03/01/2005: I falchi dell’amministrazione Bush spingono per un cambio di regime in Corea del Nord.


I falchi dell’amministrazione Bush spingono per un cambio di regime in Corea del Nord.

Di Jim Lobe

Washington – La coalizione dei consiglieri americani di politica estera più conservatori, gli stessi che promossero l’invasione dell’Iraq nel 2003, sta ora pressando il presidente Usa George W. Bush, nonostante l’opposizione di Cina e Corea del Sud, ad adottare una politica più coercitiva nei confronti della Corea del Nord.
Secondo la maggior parte delle ricostruzioni, la Corea del Nord è stato uno degli argomenti più discussi nei colloqui bilaterali tra Bush e i leader dell’Asia nordorientale, compreso il presidente cinese Hu Jintao, al summit dell’APEC (Asia Pacific Economic Cooperation), tenutosi a Santiago del Cile lo scorso weekend. Il tema, tuttavia, non è stato menzionato nel comunicato finale.
Secondo le ricostruzioni, Bush ha cercato di chiarire che la sua pazienza verso Pyongyang e i suoi sforzi di bloccare le “consultazioni a sei” stava rapidamente scemando, e che Washington, in caso di un mancato progresso verso un accordo che preveda lo smantellamento del programma di armamento nucleare nord coreano, chiederà l’adozione di pesanti misure nei confronti della Corea del Nord.
Domenica Bush ha dichiarato che i suoi interlocutori, compresi leader dei quattro paesi che partecipano alle trattative (Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud) concordavano con la posizione americana, ma Hu e il presidente sud coreano Roh Moo-huyn non hanno smentito la loro ferma opposizione all’adozione di una linea oltranzista nei confronti di Pyongyang.
La notizia che i falchi dell’amministrazione americana si stanno mobilitando è confermata da un fax dal titolo “Verso un cambio di regime in Corea del Nord” che William Kristol, influente neo-conservatore che dirige il Project for a new American Century (PNAC), ha spedito ai giornalisti e a vari esponenti pubblici lunedì scorso.
Le dichiarazioni del PNAC sono molto rare, e vengono, quindi, prese in notevole considerazione. Il PNAC si onora di avere, tra coloro che firmarono la sua carta costitutiva nel 1997, il vice presidente Usa Dick Cheney, il capo del Pentagono Donald Rumsfeld, il vice-ministro della difesa Paul Wolfowitz e il potente capo dello staff di Cheney, Lewis Libby.
“È chiaro che si rendono conto della transizione tra il primo e il secondo mandato di Bush, e, prima che inizi un nuovo giro di ‘consultazioni a sei parti’, tentano di modificare la linea politica dell’amministrazione” ha commentato lunedì un veterano dell’Inter Press Service.
La dichiarazione di Kristol, in particolare, fa riferimento a due articoli, tra cui uno scritto da Nicholas Eberstadt, un esperto sulla Corea del Nord dell’American Enterprise Institute (AEI), e apparso la scorsa settimana nel Weekly Standard, settimanale conservatore diretto da Kristol.
L’articolo, “Demolire la tirannia”, chiede l’applicazione di una strategia strutturata su sei punti e tendente a rimuovere il leader nord coreano Kim Jong-il, in parte “cercando di convincere la componente più moderata del governo sud coreano”, che apparentemente comprende lo stesso presidente Roh.
Il secondo articolo, apparso domenica sul New York Times, elenca tutta una serie di elementi, quali la defezione di alti quadri dello stato nord coreano e la circolazione di saggi anti-governativi, che alti ufficiali giapponesi e la stampa nipponica citano per dimostrare che l’esercizio del potere da parte di Kim sarebbe sempre più difficile.
L’articolo, in particolare, riprende una recente dichiarazione di Shinzo Abe, segretario generale del governativo Liberal Democratic Party (LDP), secondo la quale un “cambio di regime” in Corea del Nord è una possibilità de tenere in considerazione e “dobbiamo cominciare a fare simulazioni sul che fare in quel momento”.
