04/06/2009: Iraq: il ritorno della Resistenza


Almeno 20 soldati statunitensi sono stati uccisi in Iraq nel mese di maggio, il numero più alto dallo scorso settembre, insieme a oltre 50 feriti. Le perdite irachene sono, come al solito - e per entrambe le categorie - almeno dieci volte superiori.
Gli attacchi contro forze degli Stati Uniti sono ancora una volta in aumento nei luoghi come Baghdad e Fallujah, dove più forte era la resistenza irachena prima che molti di loro si unissero ai Sahwa (Figli dell'Iraq, anche conosciuti come Consigli del Risveglio), ed iniziassero ad essere pagati dai militari statunitensi in cambio della cessazione degli attacchi contro le forze occupanti, unendosi alla battaglia contro al-Qaeda in Iraq. All’inizio di aprile avevo dato conto in un precedente articolo, di come gli attacchi in corso dei militari USA e dell’esercito iracheno contro i Sahwa, insieme alle mancate promesse della loro inclusione negli apparati di sicurezza governativi o di altri impieghi civili, avrebbero con ogni probabilità condotto ad un esodo dei Sahwa e ad un loro ritorno alla resistenza.
Lentamente, ma innegabilmente, stiamo assistendo a ciò. Se il colonnello USA Jeffrey Kulmayer [principale collegamento con i Sahwa, NdT] definisce questa solo un’ipotesi, la controversia in corso col governo iracheno – guidato dal primo ministro Nouri al-Maliki sotto l’egida statunitense - relativa al mancato pagamento della maggior parte dei membri dei Sahwa, i continui arresti del governo e gli attacchi contro i membri "ricredutisi" di Sahwa, avvalorano la realtà. Richiamiamo alla mente le parole efficaci del reporter Caud Cockburn, padre del giornalista Patrick Cockburn: “Mai credere a niente fino a quando non è ufficialmente smentito”.
In diretta contraddizione al commento di Kulmayer, i Sahwa hanno avvertito, non sorprendentemente, il governo iracheno di non trascurare i suoi impegni verso i combattenti come offrire loro lavori e salari. Il 28 maggio, il giornale indipendente di proprietà Saudita che opera nel Regno Unito, al-Hayat, ha riportato: “Un numero di leader dei consigli del risveglio chiedono al governo iracheno di onorare i suoi impegni verso i membri dei consigli pagando loro i salari che sono in ritardo di tre mesi. Hanno avvertito che i loro combattenti potrebbero ribellarsi contro il governo qualora le richieste per i loro diritti economici continueranno ad essere trascurate e che potrebbero avere un effetto sfavorevole sulla situazione della sicurezza. Lo Sceicco Masari al-Dulaymi, uno dei leader del consiglio a Falahat al-Taji nel nord di Baghdad, ha annunciato che il comitato che soprintende al processo di riconciliazione nazionale ha avvertito i leader dei consigli all’interno e fuori Baghdad che i loro salari sarebbero stati pagati e che una forma di cooperazione sarà convenuta con le tribù per preservare la sicurezza di Baghdad.”
Il giornale aggiungeva che al-Dulaymi dava anche indicazione di come molti combattenti dei consigli avevano abbandonato i loro doveri di protezione delle aree di pertinenza a causa dei ritardi nel ricevere i salari, e “noi non vogliamo che la crisi peggiori perché i membri dei consigli già diffidano delle promesse governative”. Al-Hayat riportava anche che lo Sceicco Khaled Yassine al-Janabi, un leader del consiglio di al-Latifiyah nella zona meridionale di Baghdad, avvertiva che “il disinteresse del governo per le istanze dei consigli e per le loro richieste avrà un effetto sfavorevole sulla situazione della sicurezza”.
Simultaneamente, la Resistenza irachena, le cui fila stanno crescendo con l’arrivo dei Sahwa non più affiliati, insieme ad altri iracheni che si uniscono per le solite ragioni - i loro connazionali e le loro donne che vengono detenute, torturate e stuprate dalle forze di occupazione e dai loro collaboratori iracheni, le infrastrutture distrutte e le sofferenze che accompagnano tutto ciò, fra una miriade di altre ragioni (come il fatto che 1 iracheno su 4 viva in povertà) - sta, almeno a parole, preparandosi a riprendere le piene operazioni.
