24/06/2006: Un contributo al bilancio collettivo sul corteo del 17 giugno


Il 17 giugno circa 5.000/6.000 persone, di Milano e da tutta Italia, sono scese in piazza per la liberazione dei 25 compagni e compagne ancora in carcere per i fatti dell’11 marzo.
Il corteo del 17 giugno è stato il punto più alto raggiunto dalla mobilitazione per la scarcerazione dei compagni.
Ogni valutazione possibile deve tenere in considerazione questo dato oggettivo; devono tenerlo in considerazione tutti coloro che non erano convinti che fosse possibile manifestare in migliaia per la scarcerazione dei compagni, devono tenerlo in considerazione tutti coloro che, ognuno con le sue argomentazioni, sostengono che “si poteva fare meglio”, “si poteva fare di più”, “si poteva non fare perché tanto non cambia niente”.
Questo corteo ha cambiato di molto la situazione e aperto nuove prospettive nella mobilitazione.
In primo luogo è stato un corteo unitario ed eterogeneo. Questo vuol dire che, senza perdere nulla della propria identità politica, della propria analisi, hanno partecipato compagni di realtà differenti fra loro[anche molto], scesi in piazza ognuno con la propria impostazione e con le proprie caratteristiche, uniti dalla parola d’ordine “liberare i compagni in carcere”.
In secondo luogo è stato un corteo che si è imposto ben oltre ogni tipo di manovra politica e ha creato le condizioni per allargare ulteriormente la mobilitazione. Questo significa che anche coloro che fino a poco tempo prima non si erano schierati chiaramente, non si erano mobilitati, non avevano preso iniziative per la liberazione dei compagni (PRC in primis), sono stati costretti dalla mobilitazione collettiva dal basso a scendere in piazza e a mobilitarsi a fianco di famigliari e amici dei compagni, a fianco di tutti coloro che chiedevano la liberazione immediata dei compagni.
In terzo luogo è stato un corteo partecipato. E questo è un aspetto importante visto che nelle settimane precedenti il movimento milanese non era stato in grado di creare le condizioni adeguate per garantire una vasta partecipazione alla manifestazione. Tensioni inevitabili, ma anche settarismi e scaramucce eccessive hanno pesato fin troppo sulla costruzione della scadenza. Nonostante questo clima migliaia di persone sono scese in piazza e chi ha deciso comunque di non farlo è solo perché ha anteposto aspetti particolari e secondari [il settarismo e le divisioni] all’obiettivo superiore per cui è stato indetto il corteo.
Si poteva fare meglio? Si poteva fare di più? Certamente sì, ma questa è una regola generale: quasi sempre si può fare di meglio. In questa circostanza le cose più importanti che dobbiamo mettere in risalto e dalle quali dobbiamo ripartire sono: 1. che il corteo nazionale c’è stato (contro tutti gli opportunisti, gli estremisti e gli sfiduciati); 2. che il corteo è stato partecipato; 3. che siamo riusciti a estendere la mobilitazione costringendo settori della sinistra riformista a schierarsi a favore della liberazione dei compagni e delle compagne.
È innegabile che, nel movimento milanese, ognuno ci ha messo un po’ del suo perché il corteo riuscisse e nello stesso tempo molti ci hanno messo un po’ del loro per creare un clima in cui sarebbe stato più difficile che il corteo riuscisse. Su questo chiamiamo tutti a una riflessione collettiva (cioè pubblica) che prescinda dalle “frazioni” in cui si è diviso il movimento e dia l’input per un bilancio collettivo franco, onesto e costruttivo, del percorso che fino ad oggi si è sviluppato.
Siamo convinti che il corteo del 17 sia stato un ottimo inizio di una mobilitazione che si deve allargare, deve intensificarsi, deve sviluppare dibattito, dentro e fuori il carcere, fino alla liberazione dei compagni e delle compagne e oltre.
Intendere il corteo del 17 come un punto di arrivo di un percorso difficile significa assumere una linea disfattista e capitolazionista, sia sulla lotta specifica per la liberazione dei compagni, sia sulla reale necessità, più generale, di cercare e di trovare un ambito collettivo, il più ampio possibile, di dibattito e di lotta.
Il corteo del 17 giugno è un nuovo trampolino di lancio per la mobilitazione.
Nella pratica noi torneremo, oggi, a promuovere la liberazione dei compagni e delle compagne, a promuovere la mobilitazione antifascista esattamente dove eravamo a marzo: nei quartieri, nelle periferie, fra la gente. Contemporaneamente ci uniremo (nel dibattito e nella lotta) a tutti coloro che intendono partire dal corteo del 17 giugno per rilanciare su vasta scala la parola d’ordine “libertà immediata per gli antifascisti e le antifasciste” contrastando nel contempo la riabilitazione del fascismo e l’opera di denigrazione della Resistenza portate avanti dalla banda Berlusconi e, a vari livelli di complicità, dal circo Prodi.

CARC – sezione di Milano
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