23/08/2009: Milano, Corelli: si è aperto il processo


Pubblichiamo un resoconto della giornata del 21 agosto con cui ha preso piede il processo contro i 14 arrestati dopo i "disordini" legati alla rivolta in Corelli (e in altri CIE) che ha accompagnato l'entrata in vigore del'ultimo pacchetto sicurezza.
Confermiamo la presenza alle prossime udienze di martedì 27 agosto e giovedì 29 agosto, sempre alle 9,30, presso l'aula 8 sezione penale (3° piano).
In particolare martedì, quando verrà ascoltato l'ispettore capo del centro, è importante non far mancare la presenza solidale e determinata di tutti coloro che ritengono importante che, finalmente, sul banco degli imputati ci finisca anche il CIE di Corelli e i suoi aguzzini.

Non mancate e fate girare


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Le lotte non si processano! Criminali e assassini siete voi! Libertà! Horria!

Queste parole d’ordine, tanto ripetute da generazioni di proletarie e proletari, hanno ritrovato entusiasmo oggi, venerdì 21 agosto 2009, in un’aula del tribunale di Milano.
All’appuntamento, provenienti da diverse città, un centinaio di compagne e compagni, oltre ad amici e parenti dei prigionieri. Entriamo in un’aula dove le persone sono chiuse in gabbie distinte: da una parte 9 uomini, dall’altra 5 donne. Sono state scelte fra gli oltre cento prigionieri del CIE di Corelli, che fra il 7 e il 13 agosto, hanno osato ribellarsi al “pacchetto sicurezza”, in particolare all’aumento – retroattivo - della detenzione da 2 a 6 mesi per gli scioperanti.
La protesta, nelle settimane precedenti, si era estesa in diversi CIE (Roma, Gradisca, Bari, Torino, Modena…); ma in Corelli la mobilitazione ha finito con l’assumere un carattere più deciso e chiaro.
Per questo lo stato ha scelto di colpirla direttamente in modo esemplare e ammonitorio, con pestaggi, arresti, trasferimenti ed espulsioni. I “capi di imputazione” (danneggiamento seguito da incendio, resistenza e lesioni in concorso tra loro) non lasciano dubbi sul significato dell’intera messa in scena: mettere in atto i dettami del pacchetto sicurezza e cercare quindi di intimidire, terrorizzare, quindi ammutolire e ricattare centinaia di migliaia di immigrate, per poterle sfruttare nel migliore dei modi: badanti e colf nelle case degli italiani, braccianti nelle campagne del sud, operai carne da macello nei cantieri edili, nelle grandi catene di distribuzione e nelle fabbriche del nord. Finalmente il meccanismo si inceppa e gli immigrati, in barba ai soliti tentativi di divisione, decidono, tutti uniti, di affrontare il processo, rifiutando la trappola dei riti alternativi che, in cambio di una riduzione della pena, eliminano praticamente le possibilità di dargli il carattere politico che merita.
I prigionieri si dimostrano quindi determinati a rivendicare la scelta collettiva della protesta e rendere pubbliche le violenze adoperate da polizia e carabinieri tanto nella repressione della rivolta che nella quotidianità.
La giudice tenta invano di eliminare ogni riferimento politico affermato con forza dagli avvocati della difesa; la formalità del rito processuale svanisce non appena in aula viene convocato l’ispettore capo direttore di Corelli. Le donne e gli uomini nelle gabbie e noi con loro, gli siamo addosso all’unisono, con lo sguardo, con l’urlo: vergogna, libertà, horria (libertà in arabo), assassini... compare anche un piccolo striscione “A Corelli si tortura”.
La comunanza-sintonia costruita fra compagne/i fuori e arrestati, già espressa a distanza nei momenti della rivolta, ora anche fisicamente unita, si esprime stupendamente. Nel clamore la giudicessa, lo si capisce con gli occhi, prima licenzia il boia, poi dichiara sospesa l’udienza, ordina lo sgombero dell’aula e infine se ne va.
Niente e nessuno riesce più ad impedire l’incrociarsi dei saluti, delle parole d’ordine scandite assieme, riusciamo a scambiare qualche breve impressione con le prigioniere e i prigionieri prima che vengano portate/i fuori. C’è la certezza comune di aver conseguito qualche cosa di importante: sotto processo, per la prima volta, e a differenza del 2005, non ci sono solo gli immigrati ma anche i CIE, lo stato.
Il primo segnale del mutamento della situazione lo si coglie alla ripresa dell’udienza “a porte chiuse” senza pubblico ma con le persone arrestate. Noi siamo nel corridoio antistante l’aula presidiata da sbirri con scudi ecc., salutiamo i passaggi delle prigioniere e dei prigionieri, insomma siamo lì in contropresidio.
Intanto il tribunale prende alcune decisioni importanti. Innanzitutto, il boia di Corelli potrà essere interrogato dalla difesa anche in relazione alle particolarità della repressione della rivolta e della gestione della quotidianità, assieme alle violenze conosciute da Preziosa (trans brasiliana, che esattamente un anno fa in Corelli fu sottoposta a sevizie); inoltre, le tre udienze concentrate nell’ultima settimana di agosto sono state ridotte a due, spostando la successiva dopo il 16 settembre.
Il proposito del governo di portare un colpo intimidatorio rapido e duro ha perso grinta e euforia.
Compagni/e alla fine di questa prima udienza si uniscono in assemblea su un prato adiacente. La giornata è stata buona, lo sappiamo, non ce lo ripetiamo. Ci dividiamo i compiti per tenere i contatti con le persone arrestate e nei CIE, per estendere la mobilitazione nei quartieri; si decide di concentrare l’attenzione sulle prossime udienze, di preparare una mobilitazione generale alla ripresa del processo in settembre con un relativo manifesto.
Prevalente è la modestia che, si sa, non è mai troppa e infine ci salutiamo.

I prossimi appuntamenti:

MARTEDI’ 25 e GIOVEDI’ 27 AGOSTO
ore 9.30 tribunale di Milano - 3° PIANO, Aula 8

http://www.autprol.org/