25/07/2007: Lettere dal carcere di Palmi


LETTERA APERTA ALLE COMPAGNE E COMPAGNI DI LAVORO
Mi rivolgo direttamente a voi, con questa lettera, perché siete tra quelli a cui devo delle spiegazioni. Con voi ho condiviso la fatica del lavoro, speranze e lotte, a voi devo chiarimenti sul mio operato. Con voi ho preso l’impegno di rappresentare e difendere i nostri interessi di lavoratori, e nei miei 20 anni di attività sindacale in fabbrica, ho cercato di tenere fede a questo impegno nel migliore dei modi, sperando di non aver tradito la vostra fiducia. Le lettere e i messaggi di affetto che ricevo da voi mi confermano che il rapporto di amicizia e solidarietà che in tanti anni siamo riusciti a costruire è abbastanza forte da resistere alla campagna di odio contro di me e gli arrestati il 12 febbraio. In questa campagna criminale siamo stati descritti come dei mostri, nel tentativo di farci passare come nemici della stessa nostra gente, quando, nella realtà, gli unici ad aver paura sono i governanti, i politici e il loro sistema fatto di parassiti e sfruttatori che per difendere in tutti i modi i loro privilegi cercano di mettervi contro di noi. Loro sanno di essere sempre più disprezzati e mal visti dalla gente e così agitano questa campagna di odio contro un gruppo di rivoluzionari che lotta per la libertà. A questa campagna allarmistica i vertici sindacali danno il loro contributo, avvalorando l’accusa di terrorismo contro di noi, dichiarando sciopero e cacciandoci da delegati di fabbrica. I capi del sindacato, in questo modo, dimostrano ancora una volta la loro fedeltà al sistema, lo stesso sistema economico e politico all’origine dello sfruttamento e delle ingiustizie commesse contro i lavoratori e la povera gente. Lo stato cerca di far passare per criminali quanti si oppongono e cercano di organizzarsi e lottare in modo efficace e coerente per liberarci dallo sfruttamento, senza rispettare le loro regole ingannevoli e ipocrite.
Se dovessimo aspettare il loro permesso per lottare contro la schiavitù del lavoro salariato, vivremmo in un’eterna sottomissione. Se il movimento operaio non avesse lottato, sfidando le leggi e i divieti, quando è stato necessario, usando anche la forza, oggi non avremmo niente. Oggi viviamo in un sistema che uccide migliaia di operai all’anno tra “infortuni” e malattie sul lavoro, quasti morti sono una parte del prezzo che i lavoratori pagano per garantire profitti alle imprese e i privilegi a tutti quelli che vivono della ricchezza prodotta dai lavoratori. Se noi, in fabbrica, non avessimo lottato in modo organizzato contando sulle nostre forze, non sarebbe venuto nessuno a regalarci le cose che invece ci siamo conquistati. Vi ricordate le fermate improvvise, le assemblee per decidere come lottare, i cortei interni, i blocchi dei cancelli, le fermate per le pause e quelle contro i carichi di lavoro. Ogni cosa è stata conquistata con le lotte e ogni conquista dovrà essere difesa con la lotta. Con il nostro lavoro organizzativo e la lotta abbiamo costituito il sindacato di fabbrica, oggi i capi del sindacato hanno deciso che io non sono più il vostro delegato, questa decisione presa sulla vostra testa è un esempio della loro democrazia. Difendono la legalità dello stato di rapina e le sue leggi, calpestano la libertà dei lavoratori e le loro scelte. Questi capi del sindacato sono gli stessi che sono venuti a dirvi di scioperare contro il terrorismo, sono gli stessi che hanno firmato lo striscione davanti alla fabbrica, a nome dei lavoratori. Perché non hanno avuto il coraggio di firmarlo con i loro nomi e si sono nascosti dietro noi operai? Il vero terrorismo in Italia, quello delle stragi di stato, è rimasto impunito, quello che uccide migliaia di lavoratori nessuno lo dichiara fuori legge, perché uccidere degli operai non lo considerano un reato, infatti nessuno va in galera per questo. Adesso, i capi del sindacato si preoccupano di questi rapporti che ho con voi, vorrebbero spezzare il legame di solidarietà e affetto che abbiamo e che ci unisce. Perché non sono ancora soddisfatti del fatto che sono in una cella di isolamento e grazie anche a loro sono stato licenziato e sarò condannato a una lunga pena detentiva, come si usa fare per i reati politici. Adesso non sono lì con voi per difendermi come vorrei, non posso parlarvi guardandovi negli occhi, e dirvi che non è vero quello che hanno detto, che avevo una doppia vita. Il mio impegno sindacale era alimentato dagli stessi ideali per i quali oggi sono in prigione. La necessità di organizzarsi e lottare, per avere migliori condizioni di lavoro e di vita è importante quanto quello di organizzarsi per raccogliere le forze e preparare la lotta per l’abolizione definitiva della barbarie dello sfruttamento, e per la costruzione di una società dell’uguaglianza e della libertà. Adesso io cerco di difendere la mia identità di operaio comunista, prima di tutti, ai vostri occhi, perché io continuo a sentirmi uno di voi, e quando penso ai problemi che vi trovate ad affrontare in fabbrica, sono sicuro che saprete trovare il modo di riorganizzare il vostro sindacato di fabbrica, forte abbastanza per migliorare le condizioni di lavoro e difendere le vecchie conquiste.
Un caro saluto.

