Imperialismo USA togli dal Vicino Oriente le tue mani macchiate di sangue!

 

Nel secondo anniversario dell’occupazione dell’Irak gli Usa non riusciranno mai a liberarsi dalla palude in cui si trovano in Medio Oriente!

 

Il 20 marzo 2002 gli imperialisti Usa, insieme all’imperialismo britannico loro gregario, hanno occupato l’Irak. Nessuno ha creduto che in Irak ci fossero armi per l’annientamento di massa. Persino gli ispettori dell’Onu non avevano trovato nessuna arma di quel tipo. E tuttavia l’Irak è stato occupato con questo pretesto. Di questo fatto, in ogni caso, gli Usa non se ne sono preoccupati, infatti Bush stesso, un anno dopo l’occupazione, ha confessato che in Irak non esisteva nessuna arma per l’annientamento di massa. In seguito è tornato a parlare della “libertà” che gli Usa vogliono introdurre in Irak. Per questa “libertà” gli Usa hanno raso al suolo l’Irak. A causa della guerra alcune città sono scomparse dalle carte geografiche, sotto i resti dei villaggi sono sepolti centomila cadaveri e ovunque scorrono sangue e lacrime. Fame, miseria e saccheggi dominano.

Nel Vicino Oriente la quiete non è mai arrivata. Per le popolazioni del Vicino Oriente le guerre sono diventate il loro destino. A causa della sobillazione imperialista i popoli iracheni e iraniani si sono affrontati per otto anni e hanno sofferto dolori incredibili. Dal tempo della fondazione dello stato sionista d’Israele, il popolo della Palestina deve sputare sangue. I kurdi sono divenuti bersaglio e sono stati massacrati dagli stati del Vicino Oriente. D’altra parte, gli eventi collegati al petrolio e la ricchezza del Vicino Oriente hanno costantemente accresciuto l’appetito degli imperialisti. Se non si capiscono questi fatti non si può capire il perché gli imperialisti Usa hanno attaccato l’Irak.

La prima guerra imperialista di spartizione ha completamente modificato l’equilibrio del mondo. Dopo la guerra sono rimasti milioni di morti, città rase al suolo, sono ritornate la povertà e la fame. I territori occupati e i mercati di sfruttamento sono stati cristallizzati in nuove colonie per gli imperialisti. La prima guerra mondiale si è conclusa con la sconfitta della Germania, mentre Francia e Inghilterra si sono affermate come potenze vincitrici.

Durante la prima guerra imperialista di spartizione, l’impero ottomano ha combattuto come alleato della Germania. Quando la Germania ha perso la guerra, lo stesso è toccato anche agli ottomani. In seguito gli imperialisti britannici e francesi si sono spartiti fra loro i territori dell’impero ottomano. In questa concatenazione gli imperialisti britannici e francesi hanno fondato nuovi stati sotto la loro direzione. L’Irak è uno di questi stati. Il territorio del Kurdistan del sud è rimasto nell’Irak ed in questa regione gli imperialisti fanno quel che vogliono.

Nel Vicino Oriente l’Irak ha una storia per lo più segnata da giunte militari e intrighi. L’Irak è stato incessantemente governato da fascisti e reazionari. Saddam Hussein è stato portato al potere in seguito ad un colpo di stato fomentato dagli Usa ed è stato uno dei tanti dittatori nel Vicino Oriente. Ha tenuto con la violenza i kurdi in Irak sotto la sua direzione. Come nel caso di Halepece, lui ha sempre ucciso senza pietà migliaia di kurdi. Per un certo periodo ha anche svolto la funzione di lunga mano degli Usa.

Per gli Usa le persone e i meriti non sono importanti. Per essi sono più importanti, sopra ogni altra considerazione, i vantaggi che ne possono trarre. Finché ci sono i vantaggi, per loro tutto il resto è indifferente. Ma se i vantaggi sono in pericolo, allora questo o quel paese diventano il nemico nr. 1 per gli Usa. Questo vale anche per Saddam Hussein, perché si è posto contro la sete di profitto degli Usa, per questa ragione improvvisamente è stato trasformato dagli Usa in criminale e dittatore. Doveva perciò essere messo da parte. Ecco la concatenazione di fatti secondo la quale gli Usa hanno attaccato l’Irak e portato sotto il loro dominio le riserve petrolifere di questo paese.

L’Irak non è il solo paese che possiede così tanto petrolio e ricchezze minerarie. Tutti gli stati del Vicino Oriente ne possiedono. Tutti gli stati che hanno bisogno di petrolio, hanno relazioni d’affari con gli stati del Vicino Oriente. Questi stati sono gli Usa, il Giappone, la Germania, la Francia e negli ultimi tempi anche la Cina. Tutti gli stati che consumano petrolio lo ricevono dagli stati del Vicino Oriente.

