13/01/2009: Due lettera dal carcere di Opera-Milano


Ciao a tutte e tutti voi, questa volta non vi posso dire che sto bene, ma vi posso solo dire che sto quasi bene, essendo che mi sono rotto il femore alle ore 6 del mattino di domenica 23 novembre [il fatto è avvenuto nel carcere di Voghera, ndr]. Mentre stavo al bagno sono scivolato e ho sbattuto per terra il femore che si è rotto. Quello che è più criminale è che sono stato lasciato in cella con la gamba rotta tutta la giornata di domenica e l’intera notte successiva, solo il lunedì 24 alle ore 14 sono stato portato all’ospedale, lasciato da solo dentro la cella, come se fossimo nel medioevo. Una vera rappresaglia, perché tale è stata. Sono stato lasciato con la gamba rotta di proposito, neanche i nazisti si comportavano così.
Il 27 sono stato portato in carcere (a Voghera) e il 3 dicembre sono stato portato al centro clinico di Opera e fino a questo momento non ho visto nessun dottore o altro. Sono a letto, speriamo arrivi qualche dottore e fisioterapista, altrimenti rinuncio e me ne vado. Cosa sto a fare qui, il letto che c’è qui c’è anche a Voghera, anzi, a Voghera con i miei amici trovo più assistenza e compagnia. In questa stanza c’è il calorifero rotto, perciò è fredda, mi hanno messo nell’unica stanza con il calorifero rotto, fa freddo e sto male. Per questo chiudo questa lettera e mi metto a letto almeno sto un po’ al caldo.
Un abbraccio
ciao Matteo

Opera-Milano, 5/12/08

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Ciao, […] ho trovato del tempo disponibile per raccontare che cos’è il Campo di Concentramento di Opera.
Sono arrivato il 3 dicembre con l’ambulanza per fare la fisioterapia, alle ore 15.00, quì ad Opera, al Centro Clinico.
Vengo messo sulla sedia a rotelle, entra un dottore che con arroganza mi dice: perché lei non appoggia il piede per terra?
Gli rispondo che sto male e che mi fa male la gamba, dato che sono stato operato al femore rotto all’ospedale civile di Voghera il 27 novembre; tra il movimento per vestirmi, i movimenti da una parte all’altra, il viaggio, la gamba ne ha risentito e il dolore aumenta, dopo uno scambio di pareri mi dice che mi farà un’iniezione di antidolorifico, gli rispondo di sì e aggiungo che gli specialisti ortopedici, il chirurgo, i dottori e le infermiere mi hanno proibito assolutamente di appoggiare il piede per terra dato che la frattura è stata molto grave; sta zitto e va a prendere l’iniezione ma dopo poco e di proposito, mi passa davanti senza iniezione, una provocazione.
Vengo portato in una cella d’attesa e verso le ore 20.00, dopo aver chiesto tante volte di andare al gabinetto o di avere una bottiglia vuota per poter orinare, nessuno si è degnato di fare qualcosa, dei secondini disumani, solo alle ore 20.00 appunto, viene la dottoressa che mi aveva visitato appena arrivato e mi dice: lei è ancora qui! Sì, sto male e dovrei orinare se mi date una bottiglia vuota, risponde che ora mi darà una bottiglia e dopo 10 minuti mi manderà nel reparto del Centro Clinico, infatti ha mantenuto la promessa, l’unica persona umana che ho incontrato in questo lager.
Al Centro Clinico vengo messo in cella con altri due detenuti malati, uno paralizzato sulla sedia a rotelle e l’altro molto grave a letto, tutti e due con il timpano rotto perciò il televisore dalle 7.00 alle 24.00 acceso e a volume molto alto, la luce sempre spenta anche quando si cena perché, per i medicinali troppo forti soffriva la luce, ho chiesto e fatto richiesta di cambiare cella ma nessuna risposta, mi sono ammalato io di esaurimento, e poi la cella era fredda essendo senza calorifero. Dormivo con quattro coperte ma il freddo si sentiva specialmente di notte.
Per la fisioterapia era il mese di gennaio, sempre se c’era la disponibilità dato che c’è un solo fisioterapista per 90 malati, perciò i tempi sono troppo lunghi; ho chiesto di essere mandato al carcere di provenienza, dato che a Voghera venivo assistito molto meglio, un letto quì è un letto a Voghera, infermiere quì e infermiere è a Voghera, solo che a Opera soffro il freddo e il vitto una schifezza, qui non si rispetta la tabella degli specialisti, insomma e il Centro Clinico di Opera una stalla e un posteggio, per il resto è nullo!
Ma la sorpresa più allucinante è arrivata in sezione, infatti ho dovuto rinunciare alla fisioterapia e sono stato portato in sezione E.I.V.; la cella senza calorifero, di notte mi sveglio per il dolore alla gamba, la temperatura è di 5 gradi sotto lo zero, il vitto una schifezza - assomiglia a quello del Centro Clinico - senza piantoni, la cella sporca, niente doccia, né cambio di lenzuola, sono in balia della sporcizia, del freddo e del dolore, non avevo mai subito un trattamento così disumano, ogni volta vedo i nazisti che torturano gli ebrei o i prigionieri di Pinochet.
Ho scritto una lettera al Direttore, ho fatto richiesta per un colloquio, nulla, nessuna risposta; ora ho fatto richiesta per un colloquio col magistrato di sorveglianza, fino ad oggi nulla, sono in un deserto in cui non ho nessuna risposta, grido inutilmente.
Ora capisco quelli che sono morti quì per mancanza di soccorso, di cure e quelli che si sono “suicidati”, io non ho mai creduto al suicidio spontaneo, in effetti ho ragione “soltanto i complici e i ruffiani credono al suicidio, ma dio ha visto e vede gli assassini dei suicidi” è un pezzo di una mia poesia, una poesia, ma può entrare nella realtà.
Vi prego di metterla su internet, la gente deve sapere che cos’è il carcere di Opera.
Un abbraccio rosso a tutti i compagni e le compagne,
ciao Matteo

Opera-Milano, 29/12/08

http://www.autprol.org/