07/11/2008: “Fine pena mai” in Europa


In senso lato l’ergastolo è quella pena che dura tutta la vita del condannato anche se, per estensione, la stessa definizione può essere applicata a quelle pene superiori ai 20 anni di reclusione poiché un periodo di tempo così lungo di privazione della libertà comporta gravi danni psicologici e fisici sul condannato inaccettabili dal punto di vista umanitario.
Nell’Unione Europea in teoria non esiste l’ergastolo inteso come condanna a vita poiché in tutti i paesi si contempla la revisione della condanna e la possibilità della concessione della libertà condizionale trascorso un determinato lasso di tempo, il cosiddetto “ergastolo soggetto a riesame periodico”. Questo lasso di tempo varia da uno stato all’altro: 26 anni in Italia, 20/25 anni in Gran Bretagna, 20 anni in Grecia, 15 anni in Francia, Germania, Austria e Svizzera, 12 anni in Danimarca e 7 anni in Irlanda.
Nello stato spagnolo l’ergastolo non è previsto dall’attuale legislazione e la maggioranza dei giuristi considerano la sua applicazione incompatibile con i principi espressi dalla Costituzione Spagnola (1978) che stabiliscono il fine risocializzatore e riabilitativo delle pene privative della libertà e proibiscono le pene e trattamenti crudeli e inumani. Questi argomenti che rendono impraticabile l’ergastolo sono gli stessi utilizzati contro la riforma del Codice Penale del 2003 o la “Dottrina Parot”, che hanno consentito allo stato spagnolo la possibilità legale di applicare una pena perpetua camuffata.
Non si deve dimenticare che il Codice Penale del 1973 (conosciuto come codice antico) contemplava un periodo massimo di prigione compreso tra i 20 e i 30 anni, che nel resto dell’Europa equivale ad un ergastolo, e che molti prigionieri politici/politicizzati hanno compiuto lunghissime condanne: l’anarchico Basco Laudelino Iglesias ha scontato 23 anni e mezzo di carcere (in libertà nel 2004) e il comunista Francisco Brotons 25 anni (2002). E’pur vero che la possibilità di redenzione delle condanne (liberazione anticipata) per motivi vari (per carcere sofferto, per lavoro, ecc.) permetteva ridurre la condanna finale.
Il Codice Penale del 1995 (conosciuto come codice nuovo) portò definitivamente il periodo massimo di prigione fino ai 30 anni ed eliminò tutti i meccanismi che consentivano la redenzione della condanna. Ma è nell’anno 2003, nel contesto della guerra totale al “terrorismo” e con una conflittualità sociale e politica cresciente, quando il Codice Penale viene nuovamente riformato instaurando definitivamente l’ergastolo camuffato.

Riforma del Codice Penale del 2003
Impulsato dal PSOE e il PP nel quadro della politica antiterrorista.
Introdussero una serie di misure che di fatto conferivano corso legale
all’applicazione dell’ergastolo camuffato:
- Aumenta il limite massimo di prigione a 40 anni
- Inasprimento delle condanne.
- Formulazione di nuove tipologie di reato.
- Soppressione degli sconti di pena (liberazione anticipata)
- Ostatività per l’accesso ai benefici penitenziari, semilibertà e libertà condizionale.

“Dottrina Parot” del Tribunale Supremo (anno 2006)
Raggiro giudiziario fraudolento della Audiencia Nacional (Tribunale speciale istituito dal dittatore Francisco Franco) e avvallato dal Tribunale Supremo il quale elimina gli sconti di pena ai prigionieri politici condannati con il Codice Penale del 1973 (giudicati prima che entrasse in vigore il Codice Penale del 1995). Consiste nell’applicare la liberazine anticipata maturata non al massimo di condanna stabilito dai Codici Penali del 1973 o del 1995, da 20 a 30 anni, bensì al totale di condanne ricevute, metodo per cui gli sconti di pena rimangono praticamente senza effetto.
In seguito al caso Mari Luz e al circo mediatico dispiegato dalla destra spagnola a causa della scarcerazione del prigioniero politico Basco Iñaki De Juana, si è sviluppato nei mezzi di comunicazione dello Stato un falso dibattito carico di ipocrisia e cinismo in merito alla pena perpetua e all’applicazione di misure di controllo e sorveglianza post-condanna a “terroristi” e aggressori sessuali. Di fronte alla contundente e ragionata opposizione delle associazioni di magistrati e giuristi e alcuni settori del PSOE il dibattito fu rapidamente abbandonato dovuto al fatto che ciò che stava emergendo in modo evidentissimo era che nella Spagna democratica esiste l’ergastolo camuffato più duro di qualsiasi altra pena perpetua legale esistente in Europa.

