03/09/2008: Crisi finanziaria: “Il peggio deve ancora venire”


Sono 10 le banche fallite negli USA quest’anno e 117, un nuovo record, si trovano sulla lista-problemi. Adesso è rimasta colpita la Integrity Bank della Georgia, chiusa dal Fondo di Assicurazione dei Depositi Statale (FDIC).
A causa della crisi finanziaria anche il numero delle banche con insolvenza pericolosa ha raggiunto il numero più alto. Sulla lista della FDIC alla fine del secondo trimestre 2008 c’erano 117 banche. Il FDIC scrive che ce n’è ancora qualcuna da aggiungere. Nonostante le misure d’aiuto prese e le smentite, le voci non cessano rispetto alla statalizzazione delle maggiori banche finanziatrici delle ipoteche. Sempre nuovi paesi dell’Europa scivolano nella recessione, che, secondo il punto di vista di esperti, anche in Germania non è più evitabile. La Gran Bretagna si trova nella peggior crisi degli ultimi 60 anni e in Spagna ha fatto il suo ingresso. La Spagna ha raggiunto la prima posizione nella UE per quel che riguarda la disoccupazione.
La crisi finanziaria negli USA ha provocato quest’anno, in seguito allo scoppio della bolla immobiliare, la caduta di 10 banche. Il Fondo statale di Assicurazione dei Depositi ha chiuso la banca poiché questa disponeva soltanto ancora di un attivo pari a 1,1 miliardi di dollari (circa 750 milioni di euro) e disponeva di un deposito allegato di circa 974 milioni di euro. Secondo la FDIC la banca dell’Alabama dovrebbe assumere i depositi e anche i clienti della Integrity Bank.
Pratiche pessime nella concessione del credito e i prezzi immobiliari in discesa avrebbero, in combinazione con una direzione del rischio carente, condotto ad una gigantesca caduta del credito e così dilapidato il capitale della banca, ha detto Andrei Gray, portavoce della FDIC. La banca della Georgia finanziava innanzitutto progetti immobiliari nell’area di Atlanta. Il suo fallimento carica la FDIC di 250-350 milioni di dollari (di perdite). Solo una settimana fa erano state chiuse in Kansas la Columbian Bank e Trust Company. Per il fallimento più eclatante, fino a oggi, quello della Finanziaria delle Ipoteche, la banca californiana Indymac, FDIC deve accorrere in aiuto con 4-8 miliardi di dollari.
Ad ogni modo il carosello dei fallimenti è appena iniziato, perché la lista delle banche in difficoltà seria redatta da FFDIC è molto più lunga. Alla fine del secondo trimestre 2008 si trovavano su questa lista 117 banche. Nomi FDIC non ne ha voluti fare, per impedire il classico “Bank Runs” dei risparmiatori preoccupati, come nel caso di Bear Sterns o della britannica Northern Rock. E’stato così registrato il 30% in più, rispetto al primo trimestre, di casi problematici; in numeri assoluti tali casi sono passati da 90 a 117, ma FDIC conclude che la situazione è peggiore e in elaborati interni fa riferimento a 150 banche da chiudere.
“Gli Usa non sono ancora arrivati in vetta”, ha detto il capo del FMI (Fondo Monetario Internazionale) Kenneth Rogoff in una recente conferenza a Singapore. La responsabilità sarebbe della peggiorata situazione economica, pronosticata dal FMI già in luglio. “Andrei oltre e direi che il peggio deve ancora venire”, aggiungeva Rogoff ed annunciava anche il crollo di una grossa banca in tempi ravvicinati. “Il crollo riguarderà una delle banche di investimento o delle banche maggiori”
Gli accantonamenti della FDIC si sono assottigliati, a causa dei fallimenti, a 45,2 miliardi di dollari, la posizione più bassa dal 1995. Il tasso di copertura attualmente impiegato, l’1,01%, è ampiamente caduto al di sotto del tasso legale prescritto. “Noi non crediamo di aver toccato il fondo del ciclo del credito”, ha detto Sheila Bair, capo di FDIC, per questo, ha aggiunto, si propone di alzare i premi delle banche e di invitare le banche di rischio ad essere più severe. Nel medio tempo FDIC prevede di farsi prestare altro denaro dallo stato. Insomma, lo stato deve di nuovo accorrere.
Attraverso i depositi allegati le banche USA però sono state caricate di nuovi pesi, i loro risultati nel secondo trimestre 2008 comunque sono fatalmente caduti. I guadagni, in un anno, sono diminuiti dell’86%, da 36,8 miliardi di dollari ad appena 5 miliardi di dollari. Oltre a ciò le banche dovranno mettere in disparte, per la possibile perdita di credito, la somma record di 50,2 miliardi di dollari. Di fronte a loro prende anche forma la più cara onda di rifinanziamento della loro storia. Entro il 2009 devono ripagare prestiti pari a 871 miliardi di dollari. A causa degli alti costi di finanziamento vanno tenuti inoltre presenti più di 23 miliardi di dollari l’anno necessari per i pagamenti degli interessi. Questo grava ampiamente sugli affari, perciò le banche possono prestare meno credito ai consumatori e agli imprenditori; un fatto che influirà molto negativamente sulla direzione dell’economia.
Non perdono di consistenza le voci di una possibile statalizzazione delle due maggiori finanziarie di ipoteche, Fannie Mae e Freddi Mac. Per il mercato finanziario internazionale esse hanno un enorme significato, in quanto, con un volume di cinque bilioni di euro, si collocano subito dietro la seconda banca di credito USA. Alla fine di settembre i titoli delle due finanziarie verranno collocati sul mercato al prezzo di 225 miliardi di dollari. La discesa dei prezzi delle abitazioni, l’aumentato numero delle vendite forzate e la perdita del credito portano continuamente alle banche grosse perdite. Tanti investitori sono convinti del fatto che hanno tropo poco capitale e di non trovare nuovo capitale neppure sul mercato internazionale, per questo nelle settimane a venire esse dovranno essere statalizzate. La manovra viene ancora smentita dal ministero delle Finanze, tuttavia si sa che sono in elaborazione pacchetti di salvataggio e iniezioni di finanza.

