03/01/2005: La guerra imperialista e il ruolo del movimento operaio


La guerra imperialista
e il ruolo del movimento operaio
Un documento del Centro Studi Marxista di Atene

Il Centro di Studi Marxista di Atene è una struttura collegata al KKE, il partito comunista greco. Il testo che pubblichiamo fa parte di una relazione svolta al forum di Praga dell'aprile scorso, organizzato dal partito comunista praghese, al quale ha partecipato anche Aginform. La pubblicazione ci sembra utile perchè rsponde alla necessità di chiarire in che termini i comunisti greci analizzano la situazione internazionale, in rapporto non solo alle scelte del PSE, ma anche nell'ambito di relazioni a livello europeo a cui si attribuisce una falsa omogeneità.

All’inizio degli anni ’90, in seguito agli sviluppi controrivoluzionari nell’Unione Sovietica e nell’Europa orientale, l’ondata di ideologia e propaganda reazionaria si è pienamente dispiegata. I vincitori imperialisti hanno sfruttato la sconfitta delle forze del socialismo per scatenare la loro propaganda, stabilizzando così i risultati della controrivoluzione e promuovendo gli interessi del capitale monopolistico.

Il nucleo centrale dell'offensiva ideologica borghese stava nella teoria della nascita di un nuovo ordine mondiale in cui la contraddizione principale del secolo XX, quella cioè tra il capitalismo e il socialismo, avrebbe cessato di esistere. La confusione creata nella coscienza dei lavoratori dalle trasformazioni in senso reazionario consentiva ai sostenitori e propagandisti del sistema capitalistico di ignorare la realtà e di promettendo l’abolizione della guerra e della corsa agli armamenti e parlando di eguaglianza e democrazia nelle relazioni internazionali e di composizioni "pacifiche" e conciliatorie tanto delle contraddizioni di classe che dei conflitti interimperialisti.

Gli sviluppi degli ultimi 15 anni hanno chiaramente dimostrato la falsità di queste costruzioni ideologiche che sono state adottate in misura più o meno elevata da una serie di forze che si considerano di "sinistra" ma rifiutano la lotta contro il capitalismo monopolistico e l’imperialismo e l’obiettivo del socialismo. Le caratteristiche essenziali del capitalismo: sviluppo ineguale delle forze di produzione a detrimento dei bisogni reali della classe lavoratrice, approfondimento del solco tra economie capitaliste, crescente accumulazione del capitale, insopprimibili e sempre presenti contraddizioni sociali interne, specialmente la contraddizione di fondo tra lavoro e capitale, hanno avuto un’ampia dimostrazione. Il carattere scientifico e l’attualità dell’analisi marxista-leninista del carattere sempre più reazionario dell’imperialismo sono state sottolineate ancora una volta.
Sviluppi recenti nella strategia dell’imperialismo mondiale
Nell’era dell’imperialismo, la guerra e il perseguimento del profitto capitalista vanno di pari passo. L’invasione angloamericana dell’Iraq non è stata causa delle rivalità interimperialiste manifestatesi sia all’interno dell’UE sia tra gli angloamericani e l’asse franco-tedesco. La guerra ha fatto soltanto emergere in superficie una divisione già preesistente. Le contraddizioni all’interno dell’UE e tra le forze imperialiste europee e gli USA non si risolveranno. Si potranno stabilire legami di amicizia e cooperazione, specialmente quando si tratta di fronteggiare i nemici comuni e cioè la classe operaia e i movimenti popolari. Ma questi legami si romperanno quando la lotta per la ridistribuzione dei mercati assumerà nuove dimensioni.

