12/01/2004: Resistere è possibile, contribuire alla resistenza è necessario!


Ci rivolgiamo a tutti i singoli compagni, le differenti situazioni, i vari collettivi e gruppi di Milano e non solo, che vogliano lavorare per dare vita a iniziative, dibattiti, strumenti per la costruzione di una mobilitazione a Milano indicativamente sabato 7 febbraio in appoggio all'intifada e alla resistenza irakena, senza se e senza ma.

Guerra alla guerra imperialista
La decennale guerra contro l'Irak e l'embargo economico ha distrutto il paese, impoverito la popolazione, seminando morte e distruzione con massicci bombardamenti aerei e ora con l'invasione terrestre.
L'ultima guerra ha ucciso più di 13.000 irakeni, mentre dodici milioni sono disoccupati e la popolazione vive al di sotto della soglia di povertà sotto un regime di occupazione militare e con un governo fantoccio messo su dagli invasori, senza nessuna prospettiva certa se non la permanenza dell'occupazione stessa sotto altre forme e l'indebitamento permanente, con il costo dei generi di prima necessità in vertiginoso aumento.
A tutto questo un popolo oppresso ha risposto non con la capitolazione ma con la resistenza contro gli occupanti, venuti a difendere gli interessi di coloro che vogliono conquistare militarmente, controllare politicamente e sfruttare economicamente l'Irak.
Questo paese è ridotto ormai ad una immensa prigione a cielo aperto in procinto di essere suddivisa in artificiali patrie etniche foriere di future pulizie etniche, con gli occupanti che intervengono con i carri armati e sparano su ogni manifestazione di malcontento, dando da mangiare piombo ed uranio impoverito agli affamati!
Ma la lotta popolare non si arresta e continua, unica possibilità reale per non morire di fame in un paese allo sfascio e per non vivere sotto un governo che dà meno garanzie di quello imposto dal colonialismo inglese ad inizio di questo secolo.
Bisogna schierarsi e non aspettare oltre, per non essere complici indiretti di un massacro!
Bisogna esprimere il proprio appoggio alla resistenza, per non legittimare indirettamente lo sciovinismo di guerra, la spartizione imperialista, il genocidio etnico!
Bisogna cominciare a mobilitarsi in prima persona!

Chi fa la guerra non va lasciato in pace!
Vogliamo confrontarci con tutti coloro che sentono una profonda ripugnanza nei confronti della guerra.
Questo, nella misura in cui si dia legittimità e possibilità di interlocuzione con la nostra posizione al fianco della resistenza popolare, resistenza che non deve essere in alcun modo criminalizzata ed etichettata come terroristica.
Questa è una definizione coniata dal lessico imperialista e dalla gogna mediatica borghese e fatta propria dagli opportunisti di ogni risma.
Vogliamo discutere della resistenza, delle componenti che la ispirano, delle forze sociali che la costituiscono, dei limiti e delle prospettive che delinea, nella misura in cui venga attribuito un valore positivo in sé alla mancata capitolazione di un popolo di fronte al giogo neo-coloniale e vengano colti gli aspetti interessanti che contribuiscono alla nostra attività anticapitalista nella metropoli e al rafforzamento del movimento antimperialista internazionale.
Questa impostazione che già avevamo maturato nei confronti dell'Intifada, la estendiamo alla resistenza irakena, e la allarghiamo a tutte le rivolte dei dannati della terra in tutto il mondo.
Se non si appoggia la guerra di lunga durata del popolo irakeno, con le sue molteplici forme, si rischia di minare alla base anche la possibilità di una solidarietà internazionalista con gli altri focolai di rivolta nell'area, che oggi trovano un appoggio concreto e traggono un esempio positivo dalla lotta in Irak, così come dall'intifada.

Se non ora, quando?
La volontà di schierarsi al fianco della resistenza del popolo irakeno non ha ancora trovato forme adeguate di iniziativa politica, nonostante più realtà a livello nazionale, tra cui noi, stiano cercando di rompere la cappa di silenzio e di superare l'empasse dovuto al tentativo di mobilitazione reazionaria di massa pilotato dalla borghesia imperialista nostrana e dalle forze politiche che si contendono la sua rappresentanza, sinistra opportunista inclusa.
Le difficoltà che incontriamo a Milano non sono solo dovute alle nostre limitate forze e alle nostre carenti capacità comunicative, ma sono lo specchio di una situazione che travalica anche gli stessi confini nazionali.
Il movimento contro la guerra, nonostante la sua ricchezza e le sue potenzialità, non si è trasformato in un movimento di appoggio alla resistenza irakena e il riflusso che si è creato, pilotato dalle forze della sinistra opportunista, proprio quando la resistenza irakena iniziava a muovere i primi passi, ha lasciato un vistoso vuoto politico che sta a noi riempire.
La costruzione di iniziative che vadano in questa direzione aprono margini di agibilità politica a chiunque voglia denunciare a gran voce gli interessi delle borghesie imperialiste, tra cui quella italiana, negli affari per la ricostruzione dell'Irak. Ricostruzione che può avvenire solo con la "pacificazione" del paese. Ma la pace che vogliono gli imperialisti è quella dei cimiteri e delle galere e, una volta ripristinata, potranno permettersi con più facilità di proseguire e allargare la guerra contro altri popoli.
E' necessario mobilitarsi anche per invertire la tendenza alla criminalizzazione di ogni manifestazione autonoma della classe e l'accerchiamento nei confronti di chi si fa portatore di istanze di radicale trasformazione degli attuali rapporti sociali nei differenti ambiti in cui si trova ad operare.
Un ulteriore ritardo porta al restringimento di questi margini e compromette la possibilità di invertire questa tendenza e a far si che ogni spazio lasciato libero dalla "sinistra" guerrafondaia venga riempito dall'ingombrante presenza degli apparati repressivi. Ogni tentennamento aiuta l'affermarsi della mobilitazione reazionaria e lascia mano libera ai servi in divisa dello stato.
Tutti gli ambigui silenzi sulla resistenza irakena sono oggettivamente complici delle strategie imperialiste sia sul fronte esterno, in particolare in medio-oriente, sia su quello interno collocato al centro dell'area euro-mediterranea e teatro di un conflitto sociale crescente.
Se non si denunciano e si combattono anche gli interessi dei paesi della UE, oltre a quelli maggioritari di USA, ISRAELE, GB si rischia di passare sottovoce, e quindi di legittimare, come fa la "sinistra" italiana il ruolo imperialista dell'Europa. Si appoggiano di fatto le basi materiali per l'affermazione del nascente polo imperialista europeo su un'area che va dall'Africa, al medio-oriente, fino alle nazioni dell'ex-Unione Sovietica.
La resistenza irakena ha portato i nodi al pettine e rende più chiara la natura dei differenti schieramenti.
E' necessario collocarsi da una parte o dall'altra della barricata.
Non ci sono scorciatoie: o con l'imperialismo o con la resistenza popolare.

Coordinamento di Lotta per la Palestina, Milano


coordpalestina@arabia.com

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