05/11/2008: Vertenza Alitalia chiusa?


Tutti sono soddisfatti, il governo Berlusconi per aver mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale, i sindacati, Cgil compresa, per aver salvato capra e cavoli, il Pd per essere stato l’elemento propositivo nella seconda fase della tornata contrattuale. Chi al tavolo delle trattative ci ha rimesso sono stati, come al solito, i lavoratori, soprattutto quelli del più basso livello come gli assistenti di volo, il personale di terra e quei 3500 precari che sono rimasti al palo, se non peggio.
Ma andiamo con ordine. La cordata di imprenditori italiani promessa da Berlusconi in campagna elettorale non esisteva, era un bluf del cavaliere, uno dei tanti, ma che si è improvvisamente materializzata quando il governo ha proposto di scomporre Alitalia in due. Una good company con tagli al personale, più produttività per i dipendenti, con esuberi di più di tremila dipendenti e senza i cosiddetti asset negativi. Una bad company che avrebbe assunto l’onere dei debiti, dei licenziamenti, di esternalizzare le attività improduttive. Il tutto pagato dallo stato, cioè dai contribuenti, ovvero dai proletari. In altri termini i profitti sarebbero andati ai capitalisti della cordata, i debiti e tutto il resto sarebbero stati accollati all’intero mondo del lavoro.
Ovviamente, a queste condizioni, si è formata la fila come ai caselli dell’autostrada. Il bel mondo del capitalismo italiano da Tronchetti Provera a Benetton, da Colaninno alla Marcegaglia si sono immedia-tamente proposti come i salvatori della Compagnia di bandiera, come coloro che rischiano a vantaggio del buon nome del Paese e dei lavoratori dell’Azienda in crisi sull’orlo del fallimento.
La perversa operazione contiene anche alcuni elementi di fraudolenza.
Innanzitutto il precedente finanziamento di 300 milioni di euro da parte dello Stato ad Alitalia si è potuto erogare in barba alle norme vigenti nella Comunità europea che, nello specifico, ha chiuso non un occhio ma due. Sulla divisione tra bad e good company vale lo stesso discorso aggravato dalla recidività. Non può uno Stato finanziare i debiti di una impresa perché si configurerebbe un caso di concorrenza sleale.
Le leggi del capitalismo europeo tutelano il corretto andamento dell’economia di mercato non consentendo allo Stato di intervenire. Ma i nostri capitalisti, sino a ieri liberisti convinti, invocano lo Stato tutte le volte che sono in difficoltà o quando ne ricavano vantaggi consistenti. Ma il neoliberismo è arrivato alla frutta, tanto vale mangiare nel piatto pubblico sin tanto che è pieno.
Se lo fa il governo Bush per tentare di salvare il salvabile nella devastante crisi degli Istituti di credito americani, inventando una sorta di New Deal della finanza, perchè non lo dovrebbe fare il piccolo governo Berlusconi per la piccola compagnia di bandiera?
Di ben altro tenore è la seconda delle fraudolenze. Il rapporto di vendita che lega Alitalia alla Cai è disciplinato nel prezzo di vendita (beninteso depurato da tutti i debiti e oneri passivi) da un elemento terzo, in questo caso una Banca, che dovrebbe stabilire un equo prezzo di vendita tutelando gli azionisti. Si dà il caso, a volte si dice la combinazione, che nella Banca in questione, la Banca Leonardo, tra i maggiori azionisti ci siano molti elementi della eroica cordata.
Non a caso la Banca leonardesca ha valutato il prezzo di vendita inferiore di almeno cinque volte rispetto a quello di mercato, regalando alla banda Cai un’azienda completamente ripulita dai passivi, ad un costo irrisorio con gli esuberi già stabiliti con i sindacati a salari ridotti e con la prospettiva di un adeguato aumento della produttività.
A proposito di esuberi, per tutta la trattativa non si è mai parlato, o parlato molto poco del precari, di quei 3500 lavoratori che per la loro posizione contrattuale sono stati considerati degli ectoplasmi e, in quanto tali, non meritevoli di considerazione se non per qualche seduta spiritica finalizzata a sapere se almeno nell’aldilà ci sia un posto di lavoro sicuro.
A dire il vero, il segretario nazionale della Cgil Epifani ha preso a cuore la loro situazione facendone, oltretutto, un vanto personale. Nella trattativa ha voluto inserire una clausola per la quale i 3500 lavoratori a tempo determinato saranno chiamati a lavorare quando l’azienda ne avrà bisogno, loro e non altri. A condizione che rimangano in lista di attesa senza stipendio e senza cercare nuove occupazioni altrimenti decadrebbero da questo regime privilegiato. Il dramma è che il governo Berlusconi, Pd i sindacati hanno spudoratamente mentito in campagna elettorale inserendo nel loro programma la lotta al precariato ben sapendo che non lo avrebbero mai fatto per il semplice fatto che è funzionale al capitale sempre e in modo particolare in una fase di crisi economica come questa.
Nel caso Alitalia Epifani si è ben guardato dal mettere i discussione il problema, al contrario, lasciandolo come fattore acquisito e indiscutibile, si è limitato a dire che se precari devono essere, che continuino a esser gli stessi, e non altri, ma nella medesima Azienda che non li ha assunti e che mai li assumerà a tempo indeterminato.
Nulla di diverso di quanto si appresta a fare il governo Berlusconi con 50 mila dipendenti dello Stato, delle province e dei comuni che, contrariamente a ben due delibere che ne sancivano il passaggio a tempo indeterminato, rimarranno precari a vita con tutto ciò che ne consegue sul piano dei salari, della qualità della vita, della carriera pensionistica, del futuro delle loro famiglie e dei loro figli.
Facendo quattro conti il contratto Alitalia si è chiuso con una mattanza. Per chi resta ci sono meno salari in busta paga, più produttività, quindi più sfruttamento. Sul terreno occupazionale le cose vanno ancora peggio.
A parte i 3500 precari che rimangono nel limbo in attesa del licenziamento, ci sono 3250 esuberi ufficiali che fanno, sui 20 mila dipendenti, circa il 31% di lavoratori che vanno a casa. Il dramma nella tragedia è che il contratto Alitalia con tutti gli annessi e connessi verrà considerato come contratto pilota da estendere anche a tutte le altre categorie di lavoratori.
Nel settore metalmeccanici, ad esempio, la signora Marcegaglia ha ritenuto opportuno dichiarare che gli assi portanti di questo accordo: contenimento dei salari, precarietà, licenziamenti e aumento della produttività, dovranno essere quelli che governeranno anche quelli futuri.

Da http://www.ibrp.org/it/articles/2008-10-13/vertenza-alitalia-chiusa

http://www.autprol.org/