La decisione di Germania, Francia, Belgio e Lussemburgo di formare l’Unione Europea di Sicurezza e Difesa è una prova in questo senso. Nonostante le dichiarazioni sul ruolo complementare a quello della NATO, è chiaro che si tratta anche di un passaggio per rendersi "indipendenti" dal sistema militare degli USA. "Indipendenza" in questo senso non significa naturalmente la rinuncia da parte dell’UE a perseguire politiche imperialiste, ma piuttosto l’inasprimento delle rivalità interimperialiste. I conflitti locali per i mercati porteranno inevitabilmente il popolo europeo di fronte al pericolo di un conflitto generalizzato. Non ci saranno trattati o accordi europei che possano fermare una guerra quando la concorrenza capitalista in Europa e globalmente raggiungerà il culmine. D’altra parte, la pace imperialista che succede alle guerre, come in Iraq, Jugoslavia, ecc., è ugualmente rovinosa per gli interessi dei lavoratori.

Le alleanze tra paesi capitalisti, come l’UE, non possono portare ai popoli pace e sicurezza. Le contraddizioni e le rivalità interimperialiste continuano a esistere e ad acutizzarsi. Gli argomenti che vengono addotti su "un mondo multipolare" non tengono dunque conto della realtà dell’imperialismo e della necessità sociale che da qui scaturisce, cioè la lotta per il socialismo. Ignorano l’unità dialettica di coesistenza e conflitto tra i vari centri imperialisti. Un conflitto che potrà essere condotto con mezzi economici e politici o con mezzi militari e guerra aperta.

Altri sviluppi recenti hanno intensificato ulteriormente le tendenze reazionarie del capitale monopolistico nell’UE e globalmente. L’allargamento dell’UE a nuovi membri segna una nuova tappa per l’obiettivo strategico del capitale finanziario europeo di espandere la sua sfera di influenza a est per consolidare e rafforzare il centro imperialista costituito dall’UE contro i suoi rivali. I fatti dell’11 settembre 2001 e dell’11 marzo 2004 sono stati una benedizione per le politiche aggressive tanto degli Stati Uniti che dell’UE. La "guerra contro il terrorismo" ha fornito un ulteriore pretesto di intervento dopo quello della "protezione" dei diritti delle minoranze, abilmente utilizzato nelle guerre dei Balcani. Il concetto di "prevenzione e governo delle crisi" ha fornito il quadro per gli interventi militari dovunque nel mondo.

Nè l’UE nè gli USA si sono scordati del "nemico interno": il popolo, la classe operaia. L’UE ha sviluppato un meccanismo avanzato di ulteriore militarizzazione e oppressione con il trattato di Schengen, la Forza europea di intervento rapido, l’Europol, le leggi "antiterrorismo", la collaborazione giudiziaria e di polizia, il Tribunale Internazionale per i Crimini in Jugoslavia. Contemporaneamente hanno lanciato un attacco ideologico a tutto campo per convincere la gente dei benefici del’integrazione capitalista e che non ci sarebbero alternative.
Conflitti ideologici e politici nel movimento
Questi sviluppi nella strategia dell’imperialismo mondiale, insieme ala rapida realizzazione della strategia di ristrutturazione capitalista nella sfera socio-economica, sono stati interpretati in modi diversi dalle forze sociali e politiche che, almeno in linea teorica, vi si oppongono. Il termine neutro dal punto di vista di classe di "globalizzazione" è stato usato ampiamente per indicare una fase che si pretende nuova e inedita dello sviluppo del capitalismo e che avrebbe ormai superato e sostituito quella imperialista. Queste teorie in sostanza non sono che la riproposizione di vecchie costruzioni ideologiche che servivano all’apologia dell’imperialismo e scaturiscono da un'analisi profondamente sbagliata della natura delle forze produttive nell’epoca attuale.

