28/06/2007: La disfatta di un idiota


Il tribunale del riesame del 13 giugno 2007 ha accolto le richieste di annullamento dei decreti di perquisizione per i compagni del Fuoriluogo del 31 maggio. Le motivazioni della sentenza, arrivate il 25 giugno, entrano nel merito anche delle accuse di apologia di attentato terroristico e di associazione sovversiva e smontano tutto l'apparato accusatorio dicendo che non ci sono elementi che lo supportino.
Il Pm alla ricerca ossessiva di fama, Paolo Giovagnoli, ha chiesto il trasferimento.
I fuoriluogo
Vi inviamo anche in allegato il volantino "Apologia" distribuito il 7 giugno in occasione di un aperitivo itinerante in città, con un carrello della spesa adibito a "Osteria dai terroristi", costato altre denuncie per manifestazione non autorizzata e ancora apologia e l'accerchiamento con carabinieri in tenuta anti sommossa che, in quella occasione, sembravano più increduli di noi e dei passanti solidali per l'esagerazione delle forze messe in campo.

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APOLOGIA ovvero Storia di un opuscolo considerato sovversivo

Niente di nuovo né di francamente originale oggidì a Bologna. Perquisizioni, sequestri, lunghe attese fuori dalla questura. Sono otto gli indagati. I rei presunti avrebbero distribuito un opuscolo esplicativo sulla legge 30 (non diremo il nome del martire per rispetto alla sua memoria). E l’avrebbero fatto nello scorso marzo durante una conferenza sulla “dignità del lavoro”, in occasione dell’anniversario della morte dell’innominato.
Nell’opuscolo il verbo criminoso, sul quale si costruisce l’intero impianto di accusa in quanto avrebbe offeso l’ordine, lo stato e il suo potente apparato di difesa, è PAGARE. Certamente la pubblica opinione rimarrà quanto meno comprensibilmente attonita domandandosi, a ragione, come possa una seppur in genere sgradevole parola diventare sovversiva. PAGARE è un verbo fin troppo patito dalla gente; di solito rimanda immediatamente alle quotidiane tribolazioni fin troppo ignorate, al contrario, dai magnanimi tutori del comune benessere. A PAGARE sono coloro che ingrassano le agenzie di lavoro temporaneo e che per sopravvivere devono accettare a denti stretti disumane condizioni lavorative; sono i 1.352 morti all’anno sul lavoro e le centinaia di migliaia di infortunati.
Il nuovo modello di sfruttamento beneficia dell’inattaccabilità che gli deriva dal fatto che ogni parola critica viene direttamente considerata un insulto al suo ideatore, un gesto “terroristico”, e che consente di evitare qualunque discorso sulle responsabilità di una legge che affligge migliaia di lavoratori.
Sollevarsi contro le rinnovate ingiustizie del nostro caro e insostituibile sistema assume così una diversa pregnanza, significa diventare “terroristi”, essere additati come sedicenti mostri sanguinari, anche quando le armi in questione sono evidentemente il nero di una pagina bianca. L’inchiostro che denuncia le ovvie verità dà fastidio, nessuno dovrebbe uscire dai binari costruiti per trasportare i corpi nell’unica direzione concessa dagli esseri superiori: che nessuno alzi la testa per guardare oltre l’orizzonte di questa deprimente realtà!
Viviamo in una grande democrazia dove la libertà di parola è sancita dalla Santa Costituzione, ma si tratta della libertà di dire e pensare tutti la stessa cosa. Nessuna critica è possibile, bisogna continuare a lavorare, muoversi, andare, camminare; fermarsi è illecito, è illegale, è pericoloso, occorre allinearsi, stare in riga.
È così che le verità più evidenti diventano bestemmie, è così che il buon senso diventa oggetto del ridicolo, perché troppo fuori dal pensiero comune, differenziato per quel minimo che può farci credere di aver scelto.
Il rifiuto diventa crimine, la parola diventa un pericolo da scongiurare, reprimere prima che riesca nell’intento di riattivare il pensiero; intento quasi utopistico visto il condizionato piattume delle odierne menti. L’imperativo è distruggere qualsiasi forma di dissenso, attraverso il controllo, la minaccia, la calunnia, la smania di notorietà di magistrati, di sbirri sceriffi che usano il loro sporco distintivo per violentare i pochi umani che cercano ancora di resistere all’omologazione. Nondimeno i giornalisti, i precari dell’informazione che infamano per un pugno di euro e per una carriera che al massimo li vedrà collaboratori di venditori di cartastraccia e pubblicità. Essi pendono dalle labbra degli inquisitori, assecondano le menzogne dei tribuni, giocano con le vite altrui senza farsi nessuno scrupolo, sono avvoltoi in attesa di carne fresca da beccare. Impongono un linguaggio misero, fatto di poche e ripetute “certezze”:
anarchici = terroristi = attentati.
I cubitali titoli incutono il giusto terrore, il resto passa in secondo piano.
Lo stato cerca in tutti i modi di mozzare le teste di chi crede che l’uomo non sia una merce, una risorsa da sfruttare, un mezzo per far girare l’economia multinazionale.
E poco importa se per farlo dovrà far passare una lista delle agenzie di lavoro temporaneo, trovata durante una delle accurate perquisizioni, per una schiacciante prova di passati o futuri attentati, ignorando completamente che chiunque voglia trovare lavoro a Bologna, come altrove, deve inevitabilmente rivolgersi al racket dello sfruttamento temporaneo. E poco importa se per farlo dovrà far passare come un’arma letale un’artigianale fionda sequestrata anch’essa insieme agli altri “pericolosi esplosivi”: colla, puntine da disegno, volantini, opuscoli, manoscritti, computer.
A quanto dice il saggio procuratore Di Nicola, in un impeto di lucidità, la società attuale è ormai agonizzante - ma non sarebbe quella democrazia così superiore da dover essere esportata anche a suon di bombe? - e quindi «un trauma leggero può essere pericoloso per un organismo debilitato». Dovevano pur trovare un modo per giustificare tanto clamore sul nulla!

Augurandoci di poter danzare sui fumanti resti di questo organismo malato prima che ci uccida tutti,
i Fuoriluogo ringraziano per l’attenzione.

Bologna 31/05/2007

http://www.autprol.org/