13/03/2007: Lettera dal carcere di San Vittore


E' la seconda lettera che lasciano arrivare da parte del compagno Massimo Gaeta, nonostante lui affermi di aver scritto tanto. E' arrivata solo giorno 12 marzo, a un mese dalla carcerazione dei 15 compagni, ma è datata 20 febbraio e porta il timbro del visto del 21. Dove sarà stata finora?...
Liberi i compagni subito!

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San Vittore, 20 febbraio 2007 – VI raggio – cella 4/B – sezione isolamento
Carissimi compagni,
vi sento tutti vicini grazie all’immensa solidarietà, non solo vostra, che sto ricevendo da molte parti d’Italia.
Una solidarietà che da fastidio al nostro stato “democratico” e che quindi va spezzata, isolata, repressa.
Ad esempio “fulgido” ci sono i 4 compagni arrestati a Sesto colpevoli per aver praticato solidarietà proletaria. Accerchiamento esercitato con tutti i mezzi: repressivo, mediatico, sindacal terroristico.
Comincio ad avere la nausea ai dibattiti e trasmissioni televisive dove cercano di dipingerci come “infiltrati” estranei alla classe, ma quest’operazione non gli sarà facile tra gli operai e i proletari che ci conoscono. Vorrei vederli davanti ai miei colleghi mentre espongono questa tesi meschina per descrivere uno che si è sempre battuto al loro fianco senza remore per tutto e per tutti, realmente uno di loro. Sicuramente qualcuno gli avrà risposto “infiltrati siete voi!”. Ed anche per questo è stata lanciata la parola d’ordine della “vigilanza” all’interno del sindacato; in poche parole è cominciata la caccia alle streghe!
Ogni voce di dissenso deve essere messa a tacere.
Oltre questo noi stiamo bene (dico noi perché con me c’è Alfredo M. 21 anni) e il morale è alto e la solidarietà carceraria bellissima e potente, ed esercitarla dà forza.
Il carcere di San Vittore come struttura fa schifo, in più noi siamo nel raggio non ancora ristrutturato. Aspetto positivo dell’isolamento è che almeno si ha la cella tutta per sé e questo è un vantaggio visto le condizioni di sovraffollamento in cui si trovano gli altri.
L’ora d’aria la facciamo separata nei cubicoli di cemento armato dove anche il cielo è coperto da una tettoia e da una fitta rete (gabbie per cani).
In “camera” ho la televisione anche se si vede di merda.
Passo il mio tempo a leggere, scrivere, fare ginnastica, esercitare solidarietà carceraria.
Forse a descriverla può sembrare peggio di quella che è ma ricordate che per un comunista entrare in carcere è come entrare all’università. Almeno qui guadagnerò qualche anno di vita in più che altrimenti avrei perso a farmi sfruttare in fabbrica. La cosa che mi manca forse di più, oltre che la vicinanza ai compagni, sono proprio i miei compagni di lavoro per il rapporto di affetto e di stima che tra noi si era instaurato e che sicuramente non è stato da loro cancellato.
Non sono, e purtroppo non sarò, né il primo né l’ultimo comunista a finire nelle galere dello stato borghese.
Abbiamo dalla nostra la forza della ragione.
Siamo comunisti non terroristi!
Solidarietà internazionale con tutti i rivoluzionari prigionieri!
Il cammino è tortuoso ma il futuro luminoso fino alla vittoria!

Con immensa forza e altrettanto amore
fraternamente vostro, Massimo


guardierosse3@virgilio.it

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