Vincenzo Sisi
23 giugno 2007

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Alle lavoratrici e lavoratori Ergom
R.S.U. ERGOM U.P. BORGARO
R.S.U. ERGOM U.P.1, U.P. 2 CHIVASSO
AVV. GIUSEPPE PELAZZA
FILCEM CGIL TORINO

Ho ricevuto in carcere copia della lettera dove si “dichiara l’espulsione dalla CGIL e da ogni incarico ricoperto all’interno della categoria e in azienda del lavoratore Vincenzo Sisi”.
A tale proposito ritengo opportuno fare la seguente dichiarazione rivolgendomi alle lavoratrici e ai lavoratori ERGOM, essendo le persone con le quali ho condiviso lotte e fatiche, le sole alle quali devo chiarimenti sul mio operato sindacale.
La decisione di aderire alla CGIL è stata una decisione che abbiamo preso tutti insieme come lavoratori, essa si è resa necessaria per poter costruire una nostra rappresentanza sindacale di fabbrica, per difendere i nostri interessi di lavoratori. Il mio rapporto con il corpo dell’organizzazione e, in particolare, con i compagni di fabbrica è sempre stato corretto e leale. Ho svolto attività volontaria e contribuito al dibattito di organizzazione, nonostante il mio aperto dissenso con i capi del sindacato e con la linea di sottomissione e svendita che questi hanno portato avanti. Ho lavorato con impegno alla costituzione della rappresentanza di fabbrica e al suo rafforzamento. Questo ha portato solo vantaggi all’organizzazione, tra i quali, oltre 25.000 euro di entrate all’anno. Mentre i vantaggi per i lavoratori sono unicamente frutto delle lotte. Con la mia espulsione, la CGIL preserva l’immagine dei suoi dirigenti, in quanto difensori della legalità borghese e delle regole della democrazia dei banchieri e dei padroni, quella stessa democrazia e legalità che lasciano impuniti le migliaia di morti per il lavoro. Non giustifico, in nessun modo, l’operato dei dirigenti sindacali in riferimento ai seguenti fatti: avere svolto una assemblea per dichiarare otto ore di sciopero, strumentalizzando il mio arresto e l’accusa infamante di essere un terrorista. Tale decisione ha sicuramente incoraggiato il mio licenziamento, ha messo in cattiva luce la mia persona di fronte all’opinione pubblica e ai miei compagni di lavoro, ha favorito il clima per farmi passare da criminale, incentivando, in questo modo, una dura condanna al prossimo processo. Avete insultato la mia persona e abusato della buona fede dei miei compagni di lavoro, esponendo uno striscione in un luogo pubblico con la scritta “No al terrorismo. Lavoratori ERGOM” all’insaputa degli stessi. Considerando la gravità di questi fatti di cui la segreteria FILCEM CGIL si è resa responsabile, non resta che constatare la completa estraneità materiale e morale dal movimento operaio dei sopracitati capi sindacali. Pertanto non riconosco alla FILCEM CGIL autorità di interferire nei rapporti tra me e i miei compagni di lavoro. Non le riconosco il potere di espellermi da rappresentante dei lavoratori, poiché rispondo solo ai lavoratori del mio operato, dai quali ho ricevuto mandato a rappresentarli. Comunico l’immediata rottura di qualsiasi rapporto organizzativo e personale con la segreteria FILCEM CGIL Torino.

Vincenzo Sisi
23 giugno 2007

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