15/01/2008: Bologna 9 Febbraio 2008: corteo nazionale per ROMPERE IL SILENZIO


A Bologna 5 compagni da oltre tre mesi sono in carcere, in uno stato di detenzione aggravato dall’elevato indice di vigilanza (EIV) e dalla censura sulla corrispondenza, per aver cercato di opporsi a un TSO in una piazza del centro; altri due stanno scontando pene da 10 mesi, non ancora definitive, per una scritta sui muri del centro fatta in solidarietà con gli altri arrestati.
E questi sono solo gli ultimi di un lungo elenco di episodi che nei mesi recenti hanno segnato la fitta “cronaca repressiva” bolognese.
La città è satura di divieti e il centro storico è ormai massicciamente presidiato da polizia e vigili urbani. Vengono sgomberate case e spazi sociali, demoliti con le ruspe gli accampamenti e le baracche dei nomadi, criminalizzate tutte le forme di dissenso politico e sociale.
Tutto ciò in nome della “sicurezza” e della lotta al degrado, ritornelli che da tempo riempiono le prime pagine dei giornali con l’effetto, e lo scopo, di aumentare artificialmente il senso di insicurezza dei cittadini e di stendere sui reali problemi della gente una cappa di silenzio assordante fatta di cinismo, di indifferenza e di rassegnazione
Bologna sembra tornata ad essere un laboratorio nel quale, proprio attraverso un sindaco “di sinistra”, sperimentare tecniche di controllo sempre più raffinate e dispiegate. Il sindaco di Bologna è l’ideatore del “pacchetto sicurezza” fatto proprio dall’assemblea dei sindaci e tramite il ministero degli interni Amato presentato in parlamento e quindi adottato a livello nazionale.
D’altra parte, lungi dall’essere una problematica prettamente locale, la “questione sicurezza” è ormai diventato un cavallo di battaglia di tutti i politici di professione a livello nazionale, un tema su cui destra e sinistra fanno a gara nel proporre le soluzioni più liberticide possibili. In tutta Italia, giorno per giorno, cresce l’intolleranza nei confronti delle categorie più “deboli”. Proprio un sistema fondato sull’assoggettamento autoritario sancisce chi è da tutelare e chi da perseguitare esponendo gli esclusi alla violenza vigliacca: dagli attacchi ai campi rom e in generale alle comunità immigrate, alla violenza sulle donne, dall’uso sempre più sfacciato delle istituzioni totali, delle carceri e delle strutture psichiatriche, alle quotidiane scorribande dei neofascisti.
Questa, progressiva, ed evidente devastazione dei rapporti sociali non avviene casualmente e al contrario, secondo noi sta a testimoniare come sia in atto un lucido processo di ristrutturazione che, con passi da gigante, cerca di trasformare radicalmente le regole di questo Stato “democratico”. E più che una restaurazione rivolta al passato crediamo rappresenti piuttosto la necessaria condizione per il mantenimento di un sistema politico, economico e sociale ormai basato strategicamente sulla guerra. Infatti, mentre gli eserciti di tutte le potenze occidentali (compreso il nostro) sono impegnati in ogni angolo del globo a massacrare le popolazioni più povere per “esportare la democrazia”, la riduzione di ogni spazio in cui agire il dissenso e il controllo di ogni tipo di opposizione diventa una priorità imprescindibile a tutti i livelli, da quello internazionale a quello iper-locale: aumento della militarizzazione, tassi di carcerazione in costante crescita, internamento e deportazione degli immigrati, persecuzione sfacciata di ogni lotta sociale, dagli scioperi alle occupazioni di case, dalle proteste contro la devastazione ambientale alla opposizione alla guerra stessa. E ovviamente tra i più colpiti ci sono coloro che si dichiarano apertamente nemici dello stato e del suo ordine sociale.
Dovrebbe essere allora evidente a chiunque non si lasci abbindolare completamente dalla propaganda di regime che l’insicurezza reale delle persone deriva in realtà da ben altri problemi.
Il quotidiano stillicidio di morti bianche e di incidenti sul lavoro provoca un numero di morti, invalidi e feriti di gran lunga superiore a quello delle vittime della criminalità. Così come l’impoverimento che colpisce la stragrande maggioranza della popolazione non dipende da furti e rapine ma da salari sempre più scollegati dal costo della vita in costante aumento.
L’insicurezza reale è data dall’aumento costante dei lavori precari, malpagati e senza tutele, dai continui licenziamenti (motivati per lo più dallo spostamento delle attività all’estero, dove è possibile sfruttare ancora più brutalmente la manodopera con guadagni ancora maggiori per i padroni); dagli affitti ormai insostenibili; da uno stato sociale che non ha più nulla da offrire, anzi: si muore d’ospedale e ci si intossica soffocati dai rifiuti.

Su queste tematiche abbiamo deciso di convocare a Bologna una manifestazione nazionale per il 9 febbraio. Un’occasione importante per riportare con il giusto peso la “questione sicurezza” nei suoi termini reali, per denunciare pubblicamente il terrorismo di politici e giornalisti che in tutta Italia si adoperano per scongiurare il rischio che ci si unisca nella lotta contro i potenti, unica via d’uscita concreta dalla miseria incalzante. Un’occasione per riaffermare con forza la volontà di difendere gli spazi in cui agire il dissenso messi pesantemente in discussione da queste strategie repressive.
Un occasione, insomma, per rompere il silenzio.

La manifestazione attraverserà le strade di Bologna ribadendo e articolando il discorso fatto sinora con l’intento di portare queste riflessioni all’orecchio degli abitanti di questa città e di coinvolgere chiunque condivida questo tipo di necessità.
Invitiamo all’Assemblea pubblica del 23 gennaio 2008 di presentazione della manifestazione presso la sala di Via dello Scalo alle ore 21.00.

Coordinamento “Rompere il silenzio”

http://www.autprol.org/