26/07/2008: Contrattazione e Rappresentanza, Documento conclusivo approvato dal Consiglio Nazionale il 3-7-08 a Firenze


Il contratto nazionale
Il documento di Cgil-Cisl-Uil sulla contrattazione che è oggetto di discussione con Confindustria e quindi suscettibile di ulteriori peggioramenti, fotografa la conclusione della parabola avviata con gli accordi di luglio del ‘92 e del ‘93 attraverso cui si è proceduto ad una profonda trasformazione dell’istituto contrattuale.
Fino ad allora, la presenza di uno strumento di adeguamento automatico dei salari all’inflazione – scala mobile – aveva consentito di mantenere inalterata la funzione principale del CCNL, cioè quello di spostare quote di ricchezza prodotta dal fattore capitale al fattore lavoro, avendo già assicurato, attraverso la scala mobile, un recupero – pur parziale, a posteriori e calcolato su un paniere inadeguato – di quanto eroso dall’aumento del costo della vita.
Con gli Accordi di Luglio, la conseguente scomparsa dell’istituto della scala mobile e l’introduzione del parametro dell’ “inflazione programmata” per stabilire la quota massima da riservare agli aumenti contrattuali, il CCNL diventa di fatto – per quanto attiene strettamente al dato economico – un atto di mera registrazione delle compatibilità economiche che si celano dietro l’indicazione, da parte del Governo, dei tassi di inflazione previsti per gli anni di vigenza contrattuale.
Gli stessi accordi di luglio, proprio per cercare di far ammortizzare la scomparsa della scala mobile, prevedono che la durata dei contratti diventi quadriennale per la parte normativa e biennale per la parte economica. Come è andata a finire – fino ad ora - lo sanno tutti. Questa gabbia ha impedito di adeguare i salari al costo della vita, ha fatto perdere pezzi di diritti ad ogni rinnovo contrattuale, ha dato la possibilità di far slittare gli stessi tempi dei rinnovi.
Ciò spiega perché i salari dal 93 ad oggi hanno perso 8,2 punti a vantaggio dei profitti. In cifra ad ogni lavoratore sono stati scippati oltre 7.000 € annui. Una rapina enorme se rapportata anche agli anni per i quali lo scippo è avvenuto!!
La distribuzione della ricchezza prodotta in azienda è andata a vantaggio dei profitti e a svantaggio dei salari in misura imponente, ristabilendo il livello di distribuzione degli anni '50 e modificati attraverso generose lotte dei lavoratori.
Questo mentre il governo propone il vecchio decreto Lanzillotta sulla liberalizzazione dei servizi sociali comunali (trasporti, acqua, luce, gas ecc.) Il PD protesta dicendo che è troppo poco. In realtà questi servizi vanno mantenuti pubblici.
Per quanto riguarda le esternalizzazioni, l'analisi costi/benefici ci dice che sono state un fallimento non solo per i lavoratori coinvolti ma anche per le aziende anche per le aziende in quanto oltre a creare precarietà tra i lavoratori rappresentavano una maggiorazione di costo. Compito della Cub è di modificare completamente la legislazione attuale.
Ora il nuovo protocollo tra Cgil, Cisl e Uil registra e formalizza l'esistente, sancisce lo svuotamento definitivo del Contratto Nazionale già realizzato in questi anni, propone di svuotarlo ancora di più rappresentando il tutto come la strategia più efficace per rispondere alla forte domanda salariale esistente fra i lavoratori.

Oggi si propone di:
- riportare il periodo di vigenza del CCNL a 3 anni con un ulteriore peggioramento salariale
- nei fatti le richieste dei contratti nazionali verranno preventivamente vincolate a quanto concordato a livello centrale tra confederazioni e controparti, pubbliche e private.
- sostituire il concetto di “inflazione programmata” con quello di “inflazione realisticamente prevedibile”.
L'inflazione programmata prevista dal governo è dell'1,7%, quella europea dell'1,6%, al netto degli aumenti di alimentari ed energia. Quella calcolata dall'Istat sugli acquisti frequenti di è del 5,4% e del 3,6% quella Istat sui consumi delle famiglie. Il risultato è che l'inflazione governativa è 1/3 di quella che subiscono lavoratori e pensionati che devono sopravvivere con 1.000 euro al mese o anche meno.
Altre sono per la CUB le azioni da intraprendere per ridare potere ai salari e senso al Contratto Nazionale.
Innanzitutto gli aumenti contrattuali devono cominciare ad essere tali da ridustribuire in senso inverso la ricchezza che dai salari è passata ai profitti, quindi gli aumenti devono essere scollegati dal tasso di inflazione. La CUB propone per i contratti in discussione aumenti di 250 euro. Questi aumenti non copriranno il gap degli 8 punti persi ma cominceranno semplicemente ad invertire la tendenza.
Bisogna reintrodurre una forma di scala mobile cioè un recupero automatico dell'inflazione, solo così si eviterà di aumentare il vantaggio dei profitti sui salari e sugli stipendi.
L'unica semplificazione contrattuale con cui concordiamo è quella che unifica i lavoratori di uno stesso settore/comparto nel contratto migliore presente nello stesso. Riunificando nel contempo i diversi contratti presenti nello stesso sito produttivo/aziendale.