Gli attacchi degli Usa sull’Irak si possono sintetizzare in due punti.

Il primo è costituito dai giacimenti petroliferi, il secondo dalla volontà di voler imporre lì la loro autorità.

1. Il petrolio è ancora una fonte d’energia a cui non si può rinunciare con facilità. Gli Usa sono, fra tutti i paesi del mondo, quello che consuma le maggiori quantità di petrolio. Mantengono sotto il loro controllo le risorse petrolifere del Medio Oriente, hanno in tal modo, nei confronti degli altri paesi imperialisti, un grande vantaggio. Con gli sviluppi industriali in Cina si manifesta un più elevato bisogno di petrolio. Per trarre vantaggio da tali sviluppi in Cina o negli altri paesi imperialisti, gli Usa vogliono portare sotto il loro controllo tutte le risorse petrolifere e tutte le fonti energetiche affinché le altre potenze imperialiste non riescano a stare al loro passo. Se si riflette sul fatto che le imprese Usa si sono già ripartite le riserve petrolifere irachene, allora si può fissare quanto profitto faranno gli imperialisti in Irak, che hanno già annunciato di voler coprire i costi della guerra attraverso il petrolio iracheno.

2. Quando nel 1979 in Iran venne abbattuto il regime dello scià, l’autorità degli Usa in Medioriente ne rimase indebolita. Oltre a ciò, alla fine degli Anni ’80 si concluse la guerra Iran-Irak, che comportò per gli Usa la perdita dell’Irak, rendendoli ancor più deboli. La Siria, fino a quel momento non si trovava ancora sotto la direzione Usa. In questo contesto l’obiettivo strategico americano fu di occupare l’Irak. Se essi fossero riusciti ad unire l’occupazione dell’Irak al progetto sul Caucaso, questo sarebbe diventato il passo più grande che gli Usa avrebbero potuto fare.

Successivamente alla crisi del petrolio [1973, ndt] e la sconfitta in Vietnam, gli Usa hanno sviluppato una nuova strategia. Questa strategia è l’attuale politica della globalizzazione (questo vale anche per l’Inghilterra). Tale strategia venne prima sviluppata dal punto di vista del contenuto economico, politico e culturale nei centri di ricerca Usa e poi messa in pratica a partire dal 1989.

Il solo obiettivo strategico era far diventare gli Usa il nr. 1 al mondo. Gli Usa hanno innanzitutto cercato di abbattere tutti gli ostacoli che si frapponevano al loro monopolio di potere, in quanto le loro imprese monopolistiche dovevano poter estendere in tutto il mondo le loro riserve di materie prime e gli investimenti allo scopo di rendere dipendenti da loro tutte le comunità internazionali. Volevano e dovevano di conseguenza indebolire anche i governi degli altri stati, che avrebbero dovuto accettare il ruolo dirigente degli Usa. Ma questa politica già nel 1997 si dimostrò fallimentare. Le crisi locali, le bancarotte in cui erano caduti parecchi paesi e le contraddizioni fra imperialisti si cristallizzarono in maniera evidente. Venne dato per scontato che anche la crisi del 2004 fosse stata superata. Ma non era così.

Gli Usa non si lasciarono distogliere dalla loro politica espansionistica, nel 1990 hanno iniziato a sviluppare nuove strategie. La base di questo mutamento è nascosta nella crisi che ha colpito il socialimperialismo russo ormai incapace persino di reggersi in piedi, il cui potere si è sciolto come neve al sole ed infine è andato in pezzi.

Successivamente i paesi che si trovavano sotto il dominio del socialimperialismo russo, uno dopo l’altro hanno affermato la propria “indipendenza”. In questa situazione Gorbaciov ha venduto la Germania dell’est alla Germania dell’ovest. Il dolore di questo commercio si avverte ancora oggi. Dopo che gli stati si sono staccati dall’imperialismo russo, è nata una nuova situazione. Di questa nuova situazione si sono rallegrati gli altri imperialisti colti dalla brama di portare questi stati (mercati di sfruttamento) sotto il loro dominio.

L’imperialismo Usa era fortemente interessato a quegli avvenimenti. Gli imperialisti hanno iniziato a sviluppare nuovi piani rispetto al Caucaso. Ognuno pretendeva per sé la fetta di torta più grossa. Le riserve di petrolio, gas e di altri minerali del sottosuolo e di superficie e le ricchezze connesse presenti e disponibili nel Caucaso hanno scatenato l’avidità degli imperialisti.

