22/10/2007: Comunicato in vista dell'udienza di appello per i fatti dell’11 marzo 2006


Lo scopo di questo breve comunicato, diretto a chiunque abbia manifestato solidarietà o solo interesse alle questioni del processo per i fatti dell’11 marzo scorso, è quello di chiarire anzitutto la posizione di alcuni di noi imputati rispetto la sentenza in primo grado.
Vogliamo ribadire fermamente, che ciò che verrà emesso alla fine delle udienze non cambia di una virgola il significato che ha avuto, per noi, l’opporsi ad una sfilata in pubblico di nazifascisti. Questo anche se si tratta del processo in appello, anzi, una ragione in più per tornare a ripeterlo.
Vorremmo anche chiarire, una volta per tutte, che pur nelle nostre diversità individuali, il nostro essere antifascisti implica necessariamente il rifiuto della delega delle nostre lotte a qualsivoglia realtà, partito o singola persona che si muova in ambiti istituzionali, o che attraverso essi cerchi legittimazione.

Partendo dall’aspetto penale, il reato che ci viene contestato è concorso morale in devastazione e saccheggio, cioè si condanna, al di là del porre in essere certe pratiche, il solo fatto di esser presenti sul luogo dove avvennero i fatti. In questo caso è opportuno ritenere che l’essere presenti ad una manifestazione antifascista sia di per sé imputabile come reato…questo è quanto emerge dalla sentenza in primo grado.
Ha un bel da fare il pm ad affermare che non si tratta di processo politico,qui si è condannato con criteri di parte!
L’evidenza della condanna all’identità di chi partecipa ad una manifestazione di tale stampo non lascia spazio a dubbi: con le misere prove a carico dei presunti devastatori, li si vuole condannare in base alle loro attitudini.
Con questa sentenza in primo grado si garantisce l’impunità ai fascisti che sfilano per la città con tutto il loro portato storico fatto di guerra fame e miseria, e si condanna la ferma volontà di dimostrare che ciò che allora avvenne (grazie anche al silenzio/assenso di chi ritenne giusto non opporsi coi dovuti modi alla violenza fascista) trova la sua naturale continuazione in tribunale: cosa dimostra altrimenti una condanna a 4 anni se non la ferma volontà di garantire la gestione dell’esistente e la difesa dell’ordine capitalista con metodi più o meno ortodossi?
Qualcuno afferma erroneamente che questo è un moderno tribunale speciale: qui ci si trova di fronte ad un tribunale democratico con tutto ciò che implica l’uso corrente di questo termine, cioè la messa in pratica della difesa di quei valori che permettono la continuazione dello sfruttamento.
La sicurezza che si pretende di infondere ai cittadini da quelle aule implica necessariamente la sottomissione alla violenza che esso esercita, li come in qualsiasi altro aspetto della vita di tutti i giorni: difendono i fascisti e condannano in base a un reato “morale” dando prova di quale sia la moralità di un tribunale, e tanto basta per affermare che chi si riconosce nei valori che esso rappresenta ne è complice

Gli imputati
FABIO LUNGHI
IVAN MINARDI
MARCELLO MONTANARI
NICOLA VACCA
PASQUALE CAPPUCCIO
VINCENZO VECCHI

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