14/09/2008: Scioperi in Tunisia


"Secondo Adel Jayar, del movimento di protesta del bacino minerario di Gafsa, tra il 7 e l'8 aprile ci sono stati 44 arresti a Redeyef, cittadina del centro del paese, vicina al bacino minerario, dove vengono estratti fosfati (di cui la Tunisia è il quarto produttore mondiale). La Lega tunisina dei diritti dell'uomo ha denunciato gli arresti, che hanno riguardato anche alcuni sindacalisti. Il governo parla di «disordini e degradazione di beni». Secondo testimoni oculari, gli scontri sono stati molto duri. Sono intervenute le forze anti-sommossa di Ben Alì, il dittatore tunisino che si fa eleggere con maggioranze alla Breznev.
Nel bacino minerario l'agitazione è iniziata nel gennaio scorso. All'origine una questione di assunzioni: i disoccupati contestavano i risultati di un concorso di reclutamento nella società di fosfati di Gafsa, principale datore di lavoro della regione. Ma da allora la protesta ha dilagato: ci sono stati sit-in, cortei, manifestazioni. Sono i disoccupati diplomati a guidare la protesta. Negli ultimi giorni, le manifestazioni sono diventate più imponenti e la gente si rivolta contro il carovita, che colpisce anche la Tunisia. l'Associazione tunisina delle donne democratiche ha organizzato una giornata di solidarietà con gli abitanti della zona mineraria e alle loro «rivendicazioni legittime».
Come negli altri paesi poveri, l'impatto dell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari è forte in Tunisia: rispetto all'occidente, dove il prezzo degli alimentari pesa tra il 10 e il 20% del reddito delle famiglie, in paesi come la Tunisia si sale al 60-90%. In Marocco ci sono sSpinningtate proteste contro il carovita e altre manifestazioni sono previste questo mese, anche se in questo caso esiste una «cassa di compensazione» statale che permette di attenuare gli effetti dell'aumento dei prezzi mondiali. Tutti i paesi più colpiti dall'aumento dei prezzi agricoli hanno seguito una «via di sviluppo» dettata dalle istituzioni internazionali e che ha favorito la crescita dei prodotti destinati all'esportazione, a detrimento delle colture destinate a garantire l'autosufficienza alimentare locale. La Banca mondiale è stata costretta a fare un mea culpa. E ora il presidente Robert Zoelliker parla della necessità di un new deal alimentare, per evitare che i 33 paesi più a rischio diventino teatro di rivolte sanguinose.
da Il manifesto 12-4-2008

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