27/06/2008: Presentazione dell’Assemblea Antirazzista (di Torino)


L'assemblea antirazzista nasce da un'urgenza. Un'urgenza che è venuta crescendo – giorno dopo giorno – nei luoghi che viviamo e nella coscienza di ciascuno di noi.
I roghi razzisti contro i rom, le aggressioni contro gli immigrati, la cappa feroce del razzismo istituzionale disegnano il presente terribile nel quale siamo forzati a vivere.
Si tratta di un'urgenza politica e sociale, ma anche, per chi ritiene, etica.
Stiamo provando a tessere una fitta rete di solidali, per porre argine alla violenza, per impedire gli sgomberi, per gettare i semi di un agire comunicativo capace di rompere la tenaglia del razzismo diffuso nei quartieri popolari dove la guerra tra poveri è ormai una realtà.
L'assemblea antirazzista non è un nuovo soggetto politico che firma appelli o documenti, che auspica o che condanna, che suggerisce linee o polemizza con "avversari". Non è una nuova sigla. E neanche una nuova organizzazione nella quale riconoscersi, né una sommatoria di organizzazioni preesistenti. Al contrario, l'assemblea è una occasione per organizzarsi e coordinarsi, su proposte specifiche che coinvolgeranno solo chi le condivide, senza ricercare ad ogni costo l'unanimità. L'assemblea antirazzista, dunque, è un ambito di relazione, confronto, scambio di informazioni, elaborazione di possibili iniziative tra persone dal diverso orientamento politico e dalla diversa storia personale. È un luogo dove si intrecciano senza sovrapporsi percorsi di resistenza al razzismo, una sorta di assemblea permanente dove ciascuno rappresenta e mette in gioco se stesso, costruendo con altri un ambito dove confrontarsi e collaborare.
L'assemblea antirazzista vive della necessità di mettere insieme intelligenze, energie, tempo, capacità e saperi per cominciare a ridisegnare lo spazio sociale della nostra città. Uno spazio violato dalle retate della polizia contro gli immigrati, dai raid fascisti e razzisti, dalla presenza di un Cpt dove la favola dell'eguaglianza dei diritti e delle libertà mostra – più che mai – l'atroce farsa della democrazia. Uno spazio dove si vive male tutti, perché il lavoro che non c'è, che è precario, pericoloso, mal pagato è nella quotidianità di ciascuno. Uno spazio dove la martellante propaganda razzista crea solchi sempre più larghi, dove il risentimento verso gli ultimi prende il posto dell'odio per chi comanda e sfrutta tutti. Occorre rompere il muro del silenzio e dell'indifferenza, spezzare la cappa dell'odio. La guerra tra poveri cancella la guerra sociale, distrugge la disponibilità all'incontro, corrode la solidarietà, apre la strada alla giungla sociale.
Ridisegnare il territorio significa in primo luogo presidiarlo, facendo sentire ad immigrati e clandestini la propria presenza solidale e rendendo la vita più difficile a fascisti, razzisti e forze del disordine statale.
Ma non solo. Serve un'offensiva culturale diffusa che spezzi il cerchio della paura, apra spazi di incontro e relazione, ponendo le basi di un'azione comune contro i nemici di tutti, che restano quelli di sempre, i padroni che ci portano via la vita, giorno dopo giorno.
Nella roulette russa della guerra sociale c'è chi affonda e chi resta a galla. Ma la marea sale e cresce il numero dei sommersi. Chi resta ai margini, chi non resiste non dica domani che non sapeva, non dica che non voleva.
Chi non ferma la barbarie ne è complice.

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