Sulla base di tali interpretazioni prive di basi scientifiche, si sono levate varie forze che a livello nazionale si sono pienamente adattate al sistema capitalistico e alle sue principali politiche, mentre a livello internazionale e regionale cercano di presentarsi come forze di opposizione e di avere un ruolo dirigente nei movimenti contro la globalizzazione, contro la guerra, ecc. Di solito queste organizzazioni sottovalutano deliberatamente la necessità di lottare a livello nazionale, cosa che rappresenta la base reale per una lotta coerente a livello internazionale. Evitano di fare un’analisi di classe concreta dei rapporti di forza dati nel loro paese, preferendo invece parlare in generale di cambiamenti nella situazione a livello internazionale e regionale, senza dire mai come in effetti la situazione potrebbe incominciare a cambiare. Nei movimenti contro la guerra e negli altri movimenti si fanno paladini dell’idea inaccettabile che il movimento non abbia più bisogno di una strategia e di una tattica.

Sono idee che chiaramente distorcono la realtà sostenendo che i movimenti odierni andrebbero al di là della classe operaia e del suo movimento e rappresenterebbero la negazione della lotta di classe del XX secolo. Sarebbero movimenti soprattutto di intellettuali e giovani, al di fuori del quadro dei partiti politici, privi di una rigida struttura organizzativa. Alla necessità dell’avanguardia rivoluzionaria, dei partiti comunisti, si vengono così a sostuire le manifestazioni spontanee delle masse. In pratica, nonostante la retorica anticapitalista, molte di queste organizzazioni adottano spesso apertamente posizioni anticomuniste, diffamando le società socialiste costruite nel corso del XX secolo e le loro conquiste e negando la necessità del rovesciamento rivoluzionario del capitalismo. Così facendo fanno chiaramente il gioco della strategia della borghesia.

Senza riguardo per le peculiarità di ogni singolo paese si sta così formando un blocco in cui vengono "assimilate" forze socialdemocratiche, comunisti "riformati", trotskisti vari e altri gruppi "di sinistra", attivisti cosiddetti indipendenti di varie ONG, ecc.. Queste forze hanno un ruolo di direzione nel Forum Sociale Mondiale e nei vari Forum e cercano di presentarsi come l’unica ed esclusiva struttura organizzativa per lo sviluppo e la coordinazione del movimento.

Nonostante il loro carattere pericoloso, queste idee e la loro applicazione pratica nel movimento rimandano a decisive questioni teoriche e politiche del movimento rivoluzionario e operaio. Riemergono questioni fondamentali che il movimento ha dovuto affrontare in passato: che posizione devono assumere i movimenti contro la guerra e il movimento operaio di fronte alle contraddizioni interimperialiste? E’ possibile che il movimento popolare di un dato paese rinvii le iniziative da prendere quando le condizioni sono mature per aspettare che le condizioni maturino in altri movimenti e altri paesi? E’ possibile realizzare il rovesciamento del capitalismo in un solo paese, o ciò è possibile solo se avviene in tutto il mondo?
Funzione e compiti del movimento operaio
Un’analisi leninista fornisce il quadro per rispondere correttamente a queste fondamentali questioni teoriche e politiche. La realtà della persistente barbarie delle guerre imperialiste fa piazza pulita di tutte le illusioni sulla possibilità di un pacifico "ultraimperialismo". La vittoria della controrivoluzione e la restaurazione capitalista hanno avuto profonde conseguenze negative per le vite e i diritti dei popoli in tutto il mondo. E tuttavia questa vittoria, che facilita l'internazionalizzazione delle economie capitaliste, l'allargamento e l'estensione in profondità del mercato mondiale con la crescente mobilità del capitale, non ha risolto nè poteva risolvere le contraddizioni del capitalismo e non ha abolito la sua crisi. I rapporti che si sviluppano tra le economie capitalistiche esprimono la tendenza all'unificazione del capitalismo e riflettono sempre i rapporti di forza (politici, economici e militari), ma non possono mai eliminare lo sviluppo ineguale del capitalismo, i conflitti tra i monopoli, le contraddizioni interimperialiste e la guerra. Questi rapporti si basano sul presupposto della dipendenza economica e politica dei paesi più deboli e si accompagnano alla tendenza opposta alla dissoluzione dei rapporti e delle alleanze tra paesi capitalisti.