Il Los Angeles Times ha recentemente riportato che un comandante della Resistenza irachena che è anche un membro del Sahwa attualmente sotto assedio, ha detto: “Se noi sentiamo dire agli americani che non sono capaci di sostenerci… entro sei ore andremo a costituire i nostri gruppi per combattere contro il governo corrotto. Ci sarà una guerra a Baghdad.”
Avendo confidato sui militari statunitensi per realizzare le promesse di un ingresso dei Sahwa all’interno del sistema politico iracheno, così come per la protezione dagli attacchi in corso dell’apparato governativo di sicurezza di Maliki, la loro pazienza sta andando esaurendosi.
Un precedente generale dei servizi militari e un comandante della resistenza che guida un gruppo chiamato Esercito di Liberazione dell’Iraq, che è anche un membro dei Sahwa, hanno dichiarato al Los Angeles Times nello stesso articolo, “Se gli americani lasciano Baghdad, in 24 ore le strade saranno della resistenza e del popolo. Il popolo è in ebollizione”.
La violenza va aumentando da gennaio. Aprile è stato il mese più mortale dell’anno per gli iracheni. Quotidianamente vediamo i membri dei Sahwa lasciare i loro posti di sicurezza. Piuttosto che custodire le aree in cui lavorano come personale di sicurezza, molti di loro, in segno di protesta per gli attacchi del governo e per i mancati pagamenti stanno ricongiungendosi alla resistenza. Allo stesso tempo, hanno sostanzialmente cessato di colpire le operazioni di al-Qaeda in Iraq, il che rappresenta il primo motivo della creazione dei Sahwa. Così, quando al-Janabi avverte che “l’indifferenza del governo per i problemi dei consigli e per le loro richieste avrà un effetto sfavorevole sulla situazione della sicurezza”, “l’effetto sfavorevole” è doppio. E questo non da conto delle conseguenze future derivate dall’avere 100.000 combattenti, che da alleati delle forze di occupazione finirebbero di nuovo con l’essere totalmente contro. Oggi, come è stato detto, stiamo avendo un piccolo, molto piccolo assaggio di quello che verosimilmente potrebbe accadere.
Fiumi di sangue continuano a essere versati nell’Iraq occupato. Il 25 maggio un attentatore suicida ha lanciato una macchina carica di esplosivo contro un mezzo di perlustrazione statunitense a Mosul, uccidendo 8 persone e ferendone 26. Lo stesso giorno, a Hilla, a poco meno di 100 Km a sud di Baghdad, un uomo ha ucciso un combattente dei Sahwa che stava predisponendo un checkpoint.
Il 21 maggio, gli attentatori suicidi hanno colpito in due città, uccidendo 3 soldati americani e più di 20 iracheni in uno spasimo di violenza che si è preso almeno 66 vite in due giorni. Quello stesso giorno è stato contrassegnato da più attacchi contro i Sahwa che, oltre ad essere attaccati dalle forze governative irachene, lo sono stati anche da al-Qaeda. Sette membri dei Sahwa sono stati uccisi a Kirkuk il 21 maggio mentre aspettavano in fila davanti ad una base militare per ricevere la paga.
Nel frattempo, il Pentagono si sta predisponendo a lasciare forze di combattimento in Iraq per un decennio, nonostante un “accordo” tra gli Stati Uniti e l'Iraq che prevede il rientro delle truppe statunitensi entro il 2012. Il generale George Casey, comandante il capo dell’esercito USA, ha recentemente affermato che il Pentagono deve pianificare di estendere le operazioni di combattimento e stabilizzazione in Iraq e Afghanistan, dicendo che “le tendenze globali stanno spingendo nella direzione sbagliata”, e aggiungendo che “le modalità operative dell’Esercito muteranno fondamentalmente”. È importante notare che al momento gli Stati Uniti mantengono 139.000 soldati in Iraq, numero che ancora è maggiore rispetto a quello della cosiddetta “ondata” di Gorge W. Bush. […]

31/05/2009
in www.resistenze.org - popoli resistenti - iraq - 03-06-09 - n. 276
da www.uruknet.info/?p=m54739&hd=&size=1&l=e
fonte http://dahrjamailiraq.com/the-return-of-the-resistance
Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

http://www.autprol.org/