“Periodo marcato dal ristagno”
Anche per quel che riguarda le grandi economie del Giappone, della Germania e della Gran Bretagna la situazione diventa sempre più cupa.
Adesso anche il Giappone ha stilato, come gli USA, un programma di congiuntura, poiché il paese è scivolato nella recessione.
In Germania c’è il rifiuto a compiere un simile passo, ma di fronte allo sviluppo reale, prendere decisioni potrebbe essere solo una questione di tempo. Norbert Walter, capo di Deutsche Bank vede un pericolo di recessione anche in Germania. La Germania si troverebbe così connessa a Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna e Estonia ed anche alla Francia.
All’inizio dell’anno, in Francia, il prodotto interno lordo era già ridotto attorno allo 0,3 %. Questo colpisce duramente la Germania in quanto la Francia è il suo maggiore partner commerciale. In questo modo la situazione oscura sui mercati internazionali porta difficoltà ai maggiori esportatori mondiali. Secondo Walter non bisognerebbe più parlare di ristagno, bensì di “periodo di ristagno marcato che si protrarrà fino al 2010”. Soltanto i “colpi di fortuna” potrebbero ancora impedire la recessione, ha detto Walter, ai quali tuttavia lui non crede.

Avvisaglia di tempesta per la Gran Bretagna
La Gran Bretagna si trova, secondo il suo ministro delle finanze Alistair Darling, di fronte ad un crollo congiunturale. Darling in un’intervista rilasciata domenica scorsa ha parlato di “avvisaglia di tempesta”. Al “The Guardian” ha dichiarato che l’economia si trova “senz’altro nella situazione più difficile degli ultimi 60 anni” e che l’arretramento durerà più a lungo di quanto si pensi. “I prossimi dodici mesi saranno per il Labour fra i più difficili degli ultimi 10 anni”, ha detto Darling, poiché gli elettori sarebbero “furiosi” e ne avrebbero “piene le scatole”.
I puri dati delle economia britannica per la verità concedono poca speranza. Il tasso di inflazione ha superato di due volte il 2%, il massimo fissatodalla Banca d’Inghilterra e dalla stessa Banca Centrale dell’UE. I prezzi per l’energia e gli alimentari salgono con forza ed anche la disoccupazione aumenta. In luglio però questa, con il dato del 5,3%, si trovava ampiamente al di sotto del 7,3%, media registrata nell’UE. Per un programma di congiuntura al paese manca il denaro. Il rinnovo del debito ha già assunto le misure minacciate e nel 2008 raggiungerà una cifra pari al 3,8% del prodotto interno lordo.
Responsabile della difficile situazione è anche qui lo scoppio della bolla immobiliare. I prezzi vanno a pezzi in tempi record. In agosto gli immobili erano più a buon mercato che in luglio di circa il 2%, erano più bassi del 10% rispetto ad un anno prima. Un simile crollo dei prezzi non si vedeva dall’inizio degli anni 90, un periodo, anche allora, in cui il paese si infilò in una recessione. Negli ultimi dieci anni, fino allo scoppio della bolla, i prezzi si erano quasi triplicati. L’aggiustamento dei prezzi determinerà anche in Gran Bretagna il fatto che i crediti di tante abitazioni non saranno più coperti. In questo modo il caso della Northern Rock non resterà isolato, in quanto anche sull’isola tanti crediti sono marci e, inoltre, a causa degli interessi in aumento si verificheranno sempre più perdite di crediti. Anche in Gran Bretagna tanti crediti verranno concessi ad interesse variabile, il numero delle vendite forzate chiaramente aumenta, come negli USA.

