri, 1991.

  8. I brani citati sono tratti da un testo dello stesso Biloslavo apparso sul “Piccolo” del 27.12.1997.

  9. “La strage”, Editori Riuniti.

  10. 14 luglio 1981.

  11. “Diario” del 19.5.1999.

  12. Paolo Petrucci su “Avvenimenti” del 23.9.1992.

  13. Editori Riuniti, 1996.

  14. Documento conservato presso l’Archivio dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste, XXX 2227.

  15. Luigi Papo, “E fu l’esilio...” ed. Italo Svevo,1997.

  16. Claudia Cernigoi, Kappavu Udine 1997.

  17. Da un volantino dal titolo “Trieste, Istria, Fiume e Dalmazia libere!”, distribuito da Nord Libero il 15.9.1997 nel corso del convegno degli esuli giuliani a Trieste.

  18. Queste notizie le abbiamo sentite da Radio Sherwood nei giorni in cui si sarebbero svolti i fatti per cui non abbiamo avuto alcuna conferma ufficiale di tutto ciò, per questo l’abbiamo descritto in forma dubitativa.

  19. 18.8.2000.

  20. “Il Piccolo”, 27.10.1999.

  21. Da una intervista pubblicata su “Trieste Oggi” del 24.8.2000.