29/10/2007: Dichiarazione al processo sull'occupazione della Croce Rossa di Torino


Questa mattina [26/10] si è tenuto il processo agli occupanti della Croce Rossa.
Sono stati sentiti un digossino e due persone informate sui fatti, presenti il 15 dicembre 2006, nel momento in cui tre compagni occupavano l'ufficio stampa della CRI.
Uno degli imputati ha provato a leggere una dichiarazione spontanea sui fatti, che potete trovare in allegato, firmata a tre mani dai compagni sotto processo, ma è stato interrotto più volte dal giudice.
In solidarietà una dozzina di compagni si è alzata in piedi componendo con le lettere impresse sulle loro magliette le frasi: C.R.I. ASSASSINA (davanti) e FUOCO AI CPT (dietro).
I solidali sono stati subito espulsi dall'aula. Agenti della digos hanno richiesto i documenti ai facinorosi portatori di lettere, nonchè l'esposizione individuale della maglietta incriminata. Il rifiuto da parte del gruppo di sottostare alla curiosità degli agenti, che per altro avevano registrato tutta l'udienza con la telecamera, si è tradotto in qualche momento di tensione, spintoni e la minaccia di essere tradotti in questura per procedere all'identificazione. Il gruppo di compagni non si è fatto intimidire e, mentre veniva fatto uscire per essere caricato sui cellulari, è stato in fine lasciato andare.
I questurini saranno probabilmente tornati alla base a giocare con lettere dello scarabeo più docili e mansuete...
Chiudiamo i Lager di Stato!

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Il processo che ci vede imputati non è teso soltanto a stabilire chi abbia partecipato all'occupazione dei locali della Croce Rossa di Torino il quindici dicembre passato, né se costoro abbiano esercitato una qualsiasi forma di violenza contro chiunque. Su questi argomenti lasciamo parlare i nostri legali: lo sanno fare meglio di noi, e riscuotono tutta la nostra stima e la nostra fiducia.
È un altro l'aspetto di questo processo sul quale vogliamo esprimerci, e vogliamo farlo di persona.
Sia in sede di convalida degli arresti che quando sono state esaminate le misure restrittive che abbiamo subito per mesi, tutte le volte che questo nostro caso è passato tra le mani di un giudice il ragionamento si è sempre incentrato sulla modalità illegale della nostra iniziativa.
"Avranno pure ragione a protestare, questi giovanotti" - è stato detto - "ma quando i contestatori oltrepassano i limiti della Legge vanno puniti, e con severità". È questo il punto: quando senso della giustizia e Legge sono in conflitto, cosa deve prevalere? È un argomento della massima importanza, per chiunque. Che poi un giudice sia per mestiere dalla parte della Legge è cosa scontata, e non abbiamo nessuna velleità di convincerlo del contrario.
Ma questo è uno spazio pubblico, oltre ad essere un'aula di tribunale, e non vogliamo perdere neanche una occasione per affrontare in pubblico questo tema, che è vitale per tutti.
L'aria delle nostre città è piena di tensione e di rancore - perché si fa fatica ad arrivare alla fine del mese; perché nessuno sa che cosa accadrà domani; perché i ritmi cui siamo tutti costretti sono inumani; perché la guerra che l'Occidente ha esportato ovunque nel mondo sta facendo capolino anche in casa nostra.
Eppure, in tanti volgono il proprio sguardo rabbioso non contro chi l'ha organizzato, questo sfascio, ma contro gli ultimi arrivati, contro gli esclusi, contro i diversi - come se fossero davvero loro la causa di tutto questo. Come in altri tempi, i padroni e i loro protettori politici soffiano sul fuoco avvelenato della guerra tra poveri nella speranza di mascherare le proprie responsabilità.
Ci siamo detti per sessanta anni che non sarebbe mai più successo, eppure il baratro è alle porte.
Cosa dire di un ministro degli Interni che propone di varare leggi speciali e istituire punizioni collettive – come sta facendo Amato contro i Rom? È troppo parlare di leggi razziali?
Cosa dire dei gendarmi che sparano o massacrano di botte stranieri sospettati di essere ladri, spacciatori, o semplicemente taccheggiatori di supermercati? Due morti in due mesi, nella sola provincia di Torino, ed un ferito grave. È esagerato parlare di reintroduzione informale della pena di morte?
Cosa dire dei Centri di Permanenza Temporanea dove vengono rinchiusi uomini e donne la cui unica colpa è quella di essere di troppo nelle nostre città? Solo in questi giorni una neonata è rimasta intossicata dai fumi dei lacrimogeni e due internati sono morti dentro dei Cpt italiani. È eccessivo parlare di lager?
Cosa dire di chi gestisce i Centri di Permanenza Temporanea, magari imbottendo gli internati di psicofarmaci e calmanti – come ha fatto per lungo tempo la Croce Rossa a Bologna e come fa tutt'ora la Misericordia a Modena? È troppo parlare di aguzzini?
Cosa dire delle retate continue, delle camionette ovunque, della gente finita in carcere per delle semplici scritte sui muri? È più corretto parlare di stato di polizia o di società carceraria?
Cosa dire delle sanguinose aggressioni contro gli stranieri perpetrate nei giorni scorsi, a quanto pare, dai rampolli annoiati della Torino bene? Cosa dire quando i vecchi fascisti rialzano la testa e attaccano senza timore omosessuali, scuole occupate, dissidenti? Prove pratiche di squadrismo è una definizione troppo allarmista?
Cosa dire quando, incitato da uomini politici di ogni colore, da giornalisti e anche da comici alla moda, c'è chi tenta di uccidere nel sonno uomini, donne e bambini? L'attentato al campo Rom di via Vistrorio a Torino è parte di una lista che si allunga ogni giorno di più. Si può dire che in giro c'è voglia di pogrom? È sgarbato dire che la Bosnia è dietro l'angolo?
Su come affrontare adeguatamente questi tempi urge una riflessione, anche lunga ed articolata.
Ma in questa aula ci può bastare invitare tutti a volgere lo sguardo ad un esempio del passato. Quando, dalla fine degli anni Trenta in poi, è iniziata la persecuzione anti-ebraica c'è stato in Italia chi ha applaudito e chi si è limitato a tacere. Ma c'è stato anche chi, in qualsiasi maniera, si è opposto. In qualsiasi maniera, ma sempre fuori dalla Legge. Ed è a questi fuorilegge che va il nostro ricordo.
Perché, quando i tempi si fanno tanto scuri, chiunque abbia conservato anche solo un poco di senso della giustizia è per forza di cose fuori dalla Legge.
Quando i tempi si fanno tanto scuri, l'applauso o anche solo il silenzio sono cose legali, certo, ma sono anche cose delle quali vergognarsi per una vita intera.
Il mondo che stanno preparando è di nuovo un mondo in cui persone "normali" - proprio quelle persone che siedono accanto a noi negli autobus, quelle persone che incrociamo ogni giorno al supermercato - sono pronte ad applaudire ai roghi o ad uccidere con le loro stesse mani in nome di una razza, di una cultura, di un dio o anche solo in nome della "sicurezza".
Ci hanno portato a questo punto. Ora non possono chiederci di stare calmi.

Torino, 26 ottobre 2007
Alessandro Grana
Andrea Ventrella
Aurelio Loprevite

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