06/02/2009: Alessandria - Comunicato sul presidio carcere S.Michele


Sabato 17 gennaio dalle ore 15,00 fino alle ore 19,00 nella città di Alessandria si è svolta una manifestazione con due presidi simultanei nella via centrale della città, dove si esponeva una mostra contro il carcere e i CPT, in solidarietà ai detenuti in sciopero della fame contro l'ergastolo e contro le condizioni disumane in cui si vive all'interno del carcere. L'iniziativa promossa dalle varie realtà del nord Italia era articolata con un banchetto libri, musica e spicheraggio dove si denunciavano le condizioni dei detenuti e si diffondevano comunicati e lettere provenienti dai carceri fra i quali quello redatto dai detenuti della sezione EIV del carcere di Alessandria-S.Michele.
I presidi erano stati organizzati per informare i cittadini che il sabato successivo il 24/01, davanti al carcere di S. Michele, ci sarebbe stata una manifestazione che aveva lo scopo di appoggiare le lotte dei detenuti, ed esprimere la nostra solidarietà con la presenza fisica davanti alle mura del carcere.
Nella mattina del 17 e in quella del 24 sono stati distribuiti volantini davanti ai cancelli d'entrata del carcere per avvisare i parenti dei detenuti dell'iniziativa e per invitarli ad unirsi a noi il 24.
Così il 24 una settantina di compagni, anarchici e non, provenienti da Milano, Torino e altre città del nord insieme ovviamente a noi di Alessandria, con alcuni parenti e amici dei detenuti, abbiamo inscenato un presidio con fuochi d'artificio, musica, petardi, slogan e spicheraggio fuori dalle mura del carcere. Purtroppo le vicende di Milano (sgombero del centro sociale COX 18) e la condanna ai NO-TAV a Torino hanno condizionato la presenza numerica dei compagni.
Durante l'iniziativa i parenti hanno salutato al microfono i detenuti, mentre loro esponevano alle finestre un lenzuolo con la scritta grazie, sventolavano sciarpe e indumenti, ci salutavano e bruciavano dalle finestre delle stoffe: rompendo così l'isolamento e l'incomunicabilità che il potere vuole ci sia fra chi è in prigione e chi sta fuori. Alcuni momenti di tensione si sono verificati quando ad opera dei signori in divisa, gli indumenti esposti sono stati tolti e le finestre chiuse; solo le nostre grida hanno sbloccato la situazione e il dialogo fra chi era dentro e chi era fuori è ripreso.
Neanche a dirlo, la zona era presidiata da un numero impressionante di servi in divisa dello stato, malgrado ciò i numerosi interventi fatti al microfono hanno espresso chiaramente il concetto che guidava la protesta: chi pensa di risolvere i problemi sociali con il carcere si sbaglia di grosso, il 90% dei crimini sono commessi alla proprietà privata e/o al concetto del possesso delle persone: sfruttamento, violenza sessuale e non, omicidi in famiglia ecc.
Dunque il problema è cambiare cultura! Abolire la proprietà privata, abbattere i soprusi!
Il carcere non redime nessuno e le statistiche dicono chiaramente che chi è "ospite" di quelle celle difficilmente una volta uscito non ci rientra più. L'ergastolo poi, è ancora peggio: sepolti a vita!
Una condizione che ha il solo scopo di allontanare le cosiddette "mele marce" senza analizzare le ragioni, senza porsi il problema di risolvere le cause sociali che generano il "crimine".
I criminali sono tra gli affaristi che pur di arricchirsi passano sopra l'umanità, sono i politici colpevoli di guerre, corruzioni, connivenze mafiose ecc.
Con questo scenario non solo ricordo un celebre detto popolare "il pesce puzza sempre dalla testa", ma ricordo che buona parte delle carceri pullulano di persone delle categorie più povere e come ha ricordato il compagno Urbano, di emigranti braccati e condannati principalmente per non essere conformi alle leggi di questo stato (spesso basta non avere il permesso di soggiorno), questo stesso stato colpevole con le altre nazioni occidentali di devastazione, sfruttamento e furto ai danni dei popoli e delle terre dai quali i migranti provengono. In più non contenti, gli stessi stati ricchi, hanno fatto opera di propaganda disegnando le proprie nazioni come il paradiso terrestre allo scopo di avere bassa manodopera, sottopagata e sottomessa.
Per rendersi conto delle condizioni dei detenuti nel carcere di S. Michele riportiamo qui di seguito il comunicato redatto dai detenuti del penitenziario, già mandato su internet.