Per regolare questa nuova situazione e per potersi affermare quale forza essenziale, l’imperialismo Usa ha iniziato a sviluppare nuove strategie. Questo nuovo piano politico aveva nel mirino il Caucaso, il Vicino Oriente, l’Africa e l’Asia. Ma Caucaso e Vicino Oriente avevano la massima priorità. Il motivo di tale priorità risiede naturalmente nelle fonti di energia là esistenti. Se si ha il controllo su quei territori si detiene anche il potere. Per questo l’imperialismo pretendeva per sé quei territori, se necessario anche adoperando la violenza. Gli imperialisti Usa ne volevano essere i soli signori.

Gli Usa volevano, con tutti i mezzi possibili ed impossibili, convertire in pratica la loro nuova strategia. Gli attacchi dell’11 settembre 2001 negli Usa sono stati utilizzati come primo passo di questa conversione. Con questo pretesto venne attaccato l’Afghanistan per cercarvi presunti terroristi di al-Qaida. A tale scopo venne abbattuto il regime dei Talebani ed insediato l’attuale governo-vassallo. Poi, come un cane rabbioso, gli Usa hanno dichiarato di voler intervenire ovunque, di attaccare tutti. Bush, dopo l’11 settembre, espose i futuri piani degli Usa. L’obiettivo politico venne manifestato dal fatto che tutte le altre potenze sarebbero dovute corrergli dietro per almeno 10 anni. Questo insieme di piani mirava a dar loro il diritto di applicare misure preventive (diritto di colpire per primi, del colpo preventivo). A tal scopo gli Usa hanno drasticamente accresciuto gli investimenti militari. Sulla lista degli attacchi, subito dopo l’occupazione dell’Afghanistan, sono finiti Iran, Irak, Siria e Corea del Nord.

Le condizioni per un attacco all’Irak, paragonate a quelle degli altri stati prescelti, erano più verosimili. Così il 20 marzo 2002 gli Usa hanno attaccato e occupato l’Irak.

Il 20 maggio dello stesso anno gli imperialisti cantavano già vittoria, come se avessero vinto la guerra. Ma non avevano tenuto conto di trovarsi di fronte ad una resistenza eroica. Sin dall’inizio le popolazioni irachene hanno sottolineato di “combattere senza riserve le potenze occupanti”. Dunque hanno opposto resistenza all’occupazione a Baghdad, Mosul, Ramadi e Falluja. Dalla parte degli occupanti ci sono stati circa 1.800 soldati uccisi e oltre 10.000 feriti. Migliaia di soldati hanno dovuto ricorrere al trattamento psichiatrico e oltre seimila hanno disertato. Negli atti segreti degli Usa si può leggere che essi hanno quasi perso la guerra. L’ex ministro agli esteri Colin Powell ebbe a dichiarare: “È terribile. Abbiamo perso la guerra”. Nonostante questa dichiarazione gli Usa hanno continuato ad affermare di avere tutto sotto controllo.

Dopo l’occupazione l’imperialismo Usa ha insediato un governo-vassallo per poter sfruttare con maggiore facilità il petrolio iracheno. Per questo il 30 gennaio 2005 hanno voluto che in Irak si tenessero le elezioni; questo momento è stato descritto come “periodo democratico”. Le elezioni sono state un fiasco. Le persone candidate non erano note e conosciute, ci si può quindi immaginare quanto possano essere state “democratiche” queste elezioni. Per le potenze occupanti sono state soltanto pura formalità. Le forze della resistenza hanno affermato che le elezioni erano senza valore (nulle).

Le elezioni in Irak sono state soltanto un camuffamento. Dopo le elezioni alcuni partiti collaboratori e organizzazioni collaboratrici hanno cercato di accaparrarsi i vantaggi elettorali. Gli sciiti, che costituiscono il 60% dell’intera popolazione irachena, risultano essere i vincitori delle elezioni. Muktedir el-Sadir non ha potuto prendere parte alle elezioni perché l’Esercito del Messia, di cui è a capo, ha opposto resistenza alle potenze occupanti. Gli altri raggruppamenti rappresentativi degli sciiti (per prima la Brigata della Rivoluzione Islamica) hanno sostenuto le elezioni e si sono uniti nell’Alleanza Irachena. Tuttavia l’atteggiamento degli sciiti nei confronti degli Usa volge al peggio. Gli Usa rinfacciano loro di coltivare rapporti stretti con l’Iran. Ciò naturalmente agli Usa non piace.

I kurdi sono egualmente soddisfatti dei risultati elettorali. I partiti collaboratori kurdi hanno tradito e venduto all’imperialismo la popolazione kurda. Talabani e Barzani hanno espresso la propria soddisfazione all’incarico di presidente dell’Irak consegnato a Talabani.

