19/11/2007: NO ALL’ACCORDO, SI ALLA LOTTA... Lettera dal carcere di Cuneo


Il 23 luglio è stato stipulato un accordo tra le parti sociali (organizzazioni padronali e sindacati) e il governo italiano. Il cosiddetto patto sul Welfare.
In sostanza, con questo patto il governo italiano si impegna a fare una serie di modifiche di leggi per favorire la ripresa economica e produttiva, riducendo le tasse alle imprese, tagliando i costi dello stato con l’allungamento dell’età lavorativa, impegnandosi a fare interventi a sostegno dei lavoratori precari, compatibilmente con le risorse economiche delle casse dello stato.
Gli industriali si sono detti soddisfatti del risultato raggiunto con questo accordo che porta alle aziende un forte risparmio delle tasse, queste, queste minori entrate nelle casse dello stato lo costringeranno a tagliare ulteriormente i servizi e l’assistenza alle persone.
Da parte sindacale, le confederazioni CGIL, CIS, UIL si sono trovate d’accordo sulla linea tenuta dal governo, tendente a ridurre i costi della spesa sociale per spostare risorse verso gli investimenti e gli aiuti alle imprese. Inoltre, le organizzazioni sindacali confederali alle quali aderiscono circa 10 milioni tra lavoratori dipendenti e pensionati hanno organizzato una grande campagna di sostegno alla linea padronale-governativa a favore della coesione sociale per il bene del paese e del suo rilancio economico.
Lo strumento utilizzato per questa campagna di consenso, che loro hanno chiamato democrazia, è stato il referendum, per far esprimere i lavoratori e i pensionati sull’accordo raggiunto. In questo modo le organizzazioni sindacali vogliono legittimare il loro ruolo di mediazione sociale e di contenimento delle lotte di resistenza. Lotte di resistenza che hanno visto i lavoratori italiani opp orsi con forza e generosità ai vari attacchi: riduzione del salario reale, aumento della produttività e della precarietà, flessibilità degli orari di lavoro.
Inoltre, il costante ricatto dell’esternalizzazione di parti di produzioni dalle grosse alle piccole aziende dove si applica una diversa legislazione del lavoro, senza diritti sindacali, con salari ridotti e una produttività molto più alta. Con le delocalizzazioni di intiere aziende o parti di esse verso la Cina, i Balcani e i paesi del’Est Europa. Di conseguenza i lavoratori italiani hanno subito ristrutturazioni, chiusure di aziende e licenziamenti.

Nonostante tutto questo e nonostante l’assenza di una organizzazione genuinamente di classe in grado di raccogliere e guidare la forza e il livello di coscienza presente tra le masse lavoratrici, nonostante i colpi subiti e gli arretramenti è ancora radicata la memoria e l’esperienza di una lunga storia di lotte operaie e sociali.
Tutto questo al padronato fa paura che affida alla borghesia di sinistra il compito di organizzare lo stato in virtù della sua capacità di controllo delle masse lavoratrici e popolari, al fine di arginare la crisi capitalista.
Per questo motivo hanno organizzato questo referendum tra lavoratori e pensionati, per raccogliere consenso sull’accordo fatto dal sindacato con l’amico Prodi e il buon Montezemolo. Il sindacato da molta importanza mediatica a questa votazione, anche per isolare la forte resistenza dei luoghi di lavoro più significativi e combattuti. Vengono fatti spot televisivi e dichiarazioni che minacciano la caduta del governo con il rischio di consegnare il paese alla destra, vengono fatte assemblee nei luoghi di lavoro per spiegare la bontà di questo accordo e la necessità di approvarlo.
Il risultato era scontato, nonostante che l’organizzazione delle aziende meccaniche (FIOM) si è schierato contro, ma non ha voluto fare campagna per invitare i lavoratori a votare NO. La macchina organizzativa sindacale dei funzionari, collaboratori, e attivisti fedeli ai partiti di governo hanno gestito tutte le operazioni di propaganda, voto e controllo delle schede di votazione. Dovevano votare, secondo le previsioni del sindacato, 5 milioni di persone e, 5 milioni hanno votato, doveva vincere il SI all’accordo e, il SI ha vinto il 80%.
Quello invece che è sicuro, dove è stato possibile controllare il voto, che nelle grosse aziende ha vinto il NO all’accordo. Quello che è sicuro, che dove la discussione tra i lavoratori è stata vera, perché altri punti di vista si sono potuti esprimere esercitando la democrazia operaia della partecipazione consapevole, le organizzazioni sindacali sono uscite sconfitte. La dove sono partite le lotte contro l’accordo e dove è ancora radicata la memoria e l’esperienza dei precedenti cicli di lotta, la maggioranza assoluta dei lavoratori ha sonoramente bocciato l’accordo. E stato detto che questo milione di lavoratori che ha votato contro è una minoranza che sbaglia, si manda a dire al sindacato dissidente che si deve adeguare, ma il messaggio e rivolto ai lavoratori che con il loro voto hanno espresso il dissenso completo alle politiche di un sindacato le cui direzioni sono parte organica della borghesia di sinistra che governa il paese.
Poi, quando qualche lavoratore esprime il proprio dissenso tracciando sulla scheda di votazione la stella a cinque punte, si chiama la polizia, quando quelle stelle compaiono in più posti di lavoro e dopo gli arresti del 12. febbraio 2007, nelle zone industriali e fuori dalle sedi sindacali, questo preoccupa il sindacato e il governo, che non trova di meglio che urlare agli infiltrati tra i lavoratori.
Perché, secondo loro, in fabbrica si sta solo per lavorare e farsi rappresentare dal sindacato ufficiale e non per fare la lotta pensando alla rivoluzione.
Questi voti contro, questo dissenso che tanto preoccupa i governanti, sono semi di una coscienza che vive aspettando il calore della lotta, per germogliare in una lotta cosciente e organizzata per il comunismo.

Novembre 2007

Vincenzo Sisi
operaio e rappresentante sindacale di fabbrica attualmente prigioniero nelle galere italiane

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