21/02/2004: Meglio selvaggi... che selvaggina!


"La fermata spontanea dei lavoratori di ATM è un fatto grave e preoccupante … Si tratta di una iniziativa che si colloca fuori dalle regole della normale gestione del conflitto sindacale … Cgil, Cisl e Uil … invitano i lavoratori di ATM a riprendere immediatamente il lavoro, convinti della necessità che le regole vadano rispettate a tutela dell'utenza e contro coloro che attraverso questa strada vogliono mettere in discussione il diritto di sciopero” (CgilCislUil, 12 gennaio 2004)

Il 9 gennaio 2004 i lavoratori del trasporto locale hanno scioperato massicciamente in tutta Italia contro l’accordo firmato a dicembre da CgilCislUil. Il 12 gennaio i lavoratori di Milano e di Genova sono tornati a mobilitarsi con uno sciopero non programmato bloccando le rispettive città. Stesso discorso il giorno 13 a Brescia, Bergamo, Monza e, di nuovo, a Milano.
I lavoratori sono insoddisfatti di un accordo che prevede un aumento di circa 80 euro (contro i 106 previsti dal recupero dell’inflazione programmata) e una “una tantum” di 970 euro contro i circa 3.000 di arretrati.
E senza contare il salario perso con gli scioperi fatti per ottenere il rispetto degli accordi. Le aziende del trasporto locale, le istituzioni, i mass media, quasi tutti i partiti della “sinistra” e della destra e, purtroppo, anche i dirigenti dei sindacati confederali, come a dicembre, hanno fatto a gara nel criticare e in certi casi persino nel denigrare i lavoratori, con l’obbiettivo di scatenare contro di essi l’odio dei “cittadini”, degli “utenti”, dei “consumatori”… per isolarli e quindi sconfiggerli con maggiore facilità.
Nessuno ha risparmiato ai lavoratori il proprio biasimo schierandosi di fatto con il governo e le imprese del trasporto locale che da anni violano apertamente la legge nella totale impunità e nella generale indifferenza. Ma, malgrado la vera e propria campagna di mistificazione e di denigrazione, gli altri lavoratori hanno capito le ragioni della mobilitazione e la radicalità della lotta, offrendo ampie manifestazioni di appoggio e di solidarietà.
Le aziende del trasporto pubblico hanno provato a far saltare l’accordo sul recupero dell’inflazione programmata che in questi anni ha sostituito la scala mobile (con cui si garantiva un parziale recupero dall’inflazione reale) e che è stato motivo di costante perdita di potere d’acquisto.
Non potendo manomettere questo accordo per via legislativa (se non a rischio di scatenare il finimondo in una situazione di carovita sempre più insostenibile) il capitalismo (in questo caso di Stato) ha provato la strada dell’attacco per via diretta dichiarando semplicemente di non intendere pagare gli aumenti previsti.
E se questo attacco è stato parzialmente parato è stato grazie solo alla determinazione e alla reattività dei lavoratori. Se le pretese delle aziende del trasporto locale fossero passate senza colpo ferire chi avrebbe potuto impedire in altra occasione di violare accordi già sottoscritti facendo saltare di conseguenza anche l’utilità della firma di un qualunque accordo? In qualunque momento un impresa avrebbe potuto dire: sì, vi dovevamo dei soldi, ma non li abbiamo e non ve li diamo.
Di fronte a tutto questo il sindacato confederale ha assunto posizioni a dir poco ingiustificabili. Invece di ascoltare la voce dei lavoratori si è schierato contro di essi dimostrando come, a parte alcuni settori, Cgil, Cisl e Uil tendano progressivamente a diventare poco più che organizzazioni paraistituzionali dedite al rastrellamento dei fondi pensione integrativi, alle attività di patronato e di assistenza fiscale nella gestione del business della formazione professionale… cercando contestualmente di soffocare ogni spinta autonoma proveniente dai lavoratori in quanto foriera di un minore potere di controllo su di essi.
Non è una vera novità.
Non era infatti necessaria la lotta degli Autoferrotranvieri per chiarire che Cgil, Cisl e Uil hanno sempre meno a che vedere con gli interessi reali dei lavoratori. Mano a mano che i lavoratori tornano a lottare e ad essere protagonisti attivi dei loro interessi, trascinati anche dagli effetti di una crisi sempre più pesante e evidente che determina continue espropriazioni di diritti e continui arretramenti di salario, la loro divaricazione dai sindacati di regime tende a diventare sempre più marcata.