 

 

Dopo l’occupazione la situazione nel Vicino Oriente si è modificata

 

Israele si trova in prima fila fra i paesi che sostengono l’occupazione. Le contraddizioni fra Israele e Irak esistono da parecchi anni. Gli israeliani, considerati i poliziotti degli Usa, sono già pronti ad adempiere tutte le richieste e gli incarichi degli Usa. Le contraddizioni fra Israele e Irak esistono da parecchi anni. In seguito alla rottura dei rapporti fra Usa e Saddam Hussein, gli israeliani hanno fatto pressione sugli Usa affinché l’Irak venisse ulteriormente indebolito, anche in ragione degli attacchi portati dall’Irak su Israele nel corso della prima guerra del Golfo, mossa con la quale Saddam Hussein mirava a ricevere il sostegno degli altri paesi arabi allo scopo di isolare politicamente gli stati imperialisti in quest’area. Gli Usa erano a conoscenza di tale tattica politico-militare per questo hanno tenuto lontano Israele dalla prima guerra del Golfo, tenendolo sulle spine.

Gli israeliani non volevano soltanto avere un Irak debole, volevano più deboli anche la Siria e l’Iran, di conseguenza sono molto soddisfatti dell’occupazione dell’Irak, poiché lasciare loro un respiro di sollievo.

Sebbene gli iraniani restino l’obiettivo dell’attacco Usa, essi hanno taciuto sull’occupazione dell’Irak sin dal suo inizio, questo perché negli anni precedenti anche l’Iran ha avuto conflitti con l’Irak. Fino a quando il conflitto ostile rimane acceso solo fra Irak e Usa, gli iraniani possono restare tranquillamente in silenzio. Ma da quando sono diventati obiettivo degli Usa hanno iniziato ad alzare la voce contro di essi. Per questo l’Iran oggi non desidera che gli Usa in Irak ottengano un successo. Se gli Usa otterranno successo in Irak, l’Iran entrerà immediatamente nel campo visivo ed operativo degli Usa, e questo gli iraniani lo sanno.

Per questo gli iraniani stanno cercando di migliorare i loro rapporti diplomatici con l’Unione europea. Per prima cosa hanno concluso accordi economici con la Francia e poi con la Germania e, nonostante il veto degli Usa, continuano a portare avanti il loro programma sull’energia atomica. Se si pensa che i russi sostengono la produzione di energia nucleare dell’Iran e che un uguale sostegno è dato da Francia e Germania si ha una migliore visione d’insieme della situazione.

L’occupazione dell’Irak ha messo enormemente in guardia la Siria. Quando gli Usa hanno inserito la Siria nella lista dei paesi da attaccare, si è creata l’idea che la Siria potesse essere aggredita prima dell’Iran. La Siria, del resto, gioca un ruolo importante nel Vicino Oriente, infatti ha sue truppe in Libano e sostiene tuttora i palestinesi nella lotta contro Israele. Naturalmente tutto questo non va a genio agli Usa. Al tempo di Assad (padre dell’attuale presidente della Siria), la Siria aveva buoni rapporti con la Russia, visto che questi rapporti in seguito si erano deteriorati, nuovi rapporti dovevano essere avviati per consolidare il cortile interno. I siriani hanno quindi bussato anche alla porta dell’Ue. L’avvicinamento della Siria è stato ben accolto dagli europei, che pensano di trarne profitto.

Assad junior afferma che gli Usa non comprendono bene i siriani. La Siria riconosce la superiorità Usa nel mondo e volentieri ci collaborerebbe. Nonostante simili dichiarazioni Assad non è ancora riuscito a placare gli Usa e non li ha dissuasi dal loro proposito.

La Siria ha incluso tra i suoi rapporti anche laTurchia, benché gli Usa ne siano contrari. La Turchia ha concluso accordi economici con la Siria, dopo i quali si è verificata anche la visita del presidente turco in Siria. Anche gli europei hanno esercitato pressioni sulla Siria affinché ritiri dal Libano le truppe, che le danno sicurezza davanti alle minacce degli Usa.

Prima dell’occupazione dell’Irak e subito dopo si parlò tanto anche della Turchia. Le classi dominanti in Turchia non erano contro l’occupazione dell’Irak. Il governo di Erdogan parlava come Ozal: “Se noi investiamo qualcosa nella guerra all’Irak, dopo la guerra ne riceveremo il doppio”. Con coerenza la stampa turca ha sempre messo in guardia il governo dall’intervenire in questa guerra. Le richieste del governo turco vennero trattate a porte chiuse, ma, in generale, non andarono a genio agli Usa e per questo fra la Turchia e gli Usa si sono cristallizzate delle contraddizioni, da cui il voto del parlamento turco “contro gli Usa”. È questa la ragione per cui gli Usa non hanno potuto utilizzare le infrastrutture turche per inviare le truppe in Irak.

