04/06/2009: Lettera dal carcere di S. Michele (Al)


Cari compagne e cari compagni.
Nel mese di aprile siamo stati trasferiti nel carcere di San Michele (Al).
A detta dell’educatore siamo stati trasferiti in seguito ad alcune modifiche apportate all’ordinamento penitenziario che prevedono la creazione di un nuovo circuito penitenziario chiamato “A.S. 2” dove dividere i prigionieri in base alle ideologie, questa sezione fa parte del nuovo circuito.
Due parole riguardo alle condizioni di prigionia.
La sezione è piccola, alle finestre oltre alle sbarre ci sono dei pannelli di plastica opaca che impediscono il circolo d’aria e la visuale, con il risultato che in cella c’è un effetto tipo serra e non si riesce nemmeno a vedere il cielo.
Il passeggio è come quello dell’isolamento 7 metri per 5, l’aria è due ore al mattino e due ore dopo pranzo, si può decidere se andare al passeggio o in saletta. Il pomeriggio dalle 17.00 alle 19.00 possiamo andare in socialità nella saletta.
Non ci viene dato né il vitto vegetariano nè quello vegano e non è possibile acquistare alcun prodotto tramite domandina, neanche i prodotti necessari ad integrare l’alimentazione per evitare il rischio di incorrere in qualche carenza alimentare. Oltretutto al colloquio non fanno entrare alimenti come tofu, seitan, ecc…
A tutto questo noi rispondiamo con le nostre proteste e la volontà di non rassegnarsi né piegarsi di fronte a queste vessazioni. Così riusciamo a mantenere il morale alto, ad alimentarci seguendo le nostre diete vegetariana e vegana, e a fare attività fisica.
Questa armonia tra noi, la nostra determinazione crea molte invidie fra gli aguzzini in divisa che non perdono occasione per fare ridicole e inutili provocazioni.
Questa mattina, ad esempio, come al solito ci stavamo allenando in saletta facendo thai boxe, usando come paò (colpitore) una coperta arrotolata per attutire i colpi. Dopo quindici minuti di allenamento sono arrivati tre appuntati, l’ispettore e il comandante che, dopo averci tolto la coperta, ci hanno detto che non potevamo allenarci così: “state facendo addestramento” e mille altre cazzate.
Alle nostre risposte a tono, alle nostre proteste per tutte le restrizioni che siamo costretti ad affrontare, hanno minacciato di darci il divieto d’incontro e ci è stata vietata la saletta fino a lunedì, giorno in cui dovremmo parlare con il direttore.
Il fatto di rendere nota la situazione che stiamo affrontando non è certamente volto al vittimismo o ad un inutile e sterile piagnisteo.
Crediamo che rendere nota la realtà che quotidianamente si affronta dentro le mura di cinta possa contribuire alla crescita della lotta per la distruzione del carcere, cosa che può avvenire solo con l’autorganizzazione e l’azione diretta.
Armiamoci di coraggio e riappropriamoci di ciò che è nostro.

Francesco e Daniele

http://www.autprol.org/