29/03/2006: SOLIDARIETA’ AGLI UOMINI E ALLE DONNE IN RIVOLTA


“Nella Civiltà vegeto; non sono nè felice, nè libero;
perchè dunque dovrei desiderare che quest’ordine
omicida venga conservato? Non c’è più nulla da
conservare di ciò che la terra sopporta!”
E. Coeurderoy.

In questi tempi di campagne elettorali, in cui lo Stato democratico mostra una delle sue facciate più artefatte e subdole per provvedere alla propria sussistenza e continuazione, appare sempre più chiaro come gli schieramenti politici non abbiano oggi neanche più il bisogno di giustificarsi attraverso mendaci contenuti ideologici, sostituiti semplicemente con la rappresentazione televisiva dello scontro tra le varie istanze di cui si proclamano portavoce. Chiaramente non stupisce il fatto che i gruppi politici che si contendono il governo di un paese siano sostanzialmente fatti della stessa pasta, e possiedano le stesse preoccupazioni. Una di queste è porre un argine al dissenso interno che, alimentato dalle incongruenze della stessa società democratica, rappresenta un grave pericolo per la salvaguardia dei loro interessi e del regime fondato sulla pacificazione sociale che li garantisce.
In quest’ottica va inquadrata tutta una serie di manovre repressive che negli ultimi anni ha caratterizzato l’operato del ministero degli interni e che prescinde dallo schieramento d’appartenenza del ministro Pisanu, come dimostrano i continui plausi alle sue scelte da parte di parecchi componenti dell’opposizione parlamentare.
Pensiamo ad esempio all’istituzione dei C.P.T. (centri di permanenza temporanea), vere e proprie carceri camuffate da centri di accoglienza, introdotte prima dalla sinistra e piaciute così tanto alla destra da essere diventate il cavallo di battaglia di quest’ultima nella lotta alla clandestinità, nonché nella prevenzione del terrorismo di matrice islamica. Pensiamo alla miriade di inchieste per associazione sovversiva sulla cui base le varie procure, dirette con cura dal ministero degli interni, hanno “scientificamente” effettuato decine di arresti tra gli anarchici di tutta Italia. Pensiamo al cosiddetto “Pacchetto Pisanu” e alle modifiche apportate all’articolo 270 bis per renderlo più efficace nella lotta al terrorismo di matrice eversiva, l’introduzione del regime speciale carcerario 41 bis ai prigionieri politici (già in vigore per i prigionieri delle nuove Brigate Rosse), così come l’idea sbandierata ormai da tempo di una superprocura nazionale antiterrorismo che possa condurre a termine i processi in maniera più organica e con maggiore “profitto”, idea che la sinistra si è affrettata a fare propria. Pensiamo a come vengono represse le proteste popolari, come ad esempio l’opposizione degli abitanti della Val di Susa alla devastazione che il progetto T.A.V., acclamato da destra e sinistra come irrinunciabile fonte di progresso, è in procinto di portare nei loro territori.

Oggi lo Stato coglie i frutti di tanta operosità: si è infatti concluso il primo grado dell’inchiesta sull’ “operazione Cervantes” e, sebbene l’accusa di associazione sovversiva sia caduta per tutti i compagni, il P.M. ha ottenuto condanne pesanti per Marco, Simone e Massimo; è iniziato in questi giorni il processo ai compagni per l’inchiesta pisana sulle C.O.R. (Cellule di Offensiva Rivoluzionaria) e nel frattempo i compagni arrestati nell’operazione leccese “notte tempo” sono sottoposti in carcere a trattamenti particolarmente pesanti e soggetti a continui trasferimenti. Inoltre la repressione continua incessantemente a fare il suo corso: prendono nuovi spazi i movimenti neofascisti, da sempre strumento del potere, spesso usato dalle forze di repressione quando non riescono a gestire l’oppressione quotidiana attraverso gli strumenti di cui ufficialmente sono dotate. Così l’11 marzo, in occasione di una manifestazione autorizzata di questi loschi figuri per le vie di Milano, centinaia di antifascisti si sono riversati nelle strade del capoluogo lombardo per opporsi con forza a questo scempio e far esplodere la loro rabbia di fronte a tanta arroganza. Circa una quarantina di loro sono stati arrestati, trenta dei quali sono ancora dentro.
Una cosa è certa: che lo Stato sia nostro nemico lo sappiamo da sempre e non vogliamo che le cose stiano diversamente. La nostra rabbia verso chi comanda, sfrutta e gestisce le nostre vite e quelle di milioni di persone ci porta vicino alle lotte di ogni oppresso che decida di ribellarsi alla propria schiavitù, qui e altrove. La nostra complicità è con chi di questa ribellione fa il proprio percorso di vita. La nostra solidarietà va a chi questo percorso lo porta con sé dentro le mura di una prigione o fuori da esse nella prigione-società.

Liberare i compagni e le compagne sequestrate dallo Stato.
Solidarietà con gli uomini e le donne in rivolta!

-Spazio Anarchico “Il Guastafeste”
-Cassa Anarchica di Solidarietà Anticarceraria. Latina, 24/3/2006

http://www.autprol.org/