A porte chiuse è stata affrontata anche la questione kurda. La Turchia non voleva che i kurdi entrassero nel nuovo governo. Inoltre, la Turchia non voleva che i kurdi prendessero parte ad un governo federale. La Turchia chiedeva invece che il PKK fosse attaccato, perché voleva per sé le province di Kirkuk e Mosul, situate in un quadro ad essa favorevole. Oltre a ciò la Turchia voleva che venisse assegnato un ruolo decisivo ai turcomanni. Queste erano le richieste avanzate dalle classi dominanti turche agli Usa, che invece fin dall’inizio hanno affermato che di tutto quel che sarebbe accaduto in Irak i responsabili, in ogni caso, sarebbero stati soltanto loro e che soltanto loro avrebbero determinato quel che doveva accadere in Irak. Di conseguenza gli Usa hanno respinto le richieste delle classi dominanti turche. Per questo il 1 marzo 2002 il parlamento turco non ha accolto, per parte sua, le richieste Usa. Ma questo non significa che la Turchia fosse contraria all’occupazione dell’Irak. La Turchia, in sostanza, pensava ai propri vantaggi e a non lasciarsi sfuggire l’occasione per accaparrarseli.

Gli Usa, che non sono rimasti soddisfatti del comportamento turco, hanno esercitato pressioni sulla Turchia, dicendo che i rapporti fra loro erano finiti in un vicolo cieco. In seguito le classi dominanti turche sono ritornate sui loro passi ed il 7 luglio 2003 hanno riproposto al parlamento le richieste Usa. Il risultato è stata l’approvazione di un importante ordine del giorno, in cui veniva sottolineato che la Turchia non avrebbe accettato dagli Usa nemmeno un cents. Le classi dominanti turche hanno allora iniziato a riflettere su come poter agguantare qualcosa dalla guerra all’Irak contando solo su sé stesse.

Questi non sono segreti. Tutti sanno che le esigenze degli Usa erano state soddisfatte già prima della guerra, infatti prove del sostegno logistico agli Usa in Irak sono le centinaia di camionisti turchi morti durante i trasporti e il fatto che la Turchia stanno prendendo parte alla ricostruzione. Se si considerano questi presupposti si può concludere che la Turchia favorisce e condivide la politica Usa in Irak.

In questo contesto la classe dominante turca, in particolare la borghesia compradora, continua a premere sul governo Erdogan, perché vuole prendere qualcosa di più dalla torta irachena.

Si sa che la gran parte della forza-lavoro in Irak è stata assunta da imprese Usa. Kellogs-Root è il solo gruppo a cui fa riferimento tutto il traffico militare. Quest’impresa è connessa al gruppo Halliburton di cui è partecipe il ministro degli esteri Dick Cheney.

Le imprese turche sono attive soltanto come imprese che lavorano in subappalto. Lavorano sotto la direzione della “Associazione industriale turco-irachena”, a cui prendono parte imprese come Koc Grubu, Cukurova Holding, Zorlu Grubu, OYAK, Polat Insaat e Yuksek Insaat. Queste sono le imprese turche partecipanti alla ricostruzione, presenti con i loro operai negli aeroporti, nell’approvvigionamento elettrico e dell’acqua. Inoltre provvedono a fornire alimentari ed acqua alle truppe Usa. In questo modo soddisfano immediatamente tutti i bisogni degli Usa.

Il rappresentante tedesco e quello francese dell’Ue non sono più contrari, come un tempo, all’occupazione dell’Irak. Si sono rassegnati a questa guerra; la polizia e le forze di sicurezza irachene vengono addestrate dalla Germania. Questo è avvenuto in seguito a trattative fra l’Ue e gli Usa.

 

 

Contraddizioni, equilibrio nella moderazione delle forze e mutamenti

 