Nello stato tedesco, nonostante legalmente l’ergastolo sia revisionabile ai 15 anni di carcere scontato si presenta il caso dei prigionieri politici della estinta RAF (Rote Armee Fraktion): Brigitte Mohnhaupt è uscita in libertà condizionale nel bel mezzo di forti critiche da parte della destra dopo aver compiuto 24 anni di carcere ed Eva Haule, che ha compiuto 21 anni.

In Francia la legge prevede l’ergastolo con riesame ai 15 anni di carcerazione il che non ha impedito che alcuni prigionieri abbiano scontato più di 25 anni di condanna. Sommariamente il processo di revisione e messa in libertà di un condannato all’ergastolo nello stato gallo si svolge in tre fasi:
1. Periodo di osservazione da 6 a 12 mesi nel Centro Nazionale di Osservazione del carcere parigino di Fresnes. In regime di isolamento il detenuto è osservato e sottoposto ad esami, test, colloqui, ecc.
2. Regime di semilibertà per 1-2 anni. Il detenuto lavora fuori e la notte rientra in carcere usufruendo di permessi extramurari nei fine settimana.
3. Libertà vigilata e soggiorno obbligato per un periodo di 5 anni. La persona è sottoposta a misure di controllo giudiziario, è obbligato a risiedere nel luogo assegnato dal tribunale e deve rispettare alcune restrizioni.
In casi recenti di prigionieri politici come i baschi – ex militanti di Iparretarrak – o gli ex militanti di Action Directe, l’ergastolo non è stato revisionato ai 15 anni e se in alcuni casi è stato fatto ciò è dovuto alla forte mobilitazione e pressione sociale: Gabi Mouesca dopo 17anni, Filipe Bidart dopo 19 e tanto Jean Marc Rouillan come Nathalie Menignon dopo 21 anni. Inoltre gli sono stati imposti dei controlli di tipo ideologico come ad esempio il divieto di relazionarsi con vecchi compagni di lotta o di rilasciare dichiarazioni sui fatti per i quali sono stati condannati o partecipare in atti pubblici davanti o vicino le carceri.
Nel febbraio del 2008 il governo di Sarkozy ha approvato la polemica “Legge di Ritenzione di Sicurezza” che consente ai giudici di mantenere in prigione quelle persone che, avendo scontato integramente la loro condanna, siano giudicate come “pericolose”. Questa legge è stata duramente criticata e contestata dall’opposizione politica, le associazioni maggioritarie dei magistrati e avvocati, associazioni come l’OIP e perfino dal Comitato dei Diritti Umani dell’ONU.

In Italia, a principio del 2007 per iniziativa di alcuni prigionieri condannati all’ergastolo (pena perpetua che si revisiona almeno dopo 26 anni ma che si converte in indefinita ed eterna per i condannati classificati in 41 bis* o i cui reati siano ostativi di cui all’articolo 4 bis del O.P. e i quali si rifiutani di collaborare con la legge), con l’appoggio dell’Associazione Pantagruel di Firenze, si diede inizio alla campagna denominata “Mai dire Mai” contro la pena dell’ergastolo. All’interno di questa campagna, nel mese di dicembre del 2007, circa 775 prigionieri condannati all’ergastolo e più di 13.000 persone tra cui altri reclusi, familiari, ex-detenuti e solidari realizzarono uno sciopero della fame di 14 giorni anche se inizialmente era prevista come indefinita).

*Art. 41 bis. Articolo dell’ordinamento penitenziario italiano che
consente al Ministero della Giustizia di sospendere l’applicazione del
regolamento e del regime penitenziario ordinario ai condannati per
criminalità organizzata, terrorismo o rivolte carcerarie.

Associazione GGEBE (Gizabanakoen eta Eskubideen Babeserako Elkartea)
Euskadi

http://www.autprol.org/