10/04/2006: Antifascismo e solidarietà


“Eppure sappiamo:
anche l'odio verso la bassezza
distorce i tratti del viso.
Anche l'ira per le ingiustizie
rende la voce rauca.
Ah, noi
che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
noi non potevamo essere gentili.”
Bertolt Brecht

Venerdì scorso a Brescia sono state notificate due denunce per alcuni fatti legati ad una manifestazione antifascista. A due nostri compagni ed amici sono stati imposti i domiciliari.
Nulla di nuovo, purtroppo. L’antifascismo di questi tempi è pratica sconsigliata. La cantilena revisionista che da anni tormenta l’Italia ha, a quanto pare, addomesticato l’orecchio di molti, e parlare di antifascismo militante oggi risuona come una dissonanza inaccettabile dai maestri dell’armonia sociale; soprattutto quando non si rispettano i pentagrammi della critica democratica e della retorica ufficiale.
Bisognerà quindi, a quanto sembra, rassegnarsi a lasciar sfilare i fascisti, a veder bruciare case occupate e spazi sociali autogestiti, a sapere di continue aggressioni e di compagni gravemente feriti, quando non uccisi, come nel caso di Dax e dei tanti, troppi altri prima di lui...
Eppure tutto ciò non ci sconcerta; sessant’anni di trame nere e di continuità tra eversione fascista e Stato ci hanno vaccinato alla loro “democrazia”, come sessant’anni di repressione delle lotte sociali ci hanno insegnato la loro “giustizia”.
Relegare ai libri di storia e alle commemorazioni la difesa dell’antifascismo significa contribuire alla sua messa al bando dalla pratica quotidiana; significa pensare che il fascismo non sia un problema attuale, da combattere nel presente, ma tuttalpiù un’infausta esperienza del passato. Purtroppo questa valutazione è completamente falsa e pretestuosa, tanto di comodo quanto pericolosa, dal momento che viviamo in un paese “allietato” da una indecente presenza xenofoba al governo, tristemente conosciuto per le radicate “simpatie” fasciste delle forze armate, per gli innumerevoli episodi di razzismo nelle strade e negli stadi, per i suoi campi di concentramento per immigrati sprovvisti di documento... Un paese nel quale ad una intensa operazione ideologica di revisione e pacificazione della storia si è affiancato negli anni un progressivo sdoganamento, anche a livello istituzionale, delle formazioni neofasciste. Fenomeno progressivo tra l’altro ben inserito nel processo di fascistizzazione “culturale” e sociale che, passando per alcune tappe fondamentali della storia recente (come ad esempio l’interiorizzazione delle leggi speciali nel codice ordinario), arriva oggi ad una sua radicalizzazione nel contesto di crisi e di guerra permanente.

Date queste premesse ci sembra ogni giorno più necessario costruire momenti di resistenza immediata (con tutti i risvolti etimologici del termine), nel tentativo di arginare con una mobilitazione dal basso, senza alcuna interlocuzione con istituzioni, partiti e loro estensioni posticce nel “movimento”, la crescente militarizzazione della società del terrore e la “rinascita” neofascista che l’accompagna. Per questo ci auguriamo che giornate come quella dell’11 marzo a Milano si ripetano. Ogni volta con maggior intelligenza politica e tattica, ogni volta imparando dagli errori precedenti.
Ma sia chiaro che gli errori di quel giorno non sono state due o tre macchine detournate a barricate, qualche vetrina divelta e la sede di un AN point data alle fiamme. Queste sono pratiche ampiamente rivendicabili. Gli aspetti profondamente negativi di quella giornata sono altri: primo il pesante bilancio degli arresti, secondo il fatto che i fascisti hanno sfilato comunque, seppur ben imbottiti tra cuscinetti di polizia, terzo il fatto che un innalzamento del livello di scontro ci ha trovato impreparati ed ha quasi azzerato le capacità di mobilitazione per tutto il resto della giornata.
Queste circostanze non da poco, che impongono una riflessione ben più approfondita, sono da ascrivere in prima analisi a due ordini di problemi: il numero ristretto degli antifascisti accorsi quel giorno, e la poca lucidità nell’agire di piazza, lucidità appannatasi in anni di pacificazione e di cortei pianificati a tavolino con la questura.
Questi problemi saranno ovviabili solo se sapremo ricollegare le nostre lotte a tutti gli ambiti della società, se impareremo a tornare nelle scuole, nelle piazze, nei luoghi di sfruttamento, nei vuoti che lasciamo alla destra sociale e soprattutto se riusciremo a sbarazzarci di ogni sponda di mediazione politica e a capire che il fascismo è congenito nella società e che pertanto combattere il fascismo significa anche combattere la società che lo crea e abbatterla con ogni mezzo necessario. Rimanere vincolati a pratiche compatibili e facilmente recuperabili dal sistema significa perdere in partenza.

Alla luce di tutto ciò agli antifascisti di Brescia e a tutte/i le compagne ed i compagni arrestati l’11 marzo scorso a Milano va tutta la nostra incondizionata solidarietà. Solidarietà non solo formale ma di sostanziale rivendicazione dei contenuti e della determinazione espressa. Nel terreno dell’antifascismo militante, un tempo fattore di coesione, si aprono oggi ulteriori margini di rottura; facciamo in modo che da una rottura dell’unità si passi ad una unità nella rottura, a partire dall’appoggio concreto e politico ai colpiti dalla repressione.

LIBERTA’ PER LE COMPAGNE ED I COMPAGNI PRIGIONIERE/I DELLO STATO!
LIBERTA’ PER TUTTE/I!

compagne/i di crema

http://www.autprol.org/