Se l’occupazione dell’Irak in questo momento è stata accettata dagli altri imperialisti, ciò non significa che le contraddizioni fra imperialisti siano state messe in disparte. Le contraddizioni esistono e si cristallizzano nel contesto dei rapporti di forza. Questo è ben visibile anche nelle differenti considerazioni che Usa e Inghilterra hanno rispetto all’Iran. L’Ue lavora per eliminare le contraddizioni fra gli stati associati e vuole porsi verso l’esterno come forte potenza. Con tutti i suoi 25 stati membri e i suoi 400 milioni di abitanti, l’Ue vuole essere capace di prendere decisioni politiche rapide per presentarsi piena di forze davanti ai suoi concorrenti, primo fra tutti gli Usa, per assumerne addirittura la direzione. L’Ue vuole costruire proprie forze armate e di sicurezza contro la Nato. Nell’ottobre 2001 i ministri della difesa dell’Ue si sono incontrati a Bruxelles ed hanno compiuto un passo importante in questa direzione. La moneta comune europea, l’euro, è un concorrente forte del dollaro Usa. Per conferire a questa moneta una forza economica ancor più forte, gli imperialisti dell’Ue cercano di portare sotto il loro dominio nuovi mercati di sfruttamento. Essi vogliono organizzarsi nel Caucaso con ancor più forze e già ora sono efficienti. In Ucraina ha vinto le elezioni il partito che aveva i favori dell’Ue. Questo, teoricamente, potrà accadere presto anche in altri stati del Caucaso, dove sono cristallizzate le contraddizioni fra Usa e Ue.

Dal 2001 i russi hanno preso posizioni nei confronti degli Usa e dell’Ue. Gli Usa insediano una dopo l’altra basi militari nell’Asia centrale ed inoltre hanno in progetto la costruzione di un oleodotto fra Baku e Ceylan [porto sulla costa turca mediterranea, ndt]. In Ucraina, Georgia e Abkazia i partiti filorussi hanno perso le elezioni e in Cecenia non tutto è sotto il loro controllo. Questi sono i risultati della Russia e benché economicamente e finanziariamente sia debole, resta pur sempre, data la sua forza militare, un centro di potere imperialista.

Dal 2004 la Russia cerca di uscire da questa crisi con nuove decisioni politiche. I rapporti con gli Usa sono sempre deboli e allo stesso tempo duraturi, ma i russi stanno rafforzando i loro rapporti con l’Ue, hanno concluso accordi economici con Germania, Francia, Spagna ed alcuni altri stati. La Russia cerca anche di rafforzare le sue relazioni con Cina e India. Questo dimostra che i russi sono sempre una forza potente. Se si prendono in considerazione i rapporti con la Turchia e con l’Iran, si può concludere che i russi stanno compiendo sforzi notevoli.

Il punto caldo più fuori controllo è la Cina. La causa di ciò risiede nel fatto che la Cina si sta sviluppando rapidamente e desidera guadagnare una posizione di potere preoccupante. Lo sviluppo economico in Cina è enorme e per questo ha bisogno di più energia e di sfruttare ulteriori fonti energetiche. Sono certamente queste le contraddizioni che si cristallizzano fra la Cina e gli altri paesi imperialisti. Se si prende in considerazione l’esportazione si possono analizzare meglio le contraddizioni fra la Cina e gli altri imperialisti.

Negli ultimi tempi sono emerse, in particolare, le contraddizioni fra Cina e Giappone. Queste contraddizioni si evidenziano meglio nella sfera economica e militare. Le ricerche di giacimenti petroliferi e di gas, condotte dalla Cina nel mare della Corea del Nord, dal Giappone sono considerate come minacce economiche. La Cina si sta sviluppando anche nella sfera militare e nucleare e queste sono ulteriori contraddizioni fra la Cina e gli altri imperialisti.

Il Giappone vuole potenziare i rapporti con gli Usa e per questo negli ultimi tempi sono visibili avvicinamenti agli Usa. I giapponesi hanno concluso accordi con loro sui missili Patriot, che verranno dislocati in Giappone entro il 2008. Un’altra contraddizione fra Cina e Giappone risiede nel fatto che la Cina è membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il Giappone ha investito molto denaro per il suo equipaggiamento militare e, anche se non investe così tanto come gli Usa, quest’evoluzione non si può sottostimare. Per questo la Cina preme affinché sia cancellato l’embargo sulle armi ancora vigente nei suoi confronti e rafforza i suoi rapporti diplomatici.

L’altra contraddizione fra Cina e Giappone esiste in rapporto al bisogno di fonti energetiche. I giapponesi importano petrolio dall’Iran. Siccome i cinesi hanno concluso allo stesso tempo accordi con l’Iran per la fornitura di petrolio, i giapponesi vedono questi movimenti con preoccupazione.

Attualmente gli Usa hanno contraddizioni con tutte le altre forze imperialiste. Quando Bush venne rieletto si poté osservare l’insoddisfazione di europei, russi e cinesi, infatti quando in gennaio si è recato in Europa e si è incontrato con Putin si è chiaramente visto che le contraddizioni non erano state rimosse.

