18/07/2009: AL CARCERE delle VALLETTE


Da lunedì siamo reclusi nel carcere Lorusso e Cotugno di Torino. Ci viene contestata la partecipazione al corteo contro il G8 delle università di Torino del 19 maggio scorso.
In realtà la nostra detenzione vorrebbe essere un deterrente per le mobilitazioni internazionali che da giorni vedono l'Italia attraversata da giovani di tutte le nazioni che si oppongono all'ennesimo assurdo insulto del G8: spartizione tra pochi potenti del futuro di tutti noi, del mondo. Con gioia apprendiamo dai giornali che le mobilitazioni continuano con nuove energie. Per noi, questa è la notizia migliore. Il movimento non si è fermato, la forza critica e dirompente della nostra generazione non si arresta. Un'intera stagione di mobilitazioni continua. Siamo a luglio e le università sono nuovamente occupate, gli studenti proseguono i loro dibattiti, propositivi, contro riforme scellerate e tagli che vedrebbero gli ultimi baluardi di sapere libero crollare.
Anche dal carcere continua la nostra lotta. In quesi giorni abbiamo incontrato nuove forze, nuovi giovani, come noi con un futuro negato, come noi con una gran voglia di voltare pagina, di andare avanti e di lottare.
Partendo dai nostri diritti negati, vogliamo dar voce a loro, alle loro famiglie, a ciò che tutti i giorni devono subire. Senza futuro, l'isolamento, il taglio dei fondi agli istituti penitenziari, il sovraffollamento, i colloqui con i familiari e con l'esterno imbavagliati da una chilometrica burocrazia.
Da subito siamo stati divisi per motivi di sicurezza e proiettati nelle varie sezioni del carcere. Due di noi in stato di semi isolamento, senza poter avere contatti con gli altri detenuti e con le ore d'aria dimezzate. Alcuni vestono ancora gli stessi abiti dell'arresto e non hanno potuto ricevere indumenti dall'esterno. Queste sono le nostre condizioni di vita, le condizioni di più di 1.700 persone in un carcere che ne può contenere a malapena 900.
Diritti fondamentali, vita quotidiana, lavoro, igiene, cibo, tutto lasciato in secondo piano. Interi pezzi di società, scomodi, che vengono gestiti con la detenzione. Questa è la vita che ognuno di questi uomini e donne deve affrontare ogni giorno. Senza futuro, senza progettualità, sapendo che forse arriverà la libertà. Ma quale libertà? Privati della possibilità di ricominciare una vita dignitosa, in un mondo in cui l'unico interesse rimane la gestione dell'emergenza quotidiana, senza alcuna assunzione di responsabilità da parte dei colpevoli di tutto ciò.
Per tutti loro scriviamo queste parole, per le nostre e le loro vite.
Perché a nessun giovane venga negato il diritto allo studio, perché nessun uomo debba mai più vedere il cielo da dietro una grata.

I COMPAGNI TORINESI ARRESTATI

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