06/11/2008: Considerazioni sulla manifestazione di Roma e sul movimento contro la Riforma Gelmini


La gigantesca manifestazione del 30 ottobre a Roma ha raccolto migliaia di studenti, moltissimi insegnati e in generale chiunque si sia schierato contro la riforma e ne individui i legami con la crisi economica del capitalismo. Ha visto la presenza di molte sigle sindacali, CGIL in testa, e l’adesione di partiti oggi all’opposizione e scalzati alle ultime elezioni. Per l’immensa partecipazione si sono svolti più cortei. In realtà però la manifestazione si è separata in due blocchi: una parte raccoglieva, sotto le bandiere sindacali, studenti delle scuole medie inferiori e superiori con insegnanti e diversi gruppi politici schierati a sinistra, mentre un’altra gli universitari delle facoltà romane occupate e in agitazione che hanno scelto di sfilare da soli motivando negli slogan che non si sentono rappresentati.
Sicuramente la scelta degli studenti e dei ricercatori degli atenei può essere vista come una presa di coscienza sia riguardo alle responsabilità e alla complicità del Pd in questo scenario di crisi sia rispetto alle intenzioni del Pd e company di strumentalizzare la lotta ai fini della perenne campagna elettorale. Però, ciò che nell’immediato si è verificato è stata la spaccatura tra studenti e lavoratori, rimasti questi ultimi con i sindacati e peraltro all’oscuro della decisione di dividere la protesta.
La cosa che ci sgomenta e che ci fa riflettere è la scelta delle assemblee degli atenei di non permettere ai compagni di sventolare bandiere con simboli comunisti e anarchici, pena l’espulsione da questo corteo! Quasi come una concessione, veniva autorizzata di tanto in tanto l’esibizione di qualche bandiera rosso nera senza simboli, usata da alcuni anarchici.
Le motivazioni che i diversi servizi d’ordine hanno addotto, da testa a coda dell’imponente sfilata, è che si trattava di una “manifestazione apolitica”, che era un modo per coinvolgere tutti poiché non tutti si sentono rappresentati da quei simboli; che non ci si voleva tirare addosso l’attenzione dei fasci, nonostante lo slogan più volte ripetuto diceva “siamo tutti antifascisti”; che non tutti condividevano questa decisione però era ciò che era passato all’Assemblea.
Crediamo che quest’inno all’apoliticità del movimento (come oscenamente si sloganava “né rossi né neri ma liberi pensieri”), che ha dominato nella protesta romana, rappresenti una posizione di retroguardia e sia assolutamente deleteria e settaria, che allontani la parte combattiva della lotta contro la riforma e contro la crisi del capitalismo.
Siamo convinti che sia una posizione che fornisce l’alibi ai fascisti, gli unici a doversi sentire davvero offesi dalla presenza di questi simboli, di infiltrarsi nella lotta, fare la loro propaganda, raccogliere consensi e prenderne il controllo con la violenza.
Mentre la piazza viene svuotata della sua prospettiva concreta, si diffonde l’idea sull’anarchismo come fenomeno ribellistico-controculturale, quindi come innocuo in quelle poco esplicite e “concesse” espressioni simboliche.
Verifichiamo inoltre che a poterne beneficiare da questo discorso sulla apoliticità della lotta, con il solito ragionamento revisionista-disobbediente-sindacale di dare priorità alla “quantità” piuttosto che alla “qualità”, è la sinistra borghese del Pd. Lo scopo è quello di minarne ogni prospettiva di classe e conquistarne la direzione senza farlo apertamente, visto che agli occhi delle masse è screditata.
Questa logica è quindi al diretto servizio dei padroni che, come animali cornuti, temono il rosso sia in questa lotta che nella prospettiva che il comunismo e in generale la lotta rivoluzionaria rappresentano.
In conclusione, riteniamo che il problema di fondo sia il tentativo di cavalcare il movimento da parte revisionista, da una parte a scopo elettorale ma soprattutto per domarlo, incanalarlo e farlo morire sulla via istituzionale, come già si vede con la proposta del referendum.
La lotta che oggi conduciamo a cosa deve portarci? A qualche ritocco, una nuova revisione, per rendere più accettabile lo smantellamento progressivo dell’istruzione pubblica? Ad accettare i fascisti perché “tanto sono contro la Gelmini anche loro”? A votare PD alle prossime politiche o qualcuno più a “sinistra”, come se i governi di centro-sinistra non avessero fatto man bassa anch’essi dell’istruzione pubblica?
Oppure a farci capire che questo sistema non va perché produce solo sfruttamento, rapina sociale e guerra?
Oggi il capitalismo è in crisi, non lo diciamo solo noi, lo ammettono gli stessi che ne proclamavano fin poco fa l’immortalità. La crisi, la storia lo insegna, produce guerra e miseria, in una spirale di barbarie che solo la prospettiva della trasformazione rivoluzionaria, attraverso la lotta di classe, può superare verso una nuova società.
Speriamo che il movimento si imbizzarrisca e disarcioni chi lo vuole cavalcare!
Quest’ONDA avrà a che fare con questa contraddizione per tutto il tempo che rimarrà in piedi: dovrà fare i conti non una ma cento volte con le provocazioni fasciste che hanno il compito di alimentare tensione e divisioni e che, come consigliava vivamente il boia Cossiga, devono infiltrarsi per fermare la protesta, non farla unire alle lotte operaie, non permetterle di svilupparsi e radicalizzarsi.
Chiediamo agli altri collettivi di aprire il dibattito su questi problemi, e di denunciare questa situazione se si è presentata anche in altri cortei delle diverse città dove le mobilitazioni in difesa della scuola pubblica hanno luogo.

4 novembre 2008
Antifascisti e Studenti Uniti - Foggia

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