Dopo essere stato rieletto Bush è diventato aggressivo come mai prima. Nel discorso pronunciato in occasione del suo giuramento ha minacciato il mondo intero. Nel suo gabinetto ha collocato soltanto persone che hanno rafforzato la bramosia di attacchi (questa frazione è chiamata “Gruppo dei falchi”). Con tali relazioni Bush vuole realizzare tutti i progetti che fino ad ora l’imperialismo Usa non è riuscito a portare a termine. Siccome non ha la possibilità di essere eletto una terza volta, vuole soddisfare i bisogni dei monopoli Usa adesso. Solo dopo abdicherà.

Gli Usa non vogliono che sia riconosciuta un’altra forza potente quanto loro. A questo proposito gli stati europei nel giugno 2004, nel corso del vertice Nato ad Istanbul, hanno presentato pubblicamente le loro forze armate, costituite da 18.000 soldati, come concorrenti dei 20.000 soldati che compongono la Nato.

I nuovi obiettivi strategici degli Usa sono tutti gli obiettivi politici che il Gruppo dei falchi (fautori dei vantaggi diretti ai monopoli Usa) esige debbano essere raggiunti. Con Bush junior gli Usa vogliono imporre tutto quel che non è stato portato a termine con Bush senior. Con la legge antiterrorismo sono diventati più aggressivi ed ancor più desiderosi di aggressione, non hanno ancora cancellato Iran, Irak e Corea del Nord dai loro piani di aggressione. Per realizzare questi attacchi hanno dovuto apportare alcuni mutamenti nella composizione del governo. Gli imperialisti Usa cercano di intimorire gli imperialisti che rappresentano un pericolo per loro. In questo contesto l’imperialismo Usa tenta di mettere l’imperialismo cinese con le spalle al muro. Gli Usa vogliono costruire una forza di intervento e forze armate ancor più mobili e flessibili. Questo progetto (progetto missilistico per la difesa), che Rumsfeld non ha potuto concludere, presto verrà richiamato in vita.

 

 

Il risultato

 

In Irak gli Usa sono immersi nel pantano fino al collo. Per trarsi fuori da una così grave situazione cercano di sviluppare una politica nuova. Negli Usa diventa sempre più acuta la voce dell’opinione pubblica contro il governo Bush, dalla popolazione, seppure con lentezza, non riceve sicuramente più nessuna copertura.

Gli Usa stanno cercando di imporre i loro propositi ai governi vassalli da loro portati al potere mediante elezioni, ma questo non significa che gli Usa abbiano intenzione di ritirare le loro forze dal Vicino Oriente. Al contrario, vogliono soltanto prendere fiato.

Gli Usa in nessun caso si ritireranno dai loro grandi progetti nel Vicino Oriente e nel Nordafrica. Sebbene questi progetti in parte siano naufragati, gli Usa vogliono tenersi saldi ad essi, perché l’Ue assolutamente non vuole cedere sulla questione Nordafrica.

Anche se le contraddizioni fra gli imperialisti non sfociano in invasioni militari, le contraddizioni si inaspriscono sempre di più. Se noi approfittiamo di queste contraddizioni fra gli imperialisti possiamo cogliere importanti occasioni. In tal modo avremmo la possibilità di affermare i nostri propositi. I movimenti popolari nel mondo non si trovano là dove si desidera essi si trovino.

In alcune parti del mondo le guerre popolari sono condotte sotto la direzione dell’MLM (marxismo-leninismo-maoismo). Ma attendersi sviluppi enormi in questa direzione, sarebbe ancor più irrealistico.

Nei paesi semicoloniali perdurano l’oppressione e lo sfruttamento imperialisti. I popoli vengono oppressi, sfruttati e gettati nella miseria con sempre più forza dagli imperialisti e dalle misure politiche del FMI [Fondo Monetario Internazionale]. Anche nei paesi imperialisti la popolazione è colpita dallo sfruttamento e dall’oppressione imperialista. L’“abbattimento sociale”, la povertà e la disoccupazione sono all’ordine del giorno nei paesi imperialisti.

La situazione rivoluzionaria nei paesi semicoloniali deve essere analizzata assieme alle contraddizioni interne nei paesi imperialisti ed utilizzata nelle occasioni giuste. Bisogna tener conto che il movimento antimperialista è diventato più debole. Casa che ha, più o meno, a che fare con la direzione di questo movimento. Ciò lo si può anche cogliere nel movimento di protesta nelle città dell’Irak. Sicuramente non si può vedere tutto sotto questa luce, ma si può includere questa considerazione nella valutazione.

Se si vogliono guardare da vicino gli errori del movimento antimperialista, bisogna occuparsi dell’occupazione dell’Irak. Tutti gli obiettivi e le attività sono state indirizzate contro gli Usa. È comprensibile. Ma è molto più importante fissare gli scopi della linea politica. In questo contesto si devono prendere in considerazione tutti gli imperialisti e definirli in obiettivi politici. In gioco non c’è soltanto l’imperialismo Usa.