Però, in fondo, Cgil, Cisl e Uil “hanno ragione”. Sì, la lotta degli Autoferrotranvieri è “grave” e “preoccupante” (per loro) proprio perché è fuori dalle regole sindacali “normali”, cioè da regole pensate appositamente per depotenziarne l’impatto e l’efficacia. Cgil, Cisl e Uil sanno bene che ogni volta che gruppi di lavoratori si organizzano in modo autonomo e varcano la soglia della legalità di regime per le imprese (ed anche per le stesse burocrazie) sono guai; pertanto, questi lavoratori diventano immediatamente soggetti pericolosi da rimettere al più presto sotto controllo. E per raggiungere questo obbiettivo (il recupero del controllo) i lavoratori devono essere sconfitti.
Dunque, non solo le imprese, ma purtroppo anche Cgil, Cisl e Uil si schierano contro i lavoratori e puntano sul loro isolamento, sulla loro demoralizzazione, sulla loro sconfitta.
Più i lavoratori sono deboli, timorosi, divisi… più aumenta l’attrazione del grande sindacato dotato di strutture, sedi, denaro, avvocati, patronati… meno i lavoratori contano su loro stessi e più sono portati a contare su qualcun altro, a delegare, ad affidarsi ciecamente ai professionisti “sindacali”.
Ed è anche per questo che la precarizzazione e la flessibilità sono aumentate vertiginosamente in questi anni. Precarizzazione e flessibilità producono tra i lavoratori isolamento, debolezza, ricatto, cioè una situazione favorevole per i padroni (che possono strappare condizioni a loro più favorevoli), ma anche per i vertici sindacali confederali (che si propongono come i soli capaci di “tutelare” i lavoratori). Il tutto nell'ottica della salvaguardia degli interessi capitalistici, siano essi padronali o di Stato.
Ma dove i lavoratori hanno sufficiente forza e coraggio per lottare le cose si fanno più difficili e si aprono possibilità di resistenza nuove.
Questo, i lavoratori Autoferrotranvieri lo stanno capendo sempre più chiaramente e per questa ragione stanno conducendo una lotta vera, non una delle solite e inutili manifestazioni di dissenso in cui masse salmodianti armate di bandierine e cappellini plaudono alle sciocchezze profferte dalle mille bocche bugiarde che chiedono loro di rassegnarsi.
I lavoratori Autoferrotranvieri non si sono rassegnati, non lottano “per partecipare”: lottano per vincere. E l’esito di questa lotta, che non dipende solo dai lavoratori del trasporto locale, ma anche dalla capacità di mobilitazione degli altri lavoratori, avrà un forte influenza anche nelle lotte future. I lavoratori del trasporto pubblico hanno notoriamente un discreto potere contrattuale che proviene loro dalla capacità di bloccare un settore nevralgico per l’economia capitalistica e per il suo quotidiano funzionamento.
Questi lavoratori possono bloccare le metropoli, le attività produttive e lavorative, il flusso di merci e persone… Pochi altri settori hanno una “forza contrattuale potenziale” altrettanto grande. Se lavoratori con queste potenzialità vengono sconfitti è ragionevole pensare che una sorte ancora peggiore sia riservata ai lavoratori di altri settori con un potere contrattuale minore.
Dunque, poiché il destino della lotta degli Autoferrotranvieri è importante per tutti i lavoratori allora tutti i lavoratori devono partecipare, per quelle che sono le loro possibilità, a rafforzare questa lotta, a creare solidarietà intorno agli Autoferrotranvieri, ad evidenziare le vere responsabilità della situazione, a lottare a loro volta.
Quella di lottare per vincere (e quindi di scegliere le forme di lotta adeguate a questo obbiettivo) è la più importante novità dopo decenni di concertazione, di politica (del contenimento) dei redditi, di precarizzazione attraverso Pacchetto Treu e Legge Biagi , di arretramento salariale, di perdita di posti di lavoro, di intensificazione dei ritmi e dello sfruttamento, di rafforzamento delle gerarchia in fabbrica e del ricatto sui lavoratori giovani, di restrizione dei diritti sindacali e di sciopero a cui Cgil, Cisl e Uil hanno contribuito in modo decisivo con la firma dell'accordo del 31 luglio 1992 (abolizione scala mobile), con la firma dell'accordo del 23 luglio 1993 (flessibilità, concertazione), con il Pacchetto Treu (lavoro interinale, contratti d'area, privatizzazione collocamento), con la legge Biagi (lavoro a chiamata, abolizione collocamento pubblico), con patto per l'Italia (sospensione art.18)...