Salvatore del Laboratorio Anarchico PerlaNera



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Lettera dal carcere di Alessandria-S.Michele, 13 gennaio 2009

Il 19 gennaio 2009 inizierà in Piemonte la settimana di sciopero della fame per l'abolizione dell'ergastolo che a staffetta sta coinvolgendo tutte le regioni italiane e anche di altri stati europei.
In questa occasione noi detenuti della sezione EIV (Elevato Indice di Vigilanza) del carcere di Alessandria-S.Michele abbiamo voluto portare avanti una lotta anche contro altre problematiche che riguardano il mondo carcerario e in particolare contro quei soprusi che ogni giorno subiamo in questa sezione.
Per legge l'EIV dovrebbe essere un regime carcerario dove il detenuto gode degli stessi diritti dei comuni, ma è sottoposto ad una vigilanza più stretta; di fatto però la tendenza del Ministero e dei direttori dei vari istituti di pena è quello di avvicinarlo sempre più alle condizioni di carcere duro del 41 bis.
Quella dove ci troviamo è una sezione piccola: siamo in 7.
Questo basta alla direttrice per decidere che a noi non spetta l'uso del campo di calcio perchè portarci sarebbe troppo complicato; neanche la scuola è adatta a noi dato che una classe deve essere composta di almeno 10 elementi.
Non abbiamo la possibilità di usare la palestra né di partecipare ad attività educative o sportive, che per quattro gatti non vale la pena avviare; l'aria, solo 2 ore al giorno, la facciamo isolati l'uno dall'altro nei passeggi angusti dell'infermeria. Di fatto, quindi, ogni giorno passiamo 22 ore chiusi in cella senza fare niente, alla faccia della funzione rieducativa della pena che, se con l'ergastolo viene del tutto accantonata, qui manca anche per chi ha le pene più lievi.
Con il passare dei mesi le motivazioni di natura economico-burocratica-organizzativa che la direzione apportava per negarci di volta in volta ciò che ci spetta, si sono mostrate delle vili falsità ed è emersa invece la precisa volontà di amplificare il peso costrittivo e affittivo della galera verso i carcerati.
L'esempio di maggior rilievo di questi intento del DAP (Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria) e della direttrice, è stata l'installazione questa estate di pannelli di plexiglas opaco alle finestre, i quali impediscono il passaggio di aria e luce e la visione dell'esterno, aumentando così il senso di clausura.
Per non parlare poi delle periodiche e del tutto arbitrarie restrizioni dei generi che si possono acquistare alla spesa o che possiamo ricevere tramite pacco postale o al colloquio.
Per far fronte a questa situazione e per far rispettare i nostri diritti abbiamo fatto varie istanze e ricorsi al DAP, a magistrati e alla direzione che, quando raramente si degnavano di rispondere, ribadivano che per legge ciò che chiedevamo ci spettava, ma poi di fatto continuava il lento e inesorabile peggioramento delle condizioni di vita nella sezione.
Abbiamo capito che è inutile fare affidamento sugli organismi preposti alla fase esecutiva della repressione per ottenere qualche miglioramento, ma solo mobilitandoci in prima persona potremo ottenere qualcosa.
La nostra situazione si inserisce in un contesto generale di crisi economica dove la risposta principale è la guerra e i finanziamenti di stato ai grandi colossi finanziari.
Contemporaneamente sempre più gente si ritrova senza lavoro e sempre più vicina alla "soglia di povertà", andando ad accrescere il già diffuso malcontento delle masse.
La tattica del governo è quella delle varie politiche securitarie, dell'emergenza sicurezza e della guerra tra poveri; esse portano alla criminalizzazione di varie fasce della popolazione.
Nel mondo carcerario questo si traduce in sovraffollamento, grandi proclami sull'inasprimento del carcere duro e sull'uso massiccio della differenziazione, per riprodurre anche qui quei meccanismi di premialità e mercificazione dell'individuo e dei suoi diritti propri di questa società.
Soltanto organizzandoci e lottando uniti potremo difenderci dagli attacchi e dai soprusi che ogni giorno affrontiamo e per questo ci riserviamo in futuro di portare avanti altre iniziative di lotta per le nostre condizioni e la nostra dignità.
Esprimiamo la nostra solidarietà a tutti i prigionieri in lotta.

I detenuti della sezione EIV del carcere di Alessandria-San Michele



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Sempre dal carcere di Alessandria, un breve scritto di Antonio:

Inoltre c'è un problema morale:oggi i carcerati pagano le loro colpe, ma non c'è legge che impone di farle pagare anche alla famiglia.
Invece questo accade perchè c'è molta discriminazione, perchè ci proibiscono di avere contatti e ricevere viveri come previsto nell'ordinamento penitenziario. Qui ci impongono di fare i colloqui un giorno alla settimana, il lunedì, per cui chi ha i familiari lontani o che lavorano deve essere garantita la possibilità di fare i colloqui anche in altri giorni della settimana, come accade in tutti i carceri in Italia.
Il rafforzamento dello sviluppo umano e del rispetto dei diritti dell'uomo sono il nucleo naturale di una società civile, esso promuove la comprensione e la tolleranza verso tutti gli uomini.


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