Gli accordi e i trattati tra stati non eliminano gli stati nazionali capitalisti. Le decisioni internazionali non potrebbero esistere senza gli stati nazione e i rispettivi governi. Un pugno di grandi potenze mette il suo sigillo su queste decisioni, anche se è poi possibile che molti altri paesi le appoggino ed eseguano (per esempio la quarantina di paesi che hanno aiutato gli USA in Iraq).

In questa situazione l'efficacia della lotta della classe operaia e degli strati popolari contro la guerra dipende dalla capacità di affrontare le cause di fondo della guerra imperialista, cioè la ricerca incessante del profitto, lo sviluppo diseguale delle economie capitaliste e le feroci rivalità che ne derivano tra le potenze imperialiste. La lezione fondamentale che viene dalla storia delle guerre imperialiste sta nel fatto che là dove è stato possibile impedire o fermare una guerra, ciò è avvenuto solo col rovesciamento dei suoi propugnatori (la borghesia) mediante la lotta di popolo o grazie all'esistenza di un potente contrappeso e alla minaccia da esso costituita per la stabilità del potere imperialista.

Pertanto, perchè la crescente e massiccia protesta popolare contro la guerra possa avere forza sufficiente a impedirla, bisogna che si sviluppino tattiche e strategie che sappiano sfidare e minacciare l'imperialismo sia globalmente che a livello di ciascun singolo paese. Ogni tentennamento su questa questione di fondo equivale, consciamente o inconsciamente, a disarmare il movimento contro la guerra.

Il futuro di questo movimento a livello globale è strettamente legato al suo futuro in ogni singolo paese e alla sua capacità di modificare radicalmente i rapporti di forza all'interno di più paesi possibile, piccoli o grandi, per andare nella direzione di cambiamenti al livello del potere statale in completa e chiara opposizione agli interessi dei monopoli e dell'imperialismo. E' legato alla capacità dei partiti comunisti e operai di formulare una strategia rivoluzionaria coerente e scientifica che sfidi e alla fine rovesci il capitalismo. Una strategia di questo tipo dovrebbe unificare nella lotta comune forze aventi prospettive diverse, che possono non essere d'accordo sul socialismo, ma che sono disposte a lottare attivamente contro gli interessi dei monopoli e dell'imperialismo.

Le lotte a livello nazionale sono collegate strategicamente al coordinamento e all'azione comune a livello internazionale, all'internazionalizzazione della lotta di classe. Le varie manifestazioni e le altre iniziative a livello internazionale non devono indurci a ritenere che si sia costruito un forte movimento globale orientato a contestare le fondamenta stesse del sistema capitalista.

L'efficacia futura del movimento dipenderà sia dalla sua composizione che dal suo orientamento. Il crescente movimento internazionale dovrà alla fine cristallizzarsi in un movimento antimperialista e anticapitalista che tragga forza dai movimenti nazionali e che viceversa conferisca loro una nuova dinamica. Deve diventare un movimento che aiuti il popolo non solo ad acquisire la capacità di ostacolare nuovi piani e impedire la guerra dovunque possibile ma anche di riuscire a ribaltare i rapporti di forza. Se così non fosse, la borghesia e i suoi agenti lo assorbirebbero.

Deve essere un movimento autenticamente internazionalista che non si lasci fuorviare dalle politiche di "divide et impera" o dai tentativi degli stati imperialisti di usarlo come una pedina nei loro conflitti di potere. Dovrebbe tener conto delle contraddizioni interimperialiste, ma senza d'altra parte prender partito e appoggiare attivamente l'uno o l'altro dei contendenti. Comprendendo la natura oggettiva di queste contraddizioni, i movimenti popolari dovrebbero riuscire ad avvantaggiarsene per indebolire il nemico (l'imperialismo in generale) e creare le condizioni per il suo rovesciamento e per la vittoria del socialismo.

