19/06/2003: LO ZOCCOLO DURO


Berlusconi capo del governo, Fassino capo del più grande partito dell'opposizione, Parisi segretario generale della Confindustria, Pezzotta e Angeletti grandi capi sindacali possono ora brindare al risultato del 15-16 giugno.
Il referendum non ha raggiunto il quorum, i lavoratori delle aziende sotto i 16 dipendenti anche se ingiustamente licenziati non potranno tornare al loro posto di lavoro, ancora come prima.
Bertinotti si dispera per la sconfitta mentre a testa bassa andrà a chiedere scusa ai suoi avversari di oggi per aver tentato tanto. Un posto è garantito anche per lui nella coalizione ulivista.
Gli operai escono a testa alta. Fra i 10 milioni che sono andati a votare SI, sono l’assoluta maggioranza. Irriducibili e disciplinati, su tutto il territorio nazionale, gli operai hanno votato allo stesso modo. Sette milioni che hanno già l’articolo 18 hanno votato per i tre milioni che dovevano conquistarlo.
Un atto di solidarietà e di unità fra sfruttati che solo gli operai e quanti sinceramente stanno dalla loro parte potevano realizzare.
Questa è la realtà dei grandi numeri. Gli operai e i lavoratori a salario che non hanno votato, non sono così significativi da cambiare l’analisi che facciamo. Non è dipeso certo da queste defezioni marginali la mancanza del quorum. Lo zoccolo duro è lì davanti a tutti, 10 milioni di uomini e donne hanno votato SI, per liberare loro e i loro simili dal ricatto del licenziamento. La classe degli operai si va ricompattando.
Le altre classi hanno pensato ai loro interessi particolari, alla bottega, al posto garantito per amicizia del capo, alla piccola officina artigiana nella speranza che diventi grande sulle spalle dell'unico dipendente, alla libera professione ben pagata, basta andare dove tira il vento. Una massa che ha girato le spalle agli schiavi salariati sicuri che il problema dell'articolo 18 le era completamente estraneo.
Una massa incapace di solidarietà sociale, educata al proprio tornaconto.
Ma non andranno lontano. Gli industriali, i grandi banchieri, i manager e i capi politici, nella crisi, non guarderanno in faccia nemmeno loro e i primi sintomi si vedono.
Per difendersi avranno ancora bisogno degli operai. Ma noi non dimenticheremo.
Non dimenticheremo quando alle prossime elezioni ci chiederanno il voto. Faremo noi gli astensionisti.
Parisi della Confindustria ha dichiarato che hanno il sostegno del 75% dei cittadini. Peccato che è l’altro 25% che lavora nelle fabbriche e questo gli ha votato in modo inequivocabile contro.
Non è il caso che la Confindustria canti vittoria, deve fare i conti domani in ogni fabbrica con lo zoccolo duro, sempre più compatto. E indipendente.

ASSOCIAZIONE per la LIBERAZIONE degli OPERAI


http://www.autprol.org/