05/11/2008: Breve nota ortomercato di Milano


Ho incontrato Zizo, ieri notte, sul piazzale 63 di carico dei furgoni degli acquirenti. Zizo è egiziano, è infuriato, da tre anni carica i camion sempre lavorando in nero perchè è clandestino. Lui parlava, intorno una decina di altri lavoratori in nero, marocchini e egiziani e albanesi, descriveva il loro vivere. Caricano manualmente centinaia di casse di frutta poi seguono il padrone al mercato o nel magazzino e per tutto questo ricevono quei pochi soldi che permettono loro di campare. È arrabbiato Zizo che al suo paese, l'Egitto, vanta il titolo di avvocato. Da tre anni lavora onestamente, si succedono i governi, tuttavia la soluzione più semplice, cioè quella di rilasciare il permesso di soggiorno a queste persone che si quadagnano la vita al servizio della economia del paese, non viene attuata. Lascio Zizo e i suoi compagni. Cammino amareggiato e malinconico, incontro Shaid. Lui è un "vecchio" dell'ortomercato. Lavora al parcheggio 60, in nero, caricando camioncini e raccogliendo bancali vuoti che rivende a 50 centesimi ai grossisti ortofrutticoli. Shaid, in precedenza era un regolare, lavorava in edilizia, cadde dal ponteggio con gravi conseguenze, restò in coma e risultò non più abile al lavoro. Oggi tira a campare caricando i furgoncini. Si avvicina Omar, tunisino, parla poco l'italiano, anche lui vuole raccontare, vuole il permesso di soggiorno, lavora, vuole la legalità, vuole uscire dal timore, dalla incertezza, dal ricatto quotidiano.
Parlo, e altri clandestini si avvicinano, dico che spetta anche a loro riuscire a sconfiggere il male che li attanaglia. A Milano siete migliaia e migliaia perchè non organizzate una grande marcia dei diritti? Perché non scendete in piazza come una marea umana per dire che esistete,che lavorate, che pagate l'affitto?...
Vedo dai loro volti una condivisione, una partecipazione.
Torno sui miei passi e penso ai tanti lavoratori italiani che si sono lasciati irretire dal razzismo coscientemente coltivato dal regime e che si riassume nella frase, "ci rubano il lavoro, mandiamoli a casa!". Pur sapendo che non rubano nulla a nessuno e che non si rimanderà a casa nessuno.
C'è anche della viltà e del conigliume in questo dire, serve a giustificare il loro non fare nulla verso il signor padrone che li usa e poco li paga e li riduce a una vita di topi mentre lui si arricchisce e da buon razzista si considera razza eletta dall'ingegno e ben gli piace che anche i sui sottoposti condividano il razzismo volgendolo verso i più deboli, verso quelli che il sistema più sfrutta e che più sono impotenti a reagire. E qui il pensiero si perde, e ben sovviene alla memoria il concetto di egemonia gramsciano la onde si avvede che il regime non vive solo sulla oppressione bensi sulla conquista delle coscienze. Ecco il concetto di falsa coscienza di Karl Marx... qui mi fermo e ritorno alla terra pensando a come poter tessere una rete, un suono di tamburo, che da via a via, da casa a casa, da luogo a luogo posso creare la magia di una grande marcia dei diritti che porti migliaia e migliaia di persone, di uomini e donne, a occupare la piazza del Duomo di Milano, cosi che la quantità di sentimenti, di bisogni, di dignità umana soffochi il male tutto umano della indefferenza complice.
A tutti saluti.

Milano 30-10-2008
IOSE

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