Il progresso in questa direzione dipenderà in larga misura dal percorso di coordinamento e di azione comune del movimento comunista internazionale, un percorso che deve passare l'esame del dialogo sui problemi ideologici moderni e sulle differenze ideologiche esistite in passato, ma che sono oggi ancora più acute in seguito alla vittoria della controrivoluzione. L'esigenza di questo coordinamento si fa sempre più pressante per consentire la formazione di un polo antimperialista distinto che non si lasci assorbire all'interno dei vari Forum, moderna trappola per i movimenti sociali.

Una lotta coerente e vincente contro il capitale monopolistico e l'imperialismo non può essere condotta senza lottare senza quartiere contro l'opportunismo e la socialdemocrazia, correnti ideologiche e politiche che devono essere sconfitte nel movimento. Come sottolineò Lenin (nella sua opera fondamentale "L'imperialismo fase suprema del capitalismo"), "La lotta contro l'imperialismo è una frase falsa e vuota se non è indissolubilmente legata alla lotta contro l'opportunismo". In nome del "rinnovamento", l'opportunismo ha abbandonato la lotta di classe, ha appoggiato le politiche di ristrutturazione capitalista e si è posto al fianco di questa o quella potenza imperialista. Esso respinge le leggi dello sviluppo sociale che portano al socialismo e al tempo stesso copre la sua ulteriore ritirata con la retorica anticapitalistica e con lo slogan socialdemocratico di "un altro mondo è possibile".

A questo proposito noi riteniamo che sia indispensabile difendere le conquiste delle società socialiste costruite nel corso del XX secolo e analizzare criticamente, sulla base del marxismo-leninismo, i fattori che hanno portato agli avvenimenti controrivoluzionari degli ultimi due decenni. L'imperialismo cerca continuamente di distorcere e negare le conquiste del socialismo per la classe operaia, all'ovvio scopo di impedire ogn tentativo di coordinamento popolare e resistenza contro le sue politiche.

Ciononostante, ogni giorno che passa diviene sempre più evidente che le società socialiste del XX secolo sono riuscite a risolvere positivamente un buon numero di problemi tra i più gravi per la vita quotidiana della classe operaia (pieno impiego, abitazione gratuita, sanità e vacanze gratuite, istruzione gratuita e garantita, alti livello di sviluppo culturale), tutti problemi che angustiano la vita delle masse lavoratrici nei paesi capitalisti. Al tempo stesso il socialismo, proprio per il suo carattere di società libera dallo sfruttamento, ha dimostrato di rappresentare un contrappeso globale importante contro le politiche aggressive dell'imperialismo mondiale. Gli avvenimenti controrivoluzionari nei paesi socialisti non modificano le tendenze oggettive dello sviluppo sociale e la necessità sociale del salto rivoluzionario.

In conclusione, l'imperialismo non può esistere senza guerra perchè la sua base e la sua ragion d'essere è lo sfruttamento della classe operaia , l'opressione nazionale e la ricerca di superprofitti monopolistici. La guerra imperialista è una necessità strategica di classe per la borghesia, la continuazione delle sue politiche "pacifiche". Le seguenti parole di Lenin, scritte nel corso della prima guerra mondiale, danno un orientamento fondamentale per il movimento odierno:

"Per controllare il potere reale di uno stato capitalista non ci sono altri mezzi che la guerra... Lo sviluppo economico equilibrato delle varie economie e dei vari stati è impossibile nelle condizioni del capitalismo. Nelle condizioni del capitalismo non ci sono altri mezzi per ristabilire di tanto in tanto l'equilibrio violato che le crisi industriali e la guerra in campo politico".

Per la classe operaia e gli altri strati oppressi della società lottare contro le cause di fondo della guerra e scontrarsi e rovesciare il capitalismo monopolistico è dunque una necessità strategica di classe. Come Lenin sottolineò significativamente: "le guerre diverranno impossibili solo quando avremo rovesciato, definitivamente sconfitto ed espropriato la borghesia in tutto il mondo e non solo in un unico paese".

Centro Studi Marxista, Atene


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