03/10/2006: DOCUMENTO D'ANALISI SULLA REPRESSIONE per il corteo del 30 settembre 06


La repressione è un modo per mantenere invariato lo stato attuale di cose da parte del potere.
Repressivo è ogni atto che impedisce qualunque forma di espressione che possa potenzialmente migliorare il modello di vita imposto dall'alto, che non ci vuole protagonisti ma sudditi.
Le armi utilizzate sono molteplici:

LE FORZE DELL'ORDINE
Sono gli esecutori materiali di ciò che, tramite atti legislativi, è deliberato dal potere... la mano insanguinata di una mente lucida nella sua crudeltà.
Il rapporto di forze tra il comune cittadino e un pubblico ufficiale è di molto gerarchizzato. Entrano in gioco meccanismi psicologici di subalternanza e accettazione passiva da cui deriva la convinzione che la ragione stia sempre dalla parte di chi indossa la divisa.
Per questi motivi le riteniamo il mezzo repressivo più diretto.

LE MACCHINE AL SERVIZIO DELLA REPRESSIONE
Lo stato si serve anche di strumenti tecnologici, fra cui, ad esempio, telecamere e intercettazioni, che sopperiscono alle mancanze umane e permettono agli organi di polizia di tenere maggiormente sotto controllo la popolazione.
Inoltre, influiscono più indirettamente sul comportamento dell'individuo, che tende a nascondersi e quindi ad autolimitarsi. E' evidente quindi che siano un mezzo per restringere alcune libertà fondamentali tra le quali quella di movimento e di possedere una vita privata.

CARCERE
Secondo l'opinione comune dovrebbe essere lo strumento per rieducare chi ha commesso reati; in realtà esso non è altro che un luogo dove si isolano gli individui alienandone l'essenza umana, e si nascondono, senza risolverli, i problemi reali, anzi aggravandoli.
La Repressione si articola principalmente in due grandi rami: la repressione dei movimenti e quella nella quotidianità:

REPRESSIONE SUI MOVIMENTI
Dato che i movimenti rappresentano un fattore potenzialmente destabilizzante per il potere, in quanto mettono in discussione i suoi principi e ne propongono di alternativi, sono sistematicamente emarginati e criminalizzati.
Le lotte sociali sono l'obiettivo primario della repressione.
Anche in una piccola città come Como si possono riscontrare gravi e numerosi esempi:
- 5 NOVEMBRE 2005: In risposta ad un corteo della fiamma tricolore, noto partito neofascista, un numeroso gruppo di studenti si unisce spontaneamente in un contro-corteo. Le forze dell'ordine bloccano i ragazzi, li identificano, e, alcuni giorni dopo, scattano tre denunce per "manifestazione non autorizzata".
- 18 FEBBRAIO 2006: alla conclusione di un corteo antirazzista, due naziskin, lame alla mano, tentano di aggredire i manifestanti, che rispondono prontamente alla provocazione. La D.I.G.O.S. allontana i due senza nemmeno l'identificazione di routine.
I manifestanti, invece, una volta raggiunta la stazione di Como Borghi, vengono bloccati e la polizia tenta una identificazione di massa.
- 11 MARZO 2006: la "marcia su Milano" della Fiamma tricolore viene assurdamente autorizzata dalla questura, dopo essere stata precedentemente rinviata a causa della vicinanza con la settimana della Memoria. Evidentemente per le istituzioni la memoria è soltanto una ricorrenza.
Il movimento, ritenendo invece l'antifascismo una pratica quotidiana, decide di scendere in piazza per impedire la vergognosa parata. In seguito agli scontri con le forze dell'ordine, 46 antifascisti vengono fermati, 41 dei quali vengono arrestati. 25 rimangono in carcere per quattro mesi senza processo nè prove certe. Il primo grado di giudizio si conclude a luglio con 9 assoluzioni e 18 condanne a 4 anni di arresti domiciliari per "concorso morale in devastazione e saccheggio".
Oltre all'alienazione del motivo politico per cui 300 antifascisti hanno risposto in maniera così decisa alla provocazione della Fiamma, l'utilizzo del concorso morale criminalizza la semplice partecipazione al corteo, mettendo a rischio il diritto di manifestare.
Tra gli arrestati compaiono ANDREA e KATJA, due compagni di lotta comaschi, tutt'ora prigionieri.
- 19 SETTEMBRE 2006: un gruppo di giovani occupa uno stabile abbandonato in via pannilani con lo scopo di recuperarlo e trasformarlo in spazio aperto, libero e autogestito. L'obiettivo è quello di svolgere attività culturali, artistiche, sociali e politiche, in un contesto cittadino opprimente e sordo alle reali necessità della popolazione comasca, primi tra tutti noi giovani. Dopo poche ore tre pattuglie della polizia sfondano una porta, irrompono nell'edificio, identificano i presenti e procedono allo sgombero, senza aver interpellato il proprietario della fabbrica.

