03/07/2006: LIBERTÀ PER I COMPAGNI E LE COMPAGNE ARRESTATI/E


Sono ormai passati quattro mesi da quell'11 marzo e i 25 compagni arrestati per quei fatti sono tuttora detenuti con capi d'imputazione tra cui quello di "devastazione e saccheggio" che prevedono pene dagli 8 ai 15 anni di carcere. In questi mesi di detenzione i soprusi e le vessazioni a danno dei compagni per mano della magistratura e dell'autorità carceraria si sono ripetuti in maniera vergognosa e purtroppo scontata vista la natura politica dei reati contestati.
Le richieste di colloquio vengono puntualmente rigettate anche nel caso in cui il richiedente risulti convivente dell'imputato, la corrispondenza è oggetto dell'attenzione degli inquirenti, essa in taluni casi non arriva a destinazione ed in molti altri arriva con ritardo, esplicitando così la volontà della magistratura di rendere difficoltosa la comunicazione fra i detenuti e l'esterno. Le cure e le visite mediche sono negate, particolarmente delicata è la situazione di un compagno che per le botte ricevute quel giorno dalle forze dell'ordine si ritrova con un timpano sfondato. L'udienza preliminare si è consumata in un clima militarizzato: un'ala intera del palazzo di giustizia è stata resa inaccessibile, gli imputati sono stati fatti entrare da un ingresso secondario, tutto ciò per avvalorare presso l'opinione pubblica la tesi della presunta pericolosità sociale dei compagnie, per creare isolamento verso chi ad essi vuole invece portare solidarietà.
Con l'intervento di oggi vorremmo esulare dallo sterile dibattito innocenza-colpevolezza, essendo fermamente convinti, infatti, che chiunque si batta concretamente contro il capitalismo (di cui il fascismo non ne è che un'espressione) meriti la nostra incondizionata solidarietà. Ciò su cui ci preme portare l'attenzione è come i fatti dell'11 marzo abbiano, ancora una volta, evidenziato il dualismo granitico che contraddistingue la società dei consumi, mettendo a nudo la natura classista, squisitamente borghese della cosiddetta "giustizia democratica".
La recente cronaca (anche locale) dimostra chiaramente il totale stato di impunità di cui gode l'élite borghese e il suo codazzo di arricchiti portaborse, dai principi viziosi ai politici collusi, dai giornalisti asserviti agli scandalosi imprenditori del calcio, dagli squallidi lacchè della TV ai picchiatori in divisa dalla pistola facile, la parola d'ordine attorno alla quale l'opinione pubblica appare genuflessa è una ed unica: garantismo.
Dall'altra parte del muro d'omertà e collusione che divide lorsignori dalla gente comune, il proletariato arranca fra le mille vicissitudini imposte da una vita di stenti e costrizioni. Sul lavoro si muore con una media di 3 al giorno, cittadini originari di paesi non comunitari perseguitati, internati ed espulsi per il semplice fatto di non avere documenti in regola, intere popolazioni (Acerra, Scanzano, Val di Susa, ma anche più in piccolo Annone) screditate, umiliate, additate come violente per essersi ribellate alle mire apertamente speculative delle lobbies politico-economiche, famiglie strangolate dal caro vita e impossibilitate nel garantirsi generi di prima necessità (se non tramite rate in odore di strozzinaggio) o di pagare semplicemente l'affitto.
L'unico soggetto e garante di questo criminale dualismo è lo stato attraverso i suoi apparati. Magistrati, forze dell'ordine, politici, vaticano, giornalisti e sindacati confederali non sono altro che le propaggini attraverso le quali chi detiene il potere cristallizza la questione sociale impedendo, d'autorità, qualsiasi possibilità di cambiamento in senso libertario.
La legislatura rappresenta lo strumento con cui questo meccanismo si manifesta: dalla monarchia liberale, al regime autoritario fino all'odierna democrazia parlamentare, lo stato si è sempre dotato di leggi repressive atte a perseguire, isolare, screditare gli oppositori, siano essi apertamente sovversivi che semplici richiedenti diritti e dignità.
Per esempio l'articolo 270 del codice penale affonda le sue radici nel codice penale fascista noto come "Rocco" (il nemico allora erano le bande partigiane), rinvigorito poi da Cossiga nel '79 (270 bis, per disarticolare la lotta armata) e recentemente dall'ex ministro dell'interno Pisanu (270 ter, quater, quinquies, sexies), oggi esso colpisce l'associazione fra individui che anche solo idealmente condividono intenti rivoluzionari (cavalcando lo spauracchio del terrorismo internazionale). Negli ultimi anni diverse procure del paese vi hanno ricorso sequestrando preventivamente nelle patrie galere decine di compagni/e.
La legge 30, o famigerata legge Biagi, frammenta il mondo del lavoro riducendo la contrattazione da collettiva ad individuale, subordinando la figura del lavoratore al valore della merce da lui prodotta andando così ad occupare nella filiera produttiva egli stesso il ruolo di merce.
La legge Bossi-Fini, costruita sulle basi della precedente Turco-Napolitano (attuale Presidente della Repubblica) sancisce di fatto il privilegio di essere cittadini della fortezza Europa introducendo la detenzione amministrativa negli odierni lager tristemente noti come C.P.T. per quanti non siano in possesso di tale requisito.

È nostra opinione che la grottesca situazione che si sta perpetuando sulla pelle dei compagni sia figlia della loro manifesta inconciliabilità con un organizzazione sociale iniqua fondata sul capitale, sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sul dissennato perseguire la devastazione ed il saccheggio di interi territori a danno dei popoli.
Le dinamiche repressive in atto sono la trasmutazione interna del contesto internazionale di guerra permanente che vede questo paese attore protagonista, imponendo il controllo minuzioso del territorio e il monitoraggio capillare delle insorgenze sociali.

COMPAGNI/E CONTRO LA REPRESSIONE

http://www.autprol.org/