“Recenti indagini evidenziano la presenza di emergenti crepe all’interno della struttura di potere staliniana della Corea del Nord, e anche la nascita di una serie attività di dissidenza all’interno del paese”, ha scritto Kristol. “Ciò ci dovrebbe ricordare che una delle priorità del presidente Bush nel suo secondo mandato sarà di risolvere i problemi con gli stati più pericolosi”. L’articolo continua con una citazione della strategia di Eberstadt, definita “una guida utile per una migliore politica verso la Corea del Nord”.
L’articolo di Eberstadt, che criticava la politica di Bush durante il suo primo mandato come “reattiva” e “paralizzata da conflitti interni”, parte dall’assunto che ogni sforzo volto a persuadere la Corea del Nord a rinunciare al suo programma nucleare, che secondo i servizi segreti Usa potrebbe includere otto armi nucleari, sono quasi certamente vani.
“È molto improbabile che riusciremo a convincere l’attuale governo nord coreano e rinunciare alle sue mire nucleari” scrive Eberstadt, rigettando così implicitamente l’obiettivo principale delle “consultazioni a sei”.
Inoltre, continua, la crisi nucleare e il governo della Corea del Nord sono fondamentalmente la stessa cosa: “A meno che e fino a che non avremo una nuova classe di dittatori in Corea del Nord, avremo a che fare con una continua e quindi crescente crisi in Corea del Nord”.
Per raggiungere il desiderato “cambio di regime”, Eberstadt chiede innanzitutto una epurazione del Dipartimento di Stato Usa di tutti coloro che, durante il primo mandato Bush, hanno sostenuto la necessità di coinvolgere Pyongyang. Wahington, secondo Eberstadt, dovrebbe anche far pesare sulla “Cina la responsabilità del problema Corea del Nord”, chiarendo a Pechino che “vi saranno gravi conseguenze se l’attuale diplomazia della denuclearizzazione fallisce”.
Contemporaneamente, gli ufficiali Usa devono riconoscere che la Corea del Sud è, sotto Roh e il nucleo centrale del suo governo, “implacabilmente anti-americano e di riflesso a favore delle concessioni [verso la Corea del Nord NdT]”, diventata un alleato incontrollabile, “un paese che confina con uno stato il cui obiettivo è la distruzione del primo, e per di più governato sempre più secondo i precetti propri dei centri per i ‘peace studies’.”“Invece che fare concessioni a coloro che in Corea del Sud fanno concessioni (come la nostra politica ha finora fatto, sebbene maldestramente)”, scrive Eberstadt, “l’America dovrebbe parlare oltre le loro teste, direttamente alla popolazione coreana, costruendo e aiutando le coalizioni nella politica sud coreana che, in definitiva, riporteranno un alleato stravagante sulla retta via”.
Washington dovrebbe anche preparare “gli strumenti non diplomatici per la riduzione della minaccia nord coreana”, scrive, sostenendo che prepararsi per l’uso di tali opzioni – presumibilmente un embargo economico, o anche degli attacchi militari – “in realtà aumenterà le possibilità di successo diplomatico”.
Infine, riecheggiando Shinzo Abe, del LDP giapponese, Eberstadt ha chiesto che si progetti, con tutte le altre parti interessate, una “penisola coreana post-comunista, […] per massimizzare le opportunità e minimizzare i rischi in questo delicato e potenzialmente pericoloso processo”.
La strategia di Eberstadt, secondo alcuni analisti, riprende largamente le opinioni di John Bolton, sotto-segretario per il controllo delle armi e la sicurezza internazionale, ed ex vice presidente dell’American Enterprise Institute, che sta apertamente correndo per il posto di vice segretario di stato con Condoleezza Rice.
Bolton, probabilmente il personaggio più conservatore all’interno dell’amministrazione statunitense, gode di un ampio supporto nell’ufficio di Cheney e in altre roccaforti della destra, incluso il Weekly Standard e le pagine editoriali del The Wall Street Journal.
Domenica, il governatore di Tokyo Shintato Ishihara, che sostiene di essere in buoni rapporti con Bolton, ha dichiarato alla Fuji Television che Bolton vuole imporre delle sanzioni economiche contro la Corea del Nord, e che, dal punto di vista Usa, ciò porterebbe alla estromissione di Kim “entro un anno”.



Articolo apparso il 24 novembre 2004 su www.atimes.com



traduzione dall'inglese di Enrico Lobina


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