Cgil, Cisl e Uil, invece di prendere atto che i loro stessi iscritti partecipano in massa agli scioperi non programmati e alle altre forme di lotta decise nelle assemblee, invece di essere, come dovrebbero, lo strumento organizzativo delle scelte dei lavoratori, suggeriscono ai lavoratori di tornare a lavorare (!) e di non offrire la sponda a chi vorrebbe mettere mano in senso restrittivo al diritto di sciopero. Cioè si dice: o smettete di lottare e in ogni caso, quando lo fate, lo fate seguendo le nostre indicazioni e le nostre regole oppure “qualcuno” vi restringerà ulteriormente il diritto di sciopero.
Una vera e propria minaccia visto che proviene da chi ha già contribuito a mettere mano in termini restrittivi tra la fine del 1999 e l'inizio del 2000 alla legge per la regolamentazione del diritto di sciopero nel trasporto pubblico, dietro indicazione nientepopodimeno che di Sergio Cofferati in persona e sotto il governo presieduto da Massimo D'Alema, fresco reduce dall'assassinio di alcune migliaia di jugoslavi a colpi di bombe umanitarie all'uranio impoverito.
Molti dicono che con gli scioperi non programmati si colpiscono anche gli utenti. Vero. Anzi, necessario. Se gli utenti non fossero colpiti, se i mezzi e le linee non fossero bloccati forse i lavoratori avrebbero mai ottenuto l’interesse (peraltro ostile) dei massmedia o avrebbero mai costretto le aziende del trasporto locale a smuoversi dalle loro posizioni dopo mesi e mesi di stallo delle trattative?
Un accordo già firmato e 7 scioperi generali per applicarlo non erano bastati. La proposta delle a-ziende restava 12 euro (contro i 106 già previsti). In Italia, praticamente nessuno, eccetto appunto gli Autoferrotranvieri, conosceva la loro lotta e la loro situazione. Centinaia di euro persi con gli scioperi non avevamo minimamente smosso le aziende del trasporto e il governo.
Dopo lo sciopero non programmato di Milano del primo dicembre le cose sono cambiate. Immediatamente. La radicalità e la determinazione della lotta hanno cambiato da un giorno all’altro la situazione: aziende del trasporto,
Comuni, governo, partiti della “sinistra”, giornalisti hanno certo iniziato ad attaccare i lavoratori, ma sono stati costretti loro malgrado, nel giro di pochi giorni, a cercare di tamponare la situazione proponendo un accordo giustamente rifiutato dai lavoratori cui si chiede, in cambio di denaro già loro, di garantire ulteriore flessibilità e ulteriori aumenti dei ritmi.
Ma senza lo sciopero non programmato del 1° dicembre non ci sarebbe stato neppure l'accordo bidone. I lavoratori del trasporto locale stanno dando una grande lezione di combattività. Stanno dimostrando che quando si punta a vincere bisogna lottare duramente, che quando si lotta duramente si possono ottenere anche importanti risultati concreti, che senza la lotta non si ottengono che promesse e bugie.
Se gli utenti del trasporto pubblico non hanno avuto la forza e il coraggio per opporsi agli aumenti seguiti all’introduzione dell’euro, se non dicono nulla sul peggioramento dei servizi dovuto alla carenza di personale e di manutenzione che diminuisce anche la sicurezza non possono prendersela con i lavoratori che questa politica del massacro provano, invece, a combatterla.
E non dobbiamo poi dare troppo peso alla cagnara delle cosiddette associazioni dei consumatori che tanto hanno abbaiato contro i lavoratori in lotta e che, guarda caso, fanno riferimento tutte ai sindacati o ai partiti di regime ma che non hanno fatto nulla contro gli aumenti arbitrariamente decisi dalle aziende del trasporto locale.
In conclusione.
Non si tratta di caricare la vertenza degli Autoferrotranvieri di valenze politiche che essa non ha soggettivamente. Non si tratta neppure di considerarla “l'ultima spiaggia” e neppure “l'inizio della riscossa”. Si tratta di registrare la valenza oggettiva che questo scontro assume all’interno del più generale scontro di classe e rispetto ai piani di ristrutturazione capitalistica portati avanti contro la classe, nonché l’impatto altrettanto oggettivo che una vittoria avrebbe sul morale e sulla com-battività anche di altri settori.
Ma questa vittoria non verrà da sola e non possiamo pensare neppure che essa possa essere ottenuta dai soli lavoratori del trasporto locale.
Deve, invece, vederci tutti impegnati.
Per questo non ci limitiamo ad auspicare come è ovvio la vittoria dei lavoratori, ma ci impegniamo a sostenerli concretamente e a creare attorno ad essi il massimo di solidarietà attiva.

http://www.autprol.org/