La contrattazione aziendale
La proposta forte, secondo i confederali, è la riscoperta della contrattazione aziendale legata ad azione di detassazione degli aumenti e degli straordinari. Anche per questa via si realizzeranno ulteriori arretramenti per i lavoratori perché vengono posti vincoli precisi al dispiegarsi della contrattazione. La funzione «accrescitiva» del secondo livello dovrà avvenire in relazione a 5 parametri: «produttività, qualità, redditività, efficienza, efficacia».
Criteri che dicono solamente che la contrattazione sarà sottratta alla scelta autonoma dei lavoratori, resa compatibile e subalterna agli interessi delle imprese, che l’aumento del salario può avvenire solo lavorando di più, creando più utili per l’impresa, recuperando qualche detassazione pagata con meno servizi.
E’ utile sapere che oggi la contrattazione aziendale viene svolta da un numero ridotto di aziende medio grandi che occupano circa il 20% dei lavoratori.
Tutti gli altri non la fanno, innanzitutto a causa della struttura produttiva italiana.
Nel 2005 le imprese italiane dell'industria e dei servizi al mercato erano circa 4,3 milioni di unità ed occupavano 16,3 milioni addetti , con una dimensione media di 3,8 addetti (5,9 nell'industria e 3,1 nei servizi).
Le microimprese con meno di 10 addetti rappresentavano il 94,9% del totale delle imprese con il 25,2% dei dipendenti il 28,3 del fatturato ed il 32,8% del valore aggiunto. In esse il 65,1% dell'occupazione è costituito da lavoro indipendente.
Le imprese tra 11 e 249 dipendenti rappresentano il 47,3% dei dipendenti, il 42,1% del fatturato e il 38,7% del valore aggiunto .
Le imprese di maggiori dimensioni (250 e più addetti sono solo 3.200 unità e occupano il 18,3% del totale degli addetti, il 27,5% dei dipendenti e rappresentano il 29,6% del fatturato ed il 28,5% del valore aggiunto complessivo.
La produttività nominale delle microimprese fino a 10 dipendenti, misurata dal valore aggiunto per addetto, è pari in media a 26,5 mila euro.
Questo valore rappresenta il 43,8% di quello delle imprese oltre i 250 dipendenti, pari a 60,6 mila euro.
Questo fa si che la contrattazione aziendale può essere fatta seriamente solo a livello delle aziende oltre i 250 dipendenti, ed è altrettanto chiaro il motivo per cui la produttività del lavoro nel nostro paese è bassa, infatti le microimprese non sono in grado di fare quegli investimenti necessari per aumentare il valore aggiunto, cosa che può essere realizzato solo dalle imprese maggiori.
La contrattazione aziendale deve essere maggiormante sviluppata per garantire ai lavoratori il recupero di quote ulteriori di salario in queste aziende, oltre che introdurre innovazioni contrattuali sul versante dei diritti da riportare nella discussione del contratto nazionale per estenderle a tutti i lavoratori.
Una contrattazione che deve affrontare e risolvere i problemi dei lavoratori, invece che, come oggi avviene, solo quelli delle aziende. Affrontare i problemi dei lavoratori a partire da quelli salariali non legandoli alla produttività dall'orario e dai carichi di lavoro, sicurezza e salute, precarietà, servirebbe anche a ricostruire un livello di credibilità (alla) della iniziativa sindacale messo in crisi da anni di mancanza di intervento nei luoghi di lavoro.
In questo modo si ottiene un altro importante risultato, quello di dare ruolo ai delegati eletti dai lavoratori che svolgendo una funzione realmente rappresentativa possono tornare a rappresentare una sorta di contropotere a livello aziendale e non come oggi spesso accade, una sorta di ufficio distaccato del personale, strumento utile per l'azienda ma non per i lavoratori.
I salari debbono recuperare valore anche attraverso una riduzione del carico fiscale ai lavoratori dipendenti. Rilanciare la lotta all’evasione e all’elusione fiscale, aumentare gli introiti dello stato attraverso un maggior gettito fiscale sono i semplici e giusti strumenti di compensazione a questa semplice proposta. Vanno respinte misure che intervengano (come previsto dal governo) sugli straordinari e sul salario variabile, perché incentiverebbero l'autosfruttamento dei lavoratori ed interesserebbero solo una piccola parte di essi.

Rappresentanza e democrazia
Il documento cgil, cisl e uil in tema di rappresentanza propone di mantenere l’accordo vigente nel settore pubblico . La misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali scaturirebbe da un mix di numero di iscritti e di voti ottenuti alle elezioni delle RSU. La certificazione delle elezioni verrebbe affidata a un fantomatico comitato sulla cui indipendenza ci permettiamo di dubitare. La proposta non incide affatto sul ruolo di monopolio da essi detenuto e che lascia liberi i padroni di continuare a scegliersi il sindacato con il quale trattare.
Secondo la Cub vanno definite norme che, recepite in una legge al fine di renderle certe ed esigibili, garantiscano:
- La elezione delle RSU in tutte le aziende,
- L’eliminazione della clausola del terzo riservato ai firmatari dei contratti
- L’eliminazione di tutte le clausole discriminatorie tra le organizzazioni sindacali.
- Il diritto alle trattenute in busta paga delle quote sindacali per tutte le organizzazioni
Per ristabilire un livello adeguato di democrazia nel rapporto con i lavoratori innanzitutto bisogna sancire il loro diritto a discutere ed approvare le piattaforme, ad essere coinvolti nella gestione della trattativa, a discutere ed approvare gli accordi che li riguardano, ai vari livelli, con consultazioni vere e la possibilità ad ipotesi contrapposte di essere pienamente rappresentate.
Per maggiori dettagli sulla proposta della CUB in materia alleghiamo il testo della proposta di legge predisposta dalla CUB e presentata nelle due ultime legislature da alcuni parlamentari.

FIRENZE 3 luglio 2008
COMMISSIONE DEL COORDINAMENTO NAZIONALE CUB

da CUB - http://www.cub.it/article/4573/contrattazione-e-rappresentanza-documento-conclusivo-approvato-dal-consiglio-nazionale-il-3-7-08-a-firenze
In www.resistenze.org - proletari resistenti - lavoro - 17-07-08 - n. 237

http://www.autprol.org/