25/02/2007: Come sta la tua paura oggi?


Volantino distribuito a Vicenza il 17 febbraio 2007, durante il corteo ha visto manifestare più di duecentomila persone contro il progetto di costruzione di una nuova base USA, e a ridosso dell'operazione poliziesca che ha portato all'arresto di quindici presunti militanti del "partito comunista politico militare" e alla repressione di qualsiasi espressione di solidarietà

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Come sta la tua paura oggi?
La questione è grossa: gli Stati Uniti puntano a posizionare a Vicenza la più grande forza di pronto intervento nel Mediterraneo, la più vicina all’area mediorientale, da cui muover guerra just in time. Una protesta popolare sta montando, con forza e dignità, saldando le istanze di difesa del territorio alla contrarietà alla guerra. Lo spettro della vittoria che la mobilitazione popolare ha sinora ottenuto in Valsusa incombe sui progetti dei potenti. Cosa potrebbe accadere se un simile movimento si dispiegasse anche in quel di Vicenza? Cosa succederebbe se, anche qui, gli abitanti decidessero di non farsi rubare il futuro, di bloccare i cantieri, le ruspe, le strade? Solo l’intervento di esercito e carriarmati potrebbe contrastare la vittoria del movimento, con esiti tutt’altro che scontati… È uno scenario comprensibilmente preoccupante per chi ci governa e per i loro superiori d’oltreoceano. Non pensate che sarebbero disposti a tutto per non arrivare a tal punto?
Giusto una settimana prima del corteo di Vicenza, parte un’operazione di polizia in grande stile contro presunti militanti del “partito comunista politico militare”. In più di due anni di “indagini accuratissime”, in cui gli accusati non sarebbero stati persi di vista un momento, gli arresti sarebbero potuti scattare, dicono, durante addestramenti con armi da guerra o assalti a bancomat… Invece no, si è preferito, da veri professionisti, attendere il momento giusto… Questo! Anche se non è successo assolutamente nulla, nessuno ha mai sentito nominare tale partito armato, non c’è stato alcun attentato né risoluzione strategica. Del resto pare che questi dettagli non siano più necessari per lo scatenamento di un allarme sociale: quando si parla di “terrorismo” basta la parola a far tremare sul divano l’impaurito cittadino telespettatore. E se non bastasse, ecco il monito da Sesto San Giovanni, dove quattro persone sono in galera per aver distribuito un volantino in solidarietà agli arrestati. Avete capito bene: si va in galera per un volantino, senza che nessun sincero democratico si sia indignato.
Anzi. Nemmeno dopo gli omicidi D’Antona e Biagi si era scatenato un simile isterismo forcaiolo. Oggi, che non è successo nulla, l’allarme terrorismo soffoca qualunque altro discorso. Mai si era assistito a un simile accanimento mediatico e politico. Mai come oggi allora, quando addirittura l’esprimere solidarietà è diventato un crimine, ci sembra doveroso ribadire le “banalità di base” contenute nel volantino incriminato: «il vero terrorista è chi bombarda e affama la gente», chi lo combatte merita solidarietà.
Basterebbe spegnere un attimo la televisione e chiudere i quotidiani, per accorgersi che il primo e più insidioso effetto della recente canea mediatica e giudiziaria è stato proprio quello di stornare l’attenzione di tutti dalla questione centrale, la lotta contro la base Usa di Vicenza, spodestata da un vomitevole teatrino di opinionisti, tuttologi, pennivendoli, leaderini e paraculi di ogni risma e colore, in una fiera della mediocrità a buon mercato.
Lo spazio mediatico rattoppa il vuoto di vite sempre più mediocri, sempre più bisognose di lenitivi per i cumuli di frustrazioni quotidiane. Oggi il “terrorismo”, ieri la “violenza negli stadi”, ieri l’altro “la mafia”, “la droga”, “i clandestini”… a un ritmo sempre più incalzante si accavallano le emergenze mediatiche, contenitori per una indignazione sfogata a rate. La sordida rabbia del cittadino, che cova silenziosa nel senso d’impotenza e nel subire e subire senza mai poter decidere davvero qualcosa della propria vita, deve essere impacchettata, neutralizzata e incanalata contro l’obiettivo fittizio dell’allarme del momento, per evitare che debordi verso i responsabili reali delle proprie umiliazioni quotidiane.
I recenti movimenti di lotta, per tutti la Valsusa, hanno espresso in maniera dirompente una rottura di questo senso d’impotenza che si alimenta nell’isolamento e nella paura. Rompere quegli argini vuol dire incominciare a intravedere, con gli altri, la possibilità di vivere diversamente. Ma per un’organizzazione sociale fondata proprio sulla paura, sull’isolamento e sulla rassegnata passività, ciò è inaccettabile.
I tentativi di creare divisioni si moltiplicano, insieme alle manovre di chi strillando contro il “terrorismo” cerca di far dimenticare le proprie responsabilità di governo: con una mano si moltiplicano i dispositivi di guerra, con l’altra si allestiscono spauracchi sociali per indebolire e disorientare le lotte in corso e quelle che stanno nascendo. Questo atteggiamento dei gestori dell’esistente, tuttavia, è un sintomo della loro paura: quella di chi ben conosce l’incontenibile forza che prorompe da un movimento di lotta collettiva; e dimostra che la paura, in questo momento, alberga innanzitutto nei loro ranghi. Fare in modo che ci resti sarebbe già molto.

Nemici interni – Bologna, Milano, Torino…
17 febbraio 2007


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