07/08/2005: Spagna, Torturati ma con "buone maniere"


Quello che segue è il resoconto scritto di un prigioniero politico imprigionato nel carcere Soto Real di Madrid.
David Garaboa racconta al mondo la sua esperienza di tortura e la consuetudine di tale pratica nella Spagna del 2005.
Questo documento può essere liberamente e ampiamente diffuso nel circuito della solidarietà internazionale.

Torturato: ma con "Buone Maniere"

Sono stato arrestato il 30 maggio, intorno alle 20.30, al confine tra Port Bou (Girona) e la Francia. Dopo la richiesta di mostrare i miei documenti, numerosi agenti mi portarono alla stazione di polizia dove, al rifiuto di dichiarare le mie generalità, ricevetti numerosi colpi al viso e calci alle gambe e nel fianco. Cominciavo a sanguinare copiosamente dalla bocca e dal naso, cosicché mi fu offerta della carta igienica per pulirmi e poiché mi rifiutai di farlo, essi iniziarono a sfregarlmela violentemente sulla
faccia.
Più tardi arrivò un altro poliziotto in abiti civili - lo stesso che insieme ad altri ritrovai successivamente a condurre il mio interrogatorio a Barcellona - che, per ottenere i miei dati, iniziò a colpirmi allo stomaco e alla testa.
Durate uno di questi colpi, ruppe il suo orologio e questo fu un pretesto per colpirmi ancora.
Dopo ciò, sostituirono il nastro adesivo con cui mi tenevano legati i polsi dietro la schiena con un paio di manette che strinsero brutalmente. Mi gettarono nuovamente per terra, supino sul pavimento, per pestarmi la cassa toracica e lo stomaco, causandomi un forte dolore ai polsi.
Più tardi mi annunciarono che mi stavano per portare alla stazione di polizia di Barcellona e che se avessi continuato a tacere si sarebbero fermati nel bosco della Gironda per sparami un colpo. Nell'automobile continuarono a provocarmi e, raggiunta una zona poco illuminata di un'area di servizio lungo l'autostrada, mi fecero scendere dall'auto per "fare un giro nel bosco dove nessuno ci avrebbe visto e sentito". Dato che rimasi tranquillo, mi fecero rientrare in macchina spingendomi violentemente e mi avvertirono che a Barcellona i loro capi avrebbero chiesto "soluzioni rapide".
Una volta a Barcellona, mi misero in una cella e quelli che più tardi avrebbero preso parte all'interrogatorio sfilarono di fronte a me. Tra loro, naturalmente, anche "il poliziotto buono" che si offrì di aiutarmi se avessi deciso di parlare.
I primi tre giorni di isolamento furono caratterizzati dalle torture fisiche: mi colpirono e mi torsero il pene e i testicoli, mi strapparono i peli del pube e la barba con guanti di lattice e così via.
Questa volta, a differenza di quanto accaduto a Port Bou, fecero molta attenzione a non lasciare segni sul mio corpo.
Ricevevo minacce costanti e di ogni tipo. Insistevano a dire che alla fine avrei parlato e aggiunsero: "se ce ne fosse bisogno useremo il sacchetto, il cavallo elettrico o gli elettrodi e se fosse necessario appenderti per i testicoli al soffitto, faremo anche quello. Stai certo che non uscirai vivo da qui se non ci dirai quello che sai, noi abbiamo l'impunità. Per i giudici del tribunale tu non sei altro che un fottuto terrorista e se disgraziatamente in queste circostanza ti suicidassi, nessuno chiederebbe alcun chiarimento".
A tutto ciò si aggiungeva la costrizione a rimanere sveglio, l'obbligo di stare in piedi, le umiliazioni, gli insulti, ecc. Hanno anche usato ricatti psicologici e droghe.
Poiché rifiutavo il loro cibo e le bevande, eccetto l'acqua di rubinetto, decisero di spruzzare il pavimento sotto la porta con un liquido che mi provocò delle allucinazioni: vedevo la mia pelle che si strappava, serpenti e lucertole sul pavimento, le pareti assumevano sagome e forme diverse, e questo fatto mi provocava una certa paranoia quando provavo ad appoggiarmici. Credo che per aumentare la mia condizione di paranoia abbiano portato in cella una specie di coperta gonfiata dall'esterno che mi diede l'impressione di
una gabbia con dentro topi e serpenti. Mi resi conto che non era reale perché ci sbattei una sedia sopra. Un altro effetto che le droghe provocavano era il disorientamento, uno stato di stordimento, riflessi lenti e una grande arsura. Oltre a ciò, controllavano tutti i miei movimenti e le reazioni tramite una telecamera posta all'interno della cella.
Riguardo ai ricatti psicologici, finsero di avere arrestato la mia ex compagna a Coruna e mi mostrarono una donna poliziotto travestita con la sua stessa acconciatura e abbigliamento. Hanno provato anche a farmi credere di avere arrestato la mia attuale compagna, minacciandomi di imprigionare i miei amici, che non sapevano della mia militanza comunista, con l'accusa di "partecipazione a banda armata", se non avessi risposto a ciascuna delle loro domande.
Un altro trucco usato per cercare di persuadermi, è stato quello di interrogarmi
in una stanza in cui tenevano come "trofeo" le foto dei miei compagni assassinati
e caduti nella lotta.
Nelle ultime 48 ore dei cinque giorni di prigionia, ammorbidirono il trattamento: smisero di picchiarmi e mi permisero di cambiare gli indumenti sporchi di sangue con abiti puliti. Su questa decisione può avere influito il fatto che per ben due volte dovettero condurmi in ospedale in ambulanza per le forti emorragie al naso. Ciò di cui sono convinto è che abbiano ricevuto l'ordine di farmi arrivare in Tribunale senza segni di torture sul corpo.
Benché, a dire il vero, al giudice Maria Teresa Palacios non sembrò grave che mi presentassi davanti a lei con evidenti segni sul viso di violenza e maltrattamenti, infatti non chiese alcun chiarimento. Come feci al commissariato, mi rifiutai di rilasciare qualsiasi dichiarazione. Quello che vale la promessa di cambiamento e rigenerazione democratica l'ho provato nella mia propria carne: la tortura non è incompatibile con la legge.
Il comando sembra essere: "tortura sì, ma che non si noti troppo".
Comunque sia, quando entrai in prigione avevo ancora i segni dei colpi ricevuti: lesioni gravi al naso, alla bocca e l'occhio sinistro gonfio, un dente torto e spezzato, numerose ferite al cuoio capelluto e al piede destro, problemi di circolazione al pollice della mano destra, cicatrici a entrambe le mani e polsi.
Per il resto sono rinfrancato e disposto a continuare subito la lotta su questo fronte, quella contro i centri di sterminio dello stato fascista.

David Garaboa Bonillo
Militante del Partito Comunista de España (reconstituido)

Prisisón de Soto del Real
Luglio 2005

http://www.autprol.org/