In Spagna il consumo sprofonda e aumenta la disoccupazione
La situazione in Spagna è simile. Qui i crediti alle ipoteche vengono concessi quasi unicamente ad interesse variabile. Lentamente il governo inizia a parlare di crisi, perché il tempo di tenuta delle sue prognosi ultimamente si riduce sempre più rapidamente. Ancora in giugno i socialisti (PSOE) speravano che la disoccupazione raggiungesse l’11%, il punto considerato più profondo nel tempo del “ristagno”, cioè nel 2009. Invece nel luglio scorso questa barriera magica è stata superata. In questa classifica la Spagna ora è passata davanti, nella UE, anche alla Slovacchia. Le agenzie interinali stimano che la disoccupazione già nel 2008 si porterà attorno al 12,5%, dato che rappresenta con maggior chiarezza la realtà di quanto tentino i numeri di abbellimento esposti continuamente dal governo. Adesso si attende con una certa ansia il discorso che il primo ministro José Luis Rodriguez Zapatero terrà davanti al Parlamento. Oggi in un’intervista ha annunciato che in parlamento parlerà della crisi e delle contromisure che si propone il governo. Effettivamente assieme alla disoccupazione anche qui sono fatali i dati generali. Le grandi imprese immobiliari e edili annunciano grosse perdite o difficoltà nei pagamenti.
Il consumo sprofonda. La vendita di auto in agosto è andata al di sotto del 40% rispetto ad un anno fa, del crollo della vendita di abitazione è persino meglio non parlare. Le vendite in titoli (affari) nella primavera-estate sono cadute del 5%, anche l’industria turistica chiaramente soffre - date le spese più basse dei turisti nazionali e internazionali. I crescenti avanzi nelle casse dello stato si sono trasformati, a causa della caduta delle entrate fiscali e dei contributi sociali, in deficit, che in luglio ha già toccato la cifra di 10 miliardi di euro. Un anno fa era stato registrato un avanzo di quasi 8 miliardi di euro. Che il governo festeggia questo come successo, che l’inflazione adesso ammonti soltanto al 5%, è una barzelletta amara, poiché quest’ultima il governo diceva di contenerla sul 2%. I programmi di congiuntura decisi fino ad ora dal governo non muteranno la situazione sgradevole delle famiglie sovradebitate. Le vittime reali della crisi non verranno sgravate. Anzi, per loro, anche dopo l’estensione del credito propagandata dal governo, la situazione si è inasprita. Con la cancellazione delle tasse sul patrimonio e della domanda di edilizia residenziale vengono colpiti fra i poveri coloro che negli anni del boom si erano fatti il naso dorato. Qui si addensa un miscuglio esplosivo che potrebbe esplodere molto presto. La pazienza della gente semplice anche in Spagna si esaurisce.

Ralf Streck, da indymedia, 1 settembre 2008

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