13/04/2007: L’attacco militare contro l’Iran. Il problema non è più il se ma il quando. Silenzi, distrazioni e complicità alla vigilia dell’escalation


C’è troppa voglia di staccare la spina e di guardare altrove rispetto allo scenario di incubo che si sta preparando di nuovo in Medio Oriente: l’attacco militare contro l’Iran.
Che Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna intendessero quadrare il cerchio dell’arco di crisi del Grande Medio Oriente non c’erano dubbi. E’ sufficiente guardare una carta geografica per vedere come l’Iran stia proprio in mezzo a questo arco di crisi. Intorno ha l’Iraq e l’Afghanistan già oggetti della guerra preventiva (e del relativo impantanamento USA), la Turchia (fedele alla NATO e candidata all’ingresso nell’Unione Europea) e una Russia in crescente tensione con gli USA.

1. Che il contenzioso sul nucleare iraniano sia strumentale almeno quanto la manipolazione mediatica delle reali parole del presidente iraniano sulla “cancellazione di Israele”, dovrebbe essere evidente a tutti coloro che in questi anni sono stati testimoni (e in alcuni casi oppositori) della disinformazione strategica che ha preceduto le aggressioni alla Jugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq. Su questo esistono analisi e un allarme ben documentato nel dossier curato dalla redazione di Contropiano (vedi su www.contropiano.org). Quando il governo britannico nella vicenda dello sconfinamento pianificato dei suoi marines invoca i confini delle acque internazionali, la memoria non può che andare alla “geometria assai variabile” dei criteri USA sul Golfo della Sirte che portarono al bombardamento della Libia negli anni Ottanta:

2. Quello che sorprende e deve allarmare è la consapevole ignavia delle forze politiche che in questi mesi hanno dato vita ad un teatrino sulla vicenda delle missioni militari e della guerra in Afghanistan. Sono state avanzate ipotesi di conferenze, disattese petizioni di principio, introdotte nuove categorie di pensiero sulla pace, sulla guerra, sulla politica e sull’antipolitica, ma non sono sfuggiti alla tentazione di essere come i passeggeri che ballavano sul Titanic mentre la nave stava per affondare trascinandoli nel gorgo.
I castelli di carte costruiti in questi mesi, saranno spazzati via come fuscelli nel momento in cui i bombardieri e i missili statunitensi, israeliani e britannici si abbatteranno sulle città, le infrastrutture e gli impianti nucleari e industriali dell’Iran. A nessuno sfugge che l’attacco contro l’Iran non potrà che essere qualitativamente diverso da tutti gli altri. Tant’è che di fronte a tale prospettiva molti sembrano voler infilare la testa sotto la terra come struzzi piuttosto che attivarsi per impedire con ogni mezzo necessario che si realizzi il primo “attacco nucleare tattico” nella storia dell’umanità nel dopoguerra.

3. E’ ormai evidente come il problema non sia più se sarà attaccato l’Iran ma quando. Sono numerosi gli osservatori e gli analisti che confermano a breve tale scenario, ma di questo non si discute nel vuoto pneumatico dei palazzi della comunità politica e si discute ancora troppo poco anche nelle realtà del movimento contro la guerra.
Si percepisce così la sensazione tra tante compagne e compagni, di tanti democratici e pacifisti che evitando di guardare in faccia l’incubo questo possa dissolversi da solo. Sopravvive così la speranza di una sorta di razionalità nell’escalation della guerra preventiva e permanente avviatasi nel 2001. Lo scetticismo e l’incredulità sul fatto che l’amministrazione Bush, il governo israeliano e quello britannico possano scientemente scatenare la guerra l’Iran sembra prevalere sul pessimismo della ragione che richiede invece attivazione e capacità di giudizio.
I “Signori della guerra preventiva” non possono permettersi di fare le cose a metà perché sarebbe il riconoscimento del declino della loro egemonia sul mondo. Sono ormai quindici anni (dal 1992) che gli autori del Progetto per il Nuovo Secolo Americano lottano con ogni mezzo per impedire il declino USA e l’affermarsi di potenze rivali. A tale scopo hanno concepito, elaborato e realizzato la guerra preventiva. Fermarsi adesso sarebbe per loro un suicidio politico e dunque non possono che alzare la posta e il livello di deterrenza strategica verso ogni possibile o potenziale competitore globale o regionale, a cominciare dall’Iran

4. L’Iran è adesso il prossimo target della guerra preventiva e permanente e non siamo affatto certi che il nostro paese rimarrà estraneo a questa nuova escalation. Non solo sul piano delle conseguenze economiche, politiche, ambientali, democratiche ma anche sul coinvolgimento diretto o indiretto. Abbiamo ormai verificato come l’Italia si sia spesso trovata coinvolta nelle guerre ancora prima di esserne consapevole: mettendo a disposizione le basi militari sul nostro territorio per le operazioni di guerra statunitensi, inviando i bombardieri a bombardare mettendo il parlamento e l’opinione pubblica davanti al fatto compiuto, aderendo già da mesi allo scudo missilistico statunitense (come hanno documentato Dinucci e Di Francesco su Il Manifesto) senza che nessuna forza politica sapesse o dicesse qualcosa a proposito.

5. A fronte di questo scenario, il movimento contro la guerra appare per un verso disorientato e appagato di quello che è riuscito a fare contando solo sulle proprie forze oggi limitate dal “tradimento della politica, dall’altro si attarda su un pacifismo coerente con i principi ma oggi troppo inadeguato per cogliere la natura e la dinamica dei processi reali che determinano e gestiscono la guerra e che hanno molto a che fare con l’imperialismo.

E’ urgente che sulla escalation contro l’Iran ci si attivi qui ed ora per discutere lo scenario e decidere il da farsi. Intendiamo convocare su questo e per questo un incontro pubblico a breve chiamando a partecipare tutte le personalità e le forze che appaiono consapevoli della posta in gioco di questo nuovo devastante passaggio della guerra preventiva.

12 aprile 2007
La Rete dei Comunisti
http://www.contropiano.org


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