10/04/2006: Questa mattina in via Zanardi 30 e' stato liberato uno stabile abbandonato da anni


Questo posto risponde a delle esigenze avvertite da compagne e compagni che le percepiscono tutte o una parte o una sola di esse:

- Un luogo che possa servire da laboratorio di lotta, dalle potenzialità culturali e controinformative che diano la possibilità ad ogni individualità di esprimere la propria creatività nella messa in condivisione delle proprie inclinazioni - abilità - conoscenze: cineforum, seminari autogestiti, concerti, sala prove, libreria, infoshop e sala studio autogestiti, palestra strappati alla loro usuale mercificazione in luoghi di profitto, come veicoli per elevare il livello di conoscenza, socialità e lotte di coloro che si sentono soffocati e repressi dal sistema capitalistico e dalle sue logiche commerciali, corporative, associative, partitiche e sindacali e per tutti coloro che non hanno mai creduto alla delega o che hanno smesso di crederci.

Per la libertà, contro lo stato, il capitale, il fascismo, il razzismo, il sessismo, i giochi e i compromessi della politica, per far soffiare un po' di vento libertario nel grigio autoritarismo bolognese. Contro ogni forma di concessione delle autorità, per perpetuare e inserire reali terreni di conflitto all'interno del tessuto sociale bolognese e non.
Una città (in un mondo) ogni giorno più militarizzata, una umanità disciplinata e ingrigita, con troppa paura per affermare se stessa. L’unica forma d’espressione che i più vedono è il voto, la crocetta. Ma allo stesso tempo l'insoddisfazione cresce, come cresce l'impoverimento.
La risposta a tutto ciò non può essere né il voto né il qualunquismo, capaci solo di ridare vita a comportamenti fascisti, razzisti e sessisti, ma l'autogestione della lotta, l'azione diretta contro la guerra, lo sfruttamento e l'oppressione.

- Uno spazio dove ci sia la possibilità di autogestire una mensa popolare, di buona qualità, nella quale le relazione umane siano alla base del suo funzionamento, restituendo parte di quei sapori che la produzione meccanizzata ha privato, senza logica di guadagno e quindi a prezzi accessibili, valorizzando la produzione di beni necessari e l'aggregazione di uomini e donne, contro la povertà e lo sfruttamento economico, ambientale e umano che il principio di profitto impone sempre più ferocemente.

Contro il menù del potere che vogliamo fare? La mensa popolare vuole rispondere ad una esigenza fondamentale in maniera autogestita. Rifiuta la logica secondo la quale non vi sia scelta tra un ristorante buono e sempre più costoso e una mensa con cibo cattivo o pessimo, spesso cara a sua volta o guidata da una logica assistenzialista. Quello che vorrebbe essere è un posto dove si mangia, si beve, ci si conosce e si discute. Un momento di aggregazione, di instaurazione di rapporti umani, al di là del meccanismo: vado, mangio, pago, ringrazio, mi alzo e me ne vado. La mensa risponde ad un’esigenza, quella di sfamarsi, ma non è solo un fine così come non è solo un bisogno primario. E' un mezzo per mettere in comune noi, le nostre abilità e debolezze, i saperi, per condividere pensieri e azioni, progettare un mondo, avanzare un'utopia.

- Un luogo fisico che possa ospitare una Camera Internazionale delle lavoratrici e dei lavoratori autogestita, dove si possano incontrare i lavoratori e le lavoratrici, precari e non, per intraprendere un percorso di emancipazione autorganizzata sulla base di un metodo assembleare, dell' orizzontalità delle decisioni e della solidarietà al di là delle divisioni "di mestiere". In questi anni le nostre esperienze (assemblee, presidi davanti alle agenzie di lavoro, volantinaggi) e altre cui abbiamo assistito o partecipato (creazioni di coordinamenti, momenti di controinformazione e lotta) si sono via via scontrate con la frammentarietà, l'isolamento, la mancanza di comunicazione e confronto tra precari. Un luogo fisico che riesca a mettere in contatto precari che lavorano in situazioni diverse è forse il primo passo per riflettere dei precari e cominciare (o ricominciare) pratiche di lotta e di emancipazione.

- Un tetto per chi non può o non vuole continuare a mettere tutto il suo stipendio in un affitto.

Ma cos'è un'autogestione: anche questo. Riteniamo che il metodo sia la riappropriazione diretta e dal basso delle nostre esigenze, l'organizzazione autogestita che si concretizzi nel continuo confronto tra individui, in maniera orizzontale, senza alcuna gerarchia di metodo o di forma, che non conceda spazio a logiche di rappresentanza o delega: quindi decisione collettive ed unanimi (assemblea), rotazione dei compiti, lotta contro ogni tendenza verticistica.
Nessuno scampo per burocrati o tecno-burocrati e soprattutto una propensione ad ascoltare tutti e a mettere tutto in comune non escludendo le opinioni di nessuno.
Un luogo dove la divisione capitalistica del lavoro e dei compiti determinati da fattori esterni quali il potere, il profitto e la povertà, viene sostituita da principi volontaristici, dallo spirito di collaborazione e affinità.

L’autogestione di Via Zanardi 30 - Bologna

Sabato 8 aprile – ore 20:00 – Via Zanardi 30: ASSEMBLEA PUBBLICA

http://www.autprol.org/