03/12/2008: In grecia, in italia e ovunque... Solidarietà alle lotte dei detenuti


"Noi detenuti degli inferni definiti eufemisticamente carceri dello stato greco, stanchi delle false promesse dei ministri di giustizia degli ultimi 10 anni riguardo il miglioramento delle condizioni detentive, del codice penale e del codice di giustizia penale, abbiamo deciso di mobilitarci attivamente, col fine di rivendicare le nostre giuste richieste."

A partire dal 3 novembre 2008, più di 8.000 detenuti/e nelle carceri dello stato greco iniziano la pratica dell’astensione del vitto che successivamente si evolve in sciopero della fame di massa che vede coinvolti piu di 5.000 detenuti/e.
Attraverso questa lotta sincronizzata i detenuti, tra le altre cose, rivendicano: l’abolizione delle misure disciplinari, la soluzione del sovraffollamento dei "centri rieducativi" attraverso la riduzione a 3 annidi tutte le condanne e la riduzione dei limiti per scontare la pena, l’abolizione delle aree inaccessibili all’interno delle carceri, la riduzione dell’ergastolo a 12 anni, l’abolizione del carcere minorile, il miglioramento delle pessime condizioni igieniche e delle disumane condizioni che riguardano le visite, nonché i trasferimenti; la cessazione dell’abuso della carcerazione in attesa di giudizio.

Dopo un anno e mezzo dalle rivolte nelle carceri dell’aprile 2007 e tutto ciò che ne è conseguito - la repressione, i maltrattamenti, i trasferimenti a stampo vendicativo, la stigmatizzazione di alcuni detenuti- i reclusi della democrazia greca, entrano nuovamente in campo e rivendicano collettivamente ciò che costituisce il desiderio vitale di ogni recluso: vita e libertà.
Alcuni dati ufficiali sono sufficienti per mostrare l’indigenza delle condizioni "rieducative": quasi 13.000 detenuti (dei quali circa 3.500 in attesa di giudizio) sono ammassati in 30 carceri nelle quali ufficialmente possono ospitare 8.243 persone. Negli ultimi dieci anni 417 detenuti sono morti all’interno del carcere. Solo nel 2008 i decessi sono 41.
Ancor prima che lo sciopero di massa iniziasse, lo stato si è affrettato ad usare i suoi soliti metodi: la frusta e la carotina. Per quanto riguarda invece la conduzione della vita quotidiana all’interno del carcere, gli aguzzini (eufemisticamente denominati "dipendenti educativi") hanno minacciato, terrorizzato, emesso misure disciplinari, pressato psicologicamente per tentare di turbare l’animo dei detenuti, mentre non sono mancati i trasferimenti a stampo vendicativo.
Allo stesso tempo, a livello politico-comunicativo, i loro superiori statali tentando di indossare la loro maschera umanitaria, si sono "incontrati, riuniti, impegnati con i parlamentari dell’opposizione, promettendo un confronto con gli enti di competenza". In parole povere hanno disseminato, ancora una volta, vaghezze e false speranze.
Indicativamente, l’unica soluzione che il capo del governo greco è stato in grado di balbettare sul sovra popolamento delle carceri, era quella di costruire altre galere...
Non abbiamo illusioni: la "giustizia" e la legge che essa impone in sostanza è il diritto e la legge dello stato e dei padroni. Le carceri sono per eccellenza luoghi di dolore e umiliazione. Le carceri, in quanto specchio di un mondo di ostaggi, sono piene di plebei di questa società (immigrati, tossicodipendenti, piccoli criminali, poveri diavoli..), mostrando cosi’ come la giustizia è fondamentalmente di classe anche se si dice che è"uguale per tutti".
Non può esistere un carcere umano dato che la detenzione in quanto tale è una condizione disumana. La negazione della libertà è una tortura e non rieducazione, costituisce lo spettro che il potere proietta a chi aspira rivoltarsi contro.
Siamo solidali con le lotte intraprese dai detenuti perché sappiamo che all’interno delle carceri anche la minima richiesta (a volte si tratta di pretendere il rispetto delle stessi leggi che lo stato ha istituito), implica uno scontro con il potere che necessita volontà, coraggio, rischio, passione per la libertà.
Siamo solidali con le lotte dei detenuti senza che si sottenga rinforzare il plusvalore politico, senza nessuna intenzione di direzionare la loro rivolta, dato che -proponendo l’autorganizzazione e l’antigerarchia-riteniamo che i mezzi, gli scopi, le modalità e i tempi di ogni lotta sociale e di classe devono essere decisi e autodeterminati collettivamente dai soggetti in questione e non da "umanitari sensibilizzati" e leader politici. Fin quanto ci saranno carceri e detenuti, chi imprigiona e chi è imprigionato, reclusi e distruttori di sogni, la lotta verso la distruzione delle carceri e di tutte le istituzioni di reclusione, la lotta per un mondo che non sarà esso stesso una galera, sarà la nostra lotta.

"Chi non lotta è una persona inutile che affida il proprio destino alle persone peggiori"
Carmelo Musumeci, ergastolano nel carcere di Spoleto.

Un anno fa, e precisamente il 1 dicembre 2007, 800 (dei 1294) ergastolani nelle carceri italiane insieme a quasi 8.000 (non ergastolani) detenuti e loro parenti iniziano uno sciopero della fame con la richiesta principale dell’abolizione dell’egastolo (fine pena mai), nonché l’abolizione delle condizioni speciali di detenzione e dell’isolamento (41 bis) e delle disumane condizioni di reclusione.
Occorre sottolineare che già nel mese di giugno 07, sei mesi prima che lo sciopero della fame iniziasse, 310 ergastolani avevano chiesto la restituzione della pena di morte dato che come essi stessi affermarono: "siamo stanchi di morire poco a poco ogni giorno, abbiamo deciso di morire una volta per tutte". La loro lotta autoorganizzata (sciopero della fame a staffetta o continuo), che si è espressa anche tramite altre forme (come astensione dal vitto, battitura delle sbarre ecc.) incontrò un muro di silenzio da parte dei mass media e una ipocrita sensibilizzazione da parte della sinistra progressista, la quale tra l’altro, non si e vergognata di proporre la diminuzione dell’ergastolo a 28 anni. Ad un livello socio politico gli anarchici attraverso la solidarietà, sia prima che durante la lotta, nei limiti delle loro possibilità, hanno dato rilievo alla questione aprendo spaccati di controinformazione nonché rapportandosi con i detenuti in lotta. Lo sciopero delle fame terminò gradualmente nella seconda metà del mese di dicembre in seguito ad istanze di avvocati e parenti, ma anche in seguito di "indicazioni" da parte di organizzazioni che si erano autoassunti il ruolo di mediatori. Niente di tutto ciò riduce l’importanza di questa lotta collettiva e autooganizzata, niente non annulla il contributo che essa ha offerto. Avendo coscienza dell’esperienza dell’anno scorso, i reclusi delle carceri italiane iniziano nuovamente una lunga e difficile lotta. Dal 1 dicembre 2008, gli ergastolani insieme agli altri detenuti dello stato italiano, innalzano la loro posizione e tramite lo sciopero della fame a staffetta, esigono nuovamente l’abolizione della pena a vita, che in pratica coincide con la pena di morte. In questa lotta non saranno soli perché la solidarietà con tutti-e quelli-e che lottano per la libertà supera muri e barriere.
Per un mondo senza carceri, senza confini e stati.


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