Gli sviluppi nel nostro paese portano con sé grandi responsabilità. A causa della crisi economica nel 2000 il governo ha dovuto gettare la spugna e con la pressione imperialista è stato portato al potere l’attuale governo-AKP [sigla della coalizione che governa in Turchia, ndt]. Questa non è volontà cosciente del popolo. Da quando è al potere questo governo ha registrato timidi successi. Nei paesi semicoloniali questo non significa nient’altro che una quiete breve e transitoria. Questa quiete non si mantiene a lungo. Ciò ha a che fare con l’indebitamento economico e finanziario, poiché l’economia della Turchia è stata costruita su una montagna di debiti. A partire da questo si può concludere che la Turchia non raggiungerà il benessere economico e non supererà le crisi finanziarie.

Il governo-AKP, al potere dal 2002, è esattamente la lunga mano del sistema, come del resto anche i governi precedenti. Da quando c’è questo governo l’insoddisfazione della popolazione diventa sempre più evidente e questa insoddisfazione si manifesta giorno per giorno sempre più energicamente.

Con provvedimenti nazionali e sciovinisti il governo aizza la popolazione turca contro la nazione kurda. Si è visto come, durante la festa del Newroz, il governo abbia aizzato una popolazione contro l’altra solo a causa di una bandiera. Per quel che riguarda le questioni sui diritti umani il governo ha presentato nuove leggi penali e un nuovo ordinamento carcerario, ciò che lo mostra come schiavo del sistema. Il motto “La Turchia corre (gareggia) per la democrazia ” non è nient’altro che menzogna e calunnia.

Il governo-AKP non vuole percepire le difficoltà in cui si trovano la classe operaia, i contadini e i piccoli commercianti. I diritti sociali ed economici della classe operaia vengono abbattuti giorno dopo giorno e le privatizzazioni sono portate avanti senza tentennamenti. Gli enti statali economici e finanziari vengono venduti a prezzi stracciati. Per questa ragione migliaia di operai vengono messi sulla strada. Di recente, per esempio, è stato ceduto l’SSK (l’ente per la sicurezza sociale). Lo stesso destino presto toccherà alla SEKA, TUPRAS, TEKEL e la Telecom turca. Tutti gli enti pubblici vengono effettivamente regalati ai monopoli internazionali a prezzi stracciati.

Anche in agricoltura vengono compiuti tagli, le sovvenzioni sono state gradualmente ridotte. Questo è il risultato del governo-AKP, che mette ai piedi degli imperialisti la ricchezza del paese.

Nei servizi pubblici i lavoratori sono caduti in una situazione miserabile. Giorno dopo giorno sprofondano in una situazione finanziaria penosa. Con i salari bassi, le alte imposte e l’abbattimento dello stato sociale, la situazione è diventata insopportabile. Siccome Egit-Sen (sindacato) ha introdotto l’uso della lingua madre kurda, ora deve tener conto di procedimenti penali o addirittura della possibilità di essere messo fuorilegge. Sono persino stati aperti uguali procedimenti contro l’organizzazione degli impiegati.

Senza venir meno ai nostri obiettivi di potere, politici e strategici, nel corso della rivoluzione popolare democratica, noi dobbiamo annientare e radere al suolo gli imperialisti e i loro vassalli. Noi dobbiamo avanzare assieme alle prospettive socialiste. È importantissimo utilizzare sulla strada del socialismo, accanto alle nostre strategie, anche nuove tattiche.

Per combattere dalla parte dei diritti delle masse popolari, noi dobbiamo unirci alle proteste di massa e porci con loro contro le classi dominanti. In questi rapporti noi dobbiamo rafforzare le nostre forze esistenti. Dobbiamo concludere nuove unità d’azione. Per raggiungere i nostri obiettivi dobbiamo lavorare ancor di più.

Nella storia ufficiale gli imperialisti hanno sempre attaccato i popoli oppressi del mondo. Vogliono schiavizzare i popoli in modo da salvaguardare il loro potere. Ma noi abbiamo una storia eroica con la quale sbarriamo loro il passo. È la storia di Spartaco, della Comune di Parigi, della Rivoluzione d’Ottobre e della Rivoluzione cinese. Abbiamo ricevuto un’eredità così potente. Questa bandiera, che abbiamo ricevuto, ora sventola in Nepal.

Come il grande maestro Mao disse a suo tempo:

“L’imperialismo è una tigre di carta”.

La resistenza in Irak ne è il miglior esempio.

 

ATIK - Confederazione dei lavoratori turchi in Europa

Marzo 2005