23/02/2006: UNO SCRITTO DI TOMBOLINO


Nel momento che volge a termine una delle tante inquisizioni dello STATO-CAPITALE agli anarchici con questa mia lettera voglio: riaprire un dibattito nella speranza che confrontandoci non si esaurisca come al solito, fare una proposta, ed infine ringraziare tutti coloro che mi hanno dato amore e forza in questi lunghi giorni di prigionia.

Tutte queste manovre repressive (Lecce, Pisa, Cagliari e tante altre) secondo me sono fatte con lo scopo di stroncare o comunque rallentare il percorso che tutti/e i/le compagne/i hanno intrapreso nella liberazione individuale e collettiva. Non voglio entrare nel merito del processo (prove costruite o non etc..) credo che, con le due righe sopra, abbia espresso in modo sommario il mio parere rispetto alle diverse inchieste repressive. Vorrei che in qualche modo si prendesse una posizione più "netta" nei confronti dei nostri inquisitori, riaprendo un confronto che troppe volte è finito con le solite polemiche("giusto" o meno difendersi, etc.).

Io ho deciso di difendermi dalle accuse rivoltemi contro e nonostante ciò cerco di non "vittimizzare" la mia posizione nei confronti del macigno chiamato giustizia, penso che decidere di difendersi quindi "riconoscere" ed "accettare" il tribunale per quello che è (mezzo discriminante degli uomini sugli uomini) da Anarchico è o può sembrare incoerente. Però vorrei che si riuscisse più obiettivamente e realmente a pensare ciò che accadrebbe nel seguire fino in fondo l' "ideologia", saremmo privati della presenza nelle lotte e anche degli affetti di molti/e compagni/e.
Invece "limitare i danni" difendendosi potrebbe farci "risparmiare" il sequestro da parte dello Stato perpetrato con il carcere, nonostante ciò non sono un idiota a pensare che esso (il sequestro) non possa avvenire in qualsiasi momento, visto che ancora non processato dopo sedici mesi di prigionia è da tre che sono costretto ai domiciliari. Per non dire che dal tre dicembre 2003 sono ostaggio del potere: carcere, domiciliari, firme, carcere, ed ancora domiciliari.

Credo in futuro dovremmo trovarci più preparati agli attacchi che in difesa del potere il sistema poliziesco ci riproporrà: partendo dal Ministro degli Interni Pisanu (attuale) che ha voluto per forza queste e altre inchieste; passando dai magistrati di turno pronti senza scrupoli o coscienza (parola troppo grossa) in "collaborazione" più stretta con gli uomini più deplorevoli dell'esistente: sbirri, politici e giornalisti, a "eliminare" chi nel suo piccolo o grande si ribella alla "schiavitù" destinata a chi accetta di convivere nella pace sociale di questa società.

Come dicevo all'inizio le varie inchieste è un ritardare nel tempo il "processo" di liberazione, per questo penso che dovremmo essere tutti/e più determinati/e, impegnati/e e forti. Continuando si a sostenere i/le compagni/e prigionieri/e, ma anche a non incentrare tutte le nostre forze su di loro, ricordandoci che le inchieste vogliono ritardare a differenza nostra, il giorno in cui il dissenso supererà l'ipocrisia di essere pedine con le quali il potere gioca. Questo discorso ovviamente è d'approfondire sia individualmente che collettivamente, spero che mi/ci aiuterete/remo parlandone nei momenti meno pesanti per poi poterci trovare più preparati nei momenti più duri.

Vengo ora alla proposta che voglio fare ai/alle compagni/e coimputati/e, la quale per me potrebbe essere un modo di rispondere unanimemente ai nostri inquisitori, agli/alle altri/e, che sono stati sempre presenti a sostenerci alle udienze precedenti.

Nel giorno in cui lo STATO-CAPITALE nelle vesti della "1 corte d'assise" di Roma emetterà la sentenza nei miei confronti ed altri/e compagni/e, diserterò l'aula, questo per protestare e condannare le sentenze emesse dai tribunali, per protestare e condannare tutte le inquisizioni che nel recente passato e presente hanno criminalizzato e criminalizzano i/le compagni/e anarchici/che italiani/e e internazionali.
Tutta l'inchiesta, il processo, ed ora la sentenza soprattutto, sarà utile al recupero del consenso da parte dello stato dell'opinione pubblica.
Disertare l'aula per me significa anche prendere una "netta" posizione e vuole essere un non accettare il verdetto, quale esso sia.
Infatti nessuna assoluzione potrà ridarmi ciò che mi è stato tolto, e soprattutto non vorrei ferire la mia dignità esultando o solo sorridendo (cosa, che forse istintivamente potrebbe accadere).

Mentre nessuna condanna "condizionerà" il mio futuro nel percorso intrapreso alla ricerca della libertà, continuerò ovunque mi troverò a portare avanti le lotte contro questa democrazia associata a "libertà". Non vedo libertà con l'esistenza di qual si voglia segregazione di uomini o donne: nelle carceri così come nei C.P.T., nei manicomi come col T.S.O., nelle fabbriche come nelle scuole, ai domiciliari come alle firme, si potrebbe continuare all'infinito.
Che leggessero, lo squallore della loro sentenza in un aula vuota di individui libertari, piena solo dello squallore dei nostri inquisitori, degli speculatori mediatici, di coloro che hanno accettato come scelta di vita la logica del sistema giudiziario, dei loro cani da guardia pronti ad essere sguinzagliati nel momento che ci fosse un minimo di dissenso.

Approfitto ora per dedicare un poco di spazio a voi compagni/e per i/le quali/e avrei da fare un apprezzamento uno per una, ma scrivervi singolarmente mi "costerebbe" molto più tempo e quindi rivolgo a tutti/e il mio più sincero affetto. Nei giorni di prigionia non ho fatto altro che aspettare con fiducia il giorno in cui ci saremmo potuti riabbracciare, non ho fatto altro che resistere alle provocazioni subite, traendone la soddisfazione più grande nel non diventare una "cavia" sulla quale i miei carcerieri potessero sfogare la rabbia di chi più di altri/e si sente uno/a "schiavo/a".
Non so quanto io possa aver dato a tutti/e voi, a me avete dato tanto, forse anche troppo, spero con la mia vita saprò "ripagarvi". L'affetto dimostratomi/ci, è stato, ed è qualcosa di eccezionale.

Un particolare abbraccio va a coloro che la repressione ha percepito anni di galera, o addirittura carcere a vita, perché hanno saputo ascoltare le mie angosce e mai fatto subire le loro. Un abbraccio pieno di sostegno e stima per coloro che hanno deciso di darsi alla latitanza, chi con più fortuna chi con meno. Ringrazio David, Simone, Sergio, per l'amore dimostratomi e per la loro forza; ringrazio Valentina, Claudia, Stefano, Danilo, Massimo, perché nonostante il colpo duro subito hanno saputo reagire e darmi la forza per andare avanti.

UN PARTICOLARE RICORDO VA A TUTTI/E I/LE COMPAGNI/E CADUTI/E COMBATTENDO CONTRO LO STATO E IL CAPITALE.

Come sempre più di prima vi abbraccio arditamente, vostro compagno, fratello, amico, TOMBOLINO.

Tutti/e gli/le imputati/e diserteranno l'aula nel momento che verrà letta la sentenza.

Fonte: CroceNeraAnarchica

http://www.autprol.org/