REPRESSIONE NELLA QUOTIDIANITA'
Dall'11 settembre 2001 la necessità di proteggersi dal terrorismo internazionale giustifica un repentino innalzamento delle restrizioni riguardanti, tra le altre cose, le libertà personali: in realtà, il vertiginoso aumento della spesa per la "sicurezza" determina il rafforzamento del potere statale. La maggiore libertà d'intervento e la massiccia presenza sul territorio delle forze repressive unite all'inasprimento delle pene attraverso leggi speciali e sentenze esemplari, condiziona totalmente la vita di tutti i giorni.
La città di Como ne è uno dei più fulgidi esempi:
- CAMPAGNA ANTIWRITERS: da anni è considerato il principale "problema sicurezza" da parte del Comune. Il nucleo speciale della polizia locale, istituito con il solo scopo di risolvere "l'allarme graffiti", è stato il protagonista di svariati abusi di potere (sequestri, intercettazioni, perquisizioni...), sempre sicuro della copertura politica di cui gode. Abusi giustificati dall'accusa mossa a 35 ragazzi (molti minorenni) di "associazione a delinquere" e "danneggiamento" (poi tramutatisi in semplice multa per "imbrattamento").
- 29 MARZO 2006: il fiore all'occhiello del nucleo di sicurezza: un colpo di pistola. Dopo aver puntato le pistole cariche alla nuca di cinque ragazzi che non si erano fermati ad un posto di blocco, all'agente Marco Dianati parte un colpo che trapassa la testa di Rumesh, ragazzo diciottenne di origine cingalese. Rumesh si salva miracolosamente dopo numerosi giorni di coma.
Nessuno ha pagato. Nessuna dimissione o provvedimento nei confronti dei responsabili materiali e dei mandanti politici: l'agente Dianati (libero in attesa di giudizio per "lesioni gravissime colpose"), il comandante del nucleo Scarpone, l'assessore alla pubblica sicurezza Scopelliti (AN) e il sindaco Bruni (FI), principale promotore dell'istituzione del nucleo.
La "squadraccia" è tornata in servizio con gli stessi poteri e non sono cambiate le scelte politiche dell'amministrazione comunale.
- Le TELECAMERE, unite al massiccio spiegamento delle forze dell'ordine, negli ultimi anni sono aumentate vertiginosamente su tutto il territorio comasco. Sotto l'occhio elettronico scuole, strade, vie del centro, parchi e piazze, senza contare quelle private (banche, negozi, abitazioni...).
Secondo il comune ne sono state installate a decine a scopo preventivo, per scoraggiare la commissione di reati.
In realtà vengono utilizzate come strumento di controllo sociale e pressione psicologica.
- La zona di PIAZZA MATTEOTTI è il maggior esempio di militarizzazione umana e tecnologica, individuata come unica soluzione per risolvere i "disagi" causati dalla presenza di alcuni bar e pub della zona.
- L'apice di questa operazione è avvenuto nello scorso week end. Nella sera di venerdì 22 otto pattuglie della polizia di stato hanno chiuso VIA FOSCOLO e hanno identificato tutti i presenti. Sabato 23 e domenica 24 nuovi posti di blocco e controlli "a campione". Molto spesso questo tipo di controlli sfociano in abusi e violenza gratuita, che sovente passano sotto silenzio. Il caso più eclatante è successo poche settimane fa in PIAZZA DEL POPOLO. Due agenti della polizia stradale hanno fermato un sedicenne che viaggiava sul motorino col casco slacciato. Ad una sua reazione per la notizia del possibile ritiro del mezzo, il ragazzo è stato immobilizzato e sbattuto contro l'auto di servizio. Il colpo ha provocato la frattura del setto nasale.
- COMUNITA' ISLAMICA: da sempre oggetto di emarginazione e discriminazione, anche da parte dell'ex vescovo Maggiolini. Dopo la chiusura della moschea di via Pino, nonostante le ripetute richieste di uno spazio alternativo dove potersi riunire, il Comune è sordo anche alle più semplici delle loro richieste. Dopo un anno passato a pregare in un parcheggio, con la venuta del Ramadan, la comunità ha montato un tendone per proteggersi dalle intemperie. Su ordine dell'amministrazione la polizia locale ha prima multato la comunità e in seguito provveduto ad abbattere il tendone.
Come se non bastasse, alla sproporzione della repressione e dei suoi mezzi, si aggiunge una sempre maggiore omologazione culturale; ne conseguono discriminazione ed emarginazione di ogni tipo di minoranza, unite alla tacita approvazione di questo stato di cose dalla gran parte della popolazione.

E' ora di dire basta
Basta ad una situazione sempre più soffocante.
Basta ad una città dove le forze dell'ordine si comportano come veri e propri Rambo.
Basta repressione per chi si ribella ad un ordine imposto sempre più intollerabile.

CI VOGLIONO SEMPLICI PEDINE DI UN GIOCO CUI NON POTREMMO MAI PARTECIPARE.
FACCIAMO IN MODO, INVECE, DI ESSERE OSTACOLI INSORMONTABILI.

STUDENTI AUTORGANIZZATI COMASCHI
COLLETTIVO FEMMINISTA AUTORGANIZZATO ERIKA

studautco@gmail.com

http://www.autprol.org/