23/02/2006: Da Bergamo sul processo ai compagni e proteste nel carcere


Il 12 Novembre 2005 si svolgeva a Bergamo una manifestazione non autorizzata contro il carcere e il sistema che lo genera.
Il corteo giunto nelle vicinanze del carcere, dopo essere transitato tranquillamente - ma in modo determinato - per il quartiere popolare di Celadina, veniva bloccato dalla polizia con lo scopo di non permettere un contatto visivo e sonoro con i detenuti. Dopo un momento di riflessione si è deciso di cambiare il percorso facendosi comunque sentire dai detenuti attraverso una serie di cori e con il lancio di botti in solidarietà a chi è costretto a vivere circondato dal silenzio. Ne sono seguite immediate cariche di alleggerimento, poi una serie continua di rastrellamenti e pestaggi da parte degli agenti in borghese persino ore dopo la manifestazione.
Il bilancio di questa azione repressiva al corteo è stato di 26 persone fermate, delle quali 12 rilasciate in tarda serata e 14 trattenute in carcere per i successivi 4 giorni e poi rilasciate senza restrizioni, eccetto due con obbligo di dimora.

Il giorno dopo la sentenza il capo della digos Addato si recava negli uffici del tribunale inveendo contro i giudici responsabili di una sentenza, secondo lui, troppo leggera; mentre la P.M. Carmen Puglisi ricorreva in appello al tribunale del riesame di Brescia per fare incarcerare questi elementi “di elevata pericolosità sociale” colpevoli di avere manifestato la loro rabbia contro un sistema di tortura.
Il risultato è stato un inasprimento delle misure cautelari per tutti gli imputati: due domiciliari, tre obblighi di dimora e nove obblighi di firma-nessuno dei quali attualmente in corso. La lettura degli atti della sentenza configura però il tentativo di alimentare le assurde tesi del complotto contro le istituzioni: da quattordici delinquenti a quattordici eversivi... mentre si stanno concludendo le indagini per gli altri sedici indagati, per la maggioranza bergamaschi (almeno secondo i giornali locali).
La repressione è stata veramente dura e non si è ancora conclusa ma non è servita a zittire chi ha aperto uno squarcio attorno al silenzio che circondava il carcere “modello” di Bergamo, modello di annientamento fisico e mentale a cui è preposta questa istituzione totalitaria.

Dopo la manifestazione la Bergamo perbenista non è più riuscita a nascondere uno dei luoghi dove emergono le spaventose contraddizioni delle città in cui viviamo: uguaglianza a parole e emarginazione nei fatti, idee e proclami da città socialmente pacificata dove in realtà la marginalità sociale è braccata, arrestata e poi confinata in carceri e c.p.t. o viscidamente normalizzata dall'uso massivo di ricoveri psichiatrici coatti. Ora una parte dell'opinione pubblica comincia quantomeno a ragionare sulle condizioni inumane in cui sono costretti i detenuti di un carcere sovraffollato e dove si sono verificati vari suicidi.

In questi tempi duri la lotta al carcere di Bergamo continua sia dentro che fuori. Subito dopo la manifestazione c'è stato un tumulto in un braccio della prigione, mentre a Gennaio ci sono stati quattro giorni di sciopero della fame per protestare contro le condizioni carcerarie e sollevare la questione dell'indulto. Da fuori c'è il tentativo di costruire un percorso di solidarietà attiva: portando un rumoroso saluto alla sera o attraverso il rapporto epistolare per fare sentire anche fuori i problemi quotidiani di chi sta dentro. Stiamo raccogliendo libri e testi scolastici da mandare all'interno del carcere. Progetto ancora embrionale, che però ha suscitato subito interesse e collaborazione con alcune librerie della zona.
Il percorso, chiaramente, e' ancora lungo. Si e' partiti dal sollevare il problema della vivibilità nel carcere, del totale isolamento di chi sta dentro, per arrivare ad allargare il problema fino a giungere al fondamento stesso di carcere e pena e i dei sistemi sociali che li producono. Il muro di indifferenza che fino ad ora ha regnato a Bergamo ha iniziato a creparsi.

Il 14 marzo a Bergamo ci sara' il processo ai 14 “temibili sovversivi”. Non passerà sicuramente nel silenzio.

Conto corrente spese legali: ANITA PETTENI conto numero: 000069279594
codice abi